Australian Open, un game palpitante riscatta una brutta partita: Jennifer Brady è in finale

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Australian Open, un game palpitante riscatta una brutta partita: Jennifer Brady è in finale

Muchova spreca tre palle per riaprire il terzo set, Brady chiude solo al quinto match point: l’ultimo game della partita è da batticuore e in finale, per la prima volta in uno Slam, ci va la statunitense

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Jennifer Brady - Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

[22] J. Brady b. [25] K. Muchova 6-4 3-6 6-4

Jennifer Brady e Karolina Muchova decidono di condensare tutte le emozioni nell’ultimo game, dopo quasi due ore di tennis rivedibile e condizionato dalle pressioni di una semifinale Slam. In finale ci va quella che ha sbagliato di più, curiosamente, ma che ha saputo sfruttare con più astuzia le insicurezze e gli errori dell’avversaria. Per Brady sarà una prima volta, ma non si può dire sia del tutto casuale – dacché si trattava della seconda semi consecutiva in uno Slam sul cemento, dopo lo US Open 2020. Per Muchova forse ci sarà un’altra chance, ma quella di oggi (da cui avrà tanto da imparare) era ghiotta.

IL MATCH

È un primo set molto particolare e certo poco divertente quello vinto da Brady. Il nome nella grafica del punteggio ci aiuta a ricordare che la sua avversaria è Muchova, certo, ma sarebbe forse sufficiente osservare il susseguirsi dei primi punti. La tennista ceca parte infatti ancora male, come contro Mertens e Barty, e va sotto 2-0. La statunitense non dimostra un grande istinto killer e si fa subito rimontare commettendo un doppio fallo. Due palle break, due break – uno per parte. 2-2. La partita è priva di colpi di scena fino al 5-4, quando Muchova è chiamata a servire per prolungare il set contro un’avversaria che ha già commesso 17 errori. Lo spettacolo rimane assai povero, ma arriva il punto di rottura. Muchova mette fuori un dritto non impossibile e regala un set point a Brady, che deve soltanto attendere qualche secondo per vedersi consegnare il parziale da un doppio fallo. Tre palle break, tre break. Set da dimenticare per entrambe, ma almeno Brady lo ha vinto – e trattandosi di una semifinale Slam non è un dettaglio da poco.

Viene da pensare che tanto l’una quanto l’altra, in queste condizioni, farebbero la fine del sorcio contro la Osaka che abbiamo visto disfarsi di Serena in meno di ottanta minuti, e dunque ci auguriamo che a prescindere dalla vincitrice in finale si presenti un’avversaria più competitiva. Muchova interpreta questa nostra perplessità e decide che è il caso di fare qualcosa di concreto per provare a guadagnarsi una finale Slam. Sai com’è, a prescindere dall’esito vale un milioncino di dollari e una bella fetta di gloria. Quel qualcosa sono un paio di risposte parecchio aggressive: la prima addirittura vincente per guadagnarsi tre palle break, la seconda quasi vincente (su una prima) per andare in vantaggio.

Da quel momento Brady dimostra una certa confusione tattica, oltre che l’incapacità di andare molto oltre lo schema ‘servizio e dritto’ (che però, va detto, è di primissima classe). La statunitense tiene senza problemi i seguenti tre turni di battuta, ma lo stesso fa Muchova e in un baleno si arriva sul 5-3. Le ragazze giocano il punto più divertente del set, vinto da Brady, poi Muchova vive il secondo momento attivo in risposta e dal 40-15 USA ribalta il game fino al set point. Forse indecisa su cosa copiare dall’ampio campionario di qualità della sua avversaria, Brady ruba il doppio fallo col quale Muchova aveva regalato il primo parziale. Non una scelta così brillante: è uno pari.

Karolina Muchova – Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)

Il terzo set comincia e Muchova continua a sbagliare molto poco, al punto che – nonostante non stia facendo nulla di trascendentale – saremmo tentati di attribuirle un vantaggio nel pronostico, a questo punto della partita. Ed è proprio qui che Muchova decide di punire la nostra tentazione giocando forse il peggior game di servizio nella storia delle semifinali Slam: gratuito di dritto (corridoio), doppio fallo, gratuito di dritto (sempre corridoio), gratuito di dritto (neanche in corridoio). Sembra Paire al primo turno di un ATP 250 di metà luglio, invece è Muchova al set decisivo di una semi Slam. Brady intasca il malloppo con aria furtiva e sfruttando un parziale di 12 punti a 2 si porta avanti 3-1.

L’inaspettato vantaggio ricarica le pile della statunitense, che senza inventarsi nulla di particolare dimostra rinnovata sicurezza negli schemi al servizio e torna a fare uso regolare del come on quando vince un quindici pesante. Col conforto dei soli quattro punti persi in battuta nel terzo set fino a quel momento, Brady va a servire sul 5-4 per accedere alla sua prima finale Slam.

Il game conclusivo riscatta un intero incontro privo di emozioni e fornisce una buona dose di dramma, assente finora tanto in questo match quanto nella precedente semifinale. Con un splendido dritto stretto Brady si porta sul 40-15 e ha due match point a disposizione. Serve la prima ma Muchova risponde alla grande, sfugge alla diagonale di dritto e chiude col dritto inside in. Il dramma comincia qui, sul 40-30: Muchova sbaglia un dritto e sembra finita, ma Hawk-Eye live reclama l’out sul colpo precedente di Brady con un pizzico di ritardo. La ceca ringrazia qualcuno lassù in cielo, Brady si inginocchia incredula. Le serviranno altri quattro match point per vincere la partita e dovrà annullare ben tre palle break, tutto senza il conforto della prima di servizio (sette punti decisivi, sette seconde). Affinché la partita non si riapra serve dunque l’aiuto consistente di Muchova, che in occasione dei tre break point tira un rovescio più brutto dell’altro. Se questo è il suo colpo meno naturale, del resto, c’è un motivo. Karolina dà il suo contributo allo spettacolo annullando splendidamente terzo e quarto match point, ma sul quinto spedisce lungo il dritto e Jennifer può esultare.

Una brutta semifinale riscattata da un game conclusivo molto emozionante regala a Brady la prima finale Slam. E fanno 11 vittorie negli ultimi 12 match giocati in Slam su cemento, tra US Open e Australian Open. Proprio a New York era stata sconfitta in semifinale da Osaka, al termine di un match molto tirato. Vista la scintillante condizione di forma della giapponese, l’augurio – per lo spettacolo – è che la finale non sia una mattanza. Per questo servirà la Jennifer di New York, più che quella vista oggi a Melbourne.


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