Yannick Noah: sessant’anni in pillole

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Yannick Noah: sessant’anni in pillole

“Il messaggio è la mia vita: quello che sono è quello che dico”. Celebriamo i sessant’anni dell’icona del tennis francese con alcune delle sue riflessioni più interessanti

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Oggi, 18 maggio 2020, Yannick Noah, compie 60 anni. Come tutti gli appassionati di tennis sanno bene, Noah è stato l’ultimo tennista francese a vincere il Roland Garros nel 1983 e da capitano di Davis ha trascinato la sua Francia alla vittoria per tre volte. La sua fama però, oltreché ai notevoli successi sul campo, è dovuta anche a una personalità e carisma assolutamente fuori dall’ordinario. Noah è un grande personaggio a tuttotondo, prima ancora che una leggenda del tennis. Un uomo eclettico, che ha saputo coltivare tanti interessi, musica e impegno sociale su tutti, oltre allo sport naturalmente. Un comunicatore eccezionale, dotato del talento di suscitare delle emozioni in chi entra in contatto con lui, positive o negative. Tutto ciò che è uscito dalla sua bocca è incapace di lasciare indifferenti.

Non ha dunque molto senso in quest’occasione raccontare nuovamente Noah con parole che non sono le sue. Meglio lasciare a lui il compito, raccogliendo una serie di sue citazioni particolarmente significative. Perché, in fondo, come ha sostenuto una volta lui stesso, “quello che sono è quello che dico”.

“Quando vinco, come al Roland Garros, mi ritrovo francese. Quando non vinco ridivento un povero nero, è facile perdere una nazionalità come la mia”, in un’intervista a Gianni Clerici.

“Mio padre è del Camerun, mia mamma era francese, mi trovo nella doppia posizione del colonizzato e del colonizzatore. Sono in una situazione complicata: in Francia sono nero, in Africa non lo sono abbastanza. Ho scritto e cantato: La Mia Rabbia. E sul web sono stato trucidato da una violenta campagna anti-Noah. La facilità e la superficialità con cui si può offendere tutti, senza firma, è un danno. Sono socialista, ho cantato in piazza per Hollande, mio candidato nel 2012. Tre minuti di canzone mi sono valsi due anni di polemiche. Il messaggio è sempre quello: stai buono, non immischiarti. Non ci sono più i Mandela, non c’è più una visione. Mi sembra ci sia uno sciopero delle idee, non vedo luminosa chiarezza di pensieri. Ma io non diserto il sentimento”. La Repubblica, 2016.

“Per me una bella giornata è alzarsi al mattino, sedersi a un tavolo, leggere un libro e andare dal fornaio a incontrare la gente, parlarci, essere spettatori della vita. Invece quando si ha successo si diventa attori più che spettatori con gli altri che cominciano a osservarti, a giudicarti”, (intervista di Tomasz Tomaszewki, 2017)

Oggi ho finito con il tennis agonistico. Mi dedicherò alla mia associazione Fête le Mur, per promuovere il tennis di periferia. Ho fatto dei sogni e proverò a viverli prima che sia troppo tardi. Questa è la mia ultima conferenza stampa, riprenderò la mia vita. Mi aspetto che la gente mi dica la verità, indipendentemente da quale sia per loro. Abbiamo tutti diverse verità”, dopo la sconfitta in finale da capitano in Davis contro la Croazia, 2018

“La musica riunisce la gente sempre mentre lo sport solamente quando vinci e si vince troppo raramente. Anche quando vinci, le vittorie nello sport sono effimere mentre la musica resta sempre. Nel mio caso ho vissuto, mi sono evoluto attraverso lo sport e la musica. Ho avuto due vite, che privilegio poter vivere queste due vite!”, (intervista di Tomasz Tomaszewki, 2017).

Yannick Noah – Final Davis 2018 (Foto di Gianni Ciaccia – Sportvision)

“Amavo la Coppa Davis già da molto prima di quell’anno (1982, ndr), quello che mi piaceva era lo spirito di squadra, quella possibilità di condividere la gioia. Io amo la gente perché amo dividere con loro i miei sentimenti ed è così che succede anche durante la Coppa Davis. A Grenoble abbiamo fatto degli errori, non abbiamo potuto sfruttare a fondo le nostre opportunità ed è per questo che quando avevo 30 anni i miei amici mi hanno detto ‘Yannick ora che hai deciso di ritirarti dal tennis perché non cerchi di diventare capitano di Coppa Davis?’ e io ho accettato sapendo che non avrei ripetuto gli stessi errori compiuti in passato al tempo della nostra sconfitta con gli americani”, (intervista di Tomasz Tomaszewki, 2017).

“Spero davvero che non la chiameranno Coppa Davis, perché non lo è. Giocare due set non è la Coppa Davis. Giocare in campo neutro non è la Coppa Davis. Quando le persone dicono che si tratta della Coppa Davis stanno mentendo, io dico loro ‘Sei un bugiardo!’. Come ho fatto l’altra sera a cena con il presidente (Bernard Giudicelli, presidende della Federazione Francese di Tennis ndr) quando gli ho detto ‘sono disgustato e molto triste’. Gliel’ho detto in faccia perché è la verità, sono i miei sentimenti”, riguardo alla nuova Coppa Davis.

“Roger? Lo vedi e ti viene da chiedergli: cosa pensi? Che macchina guidi? Quale film ti piace? Che libri leggi? Cosa odi? Per chi voti? Chi sei? Lui fa colpi geniali, incredibili, dritti, rovesci, senza neanche piegare più di tanto le ginocchia. Dov’ è l’ errore? Io voglio l’adrenalina, voglio esplodere, le grida, voglio vedere le lacrime… quindi Roger, sì, è molto carino, perfetto, un figlioccio perfetto. Sono sicuro che la sua matrigna gli voglia molto bene”. La Repubblica, 2013.

“La vera statistica è che in 74 anni, c’è solo un ragazzo che ha vinto il Roland Garros. Perché? Ho cercato di trasmettere il meglio che potevo e ho capito che non era abbastanza. Ho parlato per trent’anni di ciò che deve essere fatto e le cose non si muovono. Se avessi avuto una figlia che giocava a tennis, non l’avrei mai mandata al centro nazionale d’allenamento. Il tennis è un’avventura umana e non voglio ritrovarmi mio figlio a pezzi a 19 anni. La vita non finisce in cinque ore di allenamento. Cosa fanno i bambini dopo? Ho sentito che le finestre delle sale al Centro non si aprono. Questi sono i loro anni migliori, devono divertirsi. Andate al cinema, non state sempre su Instagram”, Tennis Magazine 2020.

“Quando c’è uno Slam, accendo la TV. Voglio vederlo. Tolgo l’audio e guardo tre partite. Penso che tutti giocano bene. Ma poi arrivano Djokovic-Federer, Djokovic-Nadal, Federer-Nadal: non lo guardo più. È sempre lo stesso. Non compro un biglietto per il cinema 50 volte per vedere lo stesso film. Conosco già la partita, so come giocheranno. Quando guardo una partita, voglio lo spettacolo. Voglio chiedermi cosa succederà. L’unico che lo fa, l’unico che crea tensione, è Kyrgios. È il ragazzo più divertente, l’unico interessante oggi nel tennis. Non sai cosa farà e fa cose tecnicamente fantastiche. Un ragazzo che ha di nuovo una faccia”. Tennis Magazine, 2020.

Yannick Noah – Italia-Francia, Coppa Davis 2018 (foto Roberto Dell’Olivo)

Si ringrazia Angelo Carotenuto, che cura la newsletter ‘Lo Slalom’

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