Next Gen ATP Finals, un torneo che odora di giovane e fresco. Show godibile, più pregi che difetti. Qualità tecnica indubbia

Editoriali del Direttore

Next Gen ATP Finals, un torneo che odora di giovane e fresco. Show godibile, più pregi che difetti. Qualità tecnica indubbia

MILANO – Se Korda e Alcaraz sono già quasi campioni oggi, almeno tre degli altri lo diventeranno. La dolente nota di Sinner fuori dai top-ten

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Lorenzo Musetti - Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals 2021 (via Twitter, @nextgenfinals)
 

Dopo due giorni vissuti all’interno del Next Gen all’Allianz Cloud ammirando alcuni campioni del domani con la sensazione che almeno un paio lo siano quasi già oggi, Alcaraz e Korda su tutti, provo a trasmettervi qualche altra impressione.

Comincio dall’ex Palalido. È un palazzetto per certi versi fantastico, una chicca, direbbero i ragazzi. E per altri inadeguato. Ma la percezione cambia a seconda che uno ci vada per vedere giocare a tennis, gli spettatori quindi, e chi invece ci debba lavorare o passare 12 ore. La priorità è il pubblico che paga. E non poco, perché i biglietti sono carucci assai. Però il modo in cui si vede il tennis è splendido e se i tennisti sono all’altezza, come stanno quasi tutti dimostrando in questi giorni, lo spettacolo vale il prezzo del biglietto. Almeno mi pare. Anche perché i match sembrano accorciati dalla regola del set che si chiude alla conquista del quarto game, anziché del sesto, ma alla fine trattandosi di match tre set su cinque, le partite durano più o meno come quelle tradizionali, salvo che un giocatore domini in 3 set. Ma vere passeggiate vincenti per ora non mi sembra di averle viste, neppure quando Alcaraz appariva decisamente (ma non così nettamente), più forte dei due avversari finora incontrati.

Il match assolutamente godibile lungo 5 set tra Lorenzo Musetti e Hugo Gaston e vinto dal toscano in un susseguirsi di emozioni, di scambi e colpi assolutamente straordinari, è durato 2 ore e 33 minuti, è stato super godibile e un bellissimo spot per il tennis. Fortunati coloro che lo hanno vissuto dal vivo all’Allianz Cloud – salvo magari quelli che avevano posti dietro all’ingombrante seggio dell’arbitro; perché non studiarne uno trasparente? – ma privilegiati anche coloro che si sono sintonizzati sui vari canali tv che lo hanno trasmesso fino ai dintorni di mezzanotte.

Prima di accennare al tennis giocato, va fatta una necessaria premessa: questo è un torneo giocato da giovani e pensato con un approccio decisamente rivolto ai giovani. Si giustifica, anzi si apprezza perfino, il disc jockey a bordo campo, gli annunci e la musica a palla che farebbero accapponare la pelle agli spettatori del Queen’s, la cui ambientazione è ancora più chic di quella di Wimbledon, ma d’altra parte è il club della Regina. Il pubblico, specie in queste prime giornate, probabilmente grazie anche al coinvolgimento di scuole e di circoli, è in gran parte fatto di giovani. E giovanissimi. I ragazzini ne sono entusiasti e potendo muoversi da una parte all’altra dell’impianto anche quando al piano basso i giocatori scambiano missili, corrono da una parte all’altra per raggiungere bar, toilettes, amici, senza in realtà disturbare più di tanto. Non ho l’impressione che i giocatori se ne accorgano. Le tribune sono allestite in modo tale che quelle corse a volte sfrenate dal basso non si vedono. E gli spettatori più anziani accettano quelle novità – che come sapete non sono le sole – con rassegnata condiscendenza. Senza lamentarsene troppo.

Personalmente mi pare di rivivere certe atmosfere da me scoperte a Bondi Beach per il primo torneo olimpico (anno 2000, Giochi di Sydney) di beach-volley che ebbi la ventura di seguire prima di quelli di Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012 (magnifica la location londinese accanto all’Horse Guard Parade, la piazza delle Guardie a cavallo vicino Westminster, Lupo e Nicolai divennero i miei eroi), Rio 2016 (l’Arena de Volei de Praia lungo la spiaggia di Copacabana, e ho detto tutto), mentre allo Shiozake Park nella baia di Tokyo quest’anno non sono andato perché pur avendo i giapponesi fatto trasportare 3.500 tonnellate di sabbia dal Vietnam, l’idea che non ci fosse il pubblico e l’atmosfera gioiosa delle precedenti Olimpiadi me ne hanno tenuto lontano.

Scusandomi per la digressione vorrei soffermarmi sull’eccellente coreografia del NextGen. Ne godono certamente gli sponsor, il title sponsor Intesa Sanpaolo in primis, perché la cartellonistica digitale (ma si chiama così?) grazie anche a una fantastica grafica, è visibilissima e direi perfino bella. Dai piccoli riflettori che fanno risaltare sulla rete il logo di Emirates, dalle panchine illuminate dei giocatori ai cambi campo con il logo delle BMW a fianco delle ghiacciaie della Valmora – e per dar conto della velocità dei servizi che viaggiano quasi sempre intorno ai 190/200 km orari (e anche più), beh, mi pare giusto che lo sponsor sia BMW che non punta a vendere più modelli sportivi che non utilitarie da centro cittadino con il divieto di superare i 40 km – all’immancabile Rolex che scandisce il tempo, al castelletto di palle Dunlop vicino al seggio dell’arbitro, insomma siamo arrivati a un livello di comunicazione commerciale ai limiti dell’insuperabile.

Strano che non abbia trovato sponsor ancora lo shot clock per il rispetto della regola dei 25 secondi, mentre ho visto con un po’ di ritardo che c’è Valmora anche sulla zona asciugamani che ha avuto il grandissimo merito di costringere anche i giocatori più viziati ad andarseli a prendere da soli – almeno qualcosa di buono l’orribile Covid ci ha portato – evitando quell’odiosa umiliazione a ragazzini e ragazzine raccattapalle che dovevano porgerli tutti sudacchiati anche dopo il primo 15 di un match. Uno sconcio cui si è finalmente posto fine. Anche se poi si è subito approfittato della neonata zona asciugamani per farla diventare area coaching: i tennisti vanno a prendersi l’asciugamano e lì dietro ci sono i coach a dispensare consigli, senza più quell’americanata delle cuffie degli anni passati. Ma senza nemmeno costringere gli allenatori a lisciarsi i baffi per suggerire un attacco (penso a Ion Tiriac), a fare un segno con la testa a destra oppure a sinistra per dire dove servire (penso a Mouratoglou), a toccarsi il naso per dire non so più cosa (e penso a tutti).

Giusto, non giusto? Non saprei: di certo è un’opportunità di visibilità in più per i coach. Ma sarà sempre conveniente per loro? Ne ho conosciuti alcuni, anche italiani e non faccio nomi, che molto più di “Dai, Forza, Fiducia!” non sembravano saper dire. Vero che il coaching è ufficialmente ancora sanzionabile nel circuito maggiore. Mi ha riferito il telecronista di Sky Pietro Nicolodi che però lassù in alto in cabina tv non arrivava il suono del campo, dell’impatto delle palle sul piatto corde, né le parole dei coach ai loro assistiti. Beh, questi non sono dettagli che dovrebbero sfuggire agli addetti (i tecnici) ai lavori. Magari da oggi in poi avranno rimediato.

Chissà che il NextGen non sia stato il… cavallo di Troia per introdurre il coaching anche per il tennis maschile, come già esiste per quello femminile. Anche se altre regole “trasferibili” maggiormente prioritarie a parer mio dovrebbero essere quella di un solo MTO (Medical Time Out e con minutaggio limitato; se qualcuno si è procurato un infortunio così grave da stare fermo dieci minuti sul campo o negli spogliatoi, pazienza, sfortuna, non è sempre detto che the show must go on) e soprattutto un solo toilette-break cronometrato e regolamentato (tenendo conto della distanza del campo dal bagno).

Mi piace anche “l’occhio di bue” che illumina costantemente la scritta Milano a fondo campo, un paio di metri oltre la riga. Mi pare che non ci sarebbe stato male accanto anche l’anno, 2021. Perché se fra qualche anno si mostreranno le immagini di qualche protagonista, di qualche scambio bellissimo – e in questi primi giorni ce ne sono stati parecchi – sarebbe meglio che si sapesse a quale anno si riferivano. E sono certamente coinvolgenti anche le scritte che appaiono a bordo campo, e che avevo visto per la prima volta forse alla 02Arena di Greenwich per la prima delle 12 ATP Finals di Londra: ace, breakpoint, setpoint, matchpoint, scandite da suoni tambureggianti, e non le ricordo nemmeno tutte, ma compaiono quelle che ricordano la situazione di punteggio, il punto no-ad, certe regole che possono risultare sconosciute al grande pubblico. Quello presente sulle tribune, quello sul divano di casa davanti alla tv.

Un discorso a parte merita l’acustica. È massimamente coinvolgente per certi versi: invece che 2.000 spettatori sembra ce ne siano 20.000, un piccolo Maracanà. Bello, applausi, standing ovation, atmosfera allegrissima, davvero giovanile. Però per tutto ciò che sono le interviste sul campo ai giocatori a fine partite, fatte di solito da Diego Nargiso, in quattro quinti dell’ex Palalido non si sente nulla. Arrivano suoni rimbombanti e indistinguibili. Ovviamente se a parlare è Musetti ci si può raccapezzare improvvisando un puzzle di frasi, ma per gli stranieri – di sei nazioni diverse – l’ascolto è solo ricco di suspense e frustrazione.

Qualche telespettatore mi ha scritto lamentandosi per la scarsa visibilità delle palle, soprattutto nelle traiettorie dei servizi esterni perché ci sarebbe una rifrazione della luce che crea un’area non ben definita nei contrasti fra palla e superficie. In effetti ho constatato che due zone impercettibilmente illuminate in modo diverso ci sarebbero. Però per quel che si vede a casa non saprei: può anche essere che dipenda però dalla minore o maggiore definizione dei vari apparecchi televisivi.

Sulle linee elettroniche e la scomparsa “umana” dei giudici di linea mi sono espresso in uno dei miei videoaneddoti pubblicati nella rubrica “Sottorete” che potete trovare sul sito di Intesa Sanpaolo. Sono una dozzina e racconto un po’ di tutto, lungo gli oltre 40 Masters di fine anno (o ATP Finals che dir si voglia) che ho seguito dal 1970 al… prossimo a Torino.

Ieri sera anche l’elettronica una volta ha combinato uno scherzetto: una voce metallica ha “sparato” con so quanti decibel un “out” in un momento in cui la palla volteggiava a mezzo campo. Si è fermato il gioco, naturalmente, e si è ripreso come quando nel calcio l’arbitro viene colpito da un pallone. No problem. Succede anche alle migliori tecnologie di avere un momento di panne. Il tabellone segnapunti in alto che ripropone le fasi salienti di un punto appena concluso, un replay insomma, è utile e piacevole. Gli stessi giocatori lo guardano spesso, e non solo per sincerarsi nel caso delle close call se il loro colpo era effettivamente buono o fuori. Hugo Gaston lo guardava più degli altri. Spesso per i punti più belli e spettacolari. Più spesso per i propri vincenti. Quasi a compiacersene. So’ ragazzi. Come non capirli?

Ragazzi che giocano davvero bene. Tanti erano venuti all’Allianz Cloud attratti dalla presenza di Musetti e augurandosi un bis del miracolo Sinner. Ma è difficile, molto difficile che si ripeta. Già è stata complicatissima la vittoria su Gaston che gli ha giocato 1000 palle corte, com’era prevedibile, approfittando dell’abitudine di Lorenzo a rispondere e giocare da molto lontano. Però ieri sera ha cercato di stare più vicino e certe risposte anticipate di rovescio lungolinea sui punti dispari nel finale del match sono state da “strappa-applausi”.

E con Korda è dura, durissima, perché Korda mi è sembrato il meno di junior di tutti i partecipanti. Infatti con i suoi 21 anni è il più anziano. Ed è anche il più solido. Sbaglia pochissimo. Mentre gli altri, compreso il fenomenale Alcaraz – l’altro tennista più atteso e più “vendi-biglietti” – alternano colpi altamente spettacolari e così difficili da apparire improbabili, a non pochi regali di gioventù. Però è un tennis fresco, rischioso come è giusto che rischino i giovani più incoscienti. Però è il loro bello. È un torneo giovane giocato da giovani e si vede. Ma è piacevolissimo spettacolo, davvero. Ho visto scambi incredibilmente spettacolari, prolungati, da alzarsi in piedi alla fine. Meglio di molte partite del vero ATP Tour. Non so se sia anche la formula a favorire questo genere di show.

Il punto no-Ad, ad esempio, indubbiamente crea grande attenzionalità. Certo io appartengo alla generazione dei vantaggi, dei dieci breakpoint in un game, quindi faccio fatica ad adeguarmi, però per questo torneo anomalo ci può stare. Anche se a un certo punto l’ATP dovrebbe forse decidere se interrompere quegli sperimenti che poi non si sente di adottare. Proprio per restituire la massima credibilità tecnica a questa manifestazione di cui non si conosce il futuro. La si giocherà ancora l’anno prossimo? E a Milano oppure a Torino dove si potrebbero fare economie di scala? Prima o poi ce lo faranno sapere. Meglio prima no?

Parlando infine del livello tecnico del torneo direi che le prime tre edizioni parlano per esso: dei 21 partecipanti degli anni 2017, 2018 e 2019, otto sono approdati fra i primi 10 del mondo. Non solo Sinner che purtroppo ne è appena uscito ed è stato n.9 sia pure per una sola settimana fin qui – una brutta notizia che commento dopo – ma Medvedev che è n.2, Tsitsipas che è stato n.3, così come Rublev n.5, Khachanov e Ruud n.8, Hurkacz n.9, Shapovalov n.10. Ci sarebbero poi due tennisti, Zverev n.3 e Berrettini n.7, che alle NextGen non hanno giocato e il tedesco venne per giocare soltanto un’esibizione dal momento che la settimana successiva doveva giocare le ATP Finals a Londra – e sappiamo come le giocò – mentre Berrettini perse al primo turno da Baldi (allora n.459 ATP) nel torneo dello Sporting Milano 3 che doveva assegnare una wild card a un italiano.

Se Korda e Alcaraz sono già quasi campioni oggi, e li vedo probabilissimi top 10 (nel caso dello spagnolo se dico top-3 sbaglierò?) almeno 4 degli altri 6 partecipanti milanesi, secondo me hanno la qualità per entrare fra i top 20 e magari più su. Penso (mi auguro non sia soltanto una speranza) al nostro Musetti che certo sarebbe stato maggiormente favorito da un circuito ATP che avesse un maggior numero di tornei sulla terra battuta. Penso a Baez che non conoscevo abbastanza e che mi ha molto impressionato anche per intelligenza tennistica oltre che per una agilità pazzesca: ogni tanto sbarella di dritto, ma può arrivare a fare quel che ha fatto Schwartzman. A rete mi sembra già oggi superiore, anche perché ci va quasi sempre con una perfetta scelta di timing.

Penso a Rune: ragazzi è classe 2003 e vince già a Bergamo. Vi ricorda qualcuno?. Ha personalità da vendere e puro talento. Il suo primo set contro Alcaraz lo ha dimostrato anche a chi non lo aveva visto altrove. Penso a Gaston che ha un talento degno di Santoro e gambe infinitamente superiori. Un pochino meno mi entusiasma Nakashima e ancor meno Cerundolo, ma quando si scrive di giovanissimi gli errori nelle previsioni sono dietro l’angolo. Sono troppi i fattori imprevedibili nella crescita, nella costruzione tecnica di un giocatore. Il talento nel colpire la palla è solo un fattore, ma ce ne sono tanti altri.

Insomma chapeau a questo torneo NextGen inaugurato quattro anni fa nel quasi generale scetticismo e poi invece decollato tecnicamente a ottimi livelli. Che poi i giornalisti siano confinati in un bunker, tipo catacombe, difficilmente vivibile e con connessioni telefoniche quasi impraticabili, senza altro che le bottigliette d’acqua della Valmora (meno male!) e pochi paninucci pochissimo appetitosi e comunque in quantità miserrime (alle 13 sono finiti per tutto il giorno e si sta a lavorare sulle partite serali fino a dopo mezzanotte: l’unica è andare all’Esselunga a 600 metri di quei, oppure imbottirsi di hotdog nei 2 minibar dell’Allianz Clud o a quella tenda da stadio fuori del palasport) e comunque interessa solo a noi e non vale neppure la pena di chiedere per il futuro un pochino di maggiore attenzione anche ai problemi di chi debba comunicare all’esterno il torneo. La logistica forse non consente granché di meglio ed è chiaro che la priorità venga sempre assegnata a chi investe soldi e ha necessità di utilizzare il torneo e gli spazi migliori per operazioni di pubbliche relazioni. Accade ovunque. Con l’ATP che ti scrive papale papale che “ricevere un accredito non è un diritto, ma un privilegio”. Bei tempi quelli nei quali invece gli organizzatori quasi ti imploravano perché tu “coprissi” un torneo. Era quando non tutto veniva dominato dalla tv e chi scriveva fin da giorni (e anche mesi) prima di un torneo veniva corteggiato perché la promozione a mezzo stampa veniva considerata assai diversamente. Il torneo si considerava privilegiato dalla presenza non virtuale della stampa. Per comunicare meglio il torneo, per vendere i biglietti, per valorizzare in anticipo la presenza degli sponsor.

Restando in termini comunicazionali accenno alla dolente nota proveniente da Stoccolma. La sconfitta di Sinner con Murray, e la conseguente uscita di Jannik dai top-ten, non cambierà la vita del tennista altoatesino. Che peccato però!

Però a livello comunicazione sciupa un pochino quello che ci sarebbe piaciuto scrivere per tutti i prossimi giorni fino all’Australia (salvo che Sinner riesca a giocare un match e a far punti a Torino dove, come sapete, è la prima riserva). Però mi sa che difficilmente potremo dire ancora che l’Italia chiude il 2021 con due top-ten. A pensarci bene i soli che forse non se ne lamenteranno troppo saranno gli sponsor. E Sinner ne ha tanti, tantissimi. I bonus previsti dal suo management per un top-ten a fine anno, non saranno stati modestissimi. Almeno credo. Ci hanno guadagnato loro, gli sponsor, ci ha rimesso quindi Sinner, e i suoi agenti che viaggiano a percentuale, ma credo che quella economica sia l’ultima delle sue preoccupazioni.

Chiudo con lo scenario della NextGen a conclusione della seconda giornata. Nel gruppo A Alcaraz è già qualificato per le semifinali. Il vincitore di Nakashima-Rune sarà il n.2 del Gruppo A. E ha vinto Nakashima, nonostante il tifo della maggior parte dei ragazzini fosse per il più giovane danese, 18 anni contro 20, 3-4 (3),4-1-4-1,4-3 (1)Per il gruppo B tutto molto più complicato: sette possibili situazioni!

  • se Korda batte Musetti e Gaston batte Baez, Korda sarà n.1 del gruppo e Gaston n.2
  • se Korda batte Musetti e Baez batte Gaston, Korda sarà n.1 del gruppo e Baez 2
  • se Musetti batte Korda e Gaston batte Baez, Musetti sarà n.1 del gruppo e Korda n.2
  • se Musetti batte Korda in 3 o 4 set e Baez batte Gaston in 3, Baez vincerà il gruppo e Musetti sarà n.2
  • se Musetti batte Korda in 5 set e Baez batte Gaston, Korda vince il gruppo e Baez è il qualificato n.2
  • se Musetti batte Korda in 3 set e Baez batte Gaston in 4 o 5 set, Musetti vince il gruppo e Korda sarà il n.2
  • se Musetti batte Korda in 4 set e Baez batte Gaston in 4 o 5 set, Korda vince il gruppo e Baez si qualifica come numero 2.

Piaciuto il rompicapo?

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