Che il tennis italiano sia in un periodo di grande esposizione mediatica, di certo non dobbiamo dirlo noi. La naturalezza con la quale ormai il tennis viene discusso e analizzato fa sì che chi davvero ha seguito, amato, raccontato questo sport, sia giustamente coinvolto in quei famosi salotti televisivi, fino a poco tempo fa riservati a raccontare le imprese sportive di giocatori che entusiasmavano sì, ma che restavano relegati nell’aureo pensiero di chi aveva con il tennis una relazione stabile e duratura.
Ed è proprio cercando veri esperti di tennis (diffidate dai santoni improvvisati) che il direttore Ubaldo Scanagatta, è sempre più presente in quei salotti sportivi generalisti che prima colpevolmente o meno, snobbavano il tennis. Intervistato dalla bella e brava Laura Gioia del TGCOM ha detto la propria sul tennis e non solo.
“Capisco che la FIGC voglia riaprire gli stadi il prima possibile ma credo che si debba continuare a considerare l’aspetto sanitario sempre come prevalente. Mi ha un po’ preoccupato quello che ho visto a Londra, a Wembley, con 100 mila persone che si abbracciavano. Comprendo i problemi di gestione delle società, però se tutte sono in gravi difficoltà non è solo per gli incassi. Il punto fermo è che si deve imparare a spendere meglio; alcuni ingaggi sono spropositati per giocatori che non effettivamente non valgono quella spesa”.
Tornando invece sul proprio campo centrale, il direttore ha risposto a quesito principale che tutti quelli folgorati dalle gesta dei nostri tennisti si stanno ponendo. Cosa è successo a questo sport? Come mai vive questo momento?
“Il tennis italiano ha fatto autocritica. Per 16 anni si è pensato che il giocatore dovesse nascere nel centro tecnico federale di Tirrenia. Solo Giannessi ci è riuscito, per altro non riuscendo mai ad entrare tra i primi 80. Poi si è capito, finalmente, che la collaborazione con i team privati era ed è la giusta strada da percorrere. Il perché è semplice: investono su loro stessi, sui giocatori, sull’assistenza medica e su tutto ciò che serviva per tirare su un giocatore di livello. Questo li motiva moltissimo. Aggiungiamoci anche la collaborazione con la Federazione che ha incentivato e aiutato i giocatori dal punto di vista economico, solo se avessero raggiunto determinati risultati, ed il gioco è fatto.
Poi, altro aspetto importante è stato lo sviluppo dei tornei in Italia: nel nostro Paese giochiamo molti challenger, ma non dimentichiamoci che a livello ATP negli anni 90 si giocavano ben 9 tornei, spariti nell’indifferenza generale. La Federazione ha poi capito che aiutare chi organizza i tornei era cruciale, perché avrebbe favorito i nostri giocatori che adesso hanno la possibilità di giocare in Italia senza che questo aggravi di molto le loro tasche. Reputo che questi siano i fattori principali del buon momento che il nostro tennis sta attraversando”.
Conclusione di intervento ovviamente dedicata a Berrettini: “Mats Wilander è convinto che entrerà nei primi tre del mondo e che quindi è destinato a vincere degli Slam, probabilmente su erba o su cemento (Djokovic permettendo); un po’ più difficile su terra rossa dove il suo rovescio non lo aiuta. Ci troviamo di fronte comunque ad un giocatore che merita in pieno i successi che sta avendo”.