ATP Finals, gruppo rosso e verde. Ma perché non Panatta e Barazzutti? O Clerici e Tommasi?

Editoriali del Direttore

ATP Finals, gruppo rosso e verde. Ma perché non Panatta e Barazzutti? O Clerici e Tommasi?

Sono i colori della nostra bandiera, però… Tante le edizioni dei Masters con “gruppi” del round robin che onoravano Laver, Nastase, Agassi, Borg. Tutto l’elenco. Per Berrettini era meglio Tsitsipas di Zverev. Il tedesco già domenica sera. Ma i più forti è bene incontrarli subito no?

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Matteo Berrettini - US Open 2021 (via Twitter, @usopen)
 

Come è uscito il sorteggio delle ATP Finals ecco le solite reazioni, fortunato quello, sfortunato quell’altro. Ovviamente a noi interessava soprattutto il gruppo di Berrettini e… che dire?, tanto fortunato non ci è parso. La fortuna arride agli audaci, dovrà meritarsela sul campo, sfidando subito già domenica sera Sasha Zverev, un gran bell’osso duro per un match che potrebbe già decidere il nome del secondo semifinalista del gruppo rosso se Medvedev dovesse tener fede, da campione uscente qual è e da numero 2 del mondo, al suo ruolo di primo favorito del gruppo.

Beh prima di ribadire quanto già scritto a caldo dalla redazione subito dopo il sorteggio, anche riguardo a Novak Djokovic, vorrei dire qualcosa riguardo ai nomi attribuiti ai gruppi della prima edizione torinese delle ATP Finals. Lo avete già visto: avremo un gruppo verde e un gruppo rosso. Nel gruppo verde sono confluiti Djokovic, Tsitsipas, Rublev e Ruud, in quello rosso Medvedev, Zverev, Berrettini e Hurkacz.

Mi vien da dire che da bravi italiani creatori di moda e preceduti dalla reputazione di essere creativi, si sarebbe potuto essere un tantino più originali. Anche se mi dicono ci sia stata alla base una scelta di tipo patriottica nell’avere adottato i colori della nostra bandiera, il rosso e il verde, però… Si è persa, secondo me, l’opportunità di ricordare qualche grande campione del passato, qualche grande personaggio del tennis, come è accaduto tante volte per molte edizioni. A me sarebbe piaciuto che i nomi dei gruppi portassero quelli di qualche nostro grande giocatore o personaggio internazionalmente noti nel mondo del tennis.

L’anno scorso trovai simpatica ed evocativa, piuttosto originale, la scelta di battezzare le ATP Finals che si giocavano 50 anni dopo le prime con i nomi della prima edizione e dell’ultima: un gruppo si chiamava Tokyo 1970 e l’altro gruppo Londra 2020. Nel 2019 si era scelto invece di onorare due grandi campioni, un gruppo battezzato Andre Agassi e l’altro gruppo Bjorn Borg, anche se i due erano appartenuti a generazioni diverse e non essendosi mai affrontati era un contrasto di epoche un po’ strano. Nel 2018 la scelta cadde su Guga Kuerten e Lleyton Hewitt. Nel 2017 ecco invece protagonisti di accesi, accesissimi duelli proprio nei Masters, anche in finale e rovesciando esiti del round robin: Pete Sampras e Boris Becker. Pete perdeva nei gironi, un match in ciascuna delle cinque edizioni vinte, ma appunto alla fine vinceva. E per due volte battendo in finale Boris da cui aveva perso pochi giorni prima. Stesso “apprezzamento” della loro grande rivalità si constatò nel battezzare i gruppi del 2016: John McEnroe e Ivan Lendl.

Continuando in questo percorso a ritroso con i nomi attribuiti ai due gruppi nel 2015 si preferì rifare un tuffo nel passato, Ilie Nastase e Stan Smith, che già avevano dato il loro nome a dei gruppi del round robin in precedenza. Per tre anni si peccò di fantasia e si preferì affidarsi ai colori o ad A e B (e chi apparteneva al gruppo B non era troppo contento…), ma nel 2011 l’onore era stato concesso a Ken Rosewall e John Newcombe, nel 1993 a Arthur Ashe e a Stan Smith, nel ’92 a Rod Laver e Ken Rosewall, nel ’91 a Ilie Nastase e John Newcombe, nel ’90 a Arthur Ashe e Cliff Drysdale, nell’89 a Rod Laver e Ilie Nastase, nell’88 ancora a Rod Laver (il nome dell’unico vincitore di due Grand Slam come abbiamo già visto è stato il più ricorrente, ma… noblesse oblige!) e Fred Perry, nell’87 a Rod Laver e Pancho Segura. Risale all’86 la prima volta in cui si pensò di onorare due grandi campioni del passato, degli anni Trenta addirittura, Fred Perry e Don Budge.

Mi sono chiesto allora chi avremmo potuto pensar di onorare in Italia. La scelta del rosso e del verde per i più nel mondo, cui non sarà possibile spiegare il discorso legato alla bandiera, resta piuttosto anonima. Anche perchè quei colori non appartengono soltanto alla bandiera italiana. Due nomi, magari, che potessero rievocare nostre glorie tennistiche mi sarebbero piaciuti di più. E mi sono venuti in mente quattro nomi. Non sarebbe stato suggestivo, qui da noi, chiamare un gruppo Panatta e un altro gruppo Barazzutti? Un doveroso omaggio ai nostri due campioni che sono stati i soli due tennisti italiani capaci di qualificarsi per le finali dei Masters (e ATP finals) in 50 anni… prima che ci riuscisse anche Berrettini nel 2019. Ma Berrettini che partecipa gloriosamente anche a quest’edizione era fuori gioco. A lui che lo gioca non si poteva davvero intitolare un gruppo. Purtroppo i rapporti fra i nostri due ex campioni, principali protagonisti anche del nostro unico trionfo in Coppa Davis, e la nostra federazione non sono buoni e questa situazione ha escluso – almeno per quest’anno, chissà per i prossimi – l’ipotesi di intestare un gruppo a Panatta e un altro gruppo a Barazzutti.


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Chi scrive ha un buon rapporto con Panatta e non l’ha altrettanto buono con Barazzutti, ma secondo me si dovrebbe essere superiori a simpatie e antipatie personali e dimenticarle, dando dimostrazione di grande onestà intellettuale quando si può fare qualcosa che onori tutta la storia del tennis italiano. Al Foro Italico esiste un campo Nicola Pietrangeli, ed è uno dei campi più belli del mondo, e Nicola se lo merita tutto. Ma non se lo meriterebbe anche Adriano Panatta che ha trionfato al Foro Italico ed è l’unico altro nostro tennista ad aver vinto uno Slam (fra gli uomini)? E visto che lui un suo campo non ce l’ha, non sarebbe stato… romantico intitolargli almeno un gruppo delle ATP Finals?

Un’altra idea, ancora più particolare, riguarda altri due personaggi che hanno certamente contribuito in maniera importante a fare la storia del tennis: Gianni Clerici e Rino Tommasi. Gianni è uno dei due soli italiani, con Nicola Pietrangeli, ad essere entrato nella Hall of Fame, il suo libro 500 Anni di Tennis è un vero capolavoro ed è stato tradotto in otto lingue (se non se ne sono aggiunte altre). Rino, straordinario cultore di sport, di tutti gli sport, è stato il primo grande statistico del tennis (“Senza di te Rino non avrei mai saputo quante volte ho perso da Rod Laver!” gli disse Arthur Ashe) quando ancora computer e internet erano di là dal conquistare le masse. Per anni lo US Open si rivolgeva a Rino perché pubblicasse una sua column quotidiana sul programma ufficiale del torneo. Con tutti i grandi giornalisti americani dei più grandi giornali di New York e degli Stati Uniti, avevano preferito affidarsi a Rino Tommasi.

E se il tennis è entrato nelle case di tanti italiani, per la prima volta con un duo davvero cult, Gianni e Rino, Rino e Gianni – la cui fama per l’originalità delle loro colte “interpretazioni” varcò l’Oceano e fu raccontata estesamente anche da Sports Illustrated – è merito loro che insieme hanno innovato in modo quasi rivoluzionario il trend della telecronaca sportiva. Il tennis è stato il primo sport nelle tv italiane a farsi raccontare da due voci. Poi, pian piano, tutti gli altri sport hanno capito che l’intuizione di Tommasi meritava d’essere copiata. Anche se ben poche coppie hanno saputo evidenziare la stessa qualità.

Però se andaste in giro per i circoli di tennis italiani e chiedeste agli appassionati dai 30 anni in su, sentireste dire a tutti che la mia idea di intitolare due gruppi a due grandi personaggi come Gianni Clerici e Rino Tommasi, che per oltre mezzo secolo hanno raccontato il tennis a tutt’Italia, non sarebbe affatto una idea peregrina. E mi sarebbe piaciuto per loro due, i miei Maestri (di cui sono indegno allievo) che questo riconoscimento non fosse postumo. Nessuno dei due gode di buona salute, purtroppo. Gianni ha compiuto 91 anni, Rino 87. Credo che la mia idea-sogno non abbia grandi possibilità di essere realizzata, anche se a Torino avremo altre quattro edizioni. Chissà, forse potrebbe essere l’ATP a suggerirla. Andrea Gaudenzi ha conosciuto bene i due grandi giornalisti, e Nicola Arzani non sarebbe forse diventato il potente media manager dell’ATP se non fosse stato per gli aiuti ricevuti a inizio carriera proprio da Rino Tommasi e, in minor misura, da Gianni Clerici. Chi vivrà, forse non io, vedrà.

Chiedo scusa ai lettori se mi sono dilungato su questo argomento, ma chissà, forse era un tantino diverso dal leggere quel che avranno scritto tutti. Più o meno, immagino, ci si sarà dispiaciuti per il traguardo mancato da Jannik Sinner di cui abbiamo riportato le addolorate dichiarazioni in arrivo da Stoccolma dove per essersi arreso all’irriducibile Andy Murray ha perso anche l’appena raggiunto posto da top-ten a favore di Auger-Aliassime. E si imprecherà per quella maledetta sconfitta – che regalo non dovuto! – occorsa contro Tiafoe nella semifinale di Vienna, quando era stato avanti 6-3 5-2. Con tutta la simpatia che nutriamo nei confronti di quel bravissimo ragazzo di Hubi Hurkacz – si chiama quasi come me… ha solo una acca in più – avere Sinner fra i magnifici otto a Torino sarebbe stata un’altra cosa.

Quanto a Berrettini, ritiratosi precauzionalmente prima di Parigi-Bercy per una sorta di torcicollo che compare e scompare, molto dipende dalla forma in cui si trova, nonché da quella di Zverev il cui rendimento è stato in continuo crescendo. Tant’è che è risalito nuovamente a n.3 del mondo. Doverlo affrontare subito, può essere un vantaggio come uno svantaggio. Se pensiamo che Zverev sia normalmente più forte di Berrettini come dicono i precedenti (3-1), il ranking, i titoli importanti, beh allora è meglio affrontare il più forte nei primissimi turni che dopo quando può aver ingranato la marcia superiore. Al contempo per un tennista italiano che gioca le ATP Finals in casa la pressione è sicuramente molto forte. E poi nel gruppo rosso ci sono due dei tre più forti del momento, Medvedev e Zverev, nell’ordine. Berrettini ha sette anni più di Lorenzo Musetti e ben altra esperienza e qualità tennistica oggi come oggi, ma Lorenzo nel torneo dei Next Gen ha pagato tantissimo la tensione di dover fare bene a tutti i costi. È sempre entrato in campo tesissimo. E più che con Korda ieri sera ha patito troppo contro Baez il primo giorno. Ci ha messo due set prima di cominciare a giocare come sa.

Ecco spero proprio che la stessa cosa non accada anche a Matteo che ormai ai grandi duelli dovrebbe essersi abituato. A Wimbledon nella finale contro Djokovic fu lui a vincere il primo set. Aver evitato Djokovic, dopo averci perso a Parigi, Wimbledon e US Open, potrebbe averlo tirato su di morale.

Quanto a Djokovic, beh soltanto in Serbia ha più tifo ed apprezzamento che in Italia. Perché parla la nostra lingua, perché ha sempre frequentato la vicina Italia, perché è simpatico e scanzonato – anzi vorrebbe esserlo di più, come quando si esibiva nelle imitazioni dei colleghi che, permalosi assai, lo hanno praticamente costretto a smetterle – perché ha mostrato verso la nostra gente un senso di solidarietà assolutamente non dovuta e fuori dal comune all’epoca in cui il Covid si abbatté pesantemente sui cittadini di Bergamo, perché infine dei grandi Fab Four è l’unico superstite a Torino e perché un giocatore che chiude 7 degli ultimi 10 anni come n.1 del mondo a fine anno, non può che meritare la stima tennistica di tutti, anche dei tifosi di Federer e Nadal.

Si poteva dubitare della sua condizione quando si è ripresentato a Parigi-Bercy dopo un mese e mezzo di assenza dai campi, ma dopo qualche incertezza nei primissimi turni, poi è tornato lui e conquistato il 37mo Masters 1000, il settimo Parigi-Bercy. Il favorito n.1 del gruppo verde è sicuramente lui. Non mi sembra che nessuno fra il più recente Tsitsipas visto all’opera, Rublev e Ruud possano creargli seri problemi se Nole giocherà come sa. Se si parla di vincere il torneo, beh allora bisognerebbe andarci più cauti. Medvedev e Zverev contro Nole non partirebbero certamente battuti… ma a me piacerebbe che Nole dovesse affrontare nuovamente Berrettini. Vorrebbe dire che Matteo si sarebbe qualificato almeno per le semifinali. O di più…


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