I principi che hanno spinto Naomi Osaka a cancellare ogni appuntamento con la stampa nell’imminente Roland Garros sono nobili. La giapponese per l’ennesima volta ha accolto un tema di grande rilevanza sociale, qual è la salute mentale degli atleti (e non solo), e ha scelto di lottare in prima linea affinché abbia la giusta risonanza. La sua scelta di non parlare coi giornalisti durante lo Slam parigino ha subito scosso gli addetti ai lavori, sia chi è presente nell’impianto vicino Bois de Boulogne, sia chi – per motivi legati alla pandemia – dovrà lavorare da casa.
I giornalisti, in larga parte contrari alla decisione di Naomi, durante la giornata di venerdì hanno parlato con diversi atleti, non esitando a chiedere loro un parere sul tema del momento. Il 13 volte campione Rafa Nadal ha tenuto, come sempre, un atteggiamento diplomatico, dimostrandosi però riconoscente nei confronti di chi scrive tutti i giorni dello sport che ama: “Ovviamente rispetto la sua scelta. Rispetto lei come atleta e come persona. Noi come sportivi dobbiamo essere pronti ad accettare le domande e provare a dare una risposta. La capisco, ma dall’altro lato credo che senza la stampa, senza le persone che di solito viaggiano, scrivendo le notizie e i risultati che otteniamo in giro per il mondo, probabilmente non saremmo gli atleti che siamo oggi. Non saremmo riconosciuti in questo modo nel mondo e non avremmo questa popolarità. Dunque la capisco, ma ritengo i media molto importanti nel mio punto di vista”.
Sono molto simili invece le posizioni delle due principali favorite per la vittoria finale nel tabellone femminile, Iga Swiatek (campionessa in carica) e Ashleigh Barty (campionessa 2019). L’australiana ha detto che “le conferenze e le interviste sono parte del lavoro. Sappiamo cosa ci spetta da tennisti professionisti. Non posso realmente commentare ciò che Naomi sta vivendo o le decisioni che prende. A volte le conferenze sono dure, ma non è qualcosa che mi infastidisce. Non perdo il sonno a pensare a ciò che dico o sento o a ciò che voi mi chiedete. Cerco di prenderla con leggerezza e divertirmi con voi“.
Più articolata, ma non tanto diversa nel contenuto, la risposta di Iga Swiatek: “Penso che faccia parte del nostro lavoro. Sai, non avendo così tanti obblighi con i media, va bene, ma penso sia importante avere persone intorno a te che diventeranno una sorta di muro che ti separerà dall’odio o qualcosa del genere. È bello esserne consapevoli, ma siamo sotto i riflettori e tutti ci guardano. Può essere difficile, ma con un supporto adeguato, con la giusta distanza e con equilibrio è parte del nostro lavoro. Sento che anche i media sono molto importanti perché ci danno una piattaforma per parlare delle nostre vite dalla nostra prospettiva. È importante perché non tutti sono atleti professionisti e non tutti sanno con cosa abbiamo a che fare. È bene parlarne. Abbiamo due modi per farlo: media e social media. È bello usare entrambe queste piattaforme perché come ho detto, non tutti sanno qual è la nostra prospettiva e abbiamo quindi la possibilità di spiegare. È una buona cosa”.
Curiosa la risposta di Daniil Medvedev, testa di serie numero 2 del torneo. Il russo in campo è ricordato per atteggiamenti abbastanza ruvidi, ma in conferenza stampa spesso dimostra di essere molto razionale: “Prima di tutto rispetto l’opinione di tutti. Questo non significa che devo essere d’accordo con la loro opinione. Non importa se si tratta di Benoit Paire, Naomi Osaka o Nick Kyrgios. Voglio dire, capisco perché lo fa e lo rispetto. Io ho avuto momenti difficili nella mia carriera, ma in sala stampa dopo le partite e prima delle partite, non credo di aver avuto problemi“.
“Sappiamo, per esempio, non vinco molto sulla terra battuta e posso impazzire” ha continuato Medvedev. “Ma non c’è stato un giornalista che mi abbia detto ‘ok, non dovresti fare questo o quello’, perché allora sì che darei di matto e direi che non puoi dirmelo. Non l’ho mai sperimentato. Ovviamente c’è tanto odio sui social, specialmente verso giocatori di tennis, probabilmente per via delle scommesse. Con i giornalisti però non ho problemi. Cerco sempre di venire conferenza sia di buon umore che di malumore. E so che se sono di malumore posso sentirmi meglio dopo aver parlato con voi ragazzi”.
Dominic Thiem, che ultimamente ha dichiarato di aver avuto delle difficoltà a riorganizzare la sua carriera dopo il 2020, si è dimostrato il più comprensivo nei confronti di Naomi: “È uno sport duro, con tutti questi viaggi, la stagione lunga undici mesi, probabilmente insieme alla Formula 1, è la più lunga di qualsiasi sport. Quindi mentalmente è molto dispendioso. E come puoi avere problemi fisici, puoi anche avere problemi mentali. Hai bisogno di tempo per recuperare un infortunio fisico o un problema; a volte, se mentalmente non sei nella tua forma migliore, hai anche bisogno di tempo per recuperare la forza mentale. Ecco perché penso che sia abbastanza normale di tanto in tanto prendersi una pausa e sentirsi più freschi dopo, ed è esattamente quello che ho fatto ora prima di tornare a Madrid“.
Naomi, oltre a farsi portavoce di temi non riguardanti strettamente il campo da tennis, evidentemente ha anche una sensibilità diversa da molti suoi colleghi. La Women’s Tennis Association ha rilasciato una breve dichiarazione in merito: “La salute mentale è di massima importanza per la WTA e per ogni singola persona. Abbiamo un team di professionisti e un sistema di supporto che si prendono cura della salute e del benessere mentale ed emotivo dei nostri atleti. La WTA accoglie il dialogo con Naomi (e con tutti i giocatori) per discutere possibili approcci che possono aiutare un atleta a gestire problemi di salute mentale, permettendoci di adempiere alle nostre responsabilità nei confronti dei fan e del pubblico”.
Dopo aver appoggiato la lotta di Naomi, l’ultima frase del comunicato va però incontro alla stampa: “Gli atleti professionisti hanno la responsabilità nei confronti del loro sport e dei loro fan di parlare con i media che stanno attorno alla competizione, consentendo loro l’opportunità di condividere la loro prospettiva e raccontare la loro storia”.