Berrettini, bravo ma non basta. Sarà semifinale Djokovic-Nadal (Crivelli, Mastroluca, Semeraro). Dalla maturità a Wimbledon sull'aereo di Nole (Scanagatta). Furia Sakkari, cuore Krejcikova. Sorprese infinite (Crivelli)

Rassegna stampa

Berrettini, bravo ma non basta. Sarà semifinale Djokovic-Nadal (Crivelli, Mastroluca, Semeraro). Dalla maturità a Wimbledon sull’aereo di Nole (Scanagatta). Furia Sakkari, cuore Krejcikova. Sorprese infinite (Crivelli)

La rassegna stampa di giovedì 10 giugno 2021

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La dura legge di Nole – Nadal, continuità da imperatore. E’ la 14^ semifinale al Roland Garros (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

L’esperienza è l’insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame poi ti spiega la lezione. Novak Djokovic ne ha vissute centinaia di partite così; Matteo Berrettini, invece, è solo all’inizio del cammino, anche se il suo valore e la sua classifica sono ormai consolidati e non dovrebbero più animare discorsi senza costrutto, e dunque conosce sulla sua pelle, come un graffio bruciante, la tensione di non poter mai abbassare la guardia contro un campione infinito, calando di un soffio quasi impercettibile proprio allo spirare del quarto set, dopo aver rimesso in carreggiata con orgoglio, cuore e talento un match che il Djoker ha affrontato nei primi due set con gli occhi da tigre del più forte giocatore del mondo, evidentemente catechizzato dal pericoli corsi contro Musetti. Stavolta, Nole non deve maneggiare le insidie di palle con taglio e peso sempre diversi come nella sfida contro Lollo: Matteo ha un gioco più basico, e soprattutto dalla parte del rovescio non gli rifila colpi difficile da alzare. E infatti è da quella parte che il serbo insiste fin dall’inizio, anche se la differenza la fa il rendimento al servizio. È un Novak centrato, presente sulle gambe, il solito muro di gomma. Djokovic è una macchina e soprattutto non regala nulla, come testimonieranno gli appena 19 gratuiti concessi in tutti il match (quelli di Berrettini saranno 51). Eppure, a dimostrazione del gotha da top player ormai raggiunto, è dalle difficoltà che Matteo riesce ad estrarre il meglio, in un terzo set in cui Djokovic addirittura migliora il rendimento al servizio: il merito di Matteo è di rimanere attaccato alla sfida con i denti, ritrovando l’incisività al servizio e annullando l’unica palla break concessa nel parziale, fino al tiebreak. Qui, sul 4-3 per lui, una sciagurata palla corta (ne ha usate troppe e non sempre con profitto) gli impedisce di allungare, ma le prime due sciocchezze nel match del serbo (dritto e rovescio affondati in rete da metà campo) gli offrono il set e ancora un po’ di vita. Purtroppo non basta, Djokovic è più lucido nel quarto set anche dopo l’uscita del pubblico (una follia) e si guadagna il 58′ episodio della rivalità con Nadal. Ma Berrettini merita l’inchino.

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Questa è la sua terra. Non esiste, nella storia dello sport, uno stadio, una pista, un circuito dove un atleta abbia espresso un dominio così inavvicinabile come Rafa Nadal sui campi del Roland Garros. Quando attraversa l’Entrata dei Moschettieri, il maiorchino si trasfigura in un’entità sovrannaturale, in un dio della polvere di mattone. In 17 partecipazioni, ha raggiunto ieri la 14^ semifinale battendo l’eroico Schwartzman, rimasto in partita fino al 4-4 del terzo parziale e capace di interromperne a 36 la striscia di set vincenti, prima di crollare nel quarto sotto la furia guerriera del numero tre del mondo. Con la partita numero 105 vinta a Parigi (con due sole sconfitte, Söderling nel 2009 e Djokovic nel 2015), sostanzialmente si è garantito la patente di successo più sicura nella storia del tennis: quando è approdato negli ultimi quattro, infatti, ha sempre vinto il torneo. «Certo, non posso negare che i miei numeri a Parigi siano incredibili. Ma non posso pensarci adesso, onestamente. Ne parliamo quando avrò finito la carriera. Adesso è il momento per essere felice. Ho vinto una partita importante contro un avversario difficile, sono riuscito a trovare un modo per giocare il miglior tennis nel momento in cui ne avevo davvero bisogno. È qualcosa di molto importante per me, perché mi dà tanta fiducia. Mi godo il momento, e intanto comincio a pensare a come prepararmi per la semifinale in termini di recupero e di allenamento, per confermare ii buon feeling che sto vivendo in queste due settimane». Certo è che la relazione tra Nadal e il Roland Garros è straordinaria, quelle 13 vittorie nel torneo (e il conto può proseguire) per molti rappresentano la più grande impresa sportiva di tutti i tempi: «Non penso davvero di essere la persona adatta per parlarne, lo lascio dire agli altri. Certo, come ho già detto prima, non posso negare che al Roland Garros mi sia sempre trovato benissimo e che le mie prestazioni tante volte siano state eccellenti, ma un sacco di grandi atleti, uomini e donne, hanno realizzato cose incredibili nel mondo dello sport, entrando nella storia. Se pensate che io sia tra questi, sono molto orgoglioso ed è un onore per me. Ma non voglio avere un opinione in merito, magari ne riparliamo quando sarò un uomo normale con una bella carriera alle spalle». Un fenomeno di umiltà.

Berrettini cresce, Djokovic resta tabù – Nadal non sbaglia: 14^ semifinale. Ma con Schwartzman ha faticato (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Non ce l’ha fatta ma è stato grande lo stesso. Matteo Berrettini ha perso il quarto di finale contro Djokovic (6-3 6-2 6-7 7-5), dopo una battaglia vera, con il nostro tennista che sembrava spacciato nel terzo set per poi rialzarsi e costringere il rivale a un serrato duello. Comunque, il primo quarto di finale al Roland Garros, e la prima sfida contro un numero 1 in uno Slam, certificano lo status di Matteo Berrettini. Il romano testimonia il percorso evolutivo suo e del nostro tennis. Non segue tanto la tradizione della scuola italiana, ma contiene il meglio del tennis contemporaneo. Ha un fisico possente ma da trattare con delicatezza, da maneggiare con cura. In campo riesce a combinare la potenza dei colpi da fondo, soprattutto di diritto, con un’eleganza nelle soluzioni in avanzamento che lo rendono divertente da guardare per gli spettatori. Il suo atteggiamento in campo, sempre generoso, trasmette la positività, il piacere che prova nello stare in campo. ll suo Roland Garros di quest’anno rinforza le sue certezze sul piano tecnico ed emozionale. E’ un altro di quegli step da cui si può solo andare avanti ma è impossibile regredire. […] «Quando non vedrò più spazi per migliorarmi, quello sarà un brutto giorno» ha detto il numero 1 azzurro. Il romano è uno dei cinque migliori “battitori” del circuito ATP nelle ultime 52 settimane, e il giocatore che ha ottenuto in percentuale più punti quando ha servito la prima in questo Roland Garros. I dati però evidenziano anche, in maniera ancora più significativa, un costante progresso alla risposta. Dal 2019, l’anno del suo exploit e dell’ingresso in Top 100, tutti gli indicatori sono in ascesa. I punti vinti contro la prima sono passati dal 27 al 32% in stagione, contro la seconda dal 47 al 49%. E’ cresciuta di oltre un terzo la percentuale di break ottenuti in stagione, dal 18 al 25%. Quest’anno, in altre parole, Berrettini strappa il servizio all’avversario una volta ogni quattro game di risposta. Un asso non da poco se sai di poter contare su una prima e su un diritto come quelli del romano. «Ha molto talento, ha dimostrato già di essere il futuro del nostro sport – ha detto Djokovic in settimana – Anzi è già il presente del tennis, avendo raggiunto una finale in un Masters 1000. Sta davvero facendo dei grandissimi progressi». […]

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Rafa Nadal è dovuto salire molto in alto per riuscire a stare sopra al Peque Diego Schwartzman, il Top 10 più basso nel ranking ATP. Dopo un secondo set incerto, in cui ha rivisto le ombre della sconfitta subita agli Internazionali BNL d’Italia contro l’argentino l’autunno scorso, il maiorchino ha portato il match dove l’avversario non avrebbe potuto raggiungerlo. Era già al massimo, il “Peque”, quando Nadal ha impresso un’accelerazione micidiale alla partita. Ha cambiato marcia come gli scalatori che nell’ultima salita di una tappa di montagna al Tour de France salgono sui pedali e fanno il vuoto mentre gli inseguitori, dietro, arrancano in cerca d’aria. Grazie a una decisiva serie di nove game consecutivi, Nadal ha chiuso 6-3 4-6 6-4 6-0 in due ore e 45 minuti di partita. Davanti ai cinquemila spettatori ammessi sul Philippe Chatrier, il maiorchino ha interrotto a 36 la sua serie di set consecutivi vinti al Roland Garros. Nel secondo parziale, Schwartzman riusciva a giocare vicino al campo con i piedi, a colpire con più anticipo mettendo così in difficoltà il numero 3 del mondo. La palla gli tornava indietro prima e più filante, in questo modo diventava più difficile per Nadal prendere il comando del gioco. Sul 4-3 in favore dell’argentino nel terzo set, l’impresa appariva un po’ meno impossibile. Ma a quel punto Nadal ha completato la sua trasformazione, da giocatore in infallibile esecutore dl schemi insostenibili. Così il tredici volte vincitore del Roland Garros tornerà in semifinale per la quattordicesima volta in carriera alla Porte d’Auteuil, la trentacinquesima in uno Slam. «Ci sono tornei in cui giochi meglio di altri, è vero, ma io ho fiducia se gioco bene. Se il mio tennis non funziona, non conta dove sono. Mi sono trovato in difficoltà sul 4-3 per Diego nel terzo set, a quel punto sono riuscito a calmarmi, a pensare a quello che faccio bene in allenamento, e a far si che succedesse in partita. Ed era il momento giusto, perché era una fase davvero molto dura». […]

Notte surreale, Berrettini si arrende – Nadal regala un’altra lezione di tennis (Stefano Semeraro, La Stampa)

Quando il match riprende, alle 23 e 10, l’atmosfera è quella allucinata di una serie tv alla Lost. Djokovic e Berrettini persi nell’immensità disabitata del nuovo “Philippe Chatrier”, con il n. 1 del mondo avanti due set a uno e 3-2 nel quarto. Ci sono voluti quasi venti minuti, fra fischi e proteste, per sgombrare il pubblico, ieri per la prima volta nel torneo ammesso alla sessione serale (il coprifuoco da ieri a Parigi è spostato alle 23), tanto che per convincere la maggioranza rumorosa che non sloggiava è stato necessario far uscire i due giocatori. Peccato, perché proprio la mini-torcida, tutta in suo favore, è stata l’arma in più di Berrettini nel terzo set, strappato al tie-break, con grinta e orgoglio, a un Djokovic stizzito e voglioso di chiuderla lì dopo due set dominati. Matteo ha registrato troppo tardi il dirittone, ma ora è lì, che gioca al livello del Migliore, in uno stadio che rimbomba deserto, dove si sentono anche i respiri. Contro i Cannibali però basta un attimo di distrazione, e quando anche il quarto set sembra destinato al tie-break, due errori regalano a Djokovic tre matchpoint. I primi due Matteo li salva – con Nole che, ululante per la rabbia, scalcia un cartellone – sul terzo spedisce un rovescio a mezza rete, attorno a mezzanotte e dopo 3 ore e 26 di gioco (6-3 6-2 6-7 7-5). «E’ stato molto difficile per tutti e due, in queste condizioni, il pubblico ci regala energia», ammette Il Djoker, dopo aver urlato ed essersi battuto il petto come un guerriero alla fine dell’assalto. Non è una sconfitta che spegne i sogni di gloria azzurri, anche perché Berrettini, Musetti e Sinner se la sono giocata contro i padroni del mondo; piuttosto un aggiornamento un po’ ruvido sul lavoro ancora da fare. Per fortuna di Matteo, e soprattutto dei teenager Lorenzo e Jannik, non saranno però Nadal (35 anni) e Djokovic (34) a fare la tara alle loro carriere. La semifinale fra i due mostri – quella fra gli “sfidanti” è Tsitsipas-Zverev – sarà la 59a puntata della sfida più lunga dell’era open. Nole è avanti 29-28, ma delle 16 negli Slam Rafa ne ha vinte 10, e 7 su 8 a Parigi. «Il lato positivo di affrontare Novak è che sono questi i match per cui vivi», dice il padrone di casa Rafa. «Quello negativo è che devi giocarteli contro uno dei più forti di sempre». […]

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Anche dalla vertiginosa cima dell’ultimo anello del nuovo Philippe Chatrier, l’impressione è sempre la stessa: Rafa Nadal è il padrone di questo luogo. Magari non vincerà quest’anno, sarebbe la quattordicesima volta, e il dubbio ti viene solo perché, incredibilmente, è già successo che il Cannibale abbia fallito l’appuntamento. Ma più delle statistiche – 105 partite vinte con quella asportata ieri in quattro set molto esemplari (6-3 4-6 6-4 6-0) al gaucho Schwartzman, e solo 2 perse, 13 titoli, 14 semifinali raggiunte – è osservando le sue traiettorie, la sua sapienza tattica, la capacità di abitare il rettangolo rosso a prescindere dall’avversario che ti convinci che Rafa, per molti versi, è il Roland Garros. Dall’alto, dietro una vetrata, il suo gioco diventa un diagramma più chiaro e impressionante, il grafico di una perfezione non statica, ma capace di autoripararsi. Se sbaglia un passante, quello dopo sarà perfetto: se si fa sorprendere da un lob, rimedia qualche quindici più tardi con uno smash impeccabile. L’indicatore del suo stato di forma è il diritto lungolinea – se funziona quello non ci sono santi in nessuna cattedrale, e dopo ogni passaggio a vuoto ha già dimostrato mille volte di saper risorgere dalle proprie incertezze. «Secondo me Rafa è imbattibile», azzarda Mats Wilander, altro grande terraiolo, abilissimo nel decifrare da commentatore di Eurosport le tattiche dei campioni – un po’ meno, va detto, nell’azzeccare pronostici. «Schwartzman è basso (1,70 molto generoso sulle guide, ndr) eppure ha un gioco potente, che a Nadal dà fastidio. Il livello è stato altissimo fino alla fine del terzo set, poi Rafa è salito ancora di un gradino, e a quel punto nessuno può stargli dietro». C’è chi si è chiesto se affrontare Nadal in un match al quinto set sia la sfida più difficile, non del tennis, ma di tutto lo sport, e per Bertrand Pulman, professore di sociologia alla Sorbona, è lui il prototipo del campione “iper-performante”, cioè capace di trovare una soluzione a tutti i problemi attraverso quattro qualità: preparazione, condivisione, perseveranza e piacere. «Non chiedete a me di dare una risposta», sorride Rafa. «Non posso negare la realtà dei numeri che ho qua a Parigi, ma non sono il tipo che parla così di se stesso». Quinta, fondamentale qualità: l’umiltà dell’intelligenza.

Dalla maturità a Wimbledon sull’aereo di Nole (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Conciliare scuola e sport, anche se sei un campione di livello internazionale, in Italia è tutt’altro che semplice. Lorenzo Musetti, che con il suo straordianario talento ha impressionato il mondo del tennis, è alle prese con l’esame di maturità linguistica al liceo parificato di Cecina: esame spostato all’ultimo momento per un problema del presidente della commissione che era tenuto anche a presiedere altrove un’altra commissione. Nessuno l’ha fatto apposta, ma si è data per scontata la presenza del presidente di commissione il 16 giugno. E scontata non era. Così Musetti non potrà allenarsi come avrebbe voluto (e dovuto) per preparare Wimbledon. Ma si è ritrovato a dover saltare i 4 tornei sull’erba che lo precedono nelle due prossime settimane (Halle o Queens dal 14 al 20 giugno, Majorca o Eastbourne dal 20 al 26 giugno) e a dover far trasformare – grazie al coinvolgimento di un’intera comunità di amici – un campo di calcio del circolo Junior Tennis di San Benedetto (a una trentina di km da La Spezia) in uno di erba ben rasa per tentare di prendere confidenza con il tennis erboso. A Musetti era stato detto che il suo esame avrebbe dovuto svolgersi il 16 giugno, quindi non si era iscritto ai tornei di quella settimana pensando di poter fare uno dei due della successiva. Quando gli hanno comunicato, qui a Parigi, che l’esame sarebbe slittato al 21 giugno, era troppo tardi per iscriversi sia a Halle sia al Queens e le wild card (gli inviti speciali) erano già stati assegnati. E diventava impossibile giocare quelli della settimana dopo. II 21 darà l’esame, il 23 cercherà di andare a Wimbledon per prepararsi là. Ma le autorità di Wimbledon hanno stabilito che se sull’aereo di linea che atterrerà nel Regno Unito ci fosse anche un solo passeggero positivo, i tennisti presenti su quell’aereo non potrebbero partecipare ai Championships. Un bel rischio! Djokovic si è offerto di portare con il suo jet privato, ma in partenza da Maiorca dove si troverà, Musetti e il suo coach Simone Tartarini.

Furia Sakkari, cuore Krejcikova. Sorprese infinite (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Le porte girevoli del salone delle feste del nuovo tennis femminile senza regine concedono l’ingresso alle sognatrici più coraggiose. Il blasone non conta più, anche gli Slam ormai si aprono a nuove padrone, di cui sarà poi la storia a valutare la grandezza. Intanto, per la prima volta nell’Era Open, al Roland Garros approdano in semifinale quattro giocatrici che a livello Major non avevano mai ottenuto un risultato simile. Significa che ci sarà una nuova campionessa in uno dei quattro tornei più importanti del calendario: quella uscente a Parigi, la polacca Swiatek, fresca vincitrice a Roma e in striscia aperta di 11 partite e 22 set sulla terra del Bois de Boulogne, s’inchina in poco più di un’ora e mezza alla greca Sakkari. L’amica del cuore (o forse qualcosa di più) di Tsitsipas, dopo una partenza da 2-0 sotto inizia con una strategia mirata a martellare il dritto della rivale, che le concederà addirittura 31 errori. E anche in vista di un traguardo storico, Maria terrà i nervi saldissimi, non offrendo alla Swiatek alcuna possibilità di rientrare nel match, con lo spirito guerriero di Sparta, la città di origine del padre: «Se in campo non combatto, mi sento vuota». La madre della Sakkari, invece, è Angeli Kanellopoulou, la prima giocatrice greca di successo, numero 43 del mondo nel 1987, che dopo il successo al terzo turno della figlia l’ha chiamata al telefono per dirle che non le avrebbe più parlato, visto che aveva superato il suo miglior risultato parigino: «Scherzava, è la mia prima tifosa, ma non mi ha mai condizionato: anzi, a 18 anni, per migliorare, mi sono trasferita in Spagna». La greca adesso è la più alta in classifica tra le quattro eroine ancora in gara (numero 18) e si giocherà l’accesso al match per il titolo contro la ceca Barbora Krejcikova, due successi Slam in doppio (Parigi e Wimbledon 2018) e tre nel misto, ma fuori dalle 100 fino a settembre (ora è 33 anche grazie al successo a Strasburgo la settimana prima del Roland Garros): «Mi arrabbiavo quando mi definivano solo un’ottima doppista, ma è servita la pandemia per cambiare le mie prospettive: durante il lockdown mi sono allenata in singolare con le migliori giocatrici ceche e ho cominciato a metabolizzare le strategie e i colpi più adatti». Dotata di un tennis brillante, Barbora annulla quattro set point nel primo parziale alla stellina Gauff, che del suo ci mette 41 gratuiti, e poi rivela che da più di tre anni la sua ispirazione arriva dal cielo: «Lo spirito di Jana è sempre con me, la penso ogni giorno». Jana è la Novotna, la fragile e talentuosa vincitrice di Wimbledon 1998, che accettò di allenarla da ragazzina fidandosi semplicemente di una lettera scritta a mano da lei stessa e che la seguì fino al 2016, quando la malattia la costrinse a interrompere il rapporto: «Mi manca, ma so che sarebbe orgogliosa di me». Una semifinale di cuore.

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