Brady e la sfida alle emozioni: "In finale sarò nervosa al 100%, è inevitabile"

Australian Open

Brady e la sfida alle emozioni: “In finale sarò nervosa al 100%, è inevitabile”

L’americana giocherà la sua prima finale Slam nella rivincita della semifinale di New York: “Con il pubblico sarà ancora più eccitante”

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Jennifer Brady - Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

A decidere l’Australian Open sarà il replay della semifinale dell’ultimo US Open. Di nuovo Jennifer Brady contro Naomi Osaka, questa volta non più in una bolla. Dal vuoto di Flushing Meadows al parzialmente pieno di Melbourne Park (9661 i presenti nel day 11), che diventa un fattore dopo i mesi che ci mettiamo alle spalle. Reduce dagli alti e bassi che l’hanno portata a battere Karolina Muchova, la numero 24 del mondo ha esplicitato così le sue emozioni: “Ho perso un po’ della concentrazione che avevo trovato senza pubblico, eppure sono una a cui piace coinvolgere gli spettatori col mio gioco. A un certo punto, però, questo ha finito anche per mettermi pressione“.

Meccanismi psicologici dalle ripercussioni latenti, anche negli sviluppi di gioco. “Ero nervosa, non riuscivo a sentire le gambe – racconta -, giocavo sperando che fosse lei a sbagliare e ciò non accadeva. Ma fisicamente mi sentivo bene, era più che altro un problema mentale. Stavo pensando all’occasione, all’opportunità di raggiungere un livello mai raggiunto prima. Va detto, come già è stato fatto a margine del racconto della partita, che Brady non si trova da queste parti per caso. Ha giocato, a distanza di qualche mese, le ultime due semifinali Slam sul cemento. Di certo non pecca di continuità.

CONSAPEVOLEZZA – A 25 anni, l’allieva di Michael Geserer sembra aver raggiunto la maturità anche dal punto di vista dell’autoconoscenza. Sabato si troverà davanti all’occasione più ghiotta di sempre, essendo giovane ma non più giovanissima rispetto alle emergenti. Il primo Slam della vita gliela cambierebbe, la vita. “Quello di agitarmi è un rischio che potrei correre anche in finale – ammette – anzi, sarò nervosa al 100%. Ma non c’è modo di evitarlo, è un momento naturale che va metaforicamente abbracciato e con il quale si deve convivere. Ci saranno attimi in cui penserò: wow, questo può essere il mio primo titolo Slam. Saranno inevitabili, con le loro conseguenze. Mi sto impegnando, in ogni caso, a gestire meglio le emozioni“.

Il precedente, più che intimorirla, potrebbe però motivarla. A settembre se l’è giocata quasi alla pari, pur essendo lei quella inesperta (al contrario di quanto dicesse la carta di identità). “Allo US Open abbiamo giocato una grande partita, ma senza pubblico. Questa volta davanti ai tifosi sarà ancor più eccitante. Lei genera pressione perché ci mette pochissimo a mantenere il servizio, quindi ti obbliga a fare lo stesso. Bisogna però evitare di farsi travolgere sotto questo aspetto”.  E poi c’è una maggiore consapevolezza, dicevamo. Che non sfocia in presunzione. “Mi è stato detto sin da giovane che avevo un buon dritto e un buon servizio, la sfida probabilmente era riuscire a metterli insieme. Ora ci sono riuscita. Ho iniziato a credere dall’anno scorso di poter raggiungere questi livelli – ha concluso  nel giocare con avversarie importanti mi rendevo conto di non fronteggiare colpi e situazioni troppo più grandi di me“. Il percorso non sarà stato fulmineo, ma conta poco. Curve e salite lo hanno arricchito.

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