Puntate sul Rosso (Crivelli). Due italiani protagonisti con margini di crescita (Azzolini)

Rassegna stampa

Puntate sul Rosso (Crivelli). Due italiani protagonisti con margini di crescita (Azzolini)

La rassegna stampa di venerdì 31 dicembre 2021

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Puntate sul Rosso (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Si diventa campioni pensando da campioni. Jannik Sinner sta percorrendo le vie che portano all’essenza del tennis, ma è consapevole che il lavoro da fare per consolidarsi nell’olimpo non ammette tregua. Il suo 2021 è stato fiammeggiante, al netto di una piccola flessione estiva: quattro tornei vinti, primo italiano di sempre a riuscirci in uno stesso anno, la finale del Masters 1000 di Miami, l’ingresso in top ten confermato alla fine della stagione, le Atp Finals inseguite e perse d’un soffio e poi recuperate nel modo meno desiderato, con l’infortunio di Berrettini, ma onorate con due grandi partite, la Coppa Davis chiusa da imbattuto. Sembra ieri, e invece è già ora di ripartire per nuove avventure: dopodomani, alle 7.30 italiane, Jannik sarà il primo azzurro a inaugurare il 2022 nella sfida contro l’australiano Duckworth all’Atp Cup, la gara a squadre che parte stanotte e in cui difendiamo la finale di 12 mesi fa, poi si lancerà sugli Australian Open, dal 17 gennaio. Le due settimane antecedenti lo Slam gli serviranno per innestare altra benzina, visto che un’annata agonistica lunghissima gli ha concesso appena 13 giorni di preparazione invernale. Una condizione che si replicherà per molto tempo a venire, come ha ricordato coach Piatti in una recente intervista: «Ci dovremo abituare a questo calendario. Sarà così anche nei prossimi anni. Per noi sarà sempre come se la stagione finisse dopo gli Australian Open. Dopo Melbourne ci fermeremo e ci prepareremo di nuovo con intensità: se le cose dovessero andare bene torneremo in Europa ai primi di febbraio. A quel punto Jannik farà un’altra settimana di vacanza, poi la preparazione in vista della ripartenza con Rotterdam, Dubai e la Coppa Davis. A seguire, i tornei americani». Un programma scandito nei minimi dettagli, ma che per il grande allenatore comasco non può comunque diventare un’ossessione qualora il pupillo dovesse accusare normali cali di rendimento. Infatti predica calma. «La strada è tracciata da qui a Wimbledon. Però bisognerà valutare sempre con attenzione: nel momento in cui dovesse essere stanco o confuso, è inutile che giochi. Perché non deve avere fretta di fare tutto quest’anno. Lui, nella sua testa, ha fretta: vuole crescere, vuole salire, vuole imparare, vuole diventare sempre più forte. Però alla fine ha solo 20 anni e deve giocare ancora 15 anni. Anche se perde tre o quattro mesi non cambia niente nella sua carriera». E gli obiettivi ora si allargano: «A inizio 2021 – ammette Piatti – pensavo che un traguardo potesse essere la qualificazione per le Finals e per riuscirci doveva riuscire a giocare tra le 50 e le 60 partite o anche di più (ne ha giocate 72, ndr). Per il 2022 il discorso è analogo: giocare ancora 55/60 partite, puntando a qualificarsi per il Masters. Se lui riesce a fare quel numero di match, considerato il livello di tornei cui partecipa, è in automatico tra primi 8 del mondo. Sicuramente può battere i primissimi, o giocare al loro livello, ma non è ancora a quel livello con continuità. Perù è superiore a Ruud e Hurkacz che gli sono davanti in classifica, perché è più forte del polacco sulla terra e del norvegese sul cemento e indoor. Nel 2022 si punta ad avvicinarsi ancora di più ai top player. Per farlo c’è solo un modo: lavorare ed allenarsi sempre con qualità e giocare le partite, vincerle e perderle. Allora impari. Perché la cosa migliore di Jannik nel 2021 è stata la capacità di uscire più forte dalle sconfitte».

Due italiani protagonisti con margini di crescita (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Eppure qualcosa di grande è successo, nel tennis, in questo 2021 che va a terminare. Che cosa, però, non è ancora così definito da trarne spunti utili a disquisire del prossimo futuro. Neanche di quello appena dietro l’angolo, fra Atp Cup (da domani a Sydney) e Australian Open (dal 17 gennaio), in una Melbourne di mezza estate che alza barricate per impedire il passaggio di agenti esterni, umani o patogeni che siano. Sembra di poter dire che il viottolo tracciato da più di una scorribanda degli inseguitori, a indicare la via lungo la quale il tennis si sarebbe incamminato, nel frattempo sia diventato una strada. Ma ancora stretta, non asfaltata, più simile a un opus incertum. E su tutto aleggia una assai poco rassicurante sensazione d’incompiutezza, che accentua l’ansia del domani. E’ un tennis interruptus… Lo è stato per Novak Djokovic, sbalzato di sella a pochi metri dal traguardo più luminoso che vi sia, il Grande Slam. Lo è per i restanti Favolosi, Federer costretto a spostare di mese in mese la data del rientro (siamo già a giugno, e chissà se ce la farà), Nadal alle prese con un piede malconcio. Lo è per i “fu Next Gen”, a parole pronti a spartirsi il comando, meno nei fatti. Stanno crescendo, ma sembra che non basti mai. Ci ha provato Medvedev vincitore agli US Open, che possiede ormai la giusta cilindrata per far gara a sé, inseguitore solitario di Djokovic, nell’attesa che anche l’ultimo dei Favolosi si consumi nell’impossibile rincorsa al titolo di Greatest Of All Time, già assegnato a furor di popolo a Federer (che anche nell’anno in cui non gioca, e per la 19^ volta consecutiva – vedi sondaggio Atp -, viene premiato dagli appassionati come il migliore fra tutti). Ma anche il russo strampalato, ancora fresco di Slam, ha trovato il modo di inciampare sui piedoni di Zverev, che a Torino si è preso il secondo titolo di Maestro. Thiem è scomparso, Berrettini e Tsitsipas hanno pagato a caro prezzo gli stravizi di due finali Slam, ma per fortuna ci sono e ci saranno anche in futuro. Se queste sono le premesse, un giudizio (da tradurre in voti, per di più) sulla stagione del tennis maschile appena passata, è possibile solo muovendo dai dati certi che via via sono finiti in archivio. Proviamo a riassumerli… 1. Djokovic è giunto a un solo passo dal Grande Slam, l’unico dal 1969 di Rod Laver a spingersi così a ridosso dell’impresa. Ha vinto tre Slam, è caduto nella finale del quarto. 2. I quattro Slam hanno offerto una presenza in finale a tre dei Top Ten che inseguono. È la prima volta. Medvedev a Melbourne e New York, Tsitsipas a Parigi, Berrettini a Wimbledon. 3. Zverev ha chiuso vincendo a Torino la sua stagione migliore: due Masters 1000, a Madrid e Cincinnati, l’oro olimpico a Tokyo, sei trofei in tutto. Nessuno ha vinto di più. 4. Il settore quasi esente da critiche, l’unico, è stato quello dei più giovani. Nei Top 100 in questo momento sono in 16 a fare da mastice tra i 18 anni di Carlitos Alcaraz (32 Atp) e i 22 di Shapovalov (14), passando per i 19 di Musetti (59), i 20 di Sinner (10 Atp) e i 21 di Auger Aliassime, Korda e Brooksby. Il 16 per cento, dunque… Contro lo zero assoluto di una decina di anni fa, quando il meglio del tennis aveva trent’anni compiuti. […]

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