Editoriali del Direttore
Tante ipotesi sul divorzio Piatti-Sinner che pare certo
Motivazioni tecniche o piuttosto economiche? Le prime sembrerebbero ingiustificate. Si attende a breve l’ufficialità della clamorosa separazione

Che cosa si è incrinato nel rapporto, che si diceva fosse quasi paterno, fra Jannik Sinner e Riccardo Piatti? Per ora si naviga tutti a vista sui motivi, anche se non più sulla veridicità della notizia.
Ciò perché chiunque abbia chiamato Sinner o Piatti chiedendo conferma delle voci sull’avvenuto divorzio non ha ricevuto risposte del tipo “sì è vero”, ma nemmeno si è sentito dare smentite che se si fosse trattato di una bufala, di fake news, sarebbero state certo date. Il tennis non è il calciomercato.
Chi è in confidenza con i due protagonisti del…promesso divorzio, si è reso conto che il problema esiste e non è campato in aria, pur senza avere avuto le necessarie spiegazioni di ciò che avrebbe scatenato una notizia che appare oggi certo clamorosa agli occhi dei più e perfino di molti che hanno frequentato il duo anche in tempi recentissimi Down Under e giustamente preferiscono non esprimersi.
Lo è per chi conosce la storia del Pel di Carota della Val Pusteria che a 13 anni – “scoperto” a Ortisei dall’allora collaboratore di Piatti Massimo Sartori – mollò, con incredibile determinazione per un ragazzino di quell’età, l’amata famiglia, gli sci sui quali eccelleva e il passamontagna per andare …al mare. Sulla costa ligure, alla corte di Riccardo Piatti e alla sua Piatti Center Academy di Bordighera.
Da allora il binomio aveva funzionato alla grande, con Jannik che, classe 2001, – come tutti i lettori di Ubitennis sanno – ha bruciato le tappe con risultati straordinari per precocità, fino a conquistare prima un titolo prestigioso fra i NextGen a Milano 2019 e poi, dopo il primo titolo ATP “senior” a Sofia, anche nel circuito degli adulti, passando da n.763 (a fine 2018) a n.78 (a fine 2019), a n.37 (a fine 2020) a n.10 (a fine 2021). Con altri 4 tornei ATP ad arricchire il suo già notevolissimo palmares, dopo essere stato brevemente anche n.9.
Che cosa può essere successo fra Riccardo Piatti e Jannik Sinner che non aveva davvero cominciato male neppure il suo 2022, dal momento che aveva raggiunto il suo secondo quarto di finale di uno Slam all’Australian Open, dopo i quarti del Roland Garros 2020?
In attesa di comunicazioni ufficiali che conto di avere fra qualche ora da una fonte sicura, posso scrivere solo in parte quello che so e in parte quello che suppongo.
Chi era in Australia ha visto il clan Piatti e Jannik uscire a cena insieme, anche a Capodanno, e vivere in apparente buona armonia. Al ritorno in Italia, dove sono affiorate le prime voci di un qualche dissenso, è rimasto stupito, incredulo.
Ciò anche se qualche segnale di pesante nervosismo si era avvertito. In particolar modo nel corso dell’incontro di Sinner con il giapponese Taro Daniel, quando Jannik a un certo punto era sbottato fino a urlare, proprio nei confronti diretti di Riccardo che alla fine di un punto perso gli aveva detto qualcosa in maniera così agitata da provocare la sua reazione: “Sì io uso la testa, e tu stai più calmo, cazzo!”. Lo sentirono tutti, anche i telespettatori.
La netta sconfitta patita da un Sinner con Tsitsipas soverchiato come non mai, incapace di reagire all’aggressività e agli anticipi incalzanti di Tsitsipas (che fece stragi di vincenti con il dritto) non ha probabilmente contribuito a rasserenare il clima che tuttavia, forse più “bollente” in campo che fuori, non sembrava così compromesso agli occhi di chi era a Melbourne.
Vero, peraltro, che in alcuni degli appuntamenti più “sentiti” da Jannik – non necessariamente i più importanti in assoluto – il ragazzo di Sesto Pusteria non era sempre sembrato mentalmente pronto e troppo lucido tatticamente.
Alludo alla finale di Miami persa con Hurkacz, a certe partite obiettivamente piuttosto deludenti per le sue aspettative che, a dispetto di quanto magari Jannik può lasciar pensare con dichiarazioni da giovane saggio, sono molto, molto alte. E forse è anche bene che siano così alte. Non dimenticherò mai di aver visto Jannik furioso perfino quando perse dopo aver giocato un ottimo match in 4 set all’US Open 2019 da Wawrinka: eppure era al suo esordio in uno Slam! “Avrei dovuto vincere almeno due dei tre set che ho perso” disse uscendo dal campo, lasciandoci un po’ straniti di fronte a tanta sicumera.
Le sconfitte Jannik non le ha mai digerite troppo bene. Segno positivo? Diciamo che era un buon segno, il segno di una sana ambizione. Un tantino mascherato da quel che lui poi veniva a dirci in conferenza stampa: “Sono tutte lezioni dalle quali devo imparare. Sto pelando patate, non sono ancora un cuoco, devo ancora imparare come impiattare”. Figlio di cuoco, sapeva di cosa andava parlando.
Tanta apparente umiltà era forse però in contrasto con quello smisurato orgoglio che gli ha impedito di accettare con la necessaria serenità certe sconfitte piuttosto nette subite con Djokovic a Montecarlo (6-4,6-2), con Nadal al Roland Garros (7-5,6-3,6-0), più ancora che ai primi turni del Queen’s (Draper) o di Wimbledon (Fucsovics in 4 set “Per l’erba ci vuole ancora un po’ di pazienza, lo sapevo”), o alcuni passi falsi (Rinderknech a Lione: “Ho fatto un passo indietro”…).
Dopo la primissima esperienza contro Nadal al Roland Garros 2020, quando aveva servito invano per il primo set e quando era stato avanti di un break nel secondo, Jannik era intimamente persuaso che le volte successive avrebbe fatto meglio. Molto meglio. Invece non gli era riuscito né a Roma né a Parigi, dove aveva fatto certamente peggio.
Quelle sconfitte con i due Fab più nette del previsto, più che quei passi falsi in quelle partite giocate da favorito, non gli erano andate giù. E nemmeno, più tardi, quelle altre tre sconfitte che avevano rischiato di fargli perdere la partecipazione alle ATP Finals a creargli grande insoddisfazione: quella con Tiafoe (che gran regalo! Lì il presunto freddo Sinner non fu freddo per nulla…), con Alcaraz (brucia perdere con uno più giovane di te dopo che sei stato incoronato da tutte le star del tennis come il miglior giovane del mondo con racchetta per più di un anno, cioè prima dell’avvento del pupillo di Juan Carlo Ferrero), con il vecchio Murray dall’anca d’acciaio.
Insomma, per l’appunto Sinner, non è sempre sembrato poi così freddo come una facile nomea gli aveva appiccicato addosso. Forse per le sue origini altoatesine…ma non tutti sono Gustav Thoeni.
Tuttavia secondo me la crisi del settimo anno della coppia Piatti-Sinner… non si dovrebbe spiegare per la delusione patita per certi risultati che restano straordinari. Top-ten, quarti all’Australian Open a 20 anni! Sarebbe inconcepibile.
Vent’anni. Però, attenzione, non va dimenticato che Jannik resta un ragazzo di vent’anni, sia pur all’apparenza molto più maturo della sua età. Come si è sempre detto e letto tutti. Jannik è pur sempre un ventenne, emerso da un background piuttosto modesto, e tuttavia già multimilionario sommerso improvvisamente da montagne di soldi, da un nugolo di sponsor, da spaventose aspettative (molto più di quelle cadute addosso a Berrettini che pure ha vinto finora di più…), da una popolarità che farebbe perdere la testa a qualunque adulto. Figurarsi a uno che non lo è…
Presuntuoso? In questo pesante contesto Jannik potrebbe per carità avere pian piano coltivato, insieme alla sacrosanta ambizione e magari nell’intimo – chi può saperlo? – anche un po’ di presunzione. Tale da fargli forse – certezze non ne ho – imputare più al suo angolo tecnico alcune carenze e alcune sconfitte piuttosto che a se stesso. Ed è forse per questo che in Australia, lo si è sentito parlare per la prima volta con grande chiarezza della necessità di affiancare al suo coach di sempre un altro coach, un super coach. “Io so chi è, ma adesso non ve lo dico”.
Boris Becker? Una volta scartati certi coach di gran nome, ma di dubbia disponibilità full-time, McEnroe, Moya, Ljubicic, Wawrinka, Lendl, Enqvist (che ha ha cominciato a lavorare con Tsitsipas e non potrà parlargli in greco come Apostolos…) l’ipotesi Becker era emersa dopo che Boris, altro residente monegasco come Jannik, si era più volte affacciato al Centro Piatti di Bordighera.
La candidatura di Boom Boom Becker, favorita anche dalla comunanza idiomatica, sarebbe stata alla fine supportata – si presume e non si sa se magari un tantino a malincuore – dallo stesso Piatti. Che però adesso si ritroverebbe abbastanza incredibilmente estromesso a favore di una nuova accoppiata: Boris Becker-Simone Vagnozzi (l’ex coach di Marco Cecchinato ai tempi dell’exploit del tennista siciliano al Roland Garros 2018).
Ragioni economiche? Chissà allora che a favorire il divorzio Piatti-Sinner, non siano state allora più ragioni economiche – chissà se mai le conosceremo – piuttosto che non strettamente tecniche legate a risultati che onestamente sembrano ai più essere indiscutibili.
L’ipotesi tecnica, al di là dei risultati, mi sembra abbastanza inverosimile, sebbene io avessi avuto recentemente l’impressione che i panni del leader all’interno del duo Piatti-Sinner, Riccardo Piatti li avesse via via un po’ smessi. Mentre il ragazzino dai capelli rossi cresceva nei risultati e nel ranking di pari passo con la sua personalità.
Non è mai troppo positivo un rapporto fra tennista e coach, quando il tennista è il vero padrone del motore. Il coach finisce per essere un dipendente troppo subalterno anche quando le decisioni tecniche gli spetterebbero per competenza.
Chi li ha frequentati più da vicino di me, ha notato negli ultimi anni un Piatti, con tutto il suo clan, sempre più ansioso, a volte eccessivamente nervoso e iperprotettivo. Come se avesse paura di perderne il controllo. Io dopo aver assistito a uno strano episodio due anni fa in Australia ho pensato potesse essere un problema imputabile all’età. Noi anziani cadiamo più facilmente di una volta preda delle ansie, delle angosce, delle emozioni.
Un Riccardo Piatti che si rendeva difficilmente avvicinabile, iperprotettivo nei confronti dei giornalisti, quasi non si rendesse conto che anche essi contribuiscono a rendere più popolare un testimonial di tanti sponsor – e indirettamente a far aumentare le sue entrate – ma anche di persone e altri coach, come Massimo Sartori ad esempio, che pure aveva avuto il grande merito di segnalargli quell’enfant-prodige, ma poi ne era stato tenuto quasi lontano, preferendo affiancare a Jannik un tecnico di minor credito internazionale come Andrea Volpini, quasi che Sartori – straordinario con Andreas Seppi che ha fatto una magnifica carriera senza avere il talento naturale di tanti che hanno fatto molto peggio di lui – potesse fargli ombra.
Scelte condivise o no? Non è dato sapere esattamente quante scelte di Jannik siano state del solo Sinner o siano state interamente condivise oppure suggerite da Piatti: quelle di non partecipare alle Olimpiadi, di non rispondere alla prima convocazione di Atp Cup e Coppa Davis. All’epoca sono sempre sembrate condivise al 100%. Oggi ci si può domandare se fosse davvero così…come quella rischiosissima decisione di cambiare la tecnica del servizio lo scorso agosto.
Una situazione abbastanza anomala. Di certo Piatti ha preteso durante il girone di Coppa Davis a Torino, nel quale Sinner ha vinto i suoi incontri con Isner, Galan e Cilic, di essere presente con tutto il suo staff. Ha allenato Sinner al termine di ogni sua seduta con il capitano Volandri e il resto della squadra. Gli altri giocatori o non avevano nessuno al seguito o al massimo un coach. Una situazione abbastanza anomala e forse non troppo apprezzata nell’ambiente azzurro. Adesso c’è l’incontro con la Slovacchia, 4-5 marzo a Bratislava, ma Berrettini non c’è e Sinner invece, pur reduce dal Covid, dovrebbe esserci. Scelta solo sua? Scelta suggerita o contrastata da Piatti che sulla programmazione ha sempre avuto le sue idee?
I prossimi appuntamenti. Certo è anche che cambiare coach, dopo 7 anni, quando a fine febbraio c’è il torneo di Dubai e poi gli altri importanti appuntamenti di Indian Wells e Miami prima dell’avvio della stagione sulla terra rossa, è un gran bel …balzo nel vuoto.
Le cambiali di Sinner. A febbraio Jannik ha una cambiale di soli 10 punti, residuo australiano del 2021, dopo aver già scalato questa settimana i 90 punti di Rotterdam 2020. A marzo deve difendere 135 punti per i 45 di Marsiglia e i 90 di Dubai, mentre ad aprile gli scadono 825 punti (fra cui i 600 della finale di Miami, i 45 di Montecarlo e i 180 di Barcellona).
I divorzi lasciano quasi sempre strascichi spiacevoli. Molto dipende dalle cause che li hanno provocati. Speriamo che siano, per gli ex…congiunti, ferite facilmente e rapidamente rimarginabili.
P.S. Nella nostra quotidiana rassegna stampa di tanti articoli sul tennis, potete avere uno scorcio di quanto hanno scritto sul caso Sinner-Piatti i colleghi de La Stampa, Repubblica, Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport. La rassegna è un grosso sforzo che la redazione fa giorno dopo giorno. Mi aspetterei che fosse consultata più frequentemente e da un numero maggiore di lettori. Vero che su Ubitennis …c’è già tutto e di più, eh eh!
Editoriali del Direttore
Roland Garros – Il dubbio è: Djokovic è sempre lui o no? Se lo è la probabile semifinale Djokovic-Alcaraz sembrerà una finale anticipata
Djokovic ha perso una sola volta con Khachanov, Alcaraz mai con Tsitsipas. Ancora rimpianti per la sconfitta di Sonego. E Rune si conferma un gran maleducato

Un brutto e triste risveglio, come ho detto anche nel video, ritrovarsi al Roland Garros senza un tennista italiano da seguire nei tabelloni principali.
Ci siamo fermati agli ottavi, e a domenica, con i due Lorenzo, Musetti e Sonego. E i rimpianti soprattutto per la partita di Sonego ci sono e tanti. Poteva vincere sia secondo sia terzo set, con un pizzico di fortuna in più e oggi sarei qui a presentare il match Sonego-Djokovic invece che ad aspettare di constatare se Djokovic è ancora lui.
Se Nole fosse ancora il vero Nole probabilmente anche il miglioratissimo Khachanov, non avrebbe via di uscita. Il russo è stato battuto dal serbo 8 volte su 9 è l’unica volta che vinse fu a Bercy, il torneo dove non sai mai se chi lo gioca va lì perché ci deve andare, ma se è ormai qualificato per le finali ATP che cominciano di lì a pochi giorni si impegna il giusto.
Se Nole non fosse il vero Nole beh, allora anche Sonego avrebbe potuto giocare le sue carte.
Ma dei se e dei ma sono piene le fosse e ci tocca soltanto sperare che le cose vadano meglio sull’erba di quanto sono andate sulla terra battuta, una volta nostro terreno di maggior raccolta.
Da qualche anno a questa parte però, Berrettini bi-campione al Queen’s e finalista a Wimbledon, Sinner nei quarti in Church Road, forse otteniamo migliori risultati oltre Manica.
Intanto contro lo scorrettissimo Rune Francisco Cerundolo ha dimostrato che Sinner non aveva perso a Roma da un pisquano qualsiasi.
Magra consolazione, direte, ma pur sempre consolazione. Mi è sembrato davvero poco competitivo, anche se è stato un break avanti nel secondo set, Grigor Dimitrov con Zverev. Il bulgaro che aveva lasciato soltanto 8 game a Altmaier, sarebbe stato più competitivo e determinato contro Sinner? Non lo sapremo mai.
Piuttosto quanti avevano dato per molto probabile l’approdo di Jannik ai quarti di finale, non avevano fatto i conti con il recupero di Sasha Zverev, il quale ora non giocherà più da n.3 del mondo, ma nemmeno da n.27 come è adesso.
Insomma questo Zverev sarebbe stato un osso duro anche per un buon Sinner. Era la zona ancora più bassa, quella dove si è infilato Etcheverry,quella che avrebbe potuto essere un buon terreno da conquistare, grazie anche al k.o. di primo turno di Daniil Medvedev.
Ma Sinner era piazzato più, fra Dimitrov e Zverev, quindi è inutile piangere sul latte versato altrove. L’argentino ha dominato Nishioka quindi non sarà un avversario comodissimo neppure per il risorto Zverev.
Ma non c’è dubbio che il quarto più interessante della metà bassa lo giocheranno nella giornata di mercoledì Ruud e Rune, con il danesino che vorrebbe ripetere il risultato della semifinale di Roma, dopo che dal norvegese aveva perso 4 volte su 4. Intanto non si è fatto né in qua né in là quando si è trattato di “rubare” un punto importante ai danni di Cerundolo. Aveva fatto rimbalzare la palla due volte e lo sapeva benissimo. Si è preso il punto con la complicità dell’arbitro dalla voce baritonale ma distratto.
Io penso però che il vincitore del torneo uscirà dalla metà alta del tabellone. Oggi si affrontano Djokovic e Khachanov e in serale Alcaraz e Tsitsipas, con i primi che hanno dominato i confronti diretti: 8-1 come già detto il serbo sul russo, 4-0 lo spagnolo sul greco,.
Se Djokovic batte Khachanov vuol dire che sta bene e che allora la probabile semifinale Alcaraz-Djokovic potrebbe essere presentata con un po’ di spregiudicatezza come una finale anticipata. A Roma Djokovic perse da Rune, ma non era il vero Djokovic.
Per quanto riguarda il torneo femminile dall’alto in basso abbiamo questi accoppiamenti nei quarti: Swiatek-Gauff (che fu la finale lo scorso anno), Haddad Maia-Jabeur – e qui c’è almeno un po’ di fantasia geopolitica, una polacca contro un’americana, una brasiliana contro una tunisina –mentre nella metà bassa e in campo oggi ci sono tutte tenniste dell’Europa dell’Est, Muchova e Pavlyuchenkova – con la prima che ha fatto stragi di azzurre (Trevisan e Giorgi) e la seconda che 2 anni fa fece finale qua ma oggi è n.333 WTA perché è stata a lungo infortunata – Svitolina e Sabalenka per un altro duello che si concluderà senza una stretta di mano.
La Svitolina, un po’ perché sposata con Gael Monfils e mamma di un erede nato ad ottobre, un po’ perché ucraina, è stata adottata dal pubblico francese come se fosse nata e cresciuta sugli Champs Elysées. Se dovesse vincere la porterebbero sotto l’Arco di Trionfo. Intanto ieri ha riservato alla Kasatkina lo stesso trattamento rivolto alla Blinkova. Nessuna stretta di mano. La Kasatkina non si faceva illusioni ma c’è rimasta male, sia per il comportamento orribile del pubblico francese, sia per il mancato gesto della Svitolina perché lei in fondo è stata una delle poche russe che ha provato a esporsi un po’. Cosa che non ha fatto, ad esempio, la bielorussa Aryna Sabalenka che anzi –sulla scia di Naomi Osaka – è riuscita convincere i deboli organizzatori a riunire un gruppo qualificato di giornalisti scelti dalla stessa organizzazione. Non avrebbe dovuto essere tollerato. Ma i giornalisti oramai sono tutti talmente appiattiti che nessuno osa più opporsi a niente. Del resto basta leggere le domande le trascrizioni delle domande fatte ai tennisti per rendersi conto di quanto l’autonomia, la indipendenza dei giornalisti, la loro personalità sia scaduta.
E’ responsabilità dei vari organismi che gestiscono il tennis questa assenza di un minimo di verve nelle conferenze stampa. I giocatori vengono istruiti per non dire nulla di interessante e ci riescono benissimo. Negli altri sport non è così. Poi ci si lamenta se nel tennis, in parallelo con il progressivo e inevitabile prepensionamento dei FabFour, mancano le personalità. Quelle che ci sarebbero vengono soffocate. E va a finire che le sole interviste che vengono lette ovunque sono quelle “inarrestabili” di Kyrgios che gioca pochi mesi l’anno, cioè quando gli va..
E’ un errore, anche culturale, di chi si occupa della comunicazione del nostro amato sport. Si sentono dire solo le cose più scontate, ammantate di dichiarazioni politically correct. Sandra Mondaini, pace all’anima sua, direbbe al suo Raimondo Vianello: “Che noia che barba, uffa che noia che barba!”.
Vabbè, oggi ero di cattivo umore e vi ho spiegato perché. Agli azzurri impegnati nelle fasi finali dei grandi tornei, ormai mi ci ero abituato. Non vorrei tornare a …digiunare come mi è toccato fare per 40 anni.
Editoriali del Direttore
Roland Garros: Sonego ha più fisico di Berrettini, Sinner e Musetti, ma deve lavorare sul…fisico! Musetti non deve più giocare da junior. Il “gap” con Alcaraz
Cosa manca ai nostri migliori tennisti. Non lamentiamoci per due azzurri in ottavi. Sonego vale più del suo ranking attuale. Musetti ha problemi di crescita. Le ultime due partite da soppesare nel contesto di tutto un torneo

Ci restano solo sparuti juniores. Gli altri, più che sparuti sono spariti. Nei tabelloni del grande tennis l’Italia, con le sconfitte degli ultimi due Lorenzo superstiti, non c’è più.
All’inizio del torneo pensavo – come quasi tutti, nessun pensiero particolarmente originale – che Jannik Sinner avesse più chances di chiunque dei nostri azzurri per arrivare alla seconda settimana, ma purtroppo Jannik, come già a Roma con Cerundolo (però avete visto Cerundolo?), ha sofferto con Altmaier l’eccesso di pressione che un po’ tutti, lui compreso, gli mettono addosso.
E’ ancora giovane, ha un tennis ancora incompleto, c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti limiti da limare. Nel fisico, nella tecnica, nella tattica, nel mentale quando l’appuntamento è importante. Aspetterei ad emettere sentenze negative e definitive. E’ un top-ten e alla sua età non lo avevamo mai avuto. Un top-ten destinato a durare. Top 5, top 3? Vedremo. Bando a sentenze affrettate.
Ci vuole più equilibrio di quello che di solito manifestano molti tifosi. Non intendo commettere lo stesso errore.
Il discorso vale anche per Musetti e Sonego. Anche nel loro caso ho riscontrato giudizi affrettati, in passato e oggi. Poco equilibrati.
Se dovessi basarmi soltanto sui match di ottavi di finale, i verdetti sarebbero chiari: Sonego, neo n.40 ATP, ha giocato alla pari con Khachanov (n.10 virtuale) finchè ha avuto le energie per farlo, mentre Musetti, neo best ranking a n.17 (virtuale…), non l’ha fatto con Carlitos Alcaraz, apparso superiore sotto tutti gli aspetti, tranne che per gli errori gratuiti che sono stati pari (23)…ma con la non trascurabile differenza che il murciano ha cercato molto di più il punto, in tutti i modi – dalle smorzate quasi sempre imprendibili, ai serve&volley perfetti sia come scelta di tempo che come esecuzione – e il diverso resonto statistico sui vincenti lo sottolinea chiaramente (42 contro 17).
Le due singole partite, di Sonego come di Musetti, andrebbero soppesate nel contesto di tutto il torneo. E anche della storia dei tennisti italiani al Roland Garros.
Vero che l’appetito vien mangiando, ma fino a qualche tempo avere due italiani in contemporanea piazzati agli ottavi di finale nel “campionato del mondo sulla terra battuta” sarebbe stato considerato un successo.
E le partite di ieri non devono far dimenticare quelle dei giorni precedenti.
Sonego aveva palesato una schiacciante superiorità tecnica nei confronti di due discreti giocatori, Shelton e Humbert (giocando in trasferta), e ha ribadito contro Khachanov l’ottima dimostrazione di tennis e di carattere mostrata con Rublev (peraltro già battuto a Roma tempo addietro; ergo non un caso).
Sulle qualità tennistiche di Sonego, più che su quelle guerriere (che furono anche esse messe in dubbio quando Lorenzo perse a Torino da Goyo in Davis, salvo riscattarsi abbondantemente a Malaga 2022 l’anno dopo) parecchi in questi anni hanno continuato a dubitare.
Non Gipo Arbino, il suo coach che lo conosce meglio di chiunque e, al di là dell’affetto paterno, conosce bene anche il tennis per potersi esprimere con cognizione di causa.
E’ certamente vero che Lorenzo ha ancora una fragilità: una sorta di vera necessità “psicologica” di trovarsi in mezzo a match da… corrida, un torneo e un campo importante, tanta gente, tanto tifo, per esaltarsi e dare il meglio di sé quando è carico al punto giusto. Ecco che in questi casi, più eccezionali che ordinari, lui allora riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione. Da top-10 e dintorni, più che da top-40. La fiducia di Gipo è quindi ben riposta.
Ha giocato una grandissima partita con Rublev e per tre set si è ripetuto con Khachanov, due top-ten che hanno giocato bene, molto bene. Entrambi. Lorenzo, che certamente aveva parlato con il suo allenatore, è stato molto lucido anche nella disamina post-sconfitta con il secondo russo, grande amico del primo.
Sonego ha fatto capire di aver accusato la stanchezza, la fatica della intensa maratona corsa due giorni prima con Rublev. Senza voler fare il …sapientone del “io sì che me ne sono accorto subito” mi era parso chiaro già a partire da metà terzo set contro Khachanov che Lorenzo era molto meno agile, meno scattante e di riflesso anche molto meno lucido.
I servizi slice esterni di Khachanov erano tremendi. Lo buttavano fuori dal campo (se e quando riusciva a rispondere) e venivano seguiti da terribili mazzate di dritto. Ma anche di rovescio Khachanov ha fatto grandi progressi. Del resto il russo è reduce da due semifinali consecutive negli ultimi due Slam. Quando “Polpo” Sonego doveva compiere i soliti recupero sul suo lato destro, quello del diritto che è abituato a lasciare un tantino più scoperto per poter girare attorno alla palla e colpire più dritti che rovesci dall’altro angolo, faticava più del solito, arrivava con maggior affanno del consueto, la spinta sul dritto era meno …spinta!
Non aveva recuperato lo sforzo. Ha quindi ragione Lorenzo quando dice che deve lavorare sul fisico, per potersi permettere in futuro anche due maratone in 48 ore. Djokovic e Nadal hanno vinto tutto quel che hanno vinto perché al di là del talento sono – erano? – due mostri anche atleticamente. Capaci di tenere la massima intensita come nella finale australiana del 2012 anche oltre le sei ore in un giorno solo. E Nadal nel 2009 – cito a memoria – vinse un Australian Open alla domenica recuperando lo sforzo di una maratona pazzesca in rimonta di poche ore prima con Verdasco. Quando qualunque altro tennista sarebbe stato moribondo.
Lo stesso Sonego riposato di venerdì contro Rublev avrebbe probabilmente vinto anche contro Khachanov, anche se questi sono discorsi teorici perché poi ogni partita fa storia a sé. Khachanov ha altre armi rispetto a Rublev – il servizio e la potenza devastante dei fondamentali soprattutto – anche se è meno agile. Resta tuttavia molto agile anche lui considerata la stazza.
Chiudo con Sonego per dire che la stanchezza si manifesta non solo nella minor rapidità e reattività, ma anche nella diversa lucidità. Avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set ha sbagliato un dritto per lui comodo proprio per mancanza di freschezza mentale. Fosse salito sul 5-0 non avrebbe quasi certamente perso quel tiebreak. Ma forse non avrebbe poi vinto ugualmente. A meno che Khachanov, più fresco, non si fosse innervosito. Aveva perso malamente il servizio sul 5-4.
Lorenzo era stanco, se non stravolto, perché le rincorse cui lo aveva costretto Khachanov con quel bombardamento da fondocampo avevano fiaccato perfino la sua non comune resistenza. Si portava dietro la lotta con Rublev. Poca lucidità ha mostrato anche in almeno 3 o 4 occasioni in cui poteva giocare il passante da situazione di gioco favorevoli e invece, dimentico del vento, ha cercato il lob passante ad effetto. Tutti sbagliati. Tutti abbastanza inutili.
Poi, per carità, Sonego può rimpiangere di non aver inferto il colpo del probabile k.o. già nel secondo set quando ha avuto 4 pallebreak per salire 3-1 – e nessuno può sapere come avrebbe reagito Khachanov trovandosi sotto 6-1,3-1 – mentre non può rimproverarsi nulla per il setpoint mancato nel tiebreak. Khachanov gli ha servito un missile a 199 km l’ora. Semmai quella steccata di rovescio quando era ancora avanti di un minibreak, sul 5-3. Ma, insomma, di punti su cui si può recriminare in un match di 3 ore e 3 quarti ce ne sono sempre a bizzeffe.
Lorenzo sistemi il fisico – e sì che lo ha già buono…, certo migliore di Berrettini, Sinner e Musetti tanto per esser chiari! Tuttavia non basta mai se si vuol fare strada negli Slam, quando almeno una o due partite durissime ci sono sempre – e si caverà belle soddisfazioni.
Passo all’altro Lorenzo.
E non dimentico, non sarebbe giusto farlo, quanto bene ha giocato tutte le sue altre partite, Ymer, Schevchenko, Norrie. Non solo tennis bellissimo a vedersi. Ma anche tennis efficacissimo. Puntuale. Ineccepibile sotto tutti i punti di vista.
Contro Alcaraz, invece, match da junior. Da dimenticare…senza dimenticare tuttavia anche che Alcaraz è Alcaraz. Una potenza impressionante e una flessibilità altrettanto impressionante nella capacità di alternare colpi terribilmente potenti a smorzate delicatissime. Come se invece di avere un solo braccio ne avesse due. Uno per tirare forte, un altro per accarezzare drop-shot irraggiungibili. Come pigiando un bottone. Sempre o quasi sorprendendo l’avversario. Qualsiasi avversario per quanto si è visto nelle giornate di vena. Ha battuto quattro volte su quattro Tsitsipas, mi aspetto che lo faccia per la quinta. Perché sul lato sinistro Tsitsi è troppo debole e quando colpisce i suoi topponi monomani di rovescio finisce col corpo all’indietro: una manna per chi sa giocare le smorzate con l’abilità di Carlitos.
Diversa storia potrebbe essere semmai fra Carlitos e Djokovic. Se Djokovic riuscisse a ripresentarsi in quei panni che per adesso non gli ho ancora visto reindossare.
Ma torno su Musetti. L’ho “bollato” poco sopra dicendo che ha giocato come uno junior. Sì, senza il giusto approccio mentale, senza la voglia di lottare come è invece indispensabile. Del resto lo ha ammesso lui stesso a fine match. Leggete le sue dichiarazioni.
Fin dall’inizio, quando ha cominciato con l’illusorio break, è sembrato troppo Narciso. Più intenzionato a cercare il colpo strappa-applausi, che la sostanza. Ogni volta che è stato scavalcato da un lob ha cercato impossibili tweener. Ogni volta! Senza mai l’umiltà di una difesa meno arrogante e pretenziosa.
Idem sulle rare smorzate sulle quali, partendo da così lontano, era riuscito ad arrivare. Ha sempre cercato di tirar fuori il coniglio dal cappello del mago prestigiatore.
Ingenuo. Presuntuoso. O più semplicemente – nell’occasione eh, non sto esprimendo giudizi assoluti sul personaggio Musetti, mi sto riferendo soltanto a questa singola partita e si sa che ogni partita fa storia a sé – giovane, giovanissimo.
Credo che imparerà la lezione. Il talento non si discute. Ma lui non ha bisogno di sottolinearlo a tutti i costi. Anche perché il costo alla fine si chiama sconfitta. E con Alcaraz si è trattato di sconfitta pesante. Non è mai stato in partita, non ha mai dato l’impressione di poterci entrare, di poterla rovesciare. Sembrava che ci fossero due categorie di differenza.
Ci sono? Può essere, oggi come oggi. Ma non è detto che ci saranno sempre. Perfino Alcaraz ha i suoi bassi, non solo alti. Lo abbiamo visto a Roma. Quando anziché a comandare tutto, gioco e punteggio, si trova . inopinatamente per lui e per gli altri – sotto, indietro, si innervosisce, si smarrisce, può commettere errori giovanili lui pure. In fondo i 23 errori gratuiti di domenica non sono pochissimi.
Carlitos è fortissimo, in tutti i sensi, anche tatticamente. Quando decide di venire avanti, seguendo il servizio oppure in controtempo, non sbaglia quasi mai il momento, il tempo, la scelta. Indubbiamente un fenomeno. Fa paura pensare che certamente migliorerà ancora. Ma migliorerà anche Musetti che, a suo modo, ha qualcosa di straordinario anche lui. E non solo la bellezza di certe sue invenzioni. Si assottiglierà o si approfondirà il gap fra i due? Nessuno può saperlo.
Ma se la vittoria di Amburgo non era da prendere per oro colato, perché Carlitos non era ancora quel che è oggi, anche questa batosta del Roland Garros non va presa per oro colato. Il gap c’è, indubbiamente, ma non credo sia così profondo come è sembrato nell’occasione. Ad Maiora.
Editoriali del Direttore
Roland Garros: Un sabato moscio vigilia di una domenica elettrizzante per i duelli Sonego-Khachanov e Musetti-Alcaraz. Intanto Swiatek passeggia. Ma è un bene?
Perché un Sonego che rigiocasse come venerdì contro Rublev potrebbe bastare, Musetti dovrà fare ancora meglio che nei primi due set contro Norrie per battere Alcaraz

Il sabato del villaggio Roland Garros è cominciato male, con il ritiro imprevedibile della Rybakina per un’improvvisa influenza. E’ proseguito con una serie di match di scarsissimo interesse e zero suspence. Unica eccezione il discreto match serale giocato da Zverev e Tiafoe, piuttosto avvincente sia pur con tanti errori dell’uno e dell’altro. Zverev arriva per la sesta volta negli ottavi a Parigi, a un anno dal suo disastroso infortunio contro Nadal (a proposito mi associo agli auguri di compleanno per lui; il fatto che abbia deciso di operarsi significa che non vuole smettere di provarci, un po’ alla murray). In tre ore e tre quarti il tedesco di Amburgo ha battuto Tiafoe per la settima volta su 8 duelli.
Prima Rune ha lasciato 8 game a Olivieri (penso che Vavassori si sarebbe difeso meglio), Ruud ha ceduto un set al gigante cinese Zhang, ma poi ha perso 9 games nei tre set successivi facendone il doppio. Il match forse più atteso fra le donne, la russa di 16 anni Mirra Andreeva contro Coco Gauff di 19 non ha entusiasmato neppure nel primo set che pure è finito al tiebreak e l’ha vinto la ragazzina russa – 3 break per parte, tanti errori, tennis modesto – figurarsi il secondo e il terzo set in cui la Andreeva è scomparsa dal campo raccogliendo appena due game in due set. Magari fra un anno o due diventerà una sfida ad alto livello. Per ora non lo è stata.
L’amico Fritz è stato ingiustamente seppellito di fischi al suo apparire sul Lenglen, nonostante questa volta non giocasse contro un francese come al turno precedente, perché i francesi non gli hanno perdonato di essersi risentito per il loro tifo assolutamente scorretto quando lui ha affrontato e battuto l’ultimo superstite transalpino Rinderknech.
Fritz aveva pienamente ragione. Anche se con lo zittire polemicamente il pubblico cafone ha invitato migliaia di lepri a correre. Gli spettatori francesi sono stati pessimi in questo torneo. Sarà anche colpa della crescente popolarità del tennis l’aver avvicinato tifosi di estrazione… “curve degli stadi di calcio”, ma si sta esagerando e sarebbe bene che si studiasse il modo di porvi un freno.
Una volta succedeva soltanto in Coppa Davis, soprattutto in Sud America ma anche nei Paesi dell’Est Europa (e anche al Bonacossa di Milano quando giocava Fausto Gardini o al Foro Italico quando si esibiva Adriano Panatta), che l’avversario del giocatore di casa venisse disturbato in maniera pesante, maleducata e decisamente scorretta.
Ora succede anche nella capitale francese e abbiamo visto che neppure il tempio di Wimbledon è rimasto esente da questo genere di comportamenti. Chiedere a Djokovic cosa provò quando giocò contro Federer. Il mondo dei social, con le sue esasperazioni e con l’aumento esponenziale dei “web-eti” che si nascondono fra i leoni di tastiera, ha certo contribuito a questa progressiva degenerazione. Chi dice che così il tennis è più vivo e meno asettico ha la vista corta.
Per la gioia di quei Gallipitechi in tribuna sul Lenglen l’argentino Cerundolo ha matato Fritz, così è saltato un altro top-ten, dopo Medvedev, Rublev, Sinner e Aliassime. Cinque su 10, la metà. Mica pochi. Chissà se stasera si aggiungerà anche qualcun altro. Il clan di Musetti è fiducioso, più della critica. Alcaraz è imbattibile per il carrarino? Vedremo, vedrò.
Se Sonego battesse in mattinata Khachanov, come già gli accadde a Montecarlo 2019, non sposterà quella statistica solo perché il russo grande amico dell’altro russo Rublev non è più un top-ten – lo è stato però – ma oggi è n.11 Atp.
Djokovic non mi è parso in forma trascendentale, ma francamente non riesco a immaginarlo in difficoltà con Varillas e neppure con chi vincerà fra Khachanov e Sonego. Insomma non gioca bene Novak, ma un posto in semifinale non credo glielo possa togliere nessuno.
Comunque il torneo maschile ha offerto battaglie bellissime, maratone memorabili e noi certo non dimenticheremo le bellissime performances di Sonego e Musetti (dimenticando Sinner e cinque ragazze su sei), almeno è incerto e interessante quanto a prospettive.
Invece quello femminile mi pare lasci parecchio a desiderare. Il dominio della Swiatek, ora soprattutto che la Ribakina è uscita di scena e se la Sabalenka non gioca come a Madrid dove però l’altitudine favoriva il suo tennis, mi pare così schiacciante da risultare noiosamente prevedibile. Perderà il torneo solo se, come a Roma, dovesse farsi male. Ma certo non glielo si augura. Poi qui non c’è stata finora quella umidità che ha afflitto oltre misura, come non mai, gli Internazionali d’Italia. E che è stata la causa indiretta di molti problemi muscolari e diversi ritiri.
Iga aveva perso 8 games in 4 set nei due precedenti turni in cui aveva comunque inflitto un 6-0 nel secondo set sia alla Bucsa sia alla Liu, ma contro la Xinyu Wang è stata uno schiacciasassi: l’ha battuta addirittura 6-0, 6-0. In quei 12 games a senso unico ha concesso soltanto 17 punti. Mi chiedo con che spirito scenderà in campo contro Iga l’ucraina Tsurenko che pure ha battuto la canadese Andreescu.
E mi domando anche se una tale schiacciante superiorità faccia davvero bene allo sviluppo e alla popolarità del tennis femmnile.
Mentre tantissimi match maschili del Roland Garros hanno richiesto un quinto set, quasi trenta, e ancora di più sono andati oltre alle 3 ore e mezzo di strenua battaglia, beh fa un certo effetto constatare che la Swiatek sta in campo meno di un’ora e lo spettacolo davvero non c’è.
Non è colpa sua, certo che no, ma qualche domanda questa situazione priva di equilibrio al vertice – fatta eccezione per la Sabalenka in buona giornata – un pochino la suscita sul famoso discorso caro a Billie Jean King della parità del montepremi. Non sarà un discorso politically correct, ma che possano sorgere dei dubbi io lo capisco.
In quasi nessuna altra disciplina sportiva le donne guadagnano tanto quanto gli uomini come nel tennis, pur godendo di una competitività ad alto livello molto meno agguerrita. E pur “vendendo” molti meno biglietti per uno spettacolo che dura quasi sempre anche molto meno.
Tant’è che perfino Amelie Mauresmo, direttrice del torneo e certo non sospettabile di non avere a cuore le donne, finora aveva sempre programmato come match serale sullo Chatrier una partita di singolare maschile.
Chi si azzarderebbe a far pagare un biglietto per una sola partita della Swiatek che magari dura meno di un’ora? Per il match serale di stasera la Mauresmo, criticata per il suo pragmatismo…maschilista (proprio lei!), si è presa il rischio di programmare per la prima volta una partita femminile, Stephens-Sabalenka e certamente pregherà che la partita duri più di un’ora e mezzo, magari due, e vada al terzo set.
Altrimenti sai le proteste di chi ha acquistato il biglietto di domenica sera mesi fa? Quanti si lamenterebbero: “Ma proprio a noi doveva toccare?”. Auguriamoci che sia una bellissima partita. Stephens e Sabalenka sono entrambe vincitrici Slam e in grado di giocare molto bene. Non sono sempre state esempi di continuità, però. Mi sa che Amelie terrà lì di riserva Mansour Bahrami e qualche altra vecchia star (Leconte?) in caso si dovesse prolungare lo show.
Mi aspetto naturalmente spettacolo da Sonego con Khachanov _ quasi certamente al Lorenzo da Torino avrà fatto piacere dover rigiocare sul Lenglen dove ha battuto Rublev – e ovviamente anche da Musetti con Alcaraz.
I due italiani hanno giocato talmente bene venerdì che il mio unico timore è che non riescano a ripetersi su quegli straordinari livelli. E invece per battere gli avversari odierni dovrebbero, soprattutto Musetti che pure nei primi due set aveva fatto vedere un tennis da marziano, giocare ancora meglio. Mentre Khachanov non può essere considerato superiore a Rublev, rispetto al quale ha più servizio, maggiore potenza e forse anche superiore risposta ma anche una minore agilità e una minore capacità difensiva, non c’è dubbio che Alcaraz sia molto superiore, sotto tutti gli aspetti, a Cameron Norrie. Per questo dico che forse per battere Khachanov può bastare lo stesso Sonego di venerdì, magari evitando di servire seconde palle sotto i 140 km orari a costo di fare qualche doppio fallo in più, mentre per battere Alcaraz Musetti dovrà davvero superare se stesso e la sua miglior partita di sempre. Giocandola non per due soli set come contro Tsitsipas o Djokovic, ma per almeno tre set. Meglio se per quattro o cinque.
Teste di serie eliminate
Tabellone maschile:
PRIMO TURNO
2 Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini)
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata-Miralles (Schwartzman)
SECONDO TURNO
8 Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 De Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)
TERZO TURNO
7 Rublev (Sonego)
9 Fritz (23 Cerundolo)
13 Hurkacz (Varillas)
12 Tiafoe (22 Zverev)
14 Norrie (17 Musetti)
15 Coric (Etcheverry)
26 Shapovalov (1 Alcaraz)
29 Davidovich-Fokina (3 Djokovic)
Tabellone femminile
PRIMO TURNO
8 Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejcikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina ( Parry)
26 Trevisan ( Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cristea ( Paolini)
SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova ( Pavlyucenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)
TERZO TURNO
3 Pegula (28 Mertens)
23 Alexandrova (14 Haddad Maia)
24 Potapova (Pavlyucenkova)
27 Begu (Muchova)