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Al femminile

WTA 2020, dodici match da ricordare (seconda parte)

Dalle partite australiane di gennaio sino all’anomalo Slam dell’autunno francese, dodici incontri memorabili scelti per qualità tecnica, tattica e agonistica

Last updated: 22/02/2021 22:17
By AGF Published 01/12/2020
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27 Min Read
Naomi Osaka e Victoria Azarenka - US Open 2020

2. Ka. Pliskova b. Naomi Osaka 6-7(10), 7-6(3), 6-2 – Brisbane, SF
I primi due set di questo match rappresentano, a mio avviso, uno dei migliori esempi di “ball hitting” nel tennis femminile degli ultimi anni, con due protagoniste in giornata di grazia che spingono a partire dal servizio e, incredibilmente, sbagliano quasi nulla. Una situazione straordinaria, parzialmente mitigata dal calo di Osaka nel terzo set. Calo quasi inevitabile, vista la sequenza degli eventi, che fa leggermente scendere il livello complessivo del match, ma forse lo rende anche più umano, dato che le prime due ore di gioco rischiano di assomigliare più a un racconto da playstation.

Primo set. Osaka serve per prima e comincia sfoderando una prestazione in battuta notevolissima: parecchi ace, nessun doppio fallo, e impeccabile gestione dei colpi in uscita dal servizio. Ma Pliskova non sta certo a guardare: ottiene qualche ace in meno, ma in compenso serve con una percentuale di prime più alta, tanto è vero che sino al 4-4 nessuna delle due in risposta riesce ad andare oltre il 30. Quando si avvicina la stretta finale del set, il confronto si fa più intenso. Osaka salva due palle break e sale 5-4; subito dopo è Pliskova che se la cava nel turno successivo ai vantaggi. Ma alla fine nessuna cede la battuta: tiebreak.

Un tiebreak da 22 punti, con quattro set point per Naomi e due per Karolina, prima del piccolo allungo definitivo di Osaka, che si aggiudica il parziale sul 12-10. Ci sono voluti 65 minuti per rompere l’equilibrio, in un set che presente statistiche eccezionali: su 98 punti giocati, ci sono stati appena 8 errori gratuiti. Saldo vincenti/errori non forzati: Pliskova +12 (17/5), Osaka addirittura +21 (24/3).

Secondo set. In avvio Pliskova sembra leggermente scossa dal set perso malgrado i set point avuti a favore, e fatica un po’ a tenere i propri turni di servizio: concede le prime palle break di tutto il match nel primo e nel terzo gioco, ma riesce sempre a salvarsi. In pratica si continua senza che le due protagoniste perdano la battuta e con un livello di tennis impressionante sino al 5-5. E qui si verifica la sequenza chiave del match. Finalmente, alla settima occasione, Osaka strappa il servizio a Pliskova. Per la verità è più Karolina che glielo concede, con un doppio fallo; fatto sta che Naomi sale 6-5: servirà per il match. Osaka riesce a portarsi sul 40-30, ma non a convertire il match point (rovescio titubante in rete). Pliskova risponde bene, e ottiene il controbreak: 6-6. Si va di nuovo al tiebreak.

Karolina parte meglio, sale prima 3-1 poi 5-2 e riesce a chiudere sul 7-3, pareggiando i conti. Questa volta il secondo set è durato 61 minuti, e le statistiche sono solo di poco inferiori. Saldo vincenti/errori non forzati: Pliskova +5 (11/6), Osaka +10 (18/8).

Terzo set. A Brisbane è scesa la sera e ha pure cominciato a piovere intensamente: ci pensa il tetto a garantire la continuità di gioco. In avvio di set si capisce che Naomi non ha ancora metabolizzato il mancato match point. Il suo livello è leggermente sceso, e finisce per cedere la battuta in apertura. Se Osaka è diventata più fragile, con qualche comprensibile errore, Pliskova è uscita rafforzata dalla sconfitta evitata per un soffio, e continua a giocare concentratissima. E con un secondo break si stacca definitivamente: 6-2 in 41 minuti. Saldo vincenti/errori non forzati del terzo set: Pliskova +9 (13/4), Osaka +2 (9/7).

Probabilmente una delle più belle vittorie della carriera di Pliskova, che poi in finale contro Madison Keys avrebbe confermato il titolo di Brisbane, già suo nel 2019. Ammirevole per la capacità di resistere di fronte a una avversaria vicina alla perfezione nella prima ora e mezza di gioco, e con una costanza di rendimento ad altissimi livelli impressionante. A fare la differenza nel match è chi ha salvato più palle break: Pliskova 12 su 13, Osaka 6 su 9. Saldo finale  vincenti/errori non forzati: Pliskova +26 (41/15), Osaka +33 (51/18). Anche facendo un po’ di “tara” al numero degli errori non forzati (nell’ipotesi che il valutatore sia stato di manica larga) rimangono comunque statistiche eccezionali.

1. Naomi Osaka b. Victoria Azarenka 1-6, 6-3, 6-3 – US Open, Fin.
La finale dello US Open 2020 offre un confronto generazionale fra autentiche specialiste del cemento. Sia Azarenka che Osaka, infatti, vantano vittorie e finali negli Slam di USA e Australia, mentre il loro rendimento è sempre stato un po’ inferiore su erba e terra battuta. Entrambe sono reduci da una semifinale molto impegnativa: Vika ha sconfitto Serena Williams in rimonta, Naomi una Jennifer Brady in grandissima condizione. Per i bookmaker è favorita Osaka (1,60 a 2.50 circa).

Primo set. Ci si aspetta una partita equilibrata e invece l’avvio è tutto di segno bielorusso: Azarenka scende in campo super concentrata, gioca profondo, copre il campo muovendosi benissimo e serve il 94% di prime. D’altra parte Osaka appare un po’ impacciata, meno reattiva del solito negli spostamenti, e condizionata dall’emozione. 6-1 Azarenka in 27 minuti.

Secondo set. Naomi sembra incapace di scuotersi, e rischia di andare incontro a una imbarcata totale. Non sta giocando particolarmente male, ma contro una Azarenka in condizione perfetta occorre la Osaka dei giorni migliori, e quella versione non si è ancora vista. Vika le strappa di nuovo il servizio e sale 2-0. Parziale di 8 game a 1. Naomi però è una campionessa, e finalmente trova dentro di sé la forza per reagire.

Il game della svolta è il terzo: Azarenka avrebbe l’occasione del 3-0 e invece finisce per aggiudicarselo Osaka, che riequilibra il conto dei break. È l’avvio di un’altra partita, speculare alla prima parte, nella quale la potenza di Naomi e una posizione in campo più aggressiva rovesciano i valori in campo. Dal 3-3, Osaka cambia marcia e conquista il 6-3, con un ultimo game combattutissimo che però Azarenka finisce per perdere.

Terzo set. Osaka continua spedita la sua corsa. Sul 3-1 salva quattro break point consecutivi (da 0-40), e sale 4-1. Poi prova a chiudere la partita per K.O.: ha due occasioni per il doppio break (per il 5-1), ma questa volta è Azarenka che si dimostra un osso duro: con un difficilissimo recupero di rovescio in controbalzo e addirittura con un ace di seconda, tiene la battuta. Comincia la fase più bella (e incerta) del match. Si lotta su ogni quindici. Osaka ha ancora un break di vantaggio, ma Azarenka quasi completa la risalita, con il break del 3-4. Serve per pareggiare la situazione, ma subisce un controbreak che la rimette a distanza. Sul 5-3 Naomi tiene la battuta e chiude i conti. 6-3 Osaka in 46 minuti. Saldo complessivo vincenti/errori non forzati: Azarenka +7 (30/23), Osaka +8 (34/26).

Una partita tutta nel segno del tre. Tre fasi: la prima per Vika (8 game a 1), la seconda per Naomi (9 game a 2), la terza e conclusiva che ha regalato l’incertezza e l’equilibrio necessari a rendere il tutto più elettrizzante. Per Azarenka si tratta della terza finale persa a Flushing Meadows in carriera, ancora al terzo set come quelle del 2012 e 2013 contro Serena Williams. Osaka, d’altra parte, ad appena 22 anni arricchisce il proprio palmarès con il terzo Slam: tre finali disputate, tre vittorie, tutte contro avversarie plurititolate come Williams, Kvitova e Azarenka.

Un gran match, anche se rimane il rimpianto di come sarebbe potuto diventare con la presenza e la partecipazione del pubblico ad amplificare le emozioni delle protagoniste in campo.

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