Australian Open- L’Italtennis ha scoperto un campione che tutto il mondo ci invidia: Berrettinner! - Pagina 2 di 2

Editoriali del Direttore

Australian Open- L’Italtennis ha scoperto un campione che tutto il mondo ci invidia: Berrettinner!

A Melbourne nella Rod Laver Arena l’Italia sarà rappresentata alla grande, prima nei quarti di finale e poi – io credo – anche in semifinale. Monfils e Tsitsipas non fanno paura al nostro n.1

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Jannik Sinner - Matteo Berrettini (foto Facebook/Twitter @atpcup)
 

E comincerò da uno dei due diminutivi, Matt allora. Fra i top-player e senza farmi abbindolare dai bombardieri senza arte e parte che hanno servito fra i 230 e i 265 km orari e difatti molti l’ATP non li ha voluti neppure riconoscere come validi (Groth 263, Olivetti 257,5, Isner 253, Karlovic  252, Janowicz 251, Roddick 258,4, Raonic 249,4, etcetera) nessuno ha oggi una battuta più forte e precisa di Matt, nello stretto fra rapporto velocità-precisione. Efficacia anche come percentuale. Si viaggia intorno alle 80 “prime palle” ogni 100. E sui 220 km orari. Strappargli il servizio è pressochè impossibile. E i tiebreak li vince tutti.

Nessuno ha oggi la sua micidiale, mortifera frustata secca di dritto, ora che del Potro è giù fisicamente, che Nadal è giù anagraficamente, che Gonzalez e Roddick sono baby pensionati da un pezzo, che Medvedev sembra così disarticolato che hai sempre paura gli si stacchi un braccio.

Lo smash di Matt …e non solo perché è così alto – Djokovic non è mica basso – è uno dei migliori al mondo, tanto al volo che al rimbalzo. Alzargli un lob è un sicuro suicidio.

Il tocco di palla l’ho visto e misurato a bordo campo court n.12 a Wimbledon, quando sull’erba la palla scivola via, quasi sgaiattola, e tirarla su è già un problema per chiunque. Ma non per Matt che anche dissotterrandola riesce a giocare crossettini stretti, drop-shot e controdropshot invidiabili. Lo scorso sul campo 12 contro Ivashka Matt fece…i bambini coi baffi. Scrissi che pareva che avesse ereditato il tocco di McEnroe. Scandalizzai il mondo e qualche centinaio di migliaia di lettori di Ubitennis si riversarono su un altro sito.

Vogliamo parlare adesso della solidità mentale di Matt the Hammer? E’ pazzesca. Martella di servizio, martella di dritto, accarezza di rovescio. Ma è una carezza melliflua, quasi viscida. Non te ne puoi fidare. Lui, zitto zitto, senza parere, ti trascina fino al tiebreak e poi zaz, zac, ti taglia a fette. Anche davanti a un avversario che magari lo ha sempre battuto, un Djokovic, un Medvedev, insomma i primi due tennisti del mondo. Ma ormai si è materializzato all’orizzonte questo ineffabile Berrettinner che i tiebreak li gioca con una tale tranquillità, una tale sicurezza, cannonballs di servizio come se grandinasse, che senza accorgertene ti ritrovi negli spogliatoi sotto la doccia.

La maggior parte degli avversari non riesce neppure a toccare la pallaMatt li seppellisce di ace, dal primo all’ultimo game. E quando non sono ace sono servizi vincenti. I malcapitati ribattitori, pur se i più forti del mondo, sventolano bandiera bianca. Un tempo li chiamavano ace sporchi. Ora, chissà perché, non usa più chiamarli a quel modo. Chissà forse qualcuno si è offeso. O è corso a cercare il sapone per la doccia. Appunto.

D’altra parte che sull’erba come sulla terra o sul cemento Matt alla battuta sia capace di far davvero miracoli è proprio normale, quando si per coach un Santopadre.

Ma chiamiamo Mattjannick anche con l’altro diminutivo, Jann.

Chi lo ha visto giocare, fin da bambino quando era formidabile anche sugli sci in Val Pusteria, dice che slalomeggia sul campo da tennis, come nessuno. Ma non scivola, vola.

Lo fa con un equilibrio pazzesco, grazie a un paio di gambe che per solidità e resistenza paiono fusti di quercia, ma per flessibilità e agilità invece sembrano permeate di caucciù. Qualunque missile gli venga scagliato contro… lui, lo recupera, lo respinge, lo rinvia – laggiù Down Under – come se fosse anche lui nato in mezzo ai boomerang di casa.

Che gli tirino sul lato del dritto oppure del rovescio, è quasi uguale. Ok, è un tantino più sicuro sul rovescio, ma è con il dritto che fa la maggior parte dei punti. Come fan quasi tutti, del resto. Però lui è diverso. Più forte gli tiri e più lui incontra e respinge. Più angoli gli cerchi e più angoli lui si inventa e trova. Niente sembra intimidirlo. Di certo non lo intimoriscono gli scambi possenti e prolungati. Anzi, più durano e più lui finisce per dominarli. Gli avversari dopo i primi game, un mezzo set di assaggio, pian piano si sciolgono come neve al sole, evaporano. Lui, imperterrito sulla terra come sul cemento – un po’ meno sull’erba – non molla un filo.

Anzi, man mano che il match avanza, avanza anche lui, si fa sempre più sicuro di sé. Ormai sa anche a chiudere le volee di rovescio come se le avesse sempre giocate. E continua a professare la sua incrollabile fede quando dice, e ci crede senza dirlo a uso e consumo di noi altri: “Ci sono ancora tante cose su cui devo lavorare, tanti progressi da fare”.

E’ giovane, giovanissimo, ma teenager non lo è mai statoHa la maturità d’un trentenne. I giovani si riconoscono dalla discontinuità del loro gioco, alti e bassi. Lui no, è solido come una roccia. Non trema. Sa sempre quello che deve fare. Una dote innata. Ha la cultura del lavoro, dello studio dei dettagli. Chiunque capisce che Jann lavora giorno dopo giorno, con una concentrazione più unica che rara, solo per migliorarsi. E ci riesce, proprio giorno dopo giorno. Il tennis è la sua vita, le distrazioni quasi non esistono per lui. A dicembre, dopo mesi di tornei da Stakhanov si è preso cinque giorni di riposo dopo le finali ATP cui era entrato dalla porta di servizio e grazie a Matt. Cinque giorni e bastaSi sacrifica senza mai avvertirlo come un sacrificio, dacchè aveva 13 anni. E i sacrifici pagano. E’ grazie a questa determinazione sovrumana che tutto si sta incanalando dove voleva. La sua palla pesa come quella di un peso massimo, sebbene lui sia un peso welter. Su quella trasferisce tutto il suo corpo con una naturalezza sorprendente, sempre senza perdere l’equilibrio. Il servizio era così così, ed è ancora perfettibile, ma ormai fa quasi regolarmente una decina di ace a partita. Sì, quel servizio di cui si è intestardito di cambiare la posizione dei piedi a costo di perdere un paio di partite era una volta tallone d’Achille, ma si è irrobustito come tutto il suo gioco. Quando c’è da annullare una pallabreak risponde quasi sempre presente. E quanto a correre, beh di correre non si stanca mai. Nemmeno fosse Forrest Gump. Ma è molto più coordinato di Tom Hanks.

Insomma l’Italia ha trovato il suo fenomeno imbattibile e ne siamo entusiasti e orgogliosi. Quel che a noi tutti piace è che Berrettinner è anche un bravissimo ragazzo, beneducato, perbene, serio, simpatico. Uno che pur affermandosi ai livelli più alti, non è invidiato, né ostacolato. Non solo non ha nemici ma viene apprezzato da tutti, perfino dai rivali più agguerriti. Infatti non c’è chi non lo rispetti. E’ un role-model come si dice oggi… magari quando uno non lo è – ogni riferimento a un campione che in tempi recenti ha fatto assai discutere di sé è puramente casuale – un vero esempio di campione fortissimo e stimatissimo. Un vanto per l’Italia tutta. Ubitennis si considera davvero fortunato di poter descrivere le gesta di Berrettinner per gli anni a venire.

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