Il ticking clock di Fognini e Kyrgios: chi rischia col ritorno al ranking tradizionale (e ringrazia le ultime modifiche) - Pagina 2 di 3

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Il ticking clock di Fognini e Kyrgios: chi rischia col ritorno al ranking tradizionale (e ringrazia le ultime modifiche)

13 tennisti hanno mantenuto la loro classifica in larga parte grazie a un solo risultato. Chi ha il paracadute (Fognini e Kyrgios), chi rischia di più (Dimitrov e Karatsev). I casi Federer e Nadal

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Fabio Fognini - Montecarlo 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

QUELLI CON IL PARACADUTE

La lista vera e propria comprende pertanto “solo” 13 giocatori, sette che potranno tenere la metà dei propri grossi punteggi in virtù delle nuove regole, cinque che non potranno farlo, e un caso intermedio. È ragionevole pensare che il secondo gruppo sarà quello più in difficoltà nel preservare il proprio status, ma come sempre ci sono dei caveat legati al caso singolo.

Di seguito la lista dei beneficiari delle recenti modifiche, con inclusione di quella che sarebbe la loro perdita massima in termini di punti e classifica:

1. Feliciano Lopez, N.58, 1078 punti

  • Torneo: Queen’s (500 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 46,4%
  • Perdita massima: 250 punti (al momento sarebbero 34 posizioni); altre possibili perdite: 0 (se rivincesse) o 200 punti (se arrivasse in finale)

Uno degli highlander del tour, l’iberico vinse singolare e doppio (in coppia con un redivivo Andy Murray) sull’erba londinese, riconquistando uno status che a 38 anni sembrava ormai perduto dopo una mesta sconfitta negli ottavi del Challenger di Surbiton. Ora però le primavere sono quasi 40, e sebbene Feliciano sia sempre un avversario pericoloso come notato da Sonego (gioca troppo bene per non esserlo, almeno in giornata singola), i suoi interessi potrebbero non coincidere più con il tennis giocato: è già direttore del torneo di Madrid, e quindi è presumibile che la preoccupazione di perdere posizioni non lo tanga particolarmente.

2. Nick Kyrgios, N.48, 1190 punti

Nick Kyrgios – Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
  • Torneo: Washington (500 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 42%
  • Perdita massima: 250 punti (al momento 28 posizioni); altre possibili perdite: 0 (se rivincesse) o 200 punti (se arrivasse in finale)

Molti appassionati ricorderanno la sua performance nel DC, quando (pur senza lesinare momenti di rottura della quarta parete) decise che aveva voglia di giocare e portò a casa il torneo battendo Tsitsipas (con match point salvato) e un Medvedev alla prima delle sette finali consecutive che lo lanciarono fra i grandi pretendenti al titolo di dominatore del circuito post-Big Three. Come noto, Kyrgios ha deciso di non riprendere lo scorso agosto (non che questo gli abbia impedito di esprimere la propria opinione su tutto lo scibile, sia chiaro), ma, a dispetto di una continuità nel match non inossidabile (come da costume), la performance di Melbourne ha lasciato l’impressione di un giocatore intenzionato quantomeno a provarci – bisognerà vedere se e quando deciderà di farlo fuori dall’Australia, soprattutto fino a quando la pandemia non sarà stata contenuta.

3. Fabio Fognini, N.18, 2535 punti

  • Torneo: Montecarlo (1000 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 39,45%
  • Perdita massima: 500 punti (al momento 5 posizioni); altre possibili perdite: 0 (se rivincesse) o 400 punti (se arrivasse in finale)

Il ligure sarà uno dei primi a dover difendere uno score importante (anche se ora potrà farlo con maggiore serenità grazie all’eccezione di classifica degli ultimi giorni), score che gli ha permesso di rimanere in Top 20 anche in momenti di grande difficoltà dovuti soprattutto a problemi fisici culminati con una doppia operazione alle caviglie. Se da un lato pensare a un’altra vittoria nel Principato potrebbe essere complicato, il tennis mostrato in Australia fa pensare che l’azzurro possa ancora dire la sua specialmente sulla superficie preferita, dove le articolazioni soffrono meno sugli impatti.

4. Dusan Lajovic, N.27, 1785 punti

  • Torneo: Montecarlo (600 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 33,6%
  • Perdita massima: 300 punti (al momento 10 posizioni); altre potenziali perdite: 0 (se tornasse in finale) o 240 punti (se arrivasse in semifinale)

Lajovic ha fondamentalmente costruito il suo punteggio sul Principato e sulla vittoria ad Umago 2019, perdendo quasi tutti gli incontri giocati in altri tornei. Va detto però che le buone prestazioni di Rotterdam e Melbourne (quarto turno) potrebbero indicare una crescita sul cemento che potrebbe permettergli di mantenere una posizione medio-alta.

5. Sam Querrey, N.55, 1085 punti

  • Torneo: Wimbledon (360 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 33,2%
  • Perdita massima: 180 punti (al momento 23 posizioni); altre potenziali perdite: 0 punti (se confermasse i quarti di finale)

Il suo punteggio si gioca su tre settimane su erba, visto che aggiungendo la finale di Eastbourne raggiunta subito prima dei Championships nel 2019 il totale dei punti è di 510, praticamente la metà del suo bottino corrente.

Dopo la ripresa del tour Sam è diventato Uncle Sam, mettendo in scena una fuga nottetempo da San Pietroburgo dopo essere risultato positivo al coronavirus con la famiglia, e in questo inizio di 2021 non sembra essere ancora tornato ai suoi livelli, perdendo abbastanza rapidamente con Sonego al primo turno dell’Australian Open. Nonostante i 33 anni, però, non bisogna mai sottovalutarlo, più che altro perché è un giocatore di striscia che può infilare più vittorie nella settimana giusta.

6. John Isner, N.25, 1895 punti

John Isner – New York 2019 (foto via Twitter, @NewYorkOpen)
  • Torneo: Miami (600 punti)
  • Incidenza sul suo punteggio ATP: 31,7%
  • Perdita massima: 300 punti (circa 12 posizioni); altre potenziali perdite: 0 (se tornasse in finale) o 240 punti (se arrivasse in semifinale)

Il primo a cadere dalla torre sarà quello che somiglia di più… a una torre, visto che Miami sarà il primo torneo in cui si dovranno difendere attivamente dei punti, ancorché solo la metà del punteggio effettivo. Onestamente l’impressione è che Isner non sia più così interessato a viaggiare per il mondo per giocare a tennis, forse giustamente, visto che è stato per anni il N.1 americano e ora ha una famiglia a cui pensare. Di sicuro, però, se volesse potrebbe rimanere almeno fra i 100 ancora per qualche anno – quel servizio e quel dritto continueranno a fargli vincere match.

7. Gilles Simon, N.69, 990 punti

  • Torneo: Queen’s (300 punti)
  • Percentuale sul suo punteggio ATP: 30,3%
  • Perdita massima: 150 punti (circa 20 posizioni); altre potenziali perdite: 0 (se tornasse in finale) o 120 punti (se arrivasse in semifinale)

Simon è in una posizione simile a quella del suo avversario in finale al Queen’s (Lopez lo precede di una posizione ma ha anche 200 punti in più da difendere), ma a quasi 37 anni è ancora in grado di giocare la parte del veterano che può far passare un brutto quarto d’ora al rude colpitore di turno. Di sicuro però la mancanza di punch con il dritto è destinata a divenire sempre più un handicap man mano che la condizione atletica scema, e in più deve esserci la motivazione: la sconfitta di Melbourne con Tsitsipas era già stata preoccupante in questo senso, e dopo la prestazione molto nervosa di Montpellier contro Dennis Novak Gillou ha confermato di non sentire più la voglia di andare avanti, prendendosi una pausa sine die dal circuito.

A pagina 3, i tennisti che invece dovranno difendere i propri punteggi migliori senza l’ausilio del nuovo regolamento, con un caso particolare

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