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WTA Indian Wells: fuori Pliskova e Andreescu, Kerber supera Kasatkina
La testa di serie numero 1 eliminata da Haddad Maia, la campionessa in carica da Kontaveit

Con i match di ieri il tabellone principale del WTA 1000 di Indian Wells si è allineato agli ottavi di finale e ancora una volta non sono mancati i risultati a sorpresa, primo fra tutti l’uscita di scena della testa di serie n. 1 Karolina Pliskova. La ceca è stata eliminata 6-3 7-5 dalla brasiliana Beatriz Haddad Maia in un match lungo e lottato, ma pesantemente condizionato dal vento che ha impedito a Pliskova di esprimere il suo miglior tennis tanto da venir brekkata otto volte in totale. È stato praticamente impossibile per lei fare affidamento sulla sua arma principale, il servizio, e i dodici doppi falli commessi nelle due ore e quattro minuti di match certificano questa sua difficoltà. La n. 125 del mondo invece è riuscita a mantenere maggior solidità e in entrambi i set ha piazzato la zampata vincente nell’ultimo game. “Sono molto contenta della mia vittoria e del mio lavoro oggi. Erano condizioni molto dure per entrambe, c’era molto vento“ ha confermato a fine partita Haddad Maia.
“Non ho servito così bene ma stavo rispondendo bene, facendo del mio meglio. Penso che la chiave sia stata la mia resilienza nel mio gioco mentale. Ora sono orgogliosa di me stessa, del mio lavoro, e mi preparerò per domani contro Kontaveit. Penso di non averla mai affrontata nel circuito. Sarà una bella partita. È una buona giocatrice, farò del mio meglio e continuerò a fare quello che sto facendo, cercherò di essere aggressiva”. Ricordiamo che Haddad Maia era stata sconfitta nelle qualificazioni di questo torneo ma era poi stata ripescata come lucky loser a seguito di alcune defezioni, ed è quindi anche grazie ad un po’ di fortuna che adesso si ritrova per la prima volta in carriera negli ottavi di un torneo di questa categoria. Come detto la sua prossima avversaria sarà Anett Kontaveit la quale qualche ora prima aveva messo a segno l’altro exploit di giornata.
La tennista estone ha infatti estromesso dal torneo la campionessa dell’edizione 2019 – l’ultima disputata – Bianca Andreescu per 7-6(5) 6-3 assestandole la prima sconfitta in assoluto su questi campi. “È stata una partita molto combattuta per tutto il tempo ed io ero pronta per un match difficile” ha detto Kontaveit dopo la terza vittoria su tre faccia a faccia contro la canadese. Dopo aver subito un break iniziale nella gioco di apertura, Kontaveit ha vinto quattro game consecutivi ma alla fine ha avuto bisogno di cinque set point per passare in vantaggio di un parziale. Andreescu ha cancellato tre set point sul servizio di Kontaveit sul 5-4, e Anett ha vinto quattro degli ultimi cinque punti del tiebreak.
Nel secondo set invece la n. 20 del mondo ha dato una dimostrazione di forza vincendo cinque game consecutivi da 1-3 per sigillare la vittoria in due parziali. Dopo aver iniziato una nuova collaborazione con l’allenatore ed ex giocatore Dmitry Tursunov ad agosto, Kontaveit ha vinto 15 delle sue ultime 16 partite conquistando due titoli in quest’arco di tempo a Cleveland e Ostrava. “Mi sta davvero piacendo stare qui e mi sto divertendo molto nel giocare partite competitive. Penso che sia questa la chiave e, naturalmente, anche Dmitry ha aiutato molto” ha aggiunto Kontaveit.
Ad aprire il programma alle 11 ora locale invece ci avevano pensato Angelique Kerber e Daria Kasatkina, finaliste sconfitte in questo torneo rispettivamente nel 2019 e nel 2018. La partita, a tratti equilibrata, ha offerto momenti di grande agonismo ma anche passaggi di tennis frutto della tensione e alla fine, com’è abbastanza prevedibile in questi casi, la giocatrice di maggior esperienza e maggior caparbietà l’ha spuntata. Kerber ha vinto 6-2 1-6 6-4 sfruttando la poca incisività della russa con la battuta, la quale era facilmente attaccabile ad ogni seconda palla, ed infatti nel parziale decisivo ha subito tre break con l’ultimo – il più difficile da ottenere per la tedesca – arrivato nel settimo game alla quinta chance.
“È sempre dura giocare contro Daria. Abbiamo giocato tanti match in passato… e oggi per me la partita è stata un po’ come andare sulle montagne russe. Io ho giocato molto bene nel primo set e lei nel secondo, quindi stavo solo cercando di rimanere mentalmente forte e di giocare punto per punto” ha detto Kerber dopo la partita. “Alla fine sono stati solo uno o due punti a decidere la partita e sono felice di essere passata. Mi sento bene… Sto solo cercando di arrivare il più lontano possibile, giocando di nuovo un buon tennis“.
Al prossimo turno affronterà l’australiana Ajla Tomljanovic che ha vinto 6-4 6-3 sulla slovena Tamara Zidansek. Tra gli altri match segnaliamo la vittoria della testa di serie n. 3 nonché campionessa in carica del Roland Garros, Barbora Krejcikova su Amanda Anisimova per 6-2 6-3. Poi il netto successo della tunisina Ons Jabeur su Danielle Collins 6-1 6-3, e infine un po’ a sorpresa – ma neanche troppo – l’uscita di scena della n. 19 del mondo Coco Gauff per mano della n. 27 Paula Badosa 6-2 6-2. La spagnola quest’anno ha davvero avuto un punto di svolta nella sua carriera e i risultati parlano chiaro: prima di questa stagione non aveva mai battuto una top 20, mentre solamente nel 2021 è già arrivata a quota 7.
Il tabellone di Indian Wells con tutti i risultati aggiornati
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Il torero Rublev doma l’amico Medvedev nella partita d’esibizione a Città del Messico
Il match si è svolto nella Plaza de Toros, l’arena per le corride più grande del mondo

Daniil Medvedev e Andrey Rublev si sono affrontati la scorsa notte nella più grande arena del mondo per le corride, la Plaza de Toros di Città del Messico. Un’arena da 42 mila spettatori ritoccata per l’occasione. L’incontro amichevole era inizialmente previsto a marzo del 2022, ma l’evento venne cancellato a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo.
Il derby russo tra i due amici di vecchia data è stato vinto da Rublev con il punteggio di 6-4 2-6 7-6. I due si conoscono fin da quando erano bambini, e in un’intervista del 2021 alla conduttrice sportiva russa Sofya Tartakova, Rublev ha raccontato i loro primi incontri. “Nel mio primo vero torneo, avevo sei anni, ho incontrato Danya (Medvedev). Le partite duravano quattro game a set, il terzo era un tie-break a 7 punti, eppure è durata due ore e mezza. Poi ci siamo incontrati di nuovo in un torneo under-10 a Zhukovka: tre set sono durati quattro ore. Giocavamo sempre pallonetti, gli scambi duravano dieci minuti finché il primo di noi due sbagliava. Ed erano pianti, lanci di racchette, imprecazioni fino al punto successivo. E tutto ricominciava. Andava avanti così per ore”.
Alla viglia dell’esibizione il direttore dell’evento Eduardo Rodríguez non ha nascosto l’entusiasmo nonostante si trattasse di una partita non ufficiale: “Non è facile venire a giocare qui, a oltre duemila metri di altezza, ma non hanno avuto esitazioni. Sono qui per un’esibizione, una partita non ufficiale, ma verranno per vincere e offrire il loro tennis migliore”. Nel dopo partita si è consumato un inatteso siparietto che ha visto coinvolti i due giocatori assieme al cantante Louis Tomlinson, ex frontman degli One Direction, boy band britannica che ha venduto 50 milioni di dischi. Tomlinson, in Messico per la prima del suo documentario “All of Those Voices”, alloggiava nello stesso albergo.
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Fino a che punto può arrivare il tennis di Carlos Alcaraz?
Molti giocatori “giocano per distruggere, non per costruire” afferma il suo coach Ferrero. Un viaggio dietro le quite targato Vogue, nella creazione di un campione

Di Gaby Wood, pubblicato su Vogue il 22 febbraio 2023
In una fresca giornata di sole nel sud est della Spagna, un tennista di 19 anni si sta allenando. Lo scorso settembre è diventato il numero uno del mondo, una posizione che ha conservato per più di quattro mesi, diventando il più giovane tennista numero uno da quando sono iniziate le classifiche. Carlos Alcaraz, “Carlitos” per gli amici “Charlie” quando parla con se stesso, ha vissuto negli ultimi 3 anni qui alla Tennis Accademy di Villena. La struttura è costruita in mezzo a terreni agricoli e si trova tra una prigione di massima sicurezza e un castello medievale. Il nuovo re del tennis si allena qui per due ore ogni mattina “Ma c’è molto di più in arrivo,” mi assicura, appena la sessione è finita: il suo programma consiste in ” tennis, tennis e ancora tennis. “
Scivola e plana sul campo: ” Venga, venga, venga! ” urla a se stesso stringendo il pugno e appena la palla entra in contatto con la racchetta le sue esalazioni, mezze grugnite, mezze “cantate”, riecheggiano nell’aria arida col suo consueto “Ehhhhh!.”
Sta scambiando con Darwin Blanch, un allampanato, giovane americano di 15 anni che ha quella tipica andatura, a suo modo elegante, di un teenager le cui articolazioni sono cresciute molto velocemente. Guardandoli insieme si capisce quanto Alcaraz, che aveva una struttura simile a quell’età, sia cresciuto per soddisfare i requisiti del tennis contemporaneo.
“Oggi la maggior parte dei giocatori sono delle bestie” mi dice il suo coach Juan Carlos Ferrero. (per contro Ferrero, che è stato numero uno al mondo nel 2003, era magro e veloce tanto da essere soprannominato “El Mosquito”, la zanzara).
Ferrero li sta indirizzando a colpire due colpi specifici alla volta, più uno a loro scelta. Ci spiega che molti giocatori “giocano per distruggere, non per costruire. Carlos è fisicamente esplosivo e molto veloce. Non riesco a farlo giocare piano, ma spero sia capace di costruire, lui è creativo per disposizione naturale e questo è un vantaggio”.
In maglia nera, pantaloncini blu e le Nike Vapor Pro 2 con rialzo arancione e il baffo rosa brillante, Alcaraz è sia casual che monumentale. Mentre si muove sulla linea di fondo, il sole delinea i suoi muscoli delle gambe come se fosse un cartone animato: il piede in basso, seguito da un visibile aumento della spinta verso l’alto. sta eseguendo una versione del colpo che l’ha reso famoso battendo Jannik Sinner nei quarti degli US Open. Colpisce la palla ruotando e colpendola oltre la sua schiena, come se lanciasse un mazzo di chiavi, o guardasse dietro le spalle per vedere se ha dimenticato qualcosa. Un ghigno da ragazzo. Gioca a tennis come se fosse…beh, un gioco.
Adesso che Roger Federer si è ritirato, i fan in cerca di un nuovo idolo sono migrati in massa verso Alcaraz. “E’ come se Dio lo avesse mandato per essere il futuro del tennis“ dice Arnold Rampersad che ha co-scritto il libro di memorie di Arthur Ashe del 1994, Days of Grace. “E’ come un Arcangelo con una stupenda palla corta e un incredibile senso del campo”. Geoff Dyer, autore di The last days of Roger Federer, lo ha visto giocare a Indian Wells l’anno scorso, lo ha trovato non solo implacabile ma “il giocatore più giovane e completo che avessi visto da anni. In questa primissima parte della sua carriera, si sente immortale”.
Cos’ha che gli altri non hanno? Una combinazione di audacia, varietà di colpi, flessibilità tattica, stile, forza, originalità, arguzia. Un corpo che va in spaccata e subito dopo balza su, come se il campo fosse un trampolino. una seconda palla impressionante. Palle corte d’autore giocate in momenti di estremo nervosismo che farebbero saltare le coronarie a tutti gli allenatori. “Trascende ovunque giochi,” mi dice Brad Gilbert ( ex numero 4 al mondo nel 1990 ) coach e commentatore . “Ovunque la gente accorre a fare il tifo per lui perchè è davvero esaltante da vedere”.
Durante lo US Open dello scorso anno, che ha vinto, Alcaraz è stato in campo per 23 ore e 39 minuti, tra cui tre partite quasi infinite, terminate al quinto set, alcune delle quali finite a tarda notte. Prima della semifinale, è andato a letto alle 6 del mattino.
“Ecco una parola giusta per lui ,” dice Gilbert: “coraggio”. Si riferisce ad Alcaraz come in “Fuga da Alcaraz”, è così indomito. “Se mi dicessero tra cinque anni che ha vinto sei o sette Slam, non sarei per niente stupito” riflette Gilbert. “Forse saranno 10, forse di meno. Ovviamente un altro fattore importante è legato alla fortuna di non avere infortuni, gioca sempre molto fisicamente. Ma se mi dicessero tra cinque anni che ha un solo Slam in bacheca, sarei totalmente scioccato.”
Con l’addio di Federer e il declino di Rafael Nadal – il cui monopolio congiunto, insieme a quello di Novak Djokovic ha, secondo Gilbert, “spazzato via circa tre generazioni” – il tennis sta entrando in una nuova era. È più fisico, con partite più lunghe, giocate in tutto il mondo e, grazie alla programmazione televisiva, a tutte le ore del giorno e della notte; e ci sono più tornei, più stampa, più richieste sui social media; più modi per il mondo esterno di entrare nel mondo dei giocatori e distrarli. A marzo, poco prima di giocare a Indian Wells, Alcaraz affronterà un americano di alto livello, Taylor Fritz o Frances Tiafoe, in una “prima esperienza di tennis nel suo genere” all’MGM Grand Garden Arena di Las Vegas. Chiamato “The Slam”, questo combattimento di gladiatori è pubblicizzato con musica metal e si terrà in un luogo probabilmente più noto per l’incontro di boxe in cui Mike Tyson ha morso una parte dell’orecchio di Evander Holyfield.
Siamo molto lontani da tutto questo qui, all’accademia di Ferrero, dove le comodità sono minime e l’ambiente è sobrio. È la prima settimana di gennaio – un presepe accuratamente allestito troneggia su uno scaffale della mensa – e mentre molti giocatori sono già in Australia per l’Open, Alcaraz e Ferrero hanno scelto di trascorrere più tempo a prepararsi a casa. Verso la fine del 2022, Alcaraz ha avuto un infortunio a un muscolo addominale che lo ha portato a ritirarsi dalla Coppa Davis. Sia lui che Ferrero dicono che si è completamente ripreso.
Mi saluta dopo l’allenamento con un ampio sorriso alla Tom Cruise. Ci sediamo a un tavolo fuori. In primo piano, i suoi capelli scuri portano alcune ciocche punteggiate di bianco – come si addice a un prodigio, forse – e il suo modo di parlare è così franco che a volte penso di aver capito male. “Sono sempre stato un ragazzo di grande talento,” mi dice, senza vanteria. “Ma ho sempre lavorato sodo. Perché se hai talento e non ti impegni non arrivi da nessuna parte”.
Alcaraz partecipa a questo gioco, il gioco delle interviste, da quando era bambino. Un video girato quando aveva 12 anni lo mostra strizzare gli occhi verso la telecamera e dichiarare che Federer è il suo idolo. Perché non il suo connazionale Nadal?
“Rafa è qualcuno che ho sempre guardato“, dice ora. “Lo ammiro molto. Ma Federer, la classe che aveva, il modo in cui faceva vedere alla gente il tennis: era bellissimo. Guardare Federer è come guardare un’opera d’arte. È eleganza, faceva tutto magnificamente. Sono rimasto incantato da lui.”
Alcaraz è cresciuto a poco più di un’ora da qui, in un villaggio fuori Murcia chiamato El Palmar, un posto che visita ancora nei fine settimana. Tutti si conoscono, dice, e ha gli stessi amici con cui usciva da bambino. Circa 40 anni fa suo prozio costruì lì un club di tennis, su quello che era un poligono di tiro al piattello e il nonno di Alcaraz, Carlos, si unì all’impresa. Successivamente, il padre di Alcaraz, che ha giocato a tennis professionistico fino a quando non ha più potuto permettersi di continuare, ne è diventato il direttore. Quindi Carlitos è nato, dice, “con il tennis nel sangue”. Suo fratello maggiore, Álvaro (ora 23enne), ha giocato in tornei prima di lui, e i suoi fratelli minori (di 13 e 11 anni) sono appassionati di tennis quanto il resto della famiglia, compresa sua madre, che fino a poco tempo fa lavorava come commessa all’IKEA. Alcaraz ha avuto la sua prima racchetta all’età di quattro anni e, secondo suo padre, piangeva quando la sera doveva smettere di giocare per tornare a casa a cena. La sua vita sociale ruotava attorno al circolo del tennis.
A 12 anni era già un giocatore così promettente da essere sponsorizzato da Babolat e Lotto. Un amico di famiglia proprietario di Postres Reina, un’azienda di yogurt e dolci con sede a Murcia, gli aveva già dato i soldi di cui aveva bisogno per partecipare a un torneo junior in Croazia e ha continuato a coprire gran parte delle sue spese di viaggio. Ferrero lo ha visto giocare per la prima volta proprio in questo periodo. “Avevo già sentito parlare di lui”, dice il suo allenatore. “Soprattutto il fatto che stesse facendo un sacco di cose diverse: palle corte e pallonetti e discese a rete, cose che i ragazzini non fanno, stanno solo dietro, combattono e corrono. Era molto dinamico, lo si vedeva già”.
Alcaraz ha iniziato ad allenarsi con Ferrero quando aveva 15 anni. Ferrero aveva lavorato per otto mesi al fianco di Zverev; a detta del coach spagnolo la separazione è stata causata da posizioni divergenti sul concetto di “professionalità”. (“Siamo molto amici”, dice Ferrero di Zverev, mettendo a tacere eventuali insinuazioni polemiche. “Si è allenato spesso con Carlos.”). In Alcaraz ha visto una sfida: un ragazzo con molta strada ancora da fare.
La routine di Alcaraz consiste in diverse ore di tennis al giorno, oltre ad allenamento in palestra, fisioterapia e una pennichella dopo pranzo. Mangia quello che gli va, ma in maniera sana. La sera si impegna a imparare l’inglese. “Sono migliorato, ma la strada è ancora lunga!”. Ogni tanto si concede un film e, opportunamente, preferisce scegliere tra quelli che lui chiama “di suspence” o “motivazionali”. Film motivazionali? chiedo io un po’ confuso. “Sì,” risponde lui. “Sylvester Stallone. Hai presente, no? Rocky Balboa.”
Quando si vede coi suoi amici il fine settimana gli piace andare al parco e sedersi in compagnia oppure ritrovarsi a turno a casa di uno a fare giochi da tavolo. Gli piace il calcio ed è tifoso del Real Madrid (suo fratello maggiore tifa Barcellona). Secondo i rotocalchi usciva con Maria Gonzalez Gimenez, ma Alcaraz allude a una rottura dicendo che è single da 18 mesi. “Non restando mai nello stesso posto è complicato”, aggiunge. “E’ difficile trovare una persona con cui condividere le cose se ci si ritrova continuamente giro per il mondo.”
Uno dei suoi hobby sono gli scacchi. “Amo gli scacchi. Doversi concentrare, giocare contro un avversario, la strategia – dover prevedere le mosse. Penso che ciò sia molto simile al tennis giocato in campo,” dice Alcaraz. “Devi intuire dove il tuo avversario giocherà la palla, devi muoverti con anticipo e provare a ribattere con una mossa che metterà l’altro giocatore in difficoltà. Per questo ci gioco spesso.”
Qualche mese fa ha iniziato a fare più attenzione al suo abbigliamento e a fare in modo di avere un bell’aspetto quando esce per strada. Gli piace indossare jeans larghi o pantaloni larghi e una maglietta; è anche appena diventato il nuovo volto della campagna di intimo maschile Calvin Klein (slogan: “Calvins or nothing”). “Ci sono persone che indossano solamente brand in voga, ma io ho tirato dritto,” dice. “Mi vesto in modo molto semplice.”
Quindi, vi chiederete, che cosa ci fa coi montepremi delle sue vittorie? Ride. “Beh, se ne occupa mio padre. Sono ancora giovane e ho anch’io i miei capricci, ma sono molto naturale, normale, umile. Non bado molto ai brand e alle auto. Se mi piace qualcosa, provo a comprarlo, ma alla fine è mio padre che si occupa di tutto.”
E quali sono i suoi capricci?
“Sono un fanatico delle scarpe della Nike”, dice. E, sebbene sia sponsorizzato dalla Nike, spiega che ci sono modelli vintage che desidera “che sono piuttosto costosi. Sono esclusivi o difficili da trovare. E questi sono i generi di prodotto che compro, se mi piacciono. Tipo alcune Jordans, alcune Dunk Lows, o altre lanciate da Travis Scott. Voglio farmi una bella collezione – quello, in sostanza, è il mio obiettivo. Al momento ne ho circa venti paia.”
E’ quasi certo che Alcaraz accumulerà più di qualche paio di scarpe di qui ai prossimi anni – anche se non è chiaro quanto gli farà la differenza. Quando gli chiedo degli sponsor deve controllare sul telefono, ma poi si ricorda improvvisamente che la BMW gli ha dato un’auto.
Ferrero, che iniziò ad allenarsi anche lui qui all’età di 15 anni e che ha vissuto nella casa dove ora alloggia Alcaraz, è ben compiaciuto dei progressi fatti dal suo protetto, ma si trattiene fortemente dal cantar vittoria.
“Chi di noi è fra gli addetti ai lavori sa che è meglio essere cauti,” dice. “Penso che Carlos abbia delle qualità tali da poter entrare a fare parte della cerchia dei migliori giocatori nella storia del tennis. Questo mi è molto chiaro. Tuttavia, ovviamente, molte cose possono succedere. E’ giovane. Ci sono molte cose che non vede. Tutti sappiamo che ci sono dei rischi: andare a feste, distrarsi, non concentrarsi sul tennis. Quando hai l’opportunità di conoscere gente ricca e famosa, è facile perdere la bussola. Ora in molti gli diranno che tutto quello che fa va benissimo. Ma chi noi gli sta intorno deve cercare di vedere la realtà delle cose. Deve migliorare in tutto – continuità, mentalità nei momenti difficili, maturità in campo. Dobbiamo lavorare sui suoi punti deboli.”
La famiglia di Alcaraz, secondo Ferrero, “ha un ruolo molto importante” nel tenerlo con i piedi per terra. Il fatto che suo padre conosca il mondo del tennis è fondamentale. Il fratello, Álvaro, viaggia spesso con lui (durante gli US Open i fratelli Alcaraz hanno condiviso la camera d’albergo, allo stesso modo in cui, anni fa, condividevano un letto a castello).
Il team, in senso allargato, comprende Ferrero (“Juanki”, è il nomignolo affibbiatogli da Carlos, a sostituire il “Mosquito” con cui era chiamato da giocatore), un personal trainer, un fisioterapista, un medico, un paio di allenatori a Murcia e, ultimamente, una psicologa di nome Isabel Balaguer.
“Mi ha aiutato molto”, mi dice Alcaraz. “Ero un po’ confuso. Non riuscivo a controllare bene le mie emozioni, ero sempre arrabbiato. Quando avevo 15 o 16 anni lanciavo le racchette un po’ in giro, o ne rompevo, e questo metteva a rischio il mio gioco. Sapevo di dover migliorare sotto quell’aspetto. Grazie a Isabel sono migliorato molto. Sentirsi sereni durante un anno impegnativo è fondamentale. E dal mio punto di vista, è fondamentale scendere in campo sorridendo, sentendosi felici. Ti aiuta mentalmente. Per me è tutto”
Trascorro la notte in una delle capanne di legno dell’accademia, aspettandomi di rivedere l’allenamento di Alcaraz il giorno successivo; tuttavia, il mattino dopo il posto sembra deserto. Alcaraz e Ferrero sono alle prese con il preparatore atletico: “Oggi ci riposeremo”, annuncia Ferrero. Qualcosa non va, un accenno di infortunio, forse. Due giorni dopo, l’account Twitter di Alcaraz riporta la notizia: un movimento fortuito durante l’allenamento ha danneggiato un muscolo della coscia destra. Carlos si ritirerà dagli Australian Open.
“Ognuno di noi conosce il proprio corpo,” spiega Carlos “so dove sono i miei limiti, quando devo fermarmi, quando spingermi oltre. Ho imparato a farlo. È meglio fermarsi in tempo per recuperare il più rapidamente possibile. Anche capire quando fermarsi è una vittoria.”
Avevo chiesto ad Alcaraz quale fosse stato il suo momento più difficile fino a quel momento. “Ho avuto un brutto periodo dopo aver vinto lo US Open,” ha risposto. “Sembra che me lo stia inventando, ma… beh, quel momento mi è piaciuto molto.” (La notte della vittoria ha festeggiato con la sua famiglia e il suo team al Mission Ceviche, un ristorante peruviano nell’Upper East Side, e la festa della vittoria è stata seguita da un servizio fotografico con il trofeo a Times Square nelle prime ore del mattino.)
“Ma la verità è che, quando sono dovuto tornare a giocare, c’è stato un momento in cui mi son detto: “Stress!” … Capisci cosa intendo?”
La testa stretta tra le mani a illustrare il concetto, Carlos prosegue: “Forse non avevo pienamente compreso quello che era successo. O forse, istintivamente, ho perso una piccola speranza. Penso che quello che è successo sia stato che, quando ho visto che avevo raggiunto ciò che sognavo da quando ero un ragazzino, inconsciamente le mie aspirazioni si sono un po’ offuscate. E questo è stato difficile. Perché nessuno si stava divertendo, in campo: non io, e neppure Juanki, vedendomi così spento e privo di scintilla. Ho pensato, dove vado adesso?
Per quanto sia difficile arrivare al numero uno, è molto più difficile rimanerci. Quello che Rafa, Roger e Djokovic hanno fatto è quasi impossibile,“ conferma Carlos, sul mantenere la voglia di vincere nel tempo. “Penso che quando hai vinto il tuo primo Grande Slam ti rendi conto di quanto sia complicato.”
Quindi… cosa farà Carlos Alcaraz da ora in poi? “Continuerò a voler realizzare il mio sogno,” conclude, “anche se l’ho già fatto.”
Traduzione di Michele Brusadelli, Silvia Gonzato, Luca Gori, Massimo Volpati
ATP
Il ritorno di Nadal sulla terra rossa: dopo Montecarlo giocherà anche a Barcellona. David Ferrer: “Si sta allenando cinque volte a settimana”
Presentata la 70esima edizione del Trofeo Conde de Godò a Barcellona; Ferrer svela due nuovi partecipanti: Medvedev e Nadal

A pochi giorni dalla notizia che rivelava il ritorno in campo di Rafael Nadal all’ATP Master 1000 di Montecarlo, ne arriva un’altra. Il 22 volte vincitore di Grandi Slam ha deciso di confermare la sua presenza anche al torneo Barcelona Open Banc Sabadell, in programma dal 15 al 23 aprile. Lo ha annunciato il direttore del Real Club de Tenis, David Ferrer, durante la presentazione della 70esima edizione del Trofeo Conde de Godò. Un tabellone davvero d’eccezione quello di quest’anno che oltre ad avere il nome del maiorchino più forte della storia, vanta altri nomi importanti: Carlos Alcaraz, campione uscente di Indian Wells, Casper Ruud, Stefanos Tsitsipas, il nostro Jannik Sinner e tanti altri.
Tra loro anche il russo finalista di Indian wells, Daniil Medvedev, sul quale il direttore Ferrer ha voluto spendere qualche parola in più: “Non è stato facile inserirlo perché avevamo la lista ormai praticamente chiusa. Però apprezziamo molto che abbia deciso di venire in un momento dove sta già vincendo tanto”. Entusiasta David Ferrer di poter comunicare al pubblico, dopo aver parlato con Carlos Costa (rappresentante delle baleari) che Nadal sembra essere in ottima forma e pronto per il rientro: “Si sta allenando cinque volte a settimane, ricomincerà da Montecarlo e poi verrà qui. Gli auguro personalmente che sia la miglior stagione possibile sulla terra”.
E proprio dall’Academy di Rafa Nadal, arrivano dei video del campione maiorchino in campo. La grinta sembra quella di sempre.