La partita infinita di Venus e Serena. Le sorelle regine sfidano il tempo (Cocchi). Paolo Bertolucci: "Io e Panatta, diversi in tutto. Conquistava le fan con il ciuffo" (Serra)

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La partita infinita di Venus e Serena. Le sorelle regine sfidano il tempo (Cocchi). Paolo Bertolucci: “Io e Panatta, diversi in tutto. Conquistava le fan con il ciuffo” (Serra)

La rassegna stampa di giovedì 13 agosto 2020

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La partita infinita di Venus e Serena. Le sorelle regine sfidano il tempo (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Hanno fatto 30, perché non fare 31? Perché non allungare ancora una rivalità che ha fatto la storia del tennis e dello sport moderno? Oggi, nel secondo turno del torneo di Lexington, Serena Williams e la sorella maggiore Venus si affronteranno per la 31a volta nella loro incredibile carriera. Si tratta “solo” di un secondo turno, non ci sono Slam da conquistare o numero 1 al mondo da raggiungere, ma c’è da riportare luce nel buio della pandemia che ha congelato lo sport. E allora quale migliore occasione per rilanciare il tennis se non una sfida tra le due eterne Williams? L’ultima? Il primo torneo che si gioca in Usa dopo lo stop, oggi vivrà un momento storico perché – chi lo sa? – potrebbe anche essere l’ultima sfida ufficiale tra Serena e Venus. La maggiore ha compiuto 40 anni a giugno, la minore taglierà il traguardo dei 39 tra un mese. A quasi 79 anni in due, la possibilità che possano incrociarsi molte altre volte comincia a essere remota. Serena rincorre lo Slam numero 24 ed è possibile che, una volta raggiunto il record di Margaret Court, decida di farsi da parte dedicandosi a tempo pieno al lavoro di madre e imprenditrice. Venus ha tenuto a dire che gioca per passione, per il piacere della sfida, ma il tennis post Covid potrebbe non essere più così divertente e indurla a cambiare programmi. Serena e Venus sono cresciute insieme con la racchetta in mano, forgiate dal padre Richard, accusato spesso di aver “manipolato” gli esiti delle sfide tra le due. Ma la rivalità tra giocatrici non si è mai infilata nel rapporto tra sorelle, sempre unite nella vita quotidiana, partecipi l’una delle gioie e dei dolori dell’altra. Non importa se il bilancio della rivalità sia 18-12 per la minore, Venus è sempre in tribuna a tifare per Serena quando c’è in ballo qualcosa di importante. Ventidue anni e sette mesi fa – il 21 gennaio 1998 – la prima puntata del “Sister Act”, come viene ancora soprannominata la rivalità tra le due, con tanto di citazione cinematografica. Le ragazze di Richard si affrontavano all’Australian Open, secondo turno. Serena aveva 16 anni, Venus 17 e vinse lei. Il primo scontro per un trofeo l’anno successivo, nel torneo di Miami. La “piccola” riuscì a strappare un set alla sorella maggiore, che però trionfò ancora. In quell’occasione, il padre venne accusato per la prima volta apertamente di decidere l’esito della sfida, ma rispedì al mittente la provocazione: «Ho insegnato alle mie figlie che si va in campo per vincere, non potrei mai dire a una o all’altra di perdere apposta». Serena è stata la prima tra le due a conquistare un titolo del grande Slam, lo Us Open nel 1999, ed era lei la favorita nel derby in semifinale di Wimbledon 2000. La vittoria, invece, la strappò a sorpresa Venus, che poi conquistò il titolo sull’erba più famosa al mondo: il suo primo Slam. Le sfide in finale tra di loro sono state nove, con Serena vincitrice in sette occasioni contro le due di Venus. Ma anche in tema di Major, le ragazze Williams hanno stabilito un primato: sono tuttora le uniche due tenniste dell’era Open a essersi affrontate in quattro finali consecutive di Slam, dal Roland Garros del 2002 all’Australian Open del 2003, con Serena sempre trionfatrice. L’ultima volta che si sono sfidate per uno Slam è stato l’Australian Open 2017, la finale più dolce. Serena aveva da poco saputo di essere incinta della figlia Olympia, il mondo invece non poteva immaginare che da allora la Williams più giovane non avrebbe più vinto mezzo Slam. Il commento di Venus allora era stato delizioso: «Ecco perché ho perso… Eravamo due contro una!». Ma quando uniscono le forze le due sorelle sono letali: 14 Slam e tre ori olimpici in doppio, totale di 22 titoli compresi quelli sul circuito Wta. […]

Intervista a Paolo Bertolucci: “Io e Panatta, diversi in tutto. Conquistava le fan con il ciuffo” (Elvira Serra, Corriere della Sera)

Preferisce «Pasta Kid» o «Braccio d’oro»? «Pasta Kid, mi ci riconosco di più. Me lo diede per provenienza e abitudini culinarie Bud Collins, del Boston Globe». […] Paolo Bertolucci è «quello che giocava con Panatta». […] La più grossa che le ha combinato? «Lo salva che è una persona buona e con uno così non puoi restare arrabbiato. Ma abbiamo litigato un sacco di volte, dentro e fuori dal campo. Non saremmo potuti essere più diversi: lui di famiglia socialista, io liberale, lui giocava a sinistra, io a destra, lui non si dà mai pace, io sono un tipo tranquillo…». Le spiace aver fatto una carriera alla sua ombra? «Una volta alla Royal Albert Hall di Londra nel presentarci dissero che lui era one of the most handsom men in Europe, uno degli uomini più affascinanti d’Europa, e io ero the shorter, quello più basso. Ma nella coppia ero il regista che creava e preparava il piatto, lui il bel ragazzo che dava il colpo del ciuffo». Ma non era la Veronica il colpo di Panatta? «Tecnicamente. Ma il colpo del ciuffo era bestiale, le donne impazzivano. Lui prima di colpire la palla si spostava i capelli con la mano e loro gridavano: A-dri-a-no! Ma il colpo lo avevo preparato io!». […] Ha dovuto coprirlo spesso con le donne? «Lasciamo stare…». Me ne dica almeno una! «Eravamo in Spagna e durante una partita mi fa: “La vedi quella donna in tribuna? Stasera esce con me”. E io: “Vabbè adesso però cerchiamo di vincere”. La sera, come da manuale, la signora, sposata e con tre-quattro figlioli, lo raggiunse in albergo. Poiché dormivamo in camera insieme, dovetti cedergli la stanza e andai in quella accanto, comunicante. A un certo punto sentii bussare alla porta, era il marito: “Donde està mi mujer”? Ma che ne so, risposi. Adriano aveva sentito tutto e quando andò via fece entrare la moglie da me: bussò da lui e non c’era già più». Nella sua autobiografia, «Pasta kid» (Ultra Edizioni), scrive che grazie a voi Björn Borg diventò un sex symbol. «Vestiva in un modo… Zoccoli svedesi, jeans e maglietta. Lo obbligammo a tirar fuori la carta di credito e rifarsi il guardaroba…». Pure Adriano era vanitoso.. «Altroché! Guai a toccargli i capelli, diventa pazzo». La partita più bella? «La vittoria in Coppa Davis». Con la maglietta rossa. «Quella storia… Buon per Adriano che ve ne siete accorti, ma ai tempi non fece così tanto clamore. Comunque poi la cambiammo». La vittoria più gustosa? «Contro gli australiani a Roma, o anche a Montecarlo contro McEnroe e Gerulaitis». È vero che doveva allenare Federer? «Ero nella rosa, ma significava stare 40 settimane all’estero, avevo appena smesso di fare il girovago…». Cosa pensa di Sinner? «Ha tutto: testa mezzo tedesca, è serio, è ben guidato da Piatti e vive per il tennis». E lei gioca ancora a tennis? «Mai. Quando ho smesso ho smesso». Sogna di giocare? «Mi è successo all’inizio del lockdown. Non ricordo contro chi, ma era un match delicato, non sapevo se colpire sul dritto o sul rovescio. Ho riprovato quella sensazione, il mal di pancia che ti prende…».

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