Il Covid della discordia (Crivelli, Mastroluca, Bo). E Nadal riscrive la storia (Grilli)

Rassegna stampa

Il Covid della discordia (Crivelli, Mastroluca, Bo). E Nadal riscrive la storia (Grilli)

La rassegna stampa di domenica 9 gennaio 2022

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Djokovic: “Covid a dicembre”, ma era in giro… (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il destino immediato di Novak Djokovic, nonché la sua credibilità e l’immagine che d’ora in poi si porterà dietro su tutti i campi del mondo sono racchiusi nelle 35 pagine della memoria difensiva che I suoi legali hanno consegnato al giudice Kelly, l’uomo chiamato a decidere, dalla mezzanotte italiana, se al numero uno del tennis debba essere riconsegnato il visto d’ingresso negatogli all’arrivo in Australia e consentirgli così di giocare il primo Slam stagionale vinto 9 volte oppure se il ricorso vada respinto, rispedendolo in patria con effetto immediato. Sono le ore decisive attorno a una vicenda che fin dai primi vagiti ha ovviamente assunto portata planetaria per lo spessore del protagonista e che comunque finisca lascerà macerie su ciascuno degli attori coinvolti, persone ed istituzioni. Da quel documento, però, emerge finalmente il punto decisivo attorno al quale si gioca la sorte della difesa: il 16 dicembre il serbo è risultato positivo al Covid. Dopo tante illazioni sulle date del possibile contagio, la conferma che Nole si è ammalato (per la seconda volta) e poi è guarito, potendo quindi richiedere, in base alle regole fissate da Tennis Australia e dallo Stato del Victoria, l’esenzione sanitaria da non vaccinato. Come pezza d’appoggio, gli avvocati del serbo presenteranno pure una lettera del Ministero degli Interni australiano che il 1° gennaio 2022 gli ha confermato che i suoi documenti avevano soddisfatto i requisiti per poter entrare nel Paese senza passare dalla quarantena. Inoltre, Djokovic era già in possesso di un visto per atleti assegnatogli il 18 novembre e anche dell’esenzione confermata dal comitato medico indipendente il 30 dicembre. Qui però finiscono le certezze e si palesano i lati oscuri dell’impianto difensivo. Innanzitutto, rimane assodato che per il Governo federale la guarigione da Covid non costituisce ragione esimente per ottenere una deroga al vaccino. Inoltre, Tennis Australia richiedeva che l’esenzione fosse presentata entro il 10 dicembre e Novak è risultato positivo sei giorni dopo: dunque, la sua richiesta sarebbe stata esaminata dagli organizzatori ben oltre la deadline. In aggiunta, proprio il 16 dicembre il numero uno del mondo aveva partecipato alla presentazione ufficiale di un francobollo in suo onore. E se per l’occasione l’esito del tampone poteva ancora essere ignoto, altre foto circolate in rete lo mostrano, il giorno dopo, assegnare premi ai ragazzini della sua Accademia, a contatto con bambini e genitori e senza uno straccio di mascherina: non esattamente il comportamento che si richiederebbe a un contagiato. […] II fratello Djordje, intanto, instilla il dubbio sulle prossime scelte del campione: «Lo stanno trattano come un criminale, qualcuno pagherà. E anche se dovessero restituirgli il visto, non so se giocherà il torneo, che al momento è l’ultimo dei suoi pensieri: troppo stress».

Djokovic e il Covid della discordia (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Un fatto, scriveva Friedrich Dürrenmatt, «non può “tornare” come torna un conto, perché noi non conosciamo mai tutti i fattori necessari ma soltanto pochi elementi». Il principio vale appieno per il fatto sportivo di questi giorni, l’esenzione concessa prima e il visto revocato poi a Novak Djokovic che stanotte a mezzanotte (le 10 di mattina ora di Melbourne) si difenderà davanti al giudice al giudice Anthony Kelly del Federal Circuit Court. Ieri il tribunale ha reso note le 35 pagine della sua memoria difensiva. Djokovic, adesso lo sappiamo, ha chiesto l’esenzione perché ha contratto il COVID come dimostra un tampone molecolare positivo del 16 dicembre. L’ha ottenuta dopo il via libera di due gruppi indipendenti di medici, che hanno valutato le domande senza conoscere l’identità dei richiedenti. Ha ricevuto poi a Capodanno una lettera dal Department of Home Affairs del governo nazionale. Il verdetto è chiaro: Nole “possiede i requisiti per entrare nel Paese senza doversi sottoporre a un periodo di quarantena”. […] Il governo aveva avvisato Tennis Australia, la federazione tennis che organizza il torneo, che un contagio recente non sarebbe stato considerato sufficiente per evitare la quarantena. Il serbo sapeva che l’esenzione medica non costituiva garanzia di ingresso in Australia? Abdul Rizvi, ex ufficiale del dipartimento australiano dell’immigrazione, si è stupito che, di fronte a questi dubbi, non l’abbiano fermato a Dubai prima di imbarcarsi. Non è da escludere che la sua popolarità e le sue convinzioni sui vaccini, apertamente sbandierate, abbiano avuto un peso. Complottismi a parte, in uno Stato che ha chiuso Melbourne in lockdown per 262 giorni, la ratio delle esenzioni per essere considerati immunizzati anche senza aver ricevuto due dosi di vaccino è chiara: bisogna dimostrare l’impossibilità a vaccinarsi per cause di forza maggiore. Ci sono poi altri elementi che contribuiscono a ingarbugliare la situazione. C’è la questione della data del tampone positivo, il 16 dicembre 2021. Quello stesso giorno Djokovic ha partecipato a un convegno organizzato dalla sua fondazione e il 17 ha incontrato un gruppo di bambini al Novak Tennis Centre. Sapeva di essere positivo? La partecipazione a questi eventi, di pubblico dominio e documentata sui suoi profili social, può aver influenzato la decisione? Domande senza risposta, a cui se ne aggiunge un’altra. In una lettera inviata ai giocatori, Tennis Australia indicava il 10 dicembre come termine ultimo per presentare le richieste di esenzione: era solo un’indicazione di massima? […]

Nole, giallissimo! (Marco Bo, Tuttosport)

Più passano i giorni e il pasticcio di Novak Djokovic, ribattezzato Novax Djokovic, si allarga, macchiando ulteriormente la sua immagine. Per sua fortuna però, siamo agli sgoccioli della telenovela, per cui a cavallo tra la notte italiana e il giorno australiano il tribunale competente si esprimerà sul suo visto e il serbo saprà se dovrà reimbarcarsi per tornare nel suo Paese per la conferma della cancellazione del visto, oppure potrà restare a Melbourne per giocare l’Australian open a caccia del suo 21′ Slam della carriera. Con l’avvicinarsi del verdetto si è alzata la coltre di nebbia che avvolgeva la situazione di Djokovic che, oltre a essersi sempre mosso con imbarazzante disinvoltura in questi quasi due anni di Covid, non ha mai voluto esprimersi in maniera chiara e diretta sull’argomento vaccino. Gli avvocati del tennista hanno fatto sapere che la motivazione per cui Djokovic è volato in Australia senza vaccino è da spiegarsi col fatto che è risultato positivo al covid, nuovamente, il 16 dicembre scorso. Sarebbe provato da un documento redatto da un medico del suo Paese ma le regole per entrare in Australia sono più rigide per cui non è affatto scontato che il campione possa giocare. Tra l’altro i media si sono scatenati e hanno scoperto che il 16 dicembre Djokovic ha presenziato con tanto di foto senza mascherina a un evento nel suo Paese per la presentazione di un francobollo in suo onore, e in questo caso si potrebbe pensare che l’esito del test lo abbia ricevuto la sera stessa, ma il giorno seguente una ventina di ragazzi di una sua Academy hanno postato un’altra foto, con il campione, che si era recato per premiarli. Ma c’è di più. Il permesso di entrare in Australia senza vaccino bisognava chiederlo entro il 10 dicembre e questo non sarebbe avvenuto. Perché? […] Certo è che l’entourage del tennista ha contribuito ad alzare la temperatura intorno alla querelle e questo non depone certo a favore di una soluzione clemente da parte della giustizia australiana che, è risaputo, è piuttosto rigida nell’applicare le norme e poco incline all’interpretarle.

E Nadal riscrive la storia (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Per un Djokovic chiuso nel suo triste rifugio, tra blatte e forse, chissà, qualche autocritica sulla sua condotta recente, c’è uno dei suoi rivali infiniti che tenta il ritorno ai massimi livelli dopo l’ennesimo stop a cui il fisico l’ha costretto. Parliamo naturalmente di Rafa Nadal, sceso al n. 6 del ranking ma ancora desideroso di combattere. A Melbourne, nel primo torneo di riscaldamento in vista di quegli Open d’Australia che ha vinto solo una volta, nel 2009, ha raggiunto la 126^ finale della sua straordinaria carriera (88 i titoli in bacheca), a quasi due anni di distanza dall’ultima vittoria sul cemento, Acapulco 2020 in finale su Fritz. Non giocava gare ufficiali da agosto, dalla sconfitta contro Harris al terzo turno di Washington, prima di attendersi al “solito” infortunio al piede sinistro, ed era tornato in campo solo venti giorni fa nell’esibizione di Abu Dhabi, che gli aveva lasciato come strascico più di qualche perplessità sulla qualità del suo tennis (aveva perso da Murray e Shapovalov) e soprattutto una positività al Covid. Nadal ha raggiunto una finale Atp per il 19° anno di fila – la prima a Sopot, in Polonia, nel 2004 – ma a Melbourne, per la verità, non ha dovuto impegnarsi più di tanto. Dopo il successo al debutto sul lituano Berankis (104 Atp) e il ritiro del suo avversario nei quarti, l’olandese Griekspoor, ieri ha sconfitto in due set il finlandese Ruusuvuori (numero 95), complicandosi la vita solo alla fine del secondo set. Perso il servizio al momento di chiudere il match, sul 5-3, ha dovuto annullare una pericolosa palla break sul 5-5 prima di chiudere con un paio di punti dei suoi. «È un grande ritorno per me, dopo sei mesi senza gare – ha detto lo spagnolo – anche ci sono ovviamente cose che devo fare meglio. Dopo una lunga assenza, sono un po’ preoccupato per quello che potrebbe succedere, ma il mio corpo resiste». […]

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