La notizia è ancora molto fresca: un membro del Players Council si è dimesso (Pospisil) e altri due l’avrebbero fatto (Djokovic e Isner, non ufficializzati) per fondare una nuova associazione giocatori (essenzialmente un sindacato) dal nome di Professional Tennis Players Association, una decisione presa per salvaguardare i diritti dei tennisti e per avere più peso politico nelle trattative con i tornei.
L’ATP è inizialmente rimasta silente, anche se il New York Times ha pubblicato alcuni estratti di una lettera inviata da Andrea Gaudenzi ai secessionisti. Ora sono arrivati i primi messaggi ufficiali, uno da parte dell’ATP (stranamente inviato attraverso una mailing list ma non pubblicato sul sito) e uno co-firmato dai sette stakeholders del tennis, vale a dire l’ATP stessa, la WTA, l’ITF, e i quattro Slam.
I messaggi sono piuttosto simili fra di loro, e richiamano all’unità in un momento difficile come quello attuale, in cui il tennis si è trovato a fronteggiare perdite ingenti a causa dei cinque mesi di stop dei tour. Quello dell’ATP, in particolare, insiste sulle tematiche già riportate dal Times: cooperazione, come detto, e rapporti paritari fra giocatori e tornei che proprio le associazioni giocatori si impegnano a difendere. Questo il testo tradotto:
“Il successo dell’ATP Tour, cresciuto negli ultimi trent’anni fino a diventare uno dei principali eventi sportivi del mondo, è stato costruito sul rapporto paritario fra giocatori e tornei, oltre che su proficue collaborazioni con i tornei del Grande Slam, con la WTA, e con l’ITF.
La struttura della governance dell’ATP Tour consente ai giocatori di avere, in merito a ogni decisione importante che riguardi il tour, un peso pari a quello di ogni altra parte coinvolta. Siamo consapevoli delle sfide che i nostri membri stanno affrontando a causa della situazione attuale, ma crediamo fermamente che questo sia il momento dell’unità, non delle divisioni interne. Siamo irremovibili nel nostro impegno a fare il possibile per i nostri giocatori in ogni aspetto del nostro business, assicurandoci che traggano il massimo dei vantaggi dagli anni che passano sull’ATP Tour, e ci impegniamo a far sì che le loro voci si sentano.
Parallelamente, ci impegniamo anche a lavorare con gli altri organi governativi del tennis con l’intenzione di realizzare il potenziale del nostro sport. Solo uniti possiamo concentrarci sul migliorare l’esperienza degli appassionati e sul coinvolgere nuovo pubblico, e solo così possiamo far sì che il tennis continui a prosperare”.
Similmente, il messaggio condiviso dai poteri forti del gioco esprime pieno sostegno all’ATP, e ricorda lo sforzo collettivo fatto per garantire degli introiti ai giocatori dal ranking più basso durante i mesi di inattività:
Ora, questo messaggi, apparentemente non molto incisivi, presentano invece diversi aspetti interessanti: innanzitutto, si fanno delle concessioni su quelle che sono state le sofferenze patite dagli atleti in questi mesi (e qui non si può non pensare alle critiche di Simon e Opelka al mancato taglio del proprio stipendio da parte di Gaudenzi e del suo CEO Calvelli).
Allo stesso tempo, però, il pieno sostegno degli altri gruppi dirigenti all’ATP rafforza la chiara minaccia contenuta nel messaggio e che riecheggia quanto già scritto da Gaudenzi privatamente: i giocatori hanno peso perché la loro associazione, nata proprio per questo motivo, ha fatto sì, a partire dalla sua fondazione nel 1972 e poi dalla “Parking Lot Press Conference” del 1988, che potessero averne. Va da sé, quindi, che se gli altri gruppi governativi decidono di sostenere l’ATP non ci sarà legittimazione per il nuovo gruppo, e questo lo lascerebbe privo di potere.
In realtà, però, il mondo del tennis sta giocando con il fuoco, perché l’efficacia della minaccia dipende da un unico fattore, e cioè la bassa adesione alla nuova sigla sindacale. Se c’è una cosa che abbiamo imparato negli ultimi giorni (o meglio, se c’è una realtà di cui abbiamo dovuto prendere atto ancora una volta) con il boicottaggio dei playoff NBA da parte dei Milwaukee Bucks, e con la conseguente decisione è che nello sport contemporaneo vince il player empowerment, decidono i giocatori, perché il loro brand è spesso più potente di quello delle rispettive leghe, essenzialmente grazie al contatto diretto che possono avere con il pubblico via social media. Da questo punto di vista, quindi, è possibile che il richiamo alla divisione equa dei poteri fra tornei e giocatori ormai stia stretta agli atleti.
L’elefante nella stanza quindi è: Federer e Nadal (e gli altri top player) staranno con Djokovic? Se la risposta è sì, allora l’ATP dovrà per forza capitolare, perché i tornei dello Slam non potranno che sottostare alle richieste delle loro attrattive principali. In questo momento, però, verrebbe da pensare che il Fedal non sia a favore di questa secessione, perché Pospisil ha detto molto chiaramente che i membri fondatori di questa nuova sigla si riuniranno stasera per una foto che immortali il “momento storico”. Questo lascia pensare che il momento dello strappo fosse pianificato, e, poiché Federer e Nadal non sono a New York, sembra ragionevole pensare che non siano “on board”.
Inoltre, l’ultima parte del messaggio dell’ATP va a sostegno di questa tesi: la menzione è per l’esigenza del tennis di unirsi, non solo in senso figurato, ma proprio da un punto di vista legale, un apparente riferimento alla vociferata fusione di ATP e WTA. L’articolo del New York Times (e il nostro Vanni Gibertini) hanno sottolineato che uno dei principali casus belli potrebbe proprio essere questo, perché potrebbe portare a una contrazione dei guadagni degli uomini in nome di una suddivisione equa dei profitti. Sappiamo che Federer e Nadal si sono dichiarati pubblicamente a favore di un merger di questo tipo, ergo i due si troverebbero in diretta opposizione al nuovo gruppo. Tuttavia, questo punto è controverso, perché Pospisil si era a sua volta dichiarato favorevole a una fusione mesi fa, e quindi le motivazioni dello strappo sono certamente molto più complesse, e verranno chiarite, forse, nei prossimi giorni.