Mouratoglou: "Tennis, sei falso e troppo vecchio" (Cocchi). Panatta: "I miei favolosi 70" (Franci). Benvenuti nel 2084. Orwell secondo Clerici (De Santis)

Rassegna stampa

Mouratoglou: “Tennis, sei falso e troppo vecchio” (Cocchi). Panatta: “I miei favolosi 70” (Franci). Benvenuti nel 2084. Orwell secondo Clerici (De Santis)

La rassegna stampa di venerdì 12 giugno 2020

Pubblicato

il

Mouratoglou: «Tennis, sei falso e troppo vecchio. Ma col mio torneo inizia il futuro» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Dare una rinfrescata al tennis e un obiettivo ai giocatori fermi da troppi mesi. Patrick Mouratoglou, storico coach di Serena Williams e ora anche di Stefanos Tsitsipas, Coco Gauff e molti altri, si è inventato così le Uts, Ultimate Tennis Showdown, mini circuito a inviti che parte domani nella sua accademia di Biot, alle porte di Nizza. Tra protagonisti anche Dominic Thiem e il nostro Matteo Berrettini, finalmente tornato in Europa dopo la quarantena in Florida.

Patrick, cosa c’è dietro la filosofia del suo torneo?

C’è la volontà di attirare nuovo pubblico, gente giovane, rendere più accattivante uno sport che da tempo fa fatica. Ma lo sapete che il tennis è lo sport che ha gli appassionati più anziani? L’età media è di 61 anni, e la situazione è destinata a peggiorare. Dieci anni fa l’età media era 50. Basta osservare questi numeri per capire che siamo davvero in pericolo.

E perché secondo lei i giovani non seguono il tennis?

Perché i tempi sono cambiati e i giovani si annoiano in fretta. Il tennis è sempre uguale a se stesso, mancano le personalità. Una volta avevamo Borg e avevamo McEnroe. Adesso tutti vogliono fare i buoni: gentilezza a tutti i costi. Ma io giro per i tornei da una vita e tutto questo volersi bene è soltanto falsità. Il politically correct sta uccidendo il tennis. Attenzione, non sto dicendo che non devono esserci regole o codici di comportamento, ma che ci vuole più personalità in campo. Nessuno può decidere quale deve essere il tuo modo di comportarti. Non è un caso che i match di Kyrgios, Fognini, Paire siano sempre pieni. Perché la gente vuole lo spettacolo, e con loro è sempre assicurato. Il più grande che abbiamo avuto si chiama, infatti, John McEnroe, talento e personalità.

Queste Uts andranno avanti anche in futuro o le vedremo solo quest’anno?

Abbiamo intenzione di creare una lega diversa, che duri anche nei prossimi anni. Non si tratta di uno scontro con l’Atp. Dobbiamo solo trovare il momento adatto perché i giocatori possano venire a giocare. Vogliamo creare una nuova generazione di fan, giovani che amano questo sport ma non lo seguono perché non stanno davanti alla televisione. È un format veloce, fruibile sugli strumenti che adesso usano le nuove generazioni, ovvero smartphone e tablet. […]

Se lei avesse potuto scegliere: tra Federer, Djokovic e Nadal, chi avrebbe allenato?

Djokovic, senza dubbio. Perché credo che sarà il più grande di tutti i tempi e penso che sarebbe bello aiutarlo a battere tutti i record.

Come sta facendo anche con Serena Williams… A proposito come sta? Secondo lei raggiungerà lo Slam numero 24?

Sta molto bene. Ha riposato, staccato. E penso che come tutti i grandi giocatori ne trarrà giovamento. Forse senza la pandemia non si sarebbe fermata, invece il suo corpo ne aveva bisogno. E’ tornata anche ad allenarsi sul campo, ma per i campioni come lei non avere un obiettivo, non sapere per cosa faticare e quando rientrare è molto difficile. Stiamo lavorando molto duro per provare a raggiungere l’obiettivo del 24° Slam. Lei è pronta, ha una mentalità cannibale come solo i campioni hanno. I fuoriclasse li riconosci perché fanno sempre la differenza.

Nella sua scuderia c’è anche Coco Gauff, che prima ha stupito in campo, e adesso sorprende per il suo coraggio e l’impegno sociale.

Coco fa parte della categoria di cui parlavamo prima. Quando è venuta da me aveva 10 anni e abbiamo capito subito le sue enormi potenzialità. È talentuosa, molto intelligente e spavalda. Se vi ha stupito adesso, preparatevi a farlo anche per i prossimi 15 anni.

Panatta: «I miei favolosi 70. Confesso che ho vissuto» (Paolo Franci, La Nazione)

«Possiamo fare una cosa? Puoi scrivere che non ho mai vinto al Foro Italico e al Roland Garros?». Ride, Adriano Panatta. «Dai, non parliamo sempre delle stesse cose…», dice. Difficile. Quando sei un un simbolo non solo del tennis, il prezzo da pagare è nel ripetersi della tua vita, anche se raccontata dagli altri. Adriano, ci diamo del tu come si fa nei circoli romani? «Va bene. Anche perché è lì che sono nato, in un circolo, al Parioli. E lì ho giocato per tanti anni. Giocavo lì ma ero il figlio di Ascenzio il custode».

Il 9 luglio compi 70 anni, togliamoci subito il pensiero. Hai rimpianti?

Uno soltanto. La sconfitta a Wimbledon nel ’79 nei quarti con Du Prè. Ero in gran forma e feci una cosa che non ho mai fatto nella mia carriera: avanti 6-3, 4-1 pensai di aver vinto. Persi. In finale avrei trovato Borg e lui sapeva che con me poteva prenderle.

Sei stato un precursore del campione icona del pop marketing.

Erano altri tempi. Non c’erano social e il contatto con la gente era bellissimo. Con Borg, Gerulaitis o Nastase, finito di giocare mangiavi un gelato chiacchierando con chiunque, in giro. Oggi sarebbe impossibile.

A proposito di contatti, ce n’è uno che ricordi con affetto e narra di Fabrizio De Andrè.

Si. A una festa di compleanno all’aperto della mia ex moglie a Forte dei Marmi, Paolo Villaggio, mio amico, arriva con Fabrizio De Andrè. A un certo punto Fabrizio, che era timidissimo, scompare. Aveva trovato una chitarra in casa e si era piazzato sotto un grande albero a suonarla, da solo. Uno alla volta ci siamo avvicinati, con molta cautela, perchè Fabrizio era molto particolare, e la festa è diventata un mini concerto. E un ricordo meraviglioso. E Paolo per me era un fratello. Un uomo di una cultura straordinaria. Era troppo divertente e faceva cose assurde. Come quella volta a Montecarlo. Volevo vincere quel torneo e stavo giocando bene. Nel giorno in cui conquisto la semifinale, mi chiama Paolo: “Aspettaci per cena, arrivo con Ugo stasera”. Ugo era Tognazzi, altro mio grande amico. Ricordo che tra me e me dissi: Oddio… Spiego a Paolo che voglio andare a letto presto perché il giorno dopo affronto Vilas: “Arrivate per le 20, vi prego”. Si presentano alle 23: “Noi veniamo per te e tu non ceni con noi…”. Attorno a mezzanotte cerco di sganciarmi ma Paolo mi fa: “Ok, ma Ugo è sparito”. Lo ritrovo tra le aiuole del casinò che vomita, si era sentito male. Che fai non lo aiuti? Si fanno le tre del mattino e ormai il sonno è andato. Vilas il giorno dopo mi fa a pezzi e io ricordo che ad ogni cambio di campo li cercavo con lo sguardo e gli sputavo… (ride). […]

Benvenuti nel 2084. Orwell secondo Clerici (Raffaella De Santis, La Repubblica)

Era immaginabile che Gianni Clerici, lo “scriba” del tennis, non si fermasse, che alle soglie dei novant’anni reinventasse un nuovo passo, una nuova avventura La sua vita da scrittore si è sviluppata parallelamente a quella giornalistica con altrettanta curiosità: romanzi, poesie, scritti teatrali e ora una distopia nella quale Clerici immagina un mondo dominato dalle donne in cui i maschi (o meglio i vires), appartenenti a caste inferiori, servono come braccia per i lavori pesanti e per “impollinare” in laboratorio le Amazzoni che li dominano. […] È evidente che Clerici ha guardato ai grandi classici della fantascienza: Orwell prima di tutto, presente fin dal titolo: “2084. La dittatura delle donne” (Baldini+Castoldi), chiaro rimando a “1984”. Come quel libro visionario e feroce, il romanzo di Clerici incarna l’incubo di una società del controllo in cui, per evitare disordini, è cancellato ogni imprevisto. Una tirannia quieta espressa bene nella contraddizione in termini della “dittatura democratica”. Che abbia sembianze femminili poco importa, Clerici la presenta come una compensazione arrivata dopo secoli di dominazioni maschili. Un regno tutto sommato pacifico, vegetariano, composto, monocorde, ma non libero, dove il potere non si esercita con la violenza ma più sottilmente facendo leva su una meritocrazia razionalista calcolata sulla base di ranking esistenziali. Insomma l’orrore travestito da giustizia. Perfino lo sport appare poco, perché Omnilandia è un contenitore di passioni fredde. Spunta il tennis, ma è una reliquia del passato, un appunto scritto a mano trovato da Evonne in un vecchio libro della nonna: «Il tennista tedesco Karsten Braasch, numero 203 della classifica maschile, in Australia, ha battuto le sorelle Williams, Serena e Venus, rispettivamente per sei a uno e sei a due». Nella monolitica Omnilandia, varie macchine e uno stuolo di solerti controllori depurano l’esistenza dalle emozioni e la rendono innocua. Tutto è programmato, i corpi sono retaggi animali del passato, il sesso non è contemplato, è qualcosa di primitivo superato da relazioni asettiche e disincamate. Di quel passato in cui ci si innamorava e si soffriva, i più giovani non conservano neanche il ricordo, hanno imparato ad archiviarlo come selvaggio. […] La storia ruota intorno a due donne, Livia, la madre pittrice appartenente alla casta privilegiata degli artisti, e la figlia Evonne, che ama la “favolistica” e guarda caso ha il nome della tennista Evonne Goolagong, la prima aborigena a vincere un torneo del Grande Slam. L’elegante ironia di Clerici è negli inciampi che si diverte a seminare qua e là con nonchalance: la gatta Gipsy che si avvinghia a un gattaccio «formando una sorta di mostruosa e impermanente eongiunzione», il giovane “vir” Vjjai (nome che rimanda a un altro tennista, l’indiano Vjjay Amritraj) che incurante di regole e divieti dipinge di nascosto ambigui quadri leonardeschi e fa innamorare la bionda Evonne. Ecco allora che proprio il desiderio diventa il principio sovversivo sul quale si spalancherà la possibilità di una nuova era androgina (ma il finale è aperto e possiamo solo accennarlo). […]

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement