Berrettini agli ottavi, Caruso ko (Calabresi). Mannarino e il pasticcio della quarantena risolto da una telefonata del Governatore (Gazzetta dello Sport). Berrettini ottavi di nobiltà (Marchetti e Zanni)

Rassegna stampa

Berrettini agli ottavi, Caruso ko (Calabresi). Mannarino e il pasticcio della quarantena risolto da una telefonata del Governatore (Gazzetta dello Sport). Berrettini ottavi di nobiltà (Marchetti e Zanni)

La rassegna stampa di domenica 6 settembre 2020

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Berrettini agli ottavi, Caruso ko (Marco Calabresi, Corriere della Sera)

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Nel 2019, sui campi di Flushing Meadows, chi se lo trovava di fronte (poi semifinalista) sfidava un outsider, oggi lo guardano tutti per quello che è, il numero 8 del mondo, che spara bordate al servizio (non lo ha mai perso, in tre turni), che fa giocare gli avversari a cinque metri dalla linea di fondo ma che — come successo contro Humbert — è capace anche di colpi magici esterni al paletto. Ieri, Matteo ha sconfitto in tre set il norvegese Casper Ruud, che nel Roland Garros dello scorso anno gli tolse l’opportunità di affrontare Federer. Una partita che, soprattutto nel secondo set e in avvio di terzo, per Matteo si era complicata, ma sui cambi di ritmo non c’è stato niente da fare.

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Negli ottavi ci sarà lo stesso avversario di un anno fa: il russo Andrei Rublev, che ha impedito il derby italiano contro Salvatore Caruso, che per la seconda volta in carriera si ferma al terzo turno di uno Slam. Ingiocabile, Rublev, soprattutto al servizio, con una serie di sette ace di fila a inizio di secondo set, quello in cui il siciliano è riuscito a portare a casa gli unici game di un match senza storia.

Mannarino e il pasticcio della quarantena risolto da una telefonata del Governatore (La Gazzetta dello Sort)

Una telefonata magari non allunga la vita, ma almeno ti permette di giocare una partita di tennis in quell’ambiente surreale che è la bolla degli Us Open. E se a rispondere è addirittura il Governatore dello Stato, un giorno potrai certamente raccontarlo ai nipoti. Che confusione. Quando alle 14.30 di venerdì, ora di New York (le sette e mezzo in Italia), il Louis Armstrong rimane vuoto non solo in tribuna, come previsto, ma anche in campo, perché Zverev e Mannarino non si presentano, subito le voci cominciano a circolare incontrollate. Il boatos più accreditato parla di una protesta dei sette giocatori entrati in contatto con Paire, escluso dal torneo prima ancora che cominciasse per positività al coronavirus, contro il giro di vite sulla quarantena: in pratica, dovrebbero rimanere in hotel senza allenarsi e senza altri contatti e soprattutto senza la possibilità di tornare subito in Europa. Circa sei ore dopo (sommando le tre ore di ritardo del match e le 2 ore e 52′ della sua durata) sarà il mancino francese, numero 39 del mondo, sconfitto in 4 set, a dare finalmente la versione ufficiale: «Sono cambiate le regole. Domenica abbiamo tutti firmato un protocollo della città di New York, che ci consentiva di giocare perché il tampone era negativo (e infatti lui è sceso in campo due volte, la prima contro Sonego, ndr), ma all’improvviso hanno applicato le direttive del Dipartimento della Salute dello Stato, che obbliga all’isolamento se sei entrato in contatto con un positivo a prescindere dal tampone. In pratica, non mi permettevano di lasciare l’hotel».

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Le polemiche La sovrapposizione dei protocolli, però, ha scatenato nuove polemiche sulla gestione della bolla, con il capopopolo Djokovic sempre più preso dal suo ruolo di princeps della nuova associazione dei giocatori (pare che pure lui abbia provato a chiamare il Governatore)

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E del resto, Mannarino compreso, non potranno tornare in Europa prima di una settimana (lunedì inizia Kitzbuehel) e nemmeno allenarsi su un qualsiasi campo di New York. Anzi la Mladenovic ha dovuto ritirarsi dal doppio con la Babos (erano le prime teste di serie) perché la Contea di Nassau, dove risiede durante il torneo, non le ha concesso il permesso di lasciare la casa. Aggiungendo caos a caos.

Berrettini ottavi di nobiltà (Christian Marchetti e Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

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Matteo Berrettini è ufficialmente alla seconda settimana degli US Open, ottavi di finale. Impiega 2 ore e 2 minuti per sbarazzarsi di quel Casper Ruud, 21 anni di tigna pura made in Oslo, Norvegia, che al Roland Garros 201910 aveva regolato in tre set. Il punteggio dice 6-4, 6-4, 6-2 tra la testa di serie numero 6 e quella numero 30 del torneo; il tabellone presenta invece, e per l’appunto, un match dei ricordi: al quarto turno e senza aver finora concesso un set né un game di servizio, il 24enne romano affronterà il russo Andrey Rublev che schianta in tre set, lasciando appena 4 game, i sogni di Salvatore Caruso.

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Campo 17, ma il numero è foriero di jella solo per chi ci crede. Matteo non rientra nella categoria, sebbene a New York manchi la portafortuna Ajla. Il romano è sin da subito osso duro. Matteo, avvelenato, mette pressione e soprattutto ritmo e profondità sul servizio dell’avversario, si ritaglia il break che lo fa volare sul 3-1. Sfiora il doppio vantaggio, affonda bolidi da oltre 200 km/h alla battuta quando c’è da togliere le castagne dal fuoco. La frazione iniziale è sua in 36′.

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Il servizio non tradisce, a differenza di un dritto capriccioso. Quando Ruud allunga lo scambio è pericoloso, quando mette i piedi in campo e quando gioca sul rovescio dell’italiano pure. Si sapeva dalla vigilia. Ad ogni modo, sul 4-4 e alla prima palla break, il numero 8 del mondo non sbaglia e al gioco successivo è un altro 6-4. Matteo annulla due palle del possibile 0-2 sul proprio servizio (a referto anche una “spallata” da 225 all’ora). Allora è lui a strappare il servizio altrui, allunga sul 3-1 pur rischiando peggio di Gagarin, gioca sul velluto (anche troppo) per il 4-1. La striscia di 5 giochi consecutivi si conclude con un Ruud che va avanti con la forza della disperazione. I nervi, penò, restano sempre quelli di un ragazzo di 21 anni che alla fine deve alzare bandiera bianca È 6-1, tra le urla di un tifoso speciale, l’oramai celeberrimo Giovanni, che suscita l’ilarità dello stesso norvegese.

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CARUSO. Il sogno era grande ma Rublev è stato troppo. È finita al terzo turno l’avventura di Salvatore Caruso: 6-0, 6-4, 6-0 in 84′. Rublev è stato una macchina inarrestabile: 25′ per il primo set e anche il secondo, sul 4-1 per il russo, sembrava aver preso b stessa strada. Ma ancora una volta, la grande grinta e anche il gioco di Salvo sono riusciti anche se solo per un momento a mettere in difficoltà l’avversario: grazie al break, il primo, al quarto game, dopo aver tenuto il servizio, il 4-3, poi la parità. Ma dal 4-4 Rublev ritrovava i suoi colpi, potenti, non solo servizio, ma anche risposta, dritto e rovescio, per aggiudicarsi col break al 10° gioco anche il secondo set. A quel punto, inevitabile, un altro crollo di Caruso, il 6-0 che chiudeva la partita e gli U.S. Open del siciliano che comunque ha dimostrato di poter crescere ancora.

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