Rafa Nadal: “L'unico fallimento è non provarci”

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Rafa Nadal: “L’unico fallimento è non provarci”

Lunga intervista al n. 4 del mondo Nadal: “È importante accettare le imperfezioni”

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Rafael Nadal - Acapulco 2022 (Twitter - @AbiertoTelcel)
Rafael Nadal - Acapulco 2022 (Twitter - @AbiertoTelcel)
 

“Convivere con l’imperfezione delle cose”: si può riassumere così la filosofia di Rafa Nadal espressa prima ancora di preparare le valigie per Acapulco in una chiacchierata organizzata da uno dei suoi sponsor, Cantabria Labs, azienda farmaceutica specializzata in dermatologia. “L’importante è la salute” era il titolo dell’incontro e, dal momento che erano presenti medici (tra cui Ángel Ruiz-Cotorro, il medico di Rafa), l’argomento non è stato trattato dal punto di vista sociologico – come massimo esempio dei luoghi comuni, insomma. E forse non proprio un luogo comune, ma certo nell’immaginario collettivo il 21 volte campione Slam incarna perfettamente il ruolo dell’atleta dotato di costante e superiore motivazione ad allenarsi, anche se ciò non può coincidere sistematicamente con la realtà nemmeno nel suo caso. La mancanza di motivazioni colpisce tutti più o meno occasionalmente, ma gli sportivi di successo riescono a superare il senso di noia che, da questo punto di vista, costituisce quindi il rischio maggiore, molto più del fallimento. Ripreso da diversi media spagnoli, sentiamo allora quali sono le ricette tipiche di Manacor per evitare questo rischio, per gestire gli insuccessi, per impegnarsi nel lavoro senza annientarvisi.

ANCHE POCO MA TUTTO – “Noi sportivi, prima di tutto, siamo persone normali, ordinarie” esordisce Rafa. “Ci sono giorni in cui ci costa di più andare al lavoro perché abbiamo avuto un brutta nottata o ci siamo svegliati particolarmente stanchi e fatichiamo a trovare gli stimoli. Normalmente se vinci e hai continuità nei risultati, è perché hai l’atteggiamento necessario per metterti a lavorare o, in questo caso, ad allenarti con un’adeguata predisposizione”. Ma le giornate storte ci sono per tutti e nemmeno Nadal fa eccezione, quindi tutto si riduce a come le si affrontano. “È chiaro che non tutti i giorni della tua vita puoi dare il massimo: ci sono giorni in cui il tuo corpo ti permette di dare il 100%, altri l’80 o il 50. L’importante è che, in un giorno in cui puoi dare al massimo il 60%, tu dia tutto quel 60, non il 20 solo perché le cose non sono perfette”.

LA SOSTENIBILE PESANTEZZA DELLE SCONFITTE – “È importante convivere con l’imperfezione delle cose, accettare che le cose non siano sempre perfette. Facendo proprio questo principio fondamentale, si possono tollerare meglio gli errori e i fallimenti. Molte persone non sopportano gli insuccessi. Se una persona si impegna per raggiungere un obiettivo, secondo me non è mai un fallimento, magari è l’avversario a essere stato migliore. È solo un obiettivo non raggiunto e ci si mette al lavoro per quello successivo. Per me il rischio reale è il modo in cui si affrontano i momenti difficili. Bisogna avere l’umiltà – quella vera, interiore, non la falsa umiltà di quando dici le parole giuste – di accettare che non sempre le cose vadano bene, in modo da poter tollerare nel migliore dei modi le difficoltà e guardare avanti con la giusta prospettiva.”

NON FALLISCI SE… – “Una delle chiavi per cui ancora oggi continuo a giocare a tennis è che ho accolto i successi e gli insuccessi in maniera simile. Nulla è assolutamente fantastico come nulla è totalmente funesto. Bisogna tenere una linea intermedia a livello emotivo. Per me, l’unico fallimento è non provarci. Se vado a giocare l’Australian Open e perdo al primo turno però mi sono sforzato di tenere l’atteggiamento giusto nella settimane di preparazione, ho perso, come in ogni torneo perde al primo turno metà dei giocatori. E al secondo turno ancora la metà: cos’è, siamo tutti dei falliti? No, semplicemente non è andata bene, ma non è un fallimento – una parola che neanche mi piace perché, come ho detto, fallisci solo se non fai le cose nella maniera giusta.”

NE FAREI A MENO MA – Quello di Rafa è anche il primo nome che viene in mente quando si parla di “rituali” sul campo da tennis, dall’accurata disposizione delle sue bottigliette, ai balzi durante il sorteggio, ai capelli spostati dietro le orecchie prima del servizio e tutto quanto. Secondo alcuni, più un processo è ritualizzato, più è facile arrivare allo stato di profonda concentrazione necessario per la grande prestazione. Premesso che ognuno deve trovare il proprio modo per concentrarsi, Rafa sostiene che “meno cose esterne ti servono, meglio è. E lo dice uno che, quando gioca, ha dei rituali parecchio evidenti”. Al riguardo ribadisce: “Mi piacerebbe molto non averli, non l’ho mai nascosto. Non cerco scuse, ma il tennis è uno sport aggressivo dal punto di vista mentale perché gli errori più piccoli ti possono rispedire a casa. Devi sempre essere centrato al cento per cento per non farti distrarre da eventi esterni e si tratta allora di trovare la via per arrivare a questo stato di concentrazione. Io riesco a isolarmi da qualsiasi distrazione attraverso tutte queste cose che faccio quando gioco in torneo; quando mi alleno, invece, non ho alcun rituale”.

VIVO IN UN ORDINE IMPERFETTO – “Contrariamente a quello che si pensa” dice sorridendo, “sono molto poco metodico e nemmeno sono ossessivo, con l’eccezione dell’intensità che metto nel lavoro. Detto questo, ovviamente ci sono tanti altri che si allenano al massimo ma non hanno la fortuna che ho avuto io, lo tengo sempre ben presente. Penso di avere una grande predisposizione al lavoro ma in maniera disordinata, quindi con l’avanzare dell’età ho dovuto mettere ordine, senza arrivare ad essere perfetto. Non credo nella perfezione, nel diventare dei robot, ci deve essere spazio per un po’ di arte, di fantasia”.

IL RITORNO DEL CIBERNAUTA – “Fino a una decina di anni fa, ero un disastro sotto l’aspetto nutrizionale, poi ho iniziato a lavorare con un nutrizionista, cominciando a capire quello che mi aiutava e quello che mi danneggiava. Alla fine, uno sceglie, ma l’equilibrio è importante, ci vuole misura. Se uno dorme le ore perfette, fa la prevenzione perfetta, segue la dieta perfetta, si allena le ore perfette… così rimango senza vita e nemmeno riesco a rendere sul campo. C’è chi si converte in un robot e per lui funziona, ma non per me. Esistono cose intangibili di cui c’è bisogno per avere felicità e serenità.”

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