L’incomprensibile crollo di Novak Djokovic. Sascha Zverev non si è arreso, ma fu vera gloria?

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L’incomprensibile crollo di Novak Djokovic. Sascha Zverev non si è arreso, ma fu vera gloria?

TOKYO – Che cosa è successo a Novak dal 6-1, 3-2 e break di vantaggio? Ha subito 4 break, facendo solo 5 punti su 21. Crisi fisica o psicologica? Come si spiega?

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Novak Djokovic - Olimpiadi Tokyo 2021 (via Twitter, @ITFTennis)
 

Pensavo stamani di dover scrivere un editoriale sulla sconfitta di Sinner ad Atlanta con O’Connell, n.132 del mondo (che segue quelle con Rinderknech e Draper, tralasciando quella con il più qualificato Fucsovics) in un torneo che al suo posto non avrei giocato visto che era contemporaneo a quello Olimpico cui lui aveva rinunciato per… allenarsi.

E invece arriva inattesa la sconfitta di Novak Djokovic contro uno Zverev battuto sei volte su otto – le due sconfitte erano arrivate su altre superfici, a Roma nel 2017 e alle finali ATP di Londra 2018 – a seguito di un set e mezzo che proprio pareva sancire la supremazia del n.1 del mondo. Infatti Novak era avanti 6-1, 3-2 e servizio per un break appena conquistato. Zverev dirà poi che non aveva nemmeno così mal giocato, come a sottolineare che fino a quel momento Djokovic era apparso insuperabile, cioè il solito Djokovic dominatore di questa stagione e in corsa per il Golden Slam.

Il Golden Slam ora è sfumato e forse Steffi Graf se ne sarà un tantino compiaciuta, perché è umano che possa essere così. Tutti gli sportivi tengono ai propri record, chi più chi meno, anche se c’è chi come Panatta che non sa nemmeno più dove sono finite le sue coppe e sembra – ma forse eccede in snobismo – che non ami parlare neppure dei suoi migliori risultati. “Ne ho parlato fin troppo, guardiamo avanti”. Pof, pof, pof. Oppure c’è un Nicola Pietrangeli che, con un apprezzabile disincanto, quando Matteo Berrettini ha centrato la finale a Wimbledon si è detto contento per lui “in fondo della mia semifinale del 1960 se ne è parlato per 60 anni, può anche bastare!”.

Non più tardi dell’altro giorno la nostra Federica Pellegrini, felice per il record della quinta finale consecutiva in cinque Olimpiadi sui 200 stile libero, aveva detto a commento del suo settimo posto nella finale: “Sapevo che non potevo sperare di salire sul podio, l’unica mia speranza era… di restare sopra la linea rossa!”. La linea rossa è quella che nelle grafiche televisive (e non) delle gare di nuoto evidenzia i record mondiali. E Federica era comprensibilmente contenta che il suo record sui 200 non era stato battuto nella finale olimpica.

Si continuerà quindi a parlare di Federica Pellegrini record woman per chissà quanto. E del Golden Slam di Steffi Graf quantomeno fino al 2024, alle Olimpiadi di Parigi, quando probabilmente – ma non si sa mai! – non potrà essere ancora Novak Djokovic in lizza per conquistarlo perché avrà 37 anni. E dovrebbe aver vinto di nuovo tutti i tre Slam che precederanno quei Giochi che si disputeranno nella capitale francese (e per i quali Roma era stata in lizza prima del no di Virginia Raggi).

Djokovic ha rinviato il suo contatto con i giornalisti a dopo la semifinale di doppio misto, che in coppia Nina Stojanovic ha poi perso in tre set contro Vesnina (che giocherà per la medaglia anche nel doppio femminile, per il bronzo) e Karatsev. Ai nostri microfoni ha detto che si sentiva svuotato, o più in generale ‘malissimo’. Parole che in qualche modo spiegano la debacle perché, sebbene sia indubbio che Zverev è salito di tono e di aggressività, non è proprio normale che Djokovic perda dieci degli ultimi undici game da quel 3-2 con break di vantaggio.

Non è normale che possa subire quattro break di fila nel modo che segue: sul 3-2 a 0, sul 4-3 a 15, sullo 0 a 0 del secondo set ai vantaggi dopo aver cominciato con uno 0-30 d’abbrivio, 30 pari, 30-40, 40-40, sbarellando un dritto sulla palla break, e sullo 0-2 a 15. Riassumendo: in quattro break consecutivi Nole ha fatto solo cinque punti cedendone 16. Non è roba da Djokovic, senza nulla togliere a Zverev.

Ho chiesto a Zverev, dopo essermi vivamente congratulato con lui – gioca sempre bene di rovescio, ma oggi era stato efficacissimo anche di dritto – che cosa avesse detto a Djokovic a fine partita, durante il prolungato abbraccio di fine match. E lui è stato bravissimo, espansivo e… tenero nel sottolineare i grandi meriti di Djokovic quest’anno: “Gli ho detto che è il più grande di sempre, perché alla fine sarà quello con più Slam, con più Masters 1000 e con più settimane da numero uno, sono sicuro al 99% che sarà così. So che stava cercando di fare il Golden Slam, ma non puoi vincere sempre; sono contento di riuscire a batterlo di tanto in tanto…“ ha concluso con un gran sorriso perché la maschera per l’occasione non ce l’aveva.

Alexander Zverev – Olimpiadi Tokyo 2020 (via Twitter, @atptour)

Ma poi anche giustamente quando sono riuscito a fargli anche una seconda domanda – nelle mix zones è un’impresa riuscire a porre una domanda, figurarsi de quando in una piccola area ne concedono solo tre o quattro a un folto gruppo di giornalisti… meno male che spesso ce ne sono alcuni che non osano, o perché non conoscono abbastanza il tennis, o i giocatori, oppure l’inglese – e gli ho chiesto se poteva spiegarci cosa potesse essere successo a Novak, Sasha ha detto: “Non so quali possano essere le cause del suo calo dal secondo set in poi. Dovrete chiederlo a lui. Io ho iniziato ad essere più aggressivo e questo atteggiamento ha certo pagato. Per la verità non aveva giocato male nemmeno prima, ma non ero riuscito ad esser incisivo. Non vorrei dire cose che dovete chiedere a lui e che spiegherà semmai lui”.

Vero che non aveva comunciato male Zverev, però vero anche che nei tre break subiti aveva commesso errori clamorosi: sull’1-2 del primo set un doppio fallo, un dritto gratuito, uno smash sulla rete. Sull’1 a 5 un altro paio di gratuiti. Sul 2 pari del secondo set tre sciocchezze, fra cui due volée che…suo fratello non avrebbe mai sbagliato. Quindi, sì, non aveva giocato male, ma aveva concesso a Novak quel tanto che basta per spianargli la vittoria. Poi però, come detto, le cose sono inspiegabilmente cambiate.

Tanto da far conquistare a Sascha una sicura medaglia, oro o argento si vedrà, e a fargli dire: “Sono orgoglioso di aver vinto una medaglia per la Germania. Questo è uno dei momenti più belli della mia carriera, forse perfino il più bello in assoluto, perché stavolta non sto giocando solo per me stesso o per la mia famiglia, ma anche per gli altri atleti presenti qui e per chi guarda da casa!”. Ed era quasi commosso, nel dirlo all’ennesimo stop delle varie mixed zones (noi eravamo piazzati sulla quarta…), come lo era apparso sul centro del campo dopo il suo ultimo rovescio vincente lungolinea, quando si era piegato sulle gambe e poi prima di nascondere la testa nell’asciugamano quando è andato a sedersi per un attimo.

Però a questo punto confesso di non essere in grado di interpretare quel può essere accaduto a Nole. Mi chiedo solo, dopo aver constatato che a fine match vinto da Khachanov su Carreno Busta, 6-3 6-3, – intorno alle 16,30 locali – c’erano 29,6 gradi e un’umidità del 75%, se i problemi di Novak nel fronteggiare il caldo possano essere più psicologici che fisici. Nei giorni scorsi calura e umidità erano stati peggiori. Come mai Novak patisce così tanto queste condizioni, da sparire dal campo a quel modo? Mi spiace, mentre scrivo queste righe, dare a qualche lettore la sensazione che io voglia togliere dei meriti a Zverev che invece ne ha certamente. Però è anche indubbio che questo Djokovic, dal 6-1 3-2 in poi, qualche problemino lo deve aver avuto, e le dichiarazioni rilasciate dopo la sconfitta in doppio misto lo testimoniano.

Vi lascio ricordando che i testa a testa di Zverev con Khachanov sono fermi sul 2 a 2. E gli ultimi due li ha vinti il russo vero, non il figlio dei russi. Al Masters di Toronto 2019 e a Parigi-Bercy nel 2018. Zverev aveva vinto in precedenza nel 2018 al Roland Garros e a San Pietroburgo.

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