Berrettini, è semifinale! (Crivelli, Mastroluca, Azzolini). Rafa, fenomeno senza età a uno Slam dalla storia (Mastroluca). Barty è inarrestabile (Bertellino)

Rassegna stampa

Berrettini, è semifinale! (Crivelli, Mastroluca, Azzolini). Rafa, fenomeno senza età a uno Slam dalla storia (Mastroluca). Barty è inarrestabile (Bertellino)

La rassegna stampa di mercoledì 26 gennaio 2022

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Rafa, a noi 2 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Non esistono più terre inesplorate di fronte all’inarrestabile avanzata degli eroi vestiti d’azzurro. Mai un italiano era approdato tra i magnifici quattro degli Australian Open. Matteo Berrettini consolida il fantastico viaggio personale verso l’empireo del suo sport e diventa il primo italiano di sempre a raggiungere le semifinali in almeno tre Major (ci era già riuscito a New York e a Wimbledon). Un altro pellegrinaggio nel tempio, dove guarderà negli occhi la divinità senza alcun timore di farsi incenerire, anzi con la consapevolezza di essere costituito della medesima sostanza. Gli tocca Nadal, come quella notte di trenta mesi fa agli Us Open, il loro unico precedente: ma se allora Berretto era un novizio, adesso il suo piedistallo è lo stesso dello spagnolo. Entrambi, si guadagnano una porzione di paradiso australiano attraverso un percorso identico: avanti di due set, si fanno rimontare, sembrano spacciati, finiti e invece ribaltano il destino avverso con il quid in più del campionissimo, che non si affida solo alle qualità tennistiche ma anche alla tensione morale di chi non si abbandona mai all’idea della sconfitta. Nel doppio 6-4 con cui Matteo prende il controllo della sfida con Monfìls c’è il solito servizio martellante, c’è il dritto che non perdona, ma anche lo slice di rovescio che crea angoli importanti. Ma con il match in mano, il numero 7 del mondo si incarta, risponde con meno efficacia, appare stanco e poco reattivo con i piedi, mentre il francese prende un metro di campo e muove le pedine dalla riga di fondo. Ora è lui il padrone, ma non è sceso a patti con l’orgoglio feroce e la granitica solidità mentale di Matteo, che gli strappa il servizio d’acchito nel primo game del quinto set e si invola, più forte del tifo becero del drappello di tifosi francesi cui al match point riserverà le mani alle orecchie e l’urlo «Non vi sentooo»: «Ci ho messo il cuore, all’inizio del quinto set ho pensato ai giorni terribili dell’infortunio e mi sono detto che non potevo mollare visto che ero lì con la possibilità di lottare: non volevo uscire dal campo con qualche rimpianto, non volevo assaggiare il gusto amaro della sconfitta. Sono super orgoglioso, non credo sia sbagliato dire che sto scrivendo la storia del tennis italiano. Essere accostato oggi a certi campioni mi rende felice e onorato. Normalmente ci penso solo alla fine del torneo, ma sto sentendo davvero tanto affetto che mi arriva dall’Italia. Vedere il mio nome accostato a quello di Nadal per un match mi fa ancora impressione, giocare con lui sulla Rod Laver Arena in semifinale è qualcosa che sognavo da bambino. So di poter battere Rafa. Prima di raggiungere la semifinale agli Us Open del 2019 non avevo mai pensato di poter fare una carriera di questo genere, di ambire a vincere uno Slam. Ancora oggi mi dico semplicemente che devo fare sempre meglio».

Guerriero Berrettini, hai meritato Nadal (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Un urlo nella notte. «Non vi sento!» grida Matteo Berrettini ai tifosi scalmanati, disordinati e un po’ maleducati sulle tribune della Rod Laver Arena. Volevano uno spettacolo da gladiatori, e sono stati ampiamente soddisfatti. Matteo Berrettini ha sconfitto Gael Monfils 6-4 6-4 3-6 3-6 6-2. Come allo US Open 2019, ha piegato il francese al quinto set, e come allora in regalo c’è una semifinale contro Rafa Nadal. Con quella vittoria lanciò l’inseguimento alla Top 10, raggiunta un paio di mesi dopo e mai più abbandonata. Con questa diventa il primo azzurro in semifinale all’Australian Open e il primo ad essere arrivato così avanti in tre Slam diversi. «Mi piace pensare che sto scrivendo un po’ di storia del tennis italiano. E’ un onore e un piacere, sento l’amore che arriva dall’Italia, dai miei fan, dalla mia famiglia, da tutti quelli che mi hanno visto crescere» ha detto dopo la partita. In campo, invece, di amore se n’è avvertito poco. I tifosi auspicavano lo show e hanno preso le parti del francese. Hanno disturbato Berrettini tra la prima e la seconda, un tifoso è stato anche allontanato dopo aver mostrato i segni di qualche generosa birra di troppo. Qualcuno, evidentemente non soddisfatto del risultato, ha provato a interrompere anche l’intervista in campo del numero 1 azzurro. «Fra voi c’è qualcuno che non ama questo sport» ha replicato l’azzurro a caldo. «Giocare con il pubblico contro mi sta bene – ha detto poi dopo il match -. Quel che non mi va giù è il pubblico scorretto. Se urli mentre sto per servire la seconda, se tossisci o fai qualcosa apposta mentre sto per tirare un dritto, allora non è corretto». Dopo i primi due set in controllo, la sua partita sembrava avviata verso una vittoria ragionevolmente rapida. Monfils, però, è un artista nel cambiare le carte in tavola e gli equilibri dei match. Il francese si è messo sempre più vicino al campo in risposta, ha allungato gli scambi e preso stabilmente l’iniziativa. Il primo doppio fallo del match è costato a Matteo il break del 2-4 del terzo e ha segnato l’inizio di un secondo tempo del match durato fino al quinto. A quel punto, con un Monfils scattante e un Berrettini pesante sulle gambe, in pochi avrebbero creduto al colpo di scena. Ma se l’azzurro ha vinto sei match su sette giocati al quinto set, e il francese 18 su 37, non può essere un caso. In quei momenti, ha raccontato Berrettini, «ho pensato a quello che è successo a novembre, a quanto sono stato male dopo l’infortunio a Torino. Mi sono detto: ‘Adesso ho la chance di lottare e lo faccio fino alla fine, a costo di farmi male di nuovo’».


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Mitico! (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Non vi sento», urla Matteo. Si rivolge al pubblico, e lo fa in italiano, ma i gesti che mima sono inequivocabili.. «Non vi sento», urla mentre con il dito mostra l’orecchio. Prima li aveva sentiti, eccome. Li ha sentiti per tutto il match. I più erano schierati per Monfils. Gael, che sa essere straordinario quando non serve, quando è troppo tardi, o quando ancora non è il momento. «La differenza è che sui punti decisivi Berrettini fa sempre la cosa giusta, io mai», dirà più tardi, con evidente rimpianto. È il suo limite, e anche la sua bellezza, un modo di procedere contro corrente che incanta. Lo spreco come regola di vita. Ma chi può saperlo se per una volta il libretto del melodramma sul ritorno (l’ennesimo) del figlio delle Guadalupe non promuova un altro finale? Se dietro a quei primi quattro set, due vinti dilagando e due riconsegnati a mo’ di risarcimento, la trama non preveda che sia il neo trentaseienne ad andare avanti, per una volta? Certo non Matteo, che aveva davanti agli occhi solo un obiettivo, e per quello era disposto a rifare tutto da capo, a rivivere un match che lo teneva in campo da più di tre ore, a riscriverlo con le ultime energie che ancora sentiva in circolo. «Non vi sento», urla, e ammonisce. E fa bene. Matteo Berrettini risorge dalle ceneri di un match nel quale la Monf ha fatto fuoco e fiamme, e lo vince da campione. E scriviamolo pure con la maiuscola al posto giusto: Campione. Matteo ha rotto gli indugi all’inizio dell’ultimo set, dopo che Monfils aveva tiranneggiato nel terzo e nel quarto, aumentando volume e pressione dei colpi. «Se devo perdere lo faccio a modo mio, da protagonista», è la frase che Berrettini regala ai microfoni, ed è evidentemente al centro della riscossa. Essere aggressivo non vuol dire colpire più forte o urlare più degli altri. Basta spostare in avanti la linea dalla quale si ha intenzione di manovrare Il gioco. Le statistiche di fine match dicono che dal 12 per cento dei colpi vincenti da fondo campo, l’ultimo set passa al 36 per cento. Lì, Matteo fa esattamente ciò che nel precedente quarto di finale era riuscito a fare Nadal, opposto a Shapovalov. Anche Rafa in vantaggio di due set, poi ripreso e spinto in malo modo fino al quinto set. Anche lui stanco e attraversato da pensieri assai poco incoraggianti. Anche lui però, deciso a giocare il tutto per tutto. E alla fine vincono allo stesso modo, i due che tra 48 ore si troveranno di fronte in semifinale. […]

Rafa, fenomeno senza età a uno Slam dalla storia (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Mai dare per sconfitto Rafa Nadal. Il David Copperfield del tennis, mago dell’escapologia ovvero l’arte di tirarsi fuori da situazioni disperate, ha colpito ancora. Contro Denis Shapovalov ha dato una plastica dimostrazione della differenza tra un grande campione e un grande colpitore. Dopo quattro ore di lotta sotto il caldo e un medical time out, ha centrato la settima semifinale all’Australian Open, la numero 36 in 63 tornei dello Slam disputati in carriera. A 35 anni, comunque, Nadal non smette di stupire. Il 6-3 6-4 4-6 3-6 6-3 è lo specchio di una partita che appariva compromessa all’inizio del quarto set, e ancor più dopo i problemi accusati da Nadal quando si è trovato sotto 1-4. Nel quinto però, Shapovalov ha perso la libertà di esecuzione con cui aveva rimesso in piedi il match. Ha pagato errori e tensioni anche se a fine partita la sua frustrazione l’ha sfogata soprattutto con il giudice di sedia. E iniziato tutto dopo il primo set, quando Nadal è uscito dal campo per cambiarsi ed è rientrato 45 secondi dopo che l’arbitro aveva chiamato il “time”, dando il segnale per la ripresa del gioco, senza essere ammonito. «Siete tutti corrotti» si è sfogato durante la partita, salvo poi correggere il tiro dopo il match anche se potrebbe comunque costargli una multa da parte dell’organizzazione. «Non volevo dire corrotti, sono stato travolto dall’emozione – ha ammesso – però la mia convinzione non cambia. Nadal gode di un trattamento di favore rispetto gli altri. In tutti gli altri match che ho giocato qui, il ritmo è sempre stato alto perché gli arbitri erano attenti ad attivare il cronometro (che misura la pausa fra un punto e l’altro). A lui lasciano invece sempre più tempo». Alla rabbia di Shapovalov fa da contraltare la tranquillità del maiorchino, quasi filosofo a fine partita, nonostante il 21° Slam sia distante soltanto due vittorie. «Con Djokovic e Federer condividiamo un traguardo straordinario, ed è un onore far parte della storia del nostro sport. Certo voglio vincere, ma la mia felicità futura non dipenderà dall’aver vinto uno o più Slam di loro due. Sono soddisfattissimo della persona che sono, mi sento fortunato per tutto quello che mi è successo nella vita. Il mio approccio è chiaro, non puoi essere sempre frustrato se il vicino ha una casa più grande o un telefono migliore». Godersi il presente, dunque, è il modo migliore per vivere il futuro.

Barty è inarrestabile (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Partita perfetta quella dei quarti per Ashleigh Barry, n. 1 del mondo e beniamina di casa, forse mai così austera nel gioco e nell’atteggiamento. In 63 minuti ha cancellato la rivale di turno, la statunitense Jessica Pegula, alla quale ha concesso solo due game salendo per la seconda volta così in alto nel torneo che tanto ama: «Sono contenta del tennis espresso – ha detto a Jim Cou ieri alla Rod I.aver Arena con il sorriso sul volto – Sono riuscita ad essere sempre aggressiva con il diritto e con il servizio. Non mi sono fatta problemi pur avendo mancato qualche diritto perché stavo facendo la cosa giusta. Sto giocando senza sentire la pressione e questo mi aiuta anche sotto il profilo della fiducia». Poi un elogio alla sconfitta: «Jessica a Melbourne ha dimostrato di essere una delle migliori 20 giocatrici del mondo, da due anni sta giocando benissimo». Un filotto, quello della prima tennista al mondo che è fotografato dai numeri: solo 17 sono stati i game persi per approdare in semifinale con nessuna avversaria affrontata capace di superare la soglia dei 4 game vinti per set. Per volare in finale l’australiana troverà un’altra americana, Madison Keys, tornata ad alto livello e anche lei autrice di un match senza macchia contro Barbora Krejcíkova, campionessa dell’ultimo Roland Garros, apparsa nell’occasione svuotata e sofferente per problemi di pressione. La Keys, che aveva iniziato l’anno da n. 85 Wta, è già sicura con la raggiunta semifinale a Melbourne di rientrare tra le migliori 30 giocatrici del ranking. L’ultima tennista locale ad issarsi in finale a Melbourne è stata nel 1980 Wendy Turnbull che poi cedette alla ceca Mandlikova.



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