Federer: "Prima o poi qualcuno vincerà più Slam di me, Nadal e Djokovic"

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Federer: “Prima o poi qualcuno vincerà più Slam di me, Nadal e Djokovic”

Parlando con GQ, lo svizzero ha parlato degli infortuni e dell’età, ma non solo: “Non so come avrei gestito i social a vent’anni”. Qual è stato il punto più importante della sua carriera?

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Roger Federer - Wimbledon 2021 (via Twitter, @Wimbledon)
 

L’appeal di Roger Federer sembra pressoché inesauribile, come si è notato durante la Laver Cup di Boston, quando bastava una rapida inquadratura per mandare in visibilio la folla del TD Garden. Non è quindi una sorpresa che milioni di persone siano in attesa di notizie sul suo stato di salute, e per fortuna lo svizzero sta cercando di dare aggiornamenti frequenti su come stanno andando le cose: subito dopo la sconfitta subita a Wimbledon per mano di Hubert Hurkacz, ha infatti concesso un’intervista a GQ mentre partecipava ad un servizio fotografico per Uniqlo in Germania. Riportiamo di seguito i passaggi fondamentali della lunga conversazione che l’ha visto toccare molteplici argomenti, dagli acciacchi allo status dei Big Three, dalle nuove generazioni al miglior colpo della sua carriera.

GLI INFORTUNI, WIMBLEDON E LE OLIMPIADI

Proprio la sconfitta con Hubi è stata il punto di partenza: La standing ovation che ho ricevuto dopo la partita è stata veramente speciale, uscendo dal campo potevo sentire l’amore ed il supporto della folla. Ovviamente è sempre difficile congedarsi da Wimbledon prima della finale: quando arrivi alla finale c’è la cerimonia di premiazione, c’è una certa solennità anche in caso di sconfitta, mentre se perdi prima puoi solo prendere il borsone e andartene, il proscenio è tutto per il vincitore. Per questo motivo volevo uscire il più in fretta possibile, volevo che la scena fosse per Hubert“.

Non è un mistero, le ultime due stagione sono state molto complicate per la leggenda di Basilea, costretta a giocare solo 19 partite fra 2020 e 2021. Per questo motivo, accettare la sconfitta diventa un po’ più semplice: “In definitiva sono contento di aver anche solo potuto giocare, l’ultimo anno e mezzo è stato davvero complicato fra la doppia operazione al ginocchio e la riabilitazione che è andata a rilento. Da un certo punto di vista avrei voluto essere più in forma a Wimbledon, ma alla fin fine ho comunque raggiunto i quarti e ho potuto giocare il torneo! Non è qualcosa che si possa dare per scontato: altri giocatori non hanno mai raggiunto i quarti a Wimbledon, mentre io li ho giocati talmente tante volte da poter mettere le cose in prospettive e da poter concludere che sia stato un torneo molto positivo”.

Detto questo, le attenuanti del caso non rendono l’eliminazione (peraltro piuttosto netta) più semplice da digerire, soprattutto a caldo: “Perdere non è mai divertente, e dovrebbe fare male [corsivo nell’originale, ndr]. Se sei contento di perdere vuol dire che hai i giorni contati. A fine match ho avvertito un misto di delusione e rabbia per ciò che avrei dovuto e potuto fare diversamente, non solo negli ultimi venti minuti della partita ma nei sei mesi precedenti. In quei frangenti ti passano per la testa moltissime cose, ma al contempo cerchi di digerire la sconfitta e goderti l’applauso del pubblico. Quest’ultimo però dura poco, perché in un attimo sei nel tunnel degli spogliatoi e pensi, ‘che diavolo potrò dire ai giornalisti?’. Succede tutto molto in fretta, anche se devo dire che uno dei miei grandi punti di forza è proprio la capacità di riorganizzarmi e analizzare in fretta le situazioni, riuscendo a concentrarmi sugli aspetti positivi di ogni decisione. Quindi, se da un lato è stata durissima rinunciare alle Olimpiadi, dall’altro il mio ginocchio aveva decisamente bisogno di un po’ di riposo“.

Poco dopo la fine dei Championships, Federer si è infatti visto costretto a rinunciare al sogno dell’oro olimpico, a lungo inseguito (la sua prima avventura a cinque cerchi risale addirittura a Sydney 2000) ma mai raggiunto. Purtroppo per lui non sembravano esserci alternative: “La decisione di non andare a Tokyo è dipesa esclusivamente dalle condizioni del ginocchio, avrei fatto di tutto per esserci ma purtroppo non ero al 100%. Forse nella mia espressione delusa e frustrata a Wimbledon c’era anche questa consapevolezza. Ma la necessità di gestire le battute d’arresto è parte della carriera di un atleta: ora devo capire come ripartire”.

IL RAPPORTO CON L’ETÀ CHE AVANZA E IL RITIRO

Poco prima del Q&A con GQ, Federer ha compiuto 40 anni (l’8 agosto), un traguardo di vita estremamente differente da quelli precedenti: “Sono felice di aver compiuto quarant’anni, anche se all’inizio facevo finta che fosse una cosa terribile! Mi ricordo il mio ventesimo compleanno, pensavo di sapere chi fossi ma non ne avevo la minima idea! A trent’anni hai un’idea abbastanza precisa, mentre a quaranta ormai sai chi sei […]. Le mie bambine hanno già dodici anni, e i bambini sette, abbiamo una vita meravigliosa e non ho davvero niente di cui lamentarmi; per quanto riguarda il circuito, tutto ciò che sto facendo ora è un bonus per me. Adesso non vedo l’ora di affrontare i prossimi quarant’anni e di passare del tempo con i miei amici e con la mia famiglia, cose che nell’ultimo anno mi sono mancate, anche se ci sono tantissime persone per le quali è stato tutto molto più complicato – mi ritengo fortunato”.

Essere un atleta professionista di altissimo livello non è certamente facile dopo i fatidici “anta”, ed era quindi naturale che gli venisse chiesto come sia meglio gestire il proprio corpo una volta superata questa soglia: “Credo che ogni quarantenne ancora attivo fisicamente darà una risposta diversa a questa domanda, perché tutti abbiamo un vissuto differente in termini di infortuni e usura. In passato avevo grossi problemi alla schiena, ma sono riuscito a sistemarli, ma poi com’è naturale che sia ho iniziato ad accusare altri acciacchi. La differenza è che quando avevo mal di schiena a vent’anni mi bastava riposare per un paio di giorni ed ero a posto, oggi non è più così, potrei avvertire dolore per giorni o settimane, o anche più a lungo. Questo è un fattore che ovviamente ti obbliga a giocare meno tornei, e di conseguenza devi diventare più severo con te stesso e con ciò che fai, persino in allenamento. Bisogna essere selettivi, scegliere se saltare o correre, ma non fare entrambe le cose allo stesso tempo come una volta. Bisogna essere più attenti ai segnali del corpo – devo dire che mi piace pensare a queste decisioni strategiche”.

Senza girarci troppo attorno, il ritiro non può essere troppo distante per il classe 1981, e anche lui sembra esserne consapevole, forse più di chiunque altro: “Quando Novak dice che noi dei Big Three non smetteremo sta parlando a livello personale, non sa come sto io o come sta Rafael, ma ovviamente quando dice queste cose lo fa a fin di bene. […] Quando sarà il momento di ritirarmi lo saprò, non sono uno di quelli che continuano solo perché ne hanno voglia. In futuro voglio giocare esibizioni e divertirmi in posti dove non sono mai stato, ma non voglio abusare del mio corpo, voglio poter giocare con i miei bambini e andare a sciare”.

I VENTI SLAM DI NADAL E DJOKOVIC

Federer, Nadal e Djokovic sono per il momento in parità a venti Major ciascuno, infrangendo record su record e segnando un’epoca del tennis come forse nessun altro prima di loro: “Francamente è incredibile che siamo arrivati tutti e tre a venti Slam: quando sono diventato un professionista il record era dodici [di Roy Emerson, ndr], poi Sampras è riuscito ad eguagliarlo e a spingersi fino a 14. Io l’ho superato nel 2009, un momento importantissimo per me, visto che sono riuscito a raggiungerlo e superarlo nel giro di un mese fra Parigi e Wimbledon”.

Parlando del record degli Slam, tuttavia, Federer sembra aver fatto pace con l’idea che probabilmente non ne vincerà mai più uno: Credo che Nole e Rafa siano in un altro stato mentale rispetto a me in questo momento: ovviamente tutti e tre vorremmo vincere ancora di più, perché questo è l’atteggiamento che devi avere a questi livelli, però il mio percorso è stato un pochino più lungo e complicato, quindi credo di avere una prospettiva leggermente diversa”.

Roger ha però dato una risposta curiosa, che mostra ulteriormente la sopracitata abilità di mettere le cose in prospettiva, quando gli è stato chiesto del ruolo dei Big Three nella storia: “Credo ci sarà un’altra epoca di campioni come questa. Non voglio togliere niente a Rafa, a Novak o a me stesso, ma penso che oggi sia più facile dominare su più superfici. Cinquant’anni fa c’erano tre Slam sull’erba, è vero, ma credo che i margini fossero più risicati, c’erano specialisti del cemento e della terra, e pochi sapevano giocare su ogni superficie. Borg c’è riuscito, ma le cose erano diverse, i giocatori non si focalizzavano sugli Slam allo stesso modo – oggi gli Slam sono il focus della carriera di ciascuno di noi. Perciò sì, credo che qualche nuovo, incredibile campione riuscirà a battere il nostro record prima o poi – certo, ci vorrà un po’!”

LE PRESSIONI DEI SOCIAL

E proprio sulle nuove generazioni Federer ha speso parole decisamente empatiche, riconoscendo le difficoltà che chi è cresciuto con i social media deve affrontare in termini di pressioni (ricordiamo che quest’intervista ha avuto luogo dopo il ritiro di Emma Raducanu da Wimbledon per problemi respiratori ma prima della sua vittoria a Flushing Meadows): “Lo stress è enorme, l’abbiamo visto sia con Raducanu che con Osaka, è sempre brutto veder capitare queste cose. Credo che molta pressione sia dovuta ai social media: all’inizio avevo solo un sito internet, mentre ora i social sono ovunque”.

Il riferimento a Naomi Osaka non è casuale, perché come lei Federer si è detto in favore di una revisione del format delle conferenze stampa: “Credo che vadano cambiate, penso di essere uno degli sportivi che hanno fatto più conferenze e sono sempre uguali, sempre. Giocatori e giornalisti dovrebbero provare a mettersi d’accordo su cosa funziona per noi e per loro, ci serve una rivoluzione, o forse un’evoluzione di ciò che facciamo ora. Dobbiamo preparare meglio le nuove generazioni, personalmente non ho idea di come avrei gestito l’inizio della mia carriera se ci fossero stati i social: per dieci commenti positivi ce n’è sempre uno negativo, e ovviamente finirai sempre per concentrarti su quello, è una cosa orribile. Anche quando mi sento un po’ giù devo sempre comportarmi in un certo modo con la stampa: dovremmo ricordarci che i tennisti sono professionisti, ma sono anche persone”.

UN COLPO CHE CAMBIA LA STORIA

Verso la fine dell’intervista, è stato chiesto a Federer quale sia stato il singolo punto più importante della sua carriera, e ancora una volta ha dato una risposta per certi versi sorprendente: “Bella domanda, credo forse il dritto che ho messo a segno su una palla break quando ero sotto di due set contro Tommy Haas al Roland Garros del 2009, ne parliamo ogni volta che ci vediamo – ho poi finito per vincere il torneo eguagliando il record Slam di Sampras. In quel momento ero consapevole che se non avessi preso la riga avrei perso il match, lo so io come lo sa Tommy. Ricordo che la reazione del pubblico fu qualcosa del tipo ‘ok Roger, finalmente un buon dritto!’. L’inerzia del match cambiò completamente, e fu l’inizio di un’estate fantastica”.

Il punto è in questo video, dal minuto 10:05:

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