Alla fine, Ashleigh Barty ce l’ha fatta. Dopo 44 anni, riesce nell’impresa, mancata dai connazionali Rafter, Hewitt e Stosur, di vincere lo slam di casa. Impresa non di poco conto, non possiamo nemmeno immaginare cosa voglia dire portare sulle spalle le aspettative di un intero Paese. Una tensione esplosa (anche per merito di Danielle Collins) nel secondo set della finale, quando Ash si è trovata 1-5, ma che non le ha impedito di vincere il titolo senza perdere un set. C’è chi dirà che anche stavolta l’australiana ha trionfato senza incontrare sul suo percorso una top ten. Vero, ma conta il valore assoluto dell’avversario. Una Karolina Pliskova in finale a Wimbledon è un bello scoglio, anche se la classifica della ceca recitava n.13 a inizio torneo. L’avversaria di sabato, Collins, era già arrivata in semifinale in Australia nel 2019 ed è diventata top ten proprio raggiungendo la finale quest’anno: le qualità per stare tra le prime della classe ci sono, anzi era attesa a questi livelli da tempo, se non fosse stato per una diagnosi di artrite reumatoide che le ha complicato non poco i piani. E Key è una ex ‘prime dieci’, già finalista e semifinalista negli Slam, che qui in Australia è rinata. Il terzo slam per Barty, in quattro anni, su tre superfici diverse, le frutta 2000 punti che incidono sulla classifica. Vediamo come nel proseguimento di questo articolo a questo link, dove troviamo anche il punto sulla classifica delle migliori giocatrici italiane.
