Gipo Arbino, coach di Sonego: "Il lavoro arriva fino a un certo punto, per andare oltre serve talento"

Interviste

Gipo Arbino, coach di Sonego: “Il lavoro arriva fino a un certo punto, per andare oltre serve talento”

Gipo Arbino allena Lorenzo Sonego da quando aveva 11 anni. “Ha ancora tanto margine di crescita dal punto di vista fisico. Il traguardo delle FInals è molto difficile, ma non impossibile”

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Lorenzo Sonego e coach Gipo Arbino a Wimbledon
 

Una delle caratteristiche che accomuna i tre tennisti italiani nella Top 30, Matteo Berrettini, Jannik Sinner e Lorenzo Sonego, è la stabilità del rapporto con il loro allenatore storico. Tutti e tre infatti mantengono come guida tecnica i maestri che li seguono da quando erano poco più che bambini e li hanno portati passo dopo passo ai vertici del tennis mondiale.

Tra questi l’ultimo arrivato nelle posizioni che contano del ranking ATP è Lorenzo Sonego, 26 anni di Torino, che nel 2021 ha vinto il suo secondo titolo del circuito maggiore a Cagliari, ma soprattutto ha infiammato le notti romane agli Internazionali BNL d’Italia raggiungendo le semifinali sconfiggendo lungo il percorso campioni affermati come Gael Monfils, Dominic Thiem e Andrey Rublev.

Durante la off-season di dicembre l’Insider ha parlato il suo allenatore storico Gipo Arbino che ha allevato Lorenzo Sonego da quando era nella “culla tennistica” aiutando a scegliere la carriera tennistica dopo un periodo nel quale si era diviso tra i campi da tennis del Circolo della Stampa e le squadre giovanili del Torino Calcio.

Coach, lavori con Lorenzo da ormai più di un decennio, ci puoi raccontare il primo incontro con lui?

Lavoriamo insieme da quando Lorenzo ha preso in mano la racchetta, ovvero da quando aveva 11 anni. Un amico del padre mi ha chiesto di dargli un’occhiata, perché a lui sembrava fosse molto portato, nonostante avesse giocato solamente 3-4 volte. Io l’ho guardato ed effettivamente non riuscivo a credere che avesse giocato così poco. Aveva delle buone attitudini, anche se era molto piccolo e molto magro.
Da lì si è iniziato, e Lorenzo è passato rapidamente dalla SAT al perfezionamento, ma sempre rimanendo nel gruppo, uno dei tanti, magari un po’ più portato, ma non era un fenomeno alla Sinner, per intenderci, uno che si vede subito che è un fenomeno.

Quando hai capito che Sonego sarebbe potuto diventare un tennista professionista? In generale, quando si riconosce il talento?

Fino ai 18-19 anni Lorenzo si è comunque allenato in gruppo con tutti gli altri. A 19 anni era 2.3, per poi passare l’anno successivo a 2.1. In quel periodo ha iniziato a fare un pochino di attività internazionale, e quando ha preso i primi punti ho chiamato [Giancarlo] Palumbo [maestro del settore tecnico Under 18] alla FIT e gli ho detto che stavo seguendo un ragazzo che non conosceva nessuno ma che secondo me aveva delle qualità. Abbiamo quindi avuto l’occasione di andare a Tirrenia e incontrarci con Umberto Rianna, che è il responsabile degli Over 18: Lorenzo è piaciuto, e quindi ci è stato dato il primo contributo che ci ha permesso di fare un minimo di attività.

Per arrivare ad essere un tennista professionista a tutti gli effetti, quali sono gli ostacoli da superare, soprattutto in giovane età? Quanto conta la testa, il talento, la voglia di viaggiare per tornei?

Quando ho visto Lorenzo per la prima volta ho fatto un rapido calcolo: il padre è alto 1,95m, la madre è 1,70m, aveva dei piedi straordinari e una coordinazione pazzesca, caratterialmente era molto positivo e un gran lottatore, e allora mi sono detto: “Nano sicuramente non rimane, proviamo a lavorare”. Il mio discorso iniziale è stato più di simpatia che non scientifico da “talent scout”: non ero sicuro di nulla, non sapevo dove si potesse arrivare, però era un ragazzo che mi stava simpatico, quando si giocava a squadre dava l’anima, gli ho dato una buonissima impostazione in tutti i colpi ed ho aspettato pazientemente che si sviluppasse.

L’attività che abbiamo fatto all’inizio è stata prevalentemente a livello di tornei open: purtroppo non c’erano grandi possibilità economiche per poter viaggiare alla ricerca di punti, la sua famiglia è una famiglia normale, con una situazione economica buona ma non straordinaria, poi lui ha anche una sorella, per cui non c’erano enormi risorse da investire. Anche perché nella fase iniziale della sua carriera non era un giovane su cui sembrava ragionevole fare investimenti: tra quelli del suo anno di nascita, il 1995, a livello under 12, 14 e 16, a confronto di quelli come Donati e Napolitano che sembravano dei fenomeni, lui era di terza fascia, era uno del gruppo. Per quel motivo Lorenzo, così come anche Matteo Berrettini, non ha mai avuto una classifica ITF a livello junior.

Poi nel corso degli anni le cose sono iniziate ad arrivare, anche perché Lorenzo ha sempre avuto grande voglia di viaggiare, giocare, migliorarsi: a lui non pesava stare lontano da casa anche per mesi, e questo è stato molto importante per la sua crescita.
A livello tecnico, con la collaborazione di Rianna e della Federazione, siamo riusciti a dargli un bagaglio tecnico completo, circondandolo di un team di supporto professionale. Ma non è mai stato un predestinato: è stato un ragazzo partito dalla SAT che gradino dopo gradino a costruito sul bagaglio tecnico completo che aveva, arrivando ad avere nel diritto e nel rovescio i suoi colpi migliori. Personalmente ho lavorato molto sul rovescio, insegnandogli tutti i tipi di colpo con diverse rotazioni e in diverse situazioni di gioco, perché anche quando è arrivato vicino alla Top 100 quello era il suo aspetto più debole.

Per quel che riguarda la mia opinione sul talento, io appartengo a quelli che dicono che il lavoro consente di arrivare solo fino a un certo punto. Ci sono tantissimi che lavorano tanto, ma per arrivare nei Top 100, nei Top 50 e poi anche più su bisogna avere delle doti naturali sull’intuito, sulla rapidità, sui tempi di reazione e sulla facilità di apprendimento. Anche in queste ultime settimane con Lorenzo abbiamo cambiato qualche cosa nell’impugnatura del rovescio e nel movimento della battuta per continuare a migliorare, e questa capacità è quella che alla fine fa la differenza.

Nel resto dell’intervista su Insider gli aneddoti più significativi della carriera di Lorenzo Sonego, le aspettative per il 2022 e le prospettive della nazionale italiana.

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