Adesso l’Italia ci fa sognare (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Questa è casa mia e qui comando io. Si resta a Torino, con il sigillo della forza tranquilla di un gruppo che non vuole porsi limiti. Ancora loro, Sonego e Sinner: incredibilmente, non è stato facile come contro gli Stati Uniti, ma anche la Colombia deve inchinarsi. L’Italia è al quarti, che giocherà domani alle 16 sempre al Pala Alpitour contro la vincente del girone D, molto probabilmente la Croazia di Cilic, cui basterà vincere uno dei tre match della sfida mattutina contro l’Ungheria per assicurarsi il passaggio del turno. Ma lo sguardo, inutile nascondersi, corre già Madrid, dove le Fantastiche Quattro rimaste si giocheranno l’Insalatiera 2021, con la Serbia di Djokovic che si è complicata la vita perdendo con la Germania e potrebbe finire dalla nostra parte. Noi, intanto, ci siamo affidati alle magie della coppia d’oro del debuttanti, che non avverte tensioni e si esalta all’idea di avere la squadra sulle spalle. La partita di Jannik contro Galan, numero 111 del mondo, quella che ci dà il punto decisivo, dura in pratica un set, poi è solo diluvio. L’azzurro non brilla nelle percentuale di prime (appena il 49%), ma quando le mette in campo ottiene addirittura 26 punti su 26. Più complicato il percorso giornaliero di Sonego, perché la Davis è quella competizione in cui il numero 275 del mondo, libero da qualunque pressione e con la forza di un gioco lineare, per un set può menare le danze contro il numero 27. Eppure Sonego, con molta onestà, riconoscerà che i peana seguiti al trionfo della prima giornata ne hanno turbato l’equilibrio non appena messo piede in campo. E così iI primo set, che approda al tiebreak, è una piccola via crucis costellata di tanti errori: «Ero teso all’Inizio, non lo nascondo, nel match con Opelka se ne erano andate tante energie emozionali. E poi lui è un giocatore completo, che almeno stavolta ha dimostrato di valere molto di più della classifica che occupa e gioca due colpi da fondo praticamente uguali, perciò ho fatto fatica a leggerlo tatticamente». […] Appena concluso il match, piantato al centro del campo in attesa dell’intervista di rito e totalmente compreso nel suo ruolo di capopopolo nella città natia, Sonny chiederà di moltiplicare la passione per la sfida incombente di Sinner. Fiato alle trombe, l’Italia è sempre in marcia. E il divertimento è appena cominciato.
Sonego più Sinner, l’Italia è ai quarti (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)
Uniti si vince. A Torino, l’Italia centra i quarti grazie al fattore S. Sonego e Sinner, dopo gli Stati Uniti, fermano anche la Colombia. Così gli azzurri sono certi del primo posto e si giocheranno la semifinale sempre al Pala Alpitour lunedì 29. Sinner ha attraversato un primo set discontinuo, con qualche tremore di troppo nella parte centrale quando ha subito due break di fila contro il numero 1 sudamericano, Daniel Elahi Galan, mai entrato in Top 100. Ma il 7-5 6-0 finale offre la misura della superiorità dell’altoatesino. Sonego aveva avviato il successo azzurro contro Nicolas Mejia numero 275 del mondo alla seconda partita in carriera contro un Top 100. Il torinese ha vinto un match da romanzo 6-7 6-4 6-2, contro un avversario che ha giocato un tennis superiore a quanto suggerisce la sua classifica. C’è orgoglio e sollievo negli occhi di Sonego, che ha tirato su una partita iniziata con ben altri, e allarmanti, presupposti. «Ho cercato di cancellare quanto successo ieri. Allo stesso tempo volevo ripartire dall’entusiasmo che sentivo dopo Opelka. Ma affrontare un avversario che conosco poco non è semplice. Ho avuto un po’ di difficoltà a capire cosa fare nel primo set, e mi sono un po’ irrigidito – ha spiegato dopo la partita – Lui aveva due colpi da fondo molto simili, il servizio a tratti è stato anche molto buono. È un giocatore abbastanza completo, però non ha un colpo con cui ti lascia fermo». Il primo set parte subito in salita per Sonego che perde il servizio al primo game, recupera lo svantaggio ma si avviluppa dentro una partita piena di incertezze, di ombre, di scelte sbagliate. Tanti errori di dritto, pochi vincenti di rovescio, un tennis difensivo, fatto di colpi arrotati, alti e con poco angolo. Non è certo la versione scintillante e affilata vista contro Reilly Opelka. Non aiutano nemmeno le condizioni di gioco. Lleyton Hewitt, capitano dell’Australia, le ha definite «le più lente che abbia mai visto. C’entrano soprattutto le palline, credo. Non so se qualcuno le abbia mai provate su questo particolare campo perché non mi era mai capitato di vederle come diventano qui dopo un solo game». Mejia vince al tiebreak di un primo set giocato sopra i suoi standard. Sonego sembra stapparsi all’inizio del secondo. Il break al primo game è un segnale. Per quanto ancora ondivago, il torinese riesce a imporre il peso della completezza tecnica e della tenuta atletica per allungare al terzo set. Il sospirone di sollievo di Filippo Volandri alla fine del parziale dice tutto. Sonego firma un altro break nel primo game del terzo al termine di uno scambio paradigmatico: Mejia alza un pallonetto su cui Sonego si salva con un contro-lob rocambolesco, poi vede la palla corta rimbalzare sul nastro. «A quel punto ho capito di avere la partita in mano» ha detto. […]
Sonego e Sinner un tandem vincente. L’Italia è ai quarti (Paolo Rossi, La Repubblica)
Ma quali discoteche: la notte del sabato sera è dolce al Pala Alpitour di Torino, dove si fondono tennis, musica, luci stroboscopiche, tifo, passione, divertimento. E felicità, perché l’Italia va forte che è una bellezza. Scoccano le 21.50 quando Lorenzo Sonego urla al cielo dopo la conquista del match point contro il 21enne colombiano Nicolas Mejia, sono le 23.31 quando Jannik Sinner chiude la sfida avendo la meglio su Daniel Elahi Galan: l’Italia si qualifica per i quarti di finale da giocare domani ancora a Torino, probabilmente contro la Croazia (lo sapremo solo oggi, ma alla nazionale di Cilic è sufficiente un solo punto contro l’Ungheria). Però è stata più dura di venerdì contro gli Usa: i colombiani hanno venduto cara la pelle. Nessuno aveva tenuto in considerazione la famosa sindrome del numero 2 di Davis. Per dire: Lorenzo Sonego probabilmente non sa nulla dello svedese Kulti o del francese Boetsch, protagonisti della finale 1996. Due dei tanti ‘braveheart’ della Coppa Davis, i carneadi che, giocando per la patria, per un giorno si sono sentiti Federer e Nadal. Più o meno quello che è accaduto a Mejia. «Eh, e a tutto questo aggiungete la lunga attesa. Tre ore al chiuso, senza un po’ d’aria fresca. Poi dover resettare le emozioni del giorno prima. E ancora il non conoscere le caratteristiche dell’avversario, che davvero non sapevo come prendere: messi insieme tutti questi fattori, credo possano spiegare il mio inizio faticoso» ha raccontato Sonego. Ieri è stato uno scambio show a regalargli il clic di adrenalina che mancava. «Il primo punto del 2° set: lì ho capito che il match era mio». Da quel momento le spigolosità si sono ammorbidite, il gioco del torinese è diventato fluido. E Sinner? L’altoatesino che aveva annientato John Isner si è trovato un altro lungagnone, Galan. Il colombiano ha resistito circa un’ora, e gli va anche dato merito, ma non si è numeri dieci del mondo – come Jannik – per caso. La corsa verso Madrid continua.
Ma la nuova Davis è tutta da rifare (Piero Guerrini, Tuttosport)
Come diceva il grande Gino Bartali, è tutto sbagliato, tutto da rifare. Se la Coppa Davis mordi e fuggi è la soluzione per lucidare l’insalatiera si può e si deve fare di meglio. Soprattutto per il pubblico. Ci pensi Gerard Piquè abituato al calcio che concede qualche minuto di recupero, nelle eliminazioni dirette i supplementari, ma tutto ha una sua scansione precisa E ci pensino i giocatori che hanno reclamato giustamente qualche appuntamento in meno nel calendario. I tempi cambiano e ci dicono che la nostalgia non può appartenere alla nostra attualità frenetica. Ma il format va rivisto. Perché il tennis ha un orario di inizio, ma una conclusione mai certa. Così, può capitare che Australia-Ungheria a Torino cominci alle 10 ma non finisca entro le 16 in cui è previsto l’inizio di Italia-Colombia. E a complicare tutto c’è la questione del deflusso e dell’ingresso del pubblico che ha pagato per due sessioni diverse. Comincia a mettersi di traverso rispetto ai programmi Zsombor Piros, mingherlino 22enne ungherese che è numero 282 al mondo, che pensa bene di rimontare John Millman e batterlo in tre set. Segue una maratona tra de Minaur e Fucsovics, vinta dall’australiano per l’1-1 del match dopo altri tre set, due chiusi al tie break, per poi arrivare al doppio decisivo, vinto dall’Australia dopo altri tre set. Durata totale del confronto oltre 6 ore. E l’Italia scende in campo alle 19, anziché alle 16 previste. In tutto questo il pubblico della seconda sessione si è messo in coda dalle 15, coda di dimensioni inaudite fuori dal Pala Alpitour, a sette gradi di temperatura nell’umida Torino novembrina. Detto che la Federtennis non c’entra nulla, mettere due match di tre incontri ciascuno in sequenza nello stesso impianto non ha davvero senso. A maggior ragione se gli spettatori devono cambiare e per di più occorre rispettare anche le regole Covid. Nell’attuale formato mordi e fuggi servirebbero dunque almeno due giorni in più per completare la fase finale. Ma ci sarebbe anche altro su cui riflettere. La Davis a fine stagione non ha raccolto tutti i migliori, com’era negli intenti. Alcuni campioni sono arrivati esausti, esauriti a fine novembre. Altri come Berrettini sono infortunati. Manca la partecipazione del pubblico. Chi giocava in casa poteva scegliere il terreno di gioco, l’impianto (ricordate Italia-Russia in febbraio all’aperto a Roma?) e il pubblico accorreva a tifare per la propria Nazione e non soltanto per i campioni. Ovunque spalti gremiti. Ora tutto questo accade soltanto, o soprattutto, per chi ospita i gironi. E se si passerà alla sede unica come nei giorni scorsi anticipavano i media britannici parlando di Abu Dhabi, probabilmente si perderà anche il tifo. Dunque la Davis mordi e fuggi va rivista, altrimenti si rischia di svilirla e portarla a estinzione. […]