Quella volta che mi disse “Se perdo sono solo un nero” (Gianni Clerici, Repubblica del 18 maggio 2020)
Ero suo amico, ma una sera, in Australia, mi chiesero di intervistarlo per la televisione che mi annoverava tra i suoi collaboratori. Noah aveva già vinto Parigi nell’83, su Wilander in finale. Non è facile se l’intervistato è un amico, perché si corre rischio di una intimità eccessiva. Ci trovavamo in un ristorante francese di Melbourne e ricordo, se non le parole, il senso di quel che mi disse. Gli chiesi la differenza tra la vittoria e la sconfitta, e Yannick rispose: «Quando vinco, come al Roland Garros, mi ritrovo francese. Quando non vinco ridivento un povero nero, è facile perdere una nazionalità come la mia». Poi mi chiese di tagliare quella risposta: «Non vorrei fosse ripresa in Francia». All’epoca, solo i più vecchi spettatori del Roland Garros si ricordavano ancora dei 4 Mousquetaires dominatori dal ’27 al ’32. E prima di Noah c’era stato un solo enfant du pays, del tutto inatteso, capace di vincere il Roland Garros: Marcel Bernard, subito dopo la guerra, nel ’46. Yannick non era certo favorito, e solo i più patriottici dei suoi connazionali lo stavano aspettando. Il suo tennis d’attacco, il rovescio slice, il servizio vigoroso già non avevano offerto risultati a Wimbledon, figurarsi sulla sabbia del Roland Garros. Non è facile essere un attaccante sulla sabbia […] Alla fine di quell’intervista gli chiesi cosa avrebbe fatto a fine carriera. «Non so, forse il coach, o forse affitto uno yacht e giro il mondo. Vuoi venire?»