Berrettini qualificato alle Finals. Sinner rischia, opzione Milano (Crivelli). Sorpresa Norrie, si complica la rincorsa di Sinner alle Finals (Piccardi). Intervista ad Adriano Panatta- Le Finals di Panatta- "E fatevi una risata!" (Guerrini)

Rassegna stampa

Berrettini qualificato alle Finals. Sinner rischia, opzione Milano (Crivelli). Sorpresa Norrie, si complica la rincorsa di Sinner alle Finals (Piccardi). Intervista ad Adriano Panatta- Le Finals di Panatta- “E fatevi una risata!” (Guerrini)

La rassegna stampa di martedì 19 ottobre 2021

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Berrettini qualificato alle Finals. Sinner rischia, opzione Milano (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

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Quando, nell’aprile 2019, Torino venne scelta come 15a città della storia a ospitare le Atp Finals di fine anno, il mantra recitato fino allo sfinimento riguardava la possibilità che, realizzata la favola di portare in Italia il più importante torneo dopo gli Slam, si potesse pure avverare il desiderio di veder qualificato un italiano. In quel momento, il nostro miglior giocatore era Fognini, fresco vincitore a Montecarlo e numero 12 del ranking, quindi una carta più che concreta. Ma prevedere che due anni e mezzo dopo Matteo Berrettini, un giovane di belle speranze allora 55′ del mondo, sarebbe diventato il primo finalista azzurro di sempre a Wimbledon, un solidissimo top ten, il volto iconico del nostro tennis e dunque uno dei protagonisti più attesi del Masters, attraversava forse i confini dell’immaginazione.

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La classifica che somma i risultati stagionali e qualifica per le Finals, lo rendono inattaccabile da qualunque rientro da dietro e quindi il suo nome si aggiunge a quelli di Djokovic, Medvedev, Tsitsipas, Zverev e Rublev, che il biglietto lo avevano già strappato. Un approdo che rappresenta il degno coronamento di un’annata fantastica per Berrettini, certamente illuminata dal meraviglioso cammino ai Championships ma ancorata a una continuità di risultati solo graffiata da un paio di fastidiosi infortuni: vittoria a Belgrado e al Queen’s, su un prato che ci aveva sempre respinto, finale al Masters 1000 di Madrid, quarti al Roland Garros e agli Us Open dove ha sempre incrociato Djokovic.

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Adesso potrà dedicarsi a Vienna (dove rientrerà la prossima settimana dopo la precoce eliminazione di Indian Wells) e a Parigi Bercy proprio nell’ottica di rodare la condizione tecnica e fisica in vista di Torino, senza ovviamente perdere d’occhio l’opportunità di consolidare la classifica Atp (è a meno di 1000 punti dal quinto posto) e confermare lo status ormai acclamato di superstella del circuito. I tornei a venire, invece, rivestiranno un’importanza capitale per le ambizioni di qualificazione di Sinner, con la premessa che in quei giorni di aprile di due anni fa l’altoatesino era numero 314 del mondo e quindi vederlo adesso lottare per le Finals ne certifica lo straordinario valore. La sua rincorsa si è complicata dopo il successo di Norrie a Indian Wells, perché il britannico lo ha scavalcato e l’attuale 11′ posto non gli garantirebbe il pass nemmeno con la rinuncia, peraltro sempre più improbabile, di Djokovic. Jannik è testa di serie numero uno ad Anversa, un torneo 250 fac-simile per tabellone a quello di Sofia vinto a inizio ottobre, dove dopo il bye attende al secondo turno il vincitore tra Musetti e Mager. Andare più avanti possibile in Belgio è un imperativo, prima dello snodo probabilmente decisivo di Vienna, che per qualità degli iscritti più che un 500 assomiglia a un 1000 in formato ridotto vista la presenza di Tsitsipas, Zverev, Berrettini e dei rivali più pericolosi nella Race, Ruud e Hurkacz, nonché dell’arrembante Norrie. Ma i tifosi italiani potranno comunque emozionarsi per Sinner, che ha già confermato di voler giocare le Next Gen Finals a Milano, di cui è formalmente ancora campione in carica, se non si qualificherà per Torino.

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Sorpresa Norrie, si complica la rincorsa di Sinner alle Finals (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Dalle porte girevoli dell’attico dei tennis entra Hubert Hurkacz (n. 10) ed esce, dopo 968 settimane, Roger Federer (una prece). Il Master 1000 di Indian Wells, con i suoi campi lenti e una stanchezza diffusa che ha favorito outsider e sorprese, è stato un piccolo terremoto. Ha vinto il britannico Cameron Norrie, 26 anni, inglese alla larga come Emma Raducanu: è nato in Sudafrica da papà scozzese e mamma gallese, è cresciuto in Nuova Zelanda- (una violenta rapina a Johannesburg, quando Cameron aveva 3 anni, convinse i genitori a traslocare a Auckland), ha studiato all’Università del Texas, tiene casa e-residenza a Putney, non lontano da Wimbledon, Londra sudovest, e tanto basta per considerarlo un suddito di sua maestà la regina. Da ieri Norrie è il nuovo numero 16 del ranking e, grazie ai mille punti intascati nel deserto californiano, ha scavalcato Jannik Sinner (che a Indian Wells è uscito agli ottavi con Taylor Fritz, killer pure di Matteo Berrettini) nella Race verso le Atp Finals di Torino: l’inglese si e installato al decimo posto davanti all’altoatesino, che nella foga di inseguire Ruud e Hurkacz non si e accorto che Norrie lo stava superando a destra, senza mettere la freccia. Con i primi cinque della classifica già qualificati — Djokovic che ha confermato la presenza a Torino sia per il Master che per la Davis, Medvedev, Tsitsipas, Zverev e Rublev —, Berrettini che dovrà blindare la settimana prossima all’Atp 500 di Vienna il biglietto per le Finals e Nadal fuori gara (ha già detto che tornerà nel 2022), restano quattro giocatori in un fazzoletto di 420 punti.

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Il titolo di Anversa, ampiamente alla sua portata, non basterà a Sinner per salire sul treno per Torino: dopo Vienna sarà l’ultimo Master 1000 della stagione, Parigi Bercy, a decidere la grande rincorsa per le Atp Finals. Per Jannik, con quattro titoli stagionali e una classifica stellare alle soglie del paradiso del tennis, comunque andrà sarà stato un successo (rimane da decidere tra Next Gen a Milano e l’Atp 25o di Stoccolma, ma son dettagli).

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Intervista ad Adriano Panatta- Le Finals di Panatta- “E fatevi una risata!” (Piero Guerrini, Tuttosport)

Adriano Panatta non può restare fermo. Non riesce. Magari haun problema con la noia Ma non può ferrmarsi. L’ultima idea, presentata ieri, è “Adriano Panatta Racquet Club” a Treviso, dove ormai si è stabilito e si è sposato ll tennis resta nella sua vita, è la sua vita. Anche per questo motivo commenterà le Alp Finals di Torino su Tuttosport. Panatta, ci racconti questa sua nuora avventura. Perché Racquet Club, nome aubb e che rimanda al A CHIAMARSI MASTER «I Io visto una foto e mi è piaciuto, suonava bene, poi c’è anche il padel e non soltanto il tennis. C’era questo vecchio circolo da rimettere a posta Ne ho parlato con il mio amico Philippe Donnet e con Marco Bonamigo e abbiamo pensato potesse venirne fuori qualcosa di bello Abbiamo comprato il circolo all’asta e abbiamo effettuato un lavoro di ricostruzione completa, più che di ristrutturazione. L’idea è che un circolo debba fare il circolo. Niente di più. Un luogo con una grande missione da svolgere. Deve offrire occasioni di incontro e mettere tutti a proprio agio. Un circolo in cui socializzare, condividere, stare bene. Non ci sono solo campi, ma due palestre, una spa, il bar, il ristorante dove scoprire l’offerta enogastronimica del territorio, piscina. Un posto diverso comodo ed elegante». Perché adesso, nella sua vita? «Perché dopo la pandemia si avverte la necessità di fare, ripartire. E a me piace molto lavorare, ne sono stato assorbito. Mi piace la competizione. Poi vivo a Treviso, mi sono sposato, qui ho trovato la mia dimensione. E’ il mio modo di dire grazie a tutta la comunità per avermi fatto sentire a casa in questi anni. Direi che sono un trevigiano de Roma o un romano de Treviso.

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Che rapporto ha con la memoria? È il momento i parlare dells Atp Finals, delle sue Atp Finals, 1975. «Io non ricordo nemmeno i risultati delle mie partite. Spesso mi sbaglio, a volte telefono a Paolo Bertolucci o ad altri amici perché colmino certi buchi. Davvero, ho un rapporto pessimo con la memoria. Del Master a Stoccolma ricordo però che stavo male, avevo un problema fisico per il quale subito dopo mi sono fatto operare. Ricordo il dolore. E penso del resto che avrei meritato di più di giocarlo nel 1976. Avevo vinto Roma, il Roland Garros… Ma per la Davis avevo giocato meno tornei. Le regole erano bizzarre, ora sono cambiate, mal’Atp è sempre bizzarra».

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Senza Federar e Nadal, cos voci che si susseguono sulla presenza o meno di Djokovic, a Torino sarà l’inizio di una nuova? «Adesso può vincere chiunque. E il corso della stagione lo sta dimostrando. Io dico che Torino merita di vedere Djokovic. Tsitsipas forse è il più dotato della nuova generazione, ma nemmeno lui riesce a vincere con continuità. Sarà difficilissimo si ripeta un’era simile a quella di Nadal e Federer. Non è come loro, Djokovic. E lo dimostra il seguito di pubblico, il pubblico è sensibile. Roger e Rafa sono straordinari anche fuori dal campo, non hanno mai sbagliato neppure una dichiarazione». Siamo in presenza del rinascimento dell’ltalia con la racchetta. Le sue impressioni? «Penso che il mondo sia bizzarro. C’è stato un momento in cui avevamo 3-4 tenniste al top mondiale, Pennetta, Schiavone Vinci, Errani. Ora c’è solo la Giorgi, ma abbiamo una serie di grandi giocatori. Mi spiace, piuttosto, che Fognini abbia vinto meno di quanto avrebbe potuto con quel suo tennis di talento e fantasia. Berrettini se sta bene può battere tutti e vincere ovunque. Ma deve essere al 100% fisico, non ha margini Mi ricorda qualcuno… Sinner ha vent’anni sta maturando, bisogna concedergli tempo, ma ha qualità notevolissime. Sonego è un lottatore con mentalità senza pari. Musetti ha bisogno di tempo. F unmondo strano, uno sarebbe potuto diventare anche un grande sciatore, uno è di Roma, un altroè di Torino. Non è che siano emersi per una scuola, ma grazie a maestri che li hanno seguiti fin dai primi passi o quasi. Del resto è ovunque così.

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Lei ha sempre catturato l’attenzione. In campo, in tv, al cinema. Come le è venuto in mente il cameo nel films “La profezia dell’armadillo quells frase sul suono del colpo piatto? L’ormai famoso pof pof? «Non è mia, ma del mio amico Domenico Procacci, titolare di Fandango. Io non avevo voglia, sono andato a girare a Fiumicino senza avere un’idea. ïl “pof pof “è suo, poi ci ho messo le considerazioni, l’idea del mio tennis, legato alla vita. Io non recito, faccio me stesso. Sempre».

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II suo tennis eri ricco di personaggi. Adesso latitano sin po’. Perché? «Si è persa del tutto l’ironia Nel tennis, poi, sono tutti parte di un sistema. Tantissimi giocano molto bene e tirano fortissimo. Fortunatamente adesso è tornata un po’ la palla corta, è tornato il back, i giocatori hanno capito finalmente la necessità di variare. Però, io resto sempre colpito quando vedo l’angolo del giocatore. Una squadra intera: coach, preparatore, psicologo, fisioterapista. Tutti seri, spesso in apprensione E mi dico: “e fatevela una risata”. Ci resto male, non mi diverto»

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