Tokyo 2020: lo strano linguaggio delle Olimpiadi

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Tokyo 2020: lo strano linguaggio delle Olimpiadi

Viaggio tra gli acronimi olimpici, misteriose sigle da decodificare per sopravvivere all’esperienza delle Olimpiadi. Sono tante, quasi come le medaglie olimpiche italiane

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Cartelli di controllo all'accesso - Olimpiadi di Tokyo 2020
 

La partecipazione olimpica, per qualunque appassionato di sport, rappresenta sempre una pietra miliare che rimane in un modo o nell’altro impressa nei ricordi di chiunque abbia la fortuna di poterla vivere, indipendentemente dal ruolo che si svolge nel “più grande spettacolo sulla Terra”.

Ci sono gli atleti, ovviamente, ma anche ufficiali di gara, personale di servizio, volontari, rappresentanti dei media (eccoci qui), membri della “Famiglia Olimpica” (ovvero federazioni nazionali e internazionali, enti governativi nazionali e i membri del CIO), giudici di gara, personale di sicurezza e, almeno in tutte le altre Olimpiadi prima di questa, gli spettatori.

Una cosa che hanno in comune tutte queste persone è che per svolgere il loro ruolo in maniera adeguata devono rassegnarsi a imparare, in un modo o nell’altro, la “lingua olimpica”, una lingua ha come componente preponderante e fondamentale una lista infinita di sigle.

Eh sì, alle Olimpiadi tutto ha una sigla: di solito si tratta di tre lettere, che spesso sono acronimi di espressioni più lunghe (rigorosamente in inglese), ma che sovente vengono anche inventate per comodità mettendo insieme alcune lettere del concetto che si vuole esprimere.

Innanzitutto, ogni luogo di gara ha un codice a tre lettere, proprio come capita per gli aeroporti. Quindi l’Ariake Tennis Park dove si è disputato il torneo di tennis viene abbreviato con ART, lo Stadio Olimpico sede dell’atletica e delle cerimonie di apertura e chiusura viene indicato come OLS (Olympic Stadium), la Saitama Super Arena dove si esibiscono le stelle del basket è abbreviata con SSA, e la Ariake Arena dove si tiene il torneo di pallavolo è ARA.

Per noi media l’avventura olimpica inizia prima di partire da casa, quando si riceve via corriere la PVC, ovvero la Pre-Valid Card, una tessera con foto, nomi, numeri e codici a barre che vuol dire che sì, si può andare alle Olimpiadi perché ci faranno entrare. Sempre prima di partire è necessario indicare il proprio itinerario di viaggio nell’ADS (Arrival and Departure System), un portale che consente all’organizzazione di gestire i flussi in arrivo e in partenza, e magari di assicurarsi di avere un posto in cui stare nell’AMS (Accommodation Management System) che serve per comunicare con il reparto che si occupa delle sistemazioni di tutti gli accreditati.

Una volta arrivati all’aeroporto la PVC viene validata, laminata e dotata di un RFID (le etichette a radiofrequenza simile ai dispositivi antitaccheggio nei grandi magazzini) e convertita nel collare olimpico che determina a cosa si ha accesso e a cosa no. Dopodiché scatta la ricerca al TM, ovvero il “Transport Media System”, uno dei vari sistemi di trasporto messi in piedi dalla imponente macchina organizzativa olimpica. Oltre al TM cè anche il TA per gli atleti, il TF per i volontari e il personale di servizio, e T1, T2, T3 o T4 che invece di pullman con un orario prevedono l’utilizzo di auto private a chiamata o addirittura dedicate, a seconda del rango cui il partecipante olimpico appartiene. E in caso di eventi particolari, come finali o per le cerimonie, vengono istituiti dei DDS (Direct and Dedicated Services – servizi dedicati e diretti) per destinazioni normalmente non servite.

Il bus del TM normalmente conduce da o per il MTM, ovvero “Media Transport Mall”, che è un gigantesco parcheggio a cielo aperto con una cinquantina di fermate per gli autobus che collegano il cuore pulsante delle Olimpiadi a tutte le sedi di gara e a tutti gli alberghi. Il MTM si trova di solito vicino al MPC, ovvero “Main Press Center”, il centro stampa principale dove sono locati tutti i servizi per la stampa. A fianco del MPC sta di solito l’IBC, cioè l’International Broadcasting Center, un enorme edificio grande di solito cinque volte il MPC dove sono ospitati tutti gli studi e i centri produzione delle televisioni che trasmettono le Olimpiadi.

Ah, e se per caso il pullman non fa al caso vostro, oppure si vuole andare da un posto all’altro senza necessariamente passare per il MTM, non rimane altro che rivolgersi ai TCT (Transport By Chartered Taxi – trasporto con taxi noleggiati), che sono gli unici autorizzati a trasportare gli “untori”, ovvero gli stranieri che sono arrivati per le Olimpiadi e non hanno ancora passato i 14 giorni di quarantena.

Confusi? Non siete i soli. Spesso si vede gente totalmente spaesata che vaga alla ricerca dell’acronimo giusto e si aggrappa al volontario di turno nella speranza di un’indicazione salvifica.

Purtroppo però questo non è che soltanto l’inizio: in ogni sede di gara c’è un centro stampa locale, chiamato VMC (Venue Media Center), dove i giornalisti possono trovare sedie, tavoli, prese per la corrente e il sempre più necessario WiFi. Da quest’anno, inoltre, viene consentito di collegare i computer alla reta anche attraverso il cavo Ethernet: fino alle scorse olimpiadi questo servizio era considerato “premium” e doveva essere sottoscritto a prezzo nemmeno troppo popolare.

In ogni modo, nel VMC si possono consultare PC collegati a OIS (Olympic Information System), il network curato dall’organizzazione olimpica (ah, pardon, l’OCOG, Olympic Games Organizing Committee) che fornisce risultati e aggiornamenti in tempo reale, e ottenere servizi supplementari e di ristoro come cibo, bevande oppure armadietti per lasciare gli oggetti di valore. Sorprendentemente questi servizi non hanno acronimi, così come i posti stampa all’interno dello stadio. Si è probabilmente trattato di una distrazione.

Per parlare con gli atleti alla fine delle gare è necessario recarsi della MZ, la Mixed Zone, area nella quale possono accedere sia membri dei media sia gli atleti; ma soprattutto negli eventi molto popolari i posti in MZ sono limitati, per cui è necessario dotarsi di un SACD (Supplementary Access Control Device), in parole povere un adesivo o un cartoncino da apporre al pass che consente di passare attraverso il severo controllo degli addetti a guardia della MZ.

Quindi, in definitiva, per seguire il torneo di tennis noi non abbiamo dovuto fare altro che prendere la TM dal nostro albergo fino al MTM nei pressi dell’MPC, poi trasbordare su un altro TM per ART e prima di andare sui campi a vedere i match ricordarsi di passare per il VMC a prendere il SACD per la MZ. Facilissimo, no?

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