WTA Miami: Barty e Svitolina emergono dalla lotta, Osaka avanti senza problemi

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WTA Miami: Barty e Svitolina emergono dalla lotta, Osaka avanti senza problemi

La numero uno batte una discreta Azarenka, l’ucraina rimonta Kvitova, soffocata dal caldo. Sabalenka trita Vondrousova, Naomi batte Mertens

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Gran pomeriggio di tennis al femminile a Miami, ancora di là da concludersi, che ha visto qualificarsi per i quarti di finale le prime due favorite del seeding, Ash Barty e Naomi Osaka. Quest’ultima ha firmato l’ultimo punto del doppio 6-3 ai danni di Elise Mertens attorno alle 16:30 locali, nonostante un servizio meno scintillante del solito (due break subiti). L’impegno si è via via agevolato anche a causa delle condizioni fisiche imperfette di Mertens, la quale, a metà secondo set, ha chiesto l’assistenza del fisioterapista per un problema al pettorale che l’ha costretta a un trattamento fuoricampo.

Osaka era partita fortissimo volando sul cinque-uno in una ventina di minuti, per poi pagare dazio a una condizione fisica ancora in ampio rodaggio. La numero due WTA ha via via perso mobilità, sprecato uno dei due break di vantaggio e dovuto persino annullare una palla del cinque-quattro che avrebbe rimesso la fiamminga in piena carreggiata, riuscendo tuttavia a salvare la frazione. Nel secondo set Naomi ha strappato il servizio alla rivale nel terzo gioco, ma il numero crescente di errori ha favorito il ritorno di Mertens, andata al time-out medico avanti per tre a due. La pausa si è rivelata fondamentale per la giapponese, brava a ritrovare i suoi colpi alla ripresa delle ostilità e a travolgere la rivale con i quattro game consecutivi che hanno chiuso la contesa. Il pallottoliere stagionale di Osaka si attesta ora a dodici vittorie su dodici partite giocate.

L’ultima sconfitta sul campo è sempre quella patita nel tier di Fed Cup contro la Spagna del febbraio 2020, quando cedette a Sara Sorribes Tormo. Per il resto, due tornei di discreto valore vinti sui quattro disputati in totale e due walkover: a Cincinnati prima della finale con Azarenka e al Gippsland Trophy, dove per colpa di un problema alla spalla rinunciò alla semifinale in programma proprio contro Mertens. La sua caccia al secondo titolo stagionale (e alla vetta della classifica) proseguirà nei quarti contro una tra Maria Sakkari e Jessica Pegula.

Di sicuro è stata una giornata torrida, un’altra; trenta gradi esacerbati da un’umidità da foresta pluviale, con conseguenze ogni giorno più nefaste per le giocatrici e i giocatori in campo. La vittima di oggi del cauldron che imperversa sulla Florida meridionale è stata Petra Kvitova, la quale, poveretta, come ha intuito il nostro AGF soffre assai la calura. Petra ha giocato gli ultimi cinque game del match con Elina Svitolina boccheggiando vistosamente, sfinita contro i cartelloni pubblicitari oppure piegata sulle ginocchia paonazza in volto tra un punto e l’altro. Peccato, chissà come sarebbe andata, ma ciò che non è stato interessa il giusto. Elina Svitolina ha vinto un grande ottavo e la strada per la semifinale adesso appare in declivio: Anastasija Sevastova, che ha battuto Ana Konjuh stavolta afflitta da un problema alla schiena ma comunque rincuorata da un gran torneo in fondo a un calvario lastricato d’infortuni, non partirà certo favorita nel prossimo incrocio.

La prestazione di Petra-ex-Petrona si è trasformata in un perfetto riassunto della sua carriera, di ciò che sarebbe potuta essere, anche se la bacheca tutto sommato luccica abbastanza: momenti di tirannia tennistica assoluta, di quella che in più di un’occasione ha spinto il nostro Direttore a domandarsi come diavolo sia possibile che la ceca non abbia vinto tutto, e momenti di buio prolungato, spesso sospinto da una preparazione atletica molto deficitaria rispetto a quella più volte esibita da avversarie che non hanno la metà del suo talento. Nel primo set di oggi Svitolina ha corso tanto, ma le è stato impedito di toccare la pallina: seiuno in mezz’ora, prodotto da una gragnuola di vincenti da capogiro. Nel secondo, parecchio più equilibrato, servizi al potere fino al cinque-quattro Kvitova, poi il blackout ha colpito il centro di Bilovec: sei giochi in fila Elina, improvvisamente ritrovatasi a servire per il quattro a zero nel terzo.

In quel momento nessuno, meno che mai l’ormai ex signorina Monfils, si sarebbe atteso la resurrezione della ceca, ma la due volte regina di Church Road ha pescato dal fondo asciutto del serbatoio le energie per risalire dal doppio break di svantaggio fino al quattro a tre, clamoroso ribaltamento di fronte coinciso però con la definitiva comparsa della spia rossa. Svitolina, nervosa al punto da lanciare la racchetta metà esterrefatta e metà incredula, ha piazzato il sorpasso mettendosi nelle condizioni di servire una prima volta per il match sul cinque-quattro, subendo però un’inopinata striscia di quattro punti dal trenta a zero causa del cinque pari. Kvitova, appesa ormai unicamente alla combinazione servizio esterno-dritto e obbligata a tirare tutto con un margine d’errore invisibile, ha restituito subito il maltolto, nonostante qualche acrobazia tecnica che avrebbe meritato un pubblico più nutrito (una demì-volée da cinema ha vinto il premio per il colpo del match). Al secondo viaggio al poligono per portare a casa la qualificazione l’ucraina non ha tremato, e ha chiuso con un ace un gioco in cui Petra è apparsa impossibilitata a respirare, oppressa dalla calura.

Insieme a Kvitova, Victoria Azarenka ha fatto parte del firmamento di stelle illuminanti l’epoca più eccitante degli anni dieci della racchetta. Malgrado Redfoo, la battaglia legale per la custodia del figlioletto Leo e una serie non troppo clemente di guai fisici assortiti, la bielorussa è tornata da tempo sulla retta via. Tre volte campionessa a Miami, Vika ha provato a lasciare la sua impronta anche in quest’anomala edizione pandemica, e ha invero giocato una gran partita nella fornace odierna, nonostante la sconfitta patita per mano di Ash Barty che le è costata la qualificazione. Anche qui grandi domini e altrettanto grandi ribaltamenti di fronte, certo è che il risultato alla fine emerso è eccessivamente severo nei confronti dell’ex numero uno del mondo. Non quello del primo set, in cui la numero uno attuale, al primo torneo fuori dai confini australiani dai tempi di Doha 2020, ha disposto a piacimento della straniata rivale, incapace di reagire alle mille variazioni e cambi di ritmo impostile.

Una china segnata e apparentemente immutabile, proprio come nel match discusso in precedenza. Allo stesso modo, la suddetta china ha invece invertito un tracciato che sembrava definitivo: non fosse stato per l’assenza delle lunghe trecce bionde, avremmo pensato di assistere a un match d’archivio disputato da Azarenka nel 2012. Grazie a un ritmo forsennato da fondo e a un rovescio vestito a festa, la due volte campionessa Slam ha imposto a Barty una lezione a cui l’australiana non era da molto tempo abituata ad assistere. Giusto che l’esito fosse delegato al terzo set, ed è qui che sì è annidata la bugia. Seidue Ash, esito netto ma quasi esclusivamente frutto di uno snodo decisivo, nel mezzo di una lotta furibonda adornata da un gran numero di punti spettacolari. Nel quinto gioco, subito dopo aver recuperato un precoce break di svantaggio, Vika ha ceduto il servizio al quattordicesimo punto, complici due dritti e un rovescio finiti fuori di pochi millimetri nei momenti decisivi: un colpo troppo doloroso per essere assorbito.

Barty potrà continuare la difesa del titolo vinto nel 2019 e la prima posizione del ranking: nei quarti la capoclassifica affronterà Arina Sabalenka, impressionante nel match vinto in poco più di un’ora contro Marketa Vondrousova, alla quale ha concesso la miseria di tre game.

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