Numeri: perché è giusto che Novak Djokovic abbia chiuso il 2020 da N. 1

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Numeri: perché è giusto che Novak Djokovic abbia chiuso il 2020 da N. 1

Anche contando solo i punti fatti nel 2020, Djokovic è comunque davanti a tutti. E ha vinto (sia in percentuale che per numero totale) più partite di tutti. Sì, è giusto così

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Concluso da pochi giorni il 2020 tennistico, quantomeno per il circuito maggiore, iniziamo a raccogliere alcuni numeri che hanno caratterizzato la stagione e in particolar modo le ultime settimane dell’anno. Oggi parliamo del traguardo di numero uno di fine anno raggiunto da Novak Djokovic: è giusto che l’ATP lo abbia celebrato con la coppa, nonostante una stagione incompleta? I numero dicono di sì


2180 – i punti di vantaggio su Rafa Nadal che hanno consentito a Novak Djokovic di chiudere per la sesta volta l’anno al primo posto del ranking ATP. Un’impresa centrata dal solo Pete Sampras (lo statunitense vi riuscì consecutivamente dal 1993 al 1998) che permette al tennista serbo di staccare in tal senso Federer, Nadal e Connors, capaci di chiudere la stagione al numero 1 della classifica per cinque volte. Con il vigente regolamento del ranking -che, adattatosi alla sospensione del circuito avvenuta tra marzo e agosto, permette ai tennisti di mantenere in classifica il miglior risultato di ogni torneo tra il 2019 e il 2020 – e con la riduzione del calendario, possono esserci dubbi sulla completa legittimità di conteggiare la chiusura da numero 1 in un’annata particolare come il 2020.

Quella relativa alla modalità con cui viene calcolato il punteggio può venire fugata osservando la classifica virtuale dei soli risultati ottenuti quest’anno: Novak è sempre primo con 6855 punti e, addirittura, rispetto alla classifica ufficiale, lo è con un margine superiore (di 2240 punti) sul secondo ad aver fatto meglio, in questo caso Thiem, che a sua volta precede di 565 punti un Nadal penalizzato dall’aver giocato soli sette tornei e di 590 un Medvedev brillante solo nel rush finale del 2020. Nessuno può dire con certezza cosa sarebbe accaduto se, oltre a quattro dei cinque tornei più importanti (è venuto a mancare Wimbledon) e a tre dei nove Masters 1000 programmati, il calendario inizialmente previsto non fosse stato sensibilmente ridotto, ma è pur vero che il serbo ha dovuto rinunciare a giocare Wimbledon, uno Slam che ha vinto cinque volte – quattro delle ultime sei edizioni disputate.

Probabilmente, i Championships avrebbero potuto aiutarlo ad aumentare il distacco – relativamente ai punti guadagnati in questo 2020 – rispetto ai più diretti concorrenti, a proposito dei quali è giusto ricordare che Nadal a Church Road non raggiunge una finale dal 2011, Thiem e Zverev una sola volta hanno raggiunto gli ottavi, Medvedev e Rublev non hanno mai giocato la seconda settimana. Il serbo detiene il primato di partite vinte nel 2020 con 41 successi (in tal senso e affiancato da Rublev che però quest’anno ha vinto solo 14 match complessivi a livello di Slam, Finals e Masters 1000, a differenza del serbo che in queste categorie ne conta ben 28) e di prize money (ha guadagnato oltre sei milioni e mezzo di dollari, seguito da Thiem, staccato di 500.000 dollari, e da Nadal, Medvedev e Zverev, unici altri tennisti ad aver guadagnato nel 2020 in soli montepremi più di tre milioni). 

Non è nemmeno insolito che un numero 1 a fine anno abbia vinto un solo Slam: fermando la ricerca al solo ultimo decennio si osserva come sia già accaduto in tre circostanze. La prima risale al 2012, quando Djokovic vinse a Melbourne su Nadal e perse le finali a Parigi e New York; la seconda al 2014 quando di tale situazione fu protagonista ancora il serbo che, proprio come quest ‘anno, vinse un Major (a Wimbledon superando in finale in cinque set Federer) e raggiunse una sola finale (al Roland Garros contro Nadal). Infine, è successo anche nel 2016, quando fu Murray a beffare Nole (che quattro anni vinse due Major) grazie alla vittoria a Wimbledon e alle finali raggiunte a Melbourne e Parigi.  

Anche un altro particolare statistico aiuta in tal senso Nole: conteggiando come sconfitta “tecnica” anche la squalifica subita nel match dello US Open contro Carreno Busta, il serbo ha vinto 41 delle 46 partite giocate quest’anno, un bilancio corrispondente a una percentuale dell’86% (andando a vedere i colleghi ad aver fatto più punti nel 2020, troviamo Thiem e Medvedev con il 74, Nadal col 79, Zverev il 72, Rublev l’80). Pur tarando l’efficienza nel 2020 del serbo col minore numero di partite da lui giocate – che ovviamente rende meno difficile raggiungere queste percentuali – dal confronto con i bilanci partite vinte/perse dei vari numero 1 a fine anno nell’ultimo decennio, si evince che un tale rendimento è superiore all’82% con cui lo stesso Nole chiuse il 2018 in vetta alla classifica e uguale percentualmente a quello che avevano il serbo a fine 2012 e Nadal nel 2017.

La verità definitiva su come sarebbe andata la classifica senza la riduzione del calendario nessuno può saperla e, del resto, con i se e con i ma non si è mai risolto nulla: forse è giusto accettare che, come in questi duri mesi la vita privata e pubblica abbia subito modifiche e tagli in fatto di abitudini e scelte, la stessa ratio sia stata utilizzata dall’ATP con il proprio ranking.

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