Gianni Clerici: "Cinquanta sfumature di Andre, la vita del tennista più rock"

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Gianni Clerici: “Cinquanta sfumature di Andre, la vita del tennista più rock”

In un articolo uscito oggi su ‘Repubblica’, lo scriba celebra i 50 anni di Andre Agassi raccontando alcuni episodi inediti: il mancato scoop su Andre e Steffi e l’incontro con Mike Agassi

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Agassi. Cinquanta sfumature di Andre, la vita del tennista più rock (Gianni Clerici, Repubblica del 29 aprile 2020)

Nel rivedere i più di cento articoli dedicati ad Andre Agassi, che oggi compie 50 anni, mi sono reso conto che ne mancano almeno tre per la mia mancanza di professionalità, alla quale ho sempre preferito l’umana correttezza di non scrivere quel che mi appariva troppo intimo.

Lo scoop mancato – Una delle tre vicende non scritte riguarda una notte a Melbourne in cui, finite le partite, ci permettevamo, io e il mio partner Rino Tommasi, una cena in un piccolissimo ristorante italiano che teneva aperto proprio per noi, cucinandoci una pasta più che accettabile. Quella sera, il padrone, nel chiedermi i risultati della giornata, mi aveva detto: «la cosa più interessante è da vedere di sopra, nel salone. È libero se non per due ospiti. Sono piuttosto conosciuti. Andate su, se volete ottenere uno scoop». Non era un argomento di tennis che scrivevo, non era certo quel che accadeva su un campo, ma mi lasciai prendere dalla curiosità e salii le scale a chiocciola. Quel che vidi era più che inatteso: all’unica tavola ancora occupata sedeva una coppia che consumava un dessert a lume di candela e, sempre con quello scenario insolito, si baciava. Non sapevo niente di quella storia tra i due tennisti che avrebbero potuto ancora vincere i campionati d’Australia. Lì iniziò il dubbio: dovevo scrivere quel che avevo visto oppure no? E, letta una traduzione del mio articolo, si sarebbero offesi? Soprattutto, sarebbero tornati allo stesso ristorante o no? Dissi a Tommasi quel che avevo visto e lui mi rispose «io non lo scriverei, sarebbe giornalismo da sciacalli». Passati pochi mesi, i due si maritavano: Steffi Graf e Andre Agassi.

L’autore della biografia Open […]

Un incontro occasionale – Ho incontrato il papà di Agassi in un torneo di tennis negli Usa senza sapere chi fosse. Mi trovavo ancora insieme a Tommasi che, liberatosi da quell’uomo che non aveva niente dell’americano, mi disse chi era. «È il papà di Agassi, l’ho intervistato quando faceva il pugile e aveva perso un match. Ricordo che aveva lasciato Teheran la prima volta nella sua vita per recarsi ai Giochi del 1948 a Londra: aveva 17 anni e aveva avuto la sfortuna di incontrare subito lo spagnolo Alvaro Vicente, che sarebbe arrivato fino in semifinale. A fine intervista mi chiese una cosa molto strana: “se incontra mio figlio, gli dica che sbaglia nel non voler più avere nessuna conversazione con me, il suo papà”. Deve essere disperato a chiedere una cosa simile a me, un semisconosciuto». Mi informai allora su Mike Agassi. Arrivato negli Usa da emigrante, dopo che lo Scià era stato obbligato ad andarsene dalla Persia a causa della rivoluzione […] Poiché il tennis era diventato uno sport ben remunerato, dal 1968 si era spostato da Chicago a Las Vegas dove – oltre alla casa – aveva trovato un posto da buttafuori al Caesars Palace e aveva iniziato a dare lezioni di tennis. Si era sposato con una certa Betty ed era diventato padre di Rita, Philip e Tamara ai quali apparecchiava le culle come campi da tennis, con una pallina sospesa e piccole racchette. «Mi ero ripromesso, avessi avuto un bimbo, che sarebbe diventato famoso quanto gli australiani Rosewall e Laver». A Las Vegas aveva anche iniziato a riaccordare racchette e il tennis era diventato la sua vita fino al giorno dell’invio di Andre da Bollettieri. Superate le difficoltà, Andre si dimostrò il migliore dei fratelli fino al giorno che Mike ebbe il denaro per spedirlo alla Academy. La fine della storia vede la ribellione di Andre sino al punto di non parlare più a suo padre, e di pregare uno sconosciuto perché si ravvedesse. Non ho avuto occasione di scrivere qualcosa di simile a questa storia, sia per non essere un giornalista completo, sia perché non ne ho avuto l’occasione.

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