Djokovic, eccoti Schwartzman, il piccoletto che stende i giganti (Crivelli). Halep, battuto anche il tifo contro (Corriere dello Sport). Djokovic sa volare così Ruud si inchina. È la decima finale a Roma (Azzolini)

Rassegna stampa

Djokovic, eccoti Schwartzman, il piccoletto che stende i giganti (Crivelli). Halep, battuto anche il tifo contro (Corriere dello Sport). Djokovic sa volare così Ruud si inchina. È la decima finale a Roma (Azzolini)

La rassegna stampa di lunedì 21 settembre 2020

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Djokovic, eccoti Schwartzman, il piccoletto che stende i giganti (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il gigante e il bambino. Roma riserverà i suoi baci a Djokovic, l’uomo che oggi pomeriggio giocherà la 52° finale in un Masters 1000, primo della storia, inseguendo il quinto trionfo al Foro, oppure El Peque Schwartzman, l’argentino tascabile tutto cuore che invece debutta su un palcoscenico di questo prestigio dopo aver sottratto il trono a sua maestà Nadal? Certamente, malgrado la stazza tecnica monumentale dell’avversario che lo attende, il piccolo guerriero di Buenos Aires non arretrerà di un passo, abituato com’è ad affrontare da sempre a muso duro le difficoltà della vita, fin da quando i medici gli dissero che non sarebbe più cresciuto oltre il metro e 70 cui era arrivato e lui non si scoraggiò comunque, scegliendo il tennis invece del calcio come sarebbe convenuto a chi porta quel nome, Diego, in adorazione di Maradona. Finalmente lo show Agli Internazionali è il giorno del pubblico, 1000 spettatori per la sessione diurna, in maggioranza bambini e ragazzi delle scuole tennis che si presentano con un certo agio malgrado l’apertura dei cancelli alle 9, e 1000 per quella serale, che invece accettano di fare un po’ di coda per acquistare i biglietti, ignari profeti di ciò che li attenderà nella seconda semifinale, quella tra Schwartzman e Shapovalov, con il Djoker in tranquilla attesa dopo essersi liberato nella prima del tignoso Ruud. Alla fine di 3 ore e un quarto di puro spettacolo che illumina la partita di gran lunga più bella del torneo, il Peque alza le mani al cielo stremato ma ebbro di gioia,

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Il gaucho, primo argentino finalista a Roma da Coria 2005, vince perché possiede l’animo del guerriero che rimanda ogni palla e supplisce con un orgoglio smisurato a una condizione atletica che pian piano si smorza a furia di correre per tutti gli angoli del campo

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Il talentuoso Shapo, che con il rivale si è allenato spesso alle Bahamas dove risiedono entrambi (beati loro), pur uscendo tra gli applausi dei mille che lo avevano eletto a idolo di serata, si macererà tuttavia nei rimpianti, perché da metà del secondo set appare come il padrone del campo, ma trema quando si trova con il turno di servizio per chiudere la sfida, sul 5-4. Eppure, dopo un primo set in cui tiene percentuali troppo basse di prime, il canadese rimonta perché alterna palle piatte ad altre lavorate, sta sulla riga di fondo e muove il rivale verso gli angoli, senza aver fretta di trovare soluzioni estemporanee, come gli ha insegnato (e bene) il nuovo tecnico Youzhny. Riecco Novak Il tie break, però, è tutto di Schwartzman, più lucido e gagliardo: toccherà a lui, dopo due battaglie infernali nei quarti e in semifinale, ritrovare l’adrenalina per provare a infilzare Djokovic. Nole, intanto, gli aveva già riservato gli osanna: «Quello che Diego ha fatto contro Nadal è stato sensazionale, ha giocato una partita fantastica». Il numero uno, con il traguardo che si avvicina, ricalibra però il suo gioco e le sue sensazioni: il norvegese Ruud, sul 5-4 del primo set, si procura due set point ma li sciupa con altrettanti rovesci lunghi e da quel momento viene sovrastato da un Djoker finalmente in versione-lusso.

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Nei precedenti, Djokovic è avanti 4-0, compresa la semifinale dell’anno scorso che però andò al terzo. Il Peque, peraltro, era 0-9 pure con Nadal prima di sabato sera. E sapete com’è andata a finire.

Halep, battuto anche il tifo contro (Corriere dello Sport)


«E’ stato bello vedere un po’ di gente sugli spalti, anche se oggi non mi hanno sostenuto per niente. Erano per la Muguruza, l’ho capito subito, ma io sono stata comunque felice di vederli e ho sentito l’energia di cui avevo bisogno». Continua a colpire duro, Simona Halep, anche dopo aver chiuso vittoriosamente la sua semifinale. E’ la giocatrice più forma, la testa di serie numero 1 (e numero 2 del mondo), e si sarebbe aspettata un po’ di conforto in più. Vedremo oggi cosa succederà, nella sfida per il titolo contro la campionessa uscente, Karolina Pliskova (4 nel ranking Wta),

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Halep ha fatto sua una partita ricca di alti e bassi, dove Garbine è stata sempre costretta ad inseguire. Vinta facilmente la prima frazione, la romena è sembra in controllo del secondo set – finito invece a favore della Muguruza – e poi anche del terzo. E invece, sotto per 0-4 e poi per 1-5, la ragazzona nata a Caracas ha provato la grande rimonta per poi spegnersi sul 4-5, stroncata dal grande caldo e da un fastidio alla gamba sinistra, chiudendo nel peggiore dei modi, con due doppi falli. Alla sua terza finale agli Internazionali in quattro anni, Halep – imbattuta da 13 partite, e nel 2020 ne ha vinte 19 su 21 – cercherà il suo primo trionfo su questi campi:

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Nel derby della Repubblica Ceca, la più forte delle gemelle Pliskova ha vinto la sua semifinale più facilmente del previsto, riuscendo con i suoi colpi piatti ad avere ragione dei tentacoli della Vondrousova, che sabato aveva irretito Svitolina. Due finali consecutive a Roma, non male per una giocatrice considerata adatta quasi esclusivamente per i campi veloci.

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Insomma, vincitrice nel 2019 sulla Konta in finale, Karolina vuole cancellare un periodo ricco più di delusioni che di soddisfazioni. Oggi parte sfavorita – 7-4 i precedenti per la Halep, 1-1 sulla terra battuta – vediamo se l’aria di Roma l’aiuterà nella rincorsa al bis.

Djokovic sa volare così Ruud si inchina. È la decima finale a Roma (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Ci si affanna, talvolta, a spiegare quale sia la differenza fra un campione e un giocatore come tanti, e alla fine è quest’ultimo a passare per l’eroe di giornata. Perché ci ha provato… E in effetti CasperRuud ha provato in tutti i modi a battere Novak Djokovic ma come si è avvicinato alla meta, davanti ai suoi piedi si è aperto un baratro. E c’è finito dentro. Ha avuto due palle set nel primo, e l’altro gliel’ha cancellate con un frego rosso (rovescione e smorzata chirurgica), come una maestra su una frase pasticciata dall’alunno. Ha avuto due palle per ottenere un nuovo break, e Nole gli ha servito due ace. È stato a un passo dal tie break e quello gliel’ha impedito. Era 5-4 nel primo set e serviva lui. Non è bastata l’eroe è caduto prima di toccare l’ultimo bastione. La differenza è dunque il baratro.

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Esclusi gli intoccabili, simili a divinità tennistiche e come tali esentati da qualsiasi paragone terreno, piace molto al pubblico il giocatore umile. Soffrire e pedalare, remare o morire. Ve ne sono alcuni che si ammantano di umiltà e fanno bene, quella è loro parte migliore. Ma basta l’umiltà a creare un campione? E ancora… I campioni possono fare a meno dell’umiltà? La risposta è no, a entrambe le domande. Nei campioni l’umiltà circola dentro, l’hanno mitridatizzata, si sono resi immuni dalla sua invadenza e la utilizzano quando serve. Per raggiungere gli obiettivi seguono percorsi diversi, e più affascinanti. Sono tutti, nessuno escluso, dei visionari nel fissare le mete più irraggiungibili, e tutti sanno come trasformare l’illusione in realtà. Di contro, un umile al numero uno, mai lo abbiamo visto. Nole ne ha fissati due di obiettivi, vincere più Slam di Federer e di Nadal, e procedere allabbordaggio del record di settimane da primo del mondo, in possesso dello svizzero. Ci riesca o meno non è così importante, le sue mete sono alte, le più alte.

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Djokovic non gli ha lasciato più niente. Ha smesso di litigare con l’arbitro Adel Nour, che per tre volte ha sbagliato la chiamata, e ha piazzato un ace di seconda. Così, giusto per festeggiare la sua decima finale romana. «Ruud è stato davvero bravo, mi ha posto in seria difficoltà, ma sono riuscito a raddrizzare le cose. Ho servito bene. Questa la novità più gradita. Un buon viatico per il Roland Garros». In finale c’è El Peque, il piccoletto Schwartzman. Dura semifinale con Shapovalov, tra break e controbreak regalati e malamente dispersi. Soluzione al tie break del terzo, con l’argentino più preciso


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