Testo unico per lo sport: con la riforma di Spadafora, Binaghi non potrebbe ricandidarsi

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Testo unico per lo sport: con la riforma di Spadafora, Binaghi non potrebbe ricandidarsi

Se passasse la proposta del Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, il Presidente FIT non sarebbe più eleggibile. Intanto la Federtennis ha convocato un’Assemblea Nazionale per le nuove elezioni

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Angelo Binaghi a Cagliari per Italia-Corea del Sud, Coppa Davis 2020 (foto Felice Calabrò)
 

La notizia fa il giro del mondo dello sport da diversi giorni: il Ministro Vincenzo Spadafora vorrebbe mettere un tetto di tre mandati per la presidenza delle varie federazioni sportive (e a due quella del CONI), di fatto precludendo ad Angelo Binaghi (in carica dal 2001, quindi ampiamente oltre i nuovi parametri) la ricandidatura, situazione in cui si troverebbero un migliaio di dirigenti circa, secondo il Corriere della Sera.

Casualmente (o forse no), ieri la Federtennis ha indetto la cinquantanovesima Assemblea Nazionale per il 12 settembre, e il primo punto all’ordine del giorno sarà proprio l’elezione “del Presidente della Federazione per il quadriennio olimpico 2021-2024”. Secondo Repubblica, la decisione di molte federazioni (oltre alla FIT, anche Nuoto, Canoa, Golf, Medici Sportivi, Bocce) di votare a settembre sarebbe “una sfida al ministro”, anche se non è chiaro su che basi, anche perché l’iniziativa nello specifico servirebbe solo a chiarire gli aspetti più nebulosi della Legge Lotti, con l’unico cambiamento netto nel numero di mandati per la presidenza del CONI.

La strada del provvedimento, però, appare in salita, in quanto figlia della legge delega della maggioranza precedente, quella giallo-verde (questo sarebbe il terzo governo a legiferare sullo sport), e parte dello scontro per il controllo dello sport in Italia fra il CONI e Sport e Salute, la partecipata statale che ha visto una notevole crescita di potere come conseguenza della legge di bilancio per il 2019, crescita di potere che ha causato la reazione del contrariata del Comitato Olimpico Internazionale, secondo il quale il governo italiano starebbe violando l’autonomia delle organizzazioni sportive.

Diversi esponenti della maggioranza si sono già detti contrari, e quindi è possibile che la riforma possa essere scartata o modificata, visto che ci sarà tempo fino all’8 novembre per una eventuale approvazione, previo il passaggio in Conferenza Stato-Regioni e nelle commissioni parlamentari, per poi finire con un altro voto del Consiglio dei Ministri.

Per quanto riguarda il tennis, questo passaggio segnerebbe la fine di un’epoca, che negli ultimi anni ha vissuto alcune controversie (si veda l’affaire-Giorgi, la decisione della FIT di usufruire per prima del Fondo Integrazione Salariale o le critiche dei giocatori alla superficie del Foro Italico) ma che è anche stata testimone di alcuni momenti storici del tennis italiano, come le quattro vittorie in Fed Cup o la riorganizzazione capillare dei circoli agonistici, avvenuta nel 2015, in Centri di Aggregazione Provinciale (CAP), Centri Periferici di Allenamento (CPA, 26 su tutto il territorio nazionale), e Centri Tecnici Periferici (quattro, a Vicenza, Foligno, Bari e Palazzolo sull’Oglio), che secondo molti hanno contribuito in maniera decisiva alla rinascita del tennis italiano (maschile) degli ultimi anni, per non parlare della reintroduzione del WTA di Palermo e dell’ottenimento dei due Master di fine anno, il Next Gen milanese e le ATP Finals torinesi. Il giudizio sull’operato degli ultimi anni non può che essere positivo, dunque.

Va anche detto che il tennis è il terzo sport italiano per numero di tesserati, dopo calcio e pallavolo, con una notevole crescita negli ultimi anni, e che quindi un cambio ai vertici potrebbe non avere lo stesso impatto di altri sport più in sofferenza. Inoltre, Binaghi era stato il primo ad elogiare il lavoro svolto per lo sport italiano negli ultimi anni, addirittura sostenendo che finalmente si sarebbe smesso di fare favori “agli amici degli amici”, e quindi potrebbe apparire contro-intuitivo criticare una scelta concepita per rinnovare i rapporti di forza vigenti. In ogni caso, è ancora presto per valutare l’impatto di un eventuale cambio della guardia, ma gli sviluppi del dibattito interno al governo andranno certamente tenuti d’occhio.

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