La sfida di Alcaraz: "Non vedo l'ora di giocare contro Djokovic e Nadal"

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La sfida di Alcaraz: “Non vedo l’ora di giocare contro Djokovic e Nadal”

Il giovane spagnolo rivela: “Non so se fossi più agitato per l’esame della patente o per la finale di Rio contro Schwartzman”

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Carlos Alcaraz - ATP Rio 2022 (foto @RioOpenOficial)
 

In un’intervista esclusiva concessa a Marca, il campione di Rio de Janeiro Carlos Alcaraz ha parlato apertamente del suo ultimo trionfo, delle sue routine e di cosa gli riserverà il futuro. Di seguito l’intervista integrale.

Da fuori sembrava che tu avessi festeggiato la vittoria a Rio più del tuo primo titolo a Umago. È effettivamente stato così?

“Può darsi che lo abbia celebrato un po’ di più. Il fatto che ci fossero più persone nel mio angolo, tra cui mio fratello, mi ha reso particolarmente felice, devo ammetterlo. L’esultanza mi è venuta fuori in quel momento: ho tirato fuori tutto quello che avevo accumulato nell’intera settimana per le tante cose che abbiamo passato.

Ci puoi spiegare l’esultanza, che hai definito dei “Lupas”, con il gesto di mettersi gli occhiali?

“È un gruppo di amici che abbiamo e tra noi e, per scherzo, ci chiamiamo Lupas. Non ha alcun senso, ma lo troviamo divertente. Mi hanno detto che se avessi vinto avrei dovuto fare il gesto degli occhiali, così l’ho fatto.

Qual è stata la prima cosa che ti ha detto il tuo allenatore Juan Carlos Ferrero dopo aver vinto a Rio?

“Mi ha fatto i complimenti ma mi ha anche detto che dobbiamo continuare ad allenarci: tutto questo è appena iniziato, non è niente. Per scherzo mi ha detto di non aver ancora raggiunto nessuno e di tenere i piedi per terra.

Uno degli aspetti forse più sconosciuti di te è che ti piace fare un pisolino e giocare a scacchi prima delle partite. Ce lo spieghi meglio?

Sono stato ripreso dalle telecamere alle Next Gen di Milano e pure a Rio mentre dormivo, perché il riposo è importante e ancora di più in una settimana così intensa in cui pioveva e le partite erano in ritardo. Il recupero è stato fondamentale e i sonnellini prima delle partite fanno al caso mio. Gli scacchi, infine, mi aiutano a concentrarti e a farmi funzionare la testa. Mi servono ad essere più veloce mentalmente e sempre concentrato, a osservare le giocate, a vedere il movimento che vuoi fare, la strategia. Negli scacchi, come nel tennis, se ti perdi un attimo il gioco diventa già confuso. Sotto questo punto di vista sono due discipline abbastanza simili.

Tuo fratello Álvaro ha esordito come tuo sparring. È all’altezza?

Senz’altro, se sia all’altezza o meno si è riflesso nel mio risultato a Rio. Il mio primo allenamento lì è stato con lui e, alla fine, ho vinto.

Hai intenzione di ingaggiarlo per allenarsi con te durante la stagione?

Il problema è che mio fratello ha le sue cose da fare a Murcia. Mi piacerebbe molto che venisse, sa che nei buoni tornei può raggiungermi in qualsiasi momento.

Hai battuto i record di precocità di Nadal, Federer e Djokovic per quanto riguarda l’ingresso in top20. Cosa significa?

È un dato che mi conferma che sono sulla strada giusta, la strada che mi indicano il mio allenatore e tutto il mio team. Stiamo andando tutti nella stessa direzione, questi record dicono che dovrei continuare su questa strada perché è quella giusta.

Prima di iniziare questa stagione hai confessato apertamente che il tuo obiettivo era la ‘top15’ e, praticamente, ce l’hai già quasi fatta. È tempo di fissare un obiettivo più ambizioso?

Mi mancano ancora cinque posti da scalare e, quando li raggiungerò, cercheremo nuovi obiettivi per la fine dell’anno. Ovviamente sogno di finire la stagione tra i primi 10.

Ti piacerebbe affrontare tennisti come Nadal o Djokovic per sapere davvero dove sei?

Sì, voglio senz’altro affrontare Djokovic e giocare ancora con Rafa. Sono più maturo e gestisco meglio le mie emozioni, soprattutto guardando alla partita che ho fatto con Nadal a Madrid. Se giocherò di nuovo con lui, sarà diverso.

Nadal ha appena vinto il suo ventunesimo Grande Slam in Australia. Hai visto tutta la finale?

Ero incollato alla televisione. Nel quinto set non avevo mangiato ed ero a casa da solo con mio fratello: durante le pause andavo in cucina a preparare da mangiare noi due. Quando cominciavano, però, correvo sempre davanti alla TV e così via. Non potevo perdermi un singolo punto.

Hai finalmente preso la patente, una cosa che hai desiderato fortemente nell’ultimo anno. La sensazione è simile a quella che si prova quando si vincere un titolo?

Quasi! Sinceramente, non so se ero più nervoso per il test della patente o per la finale di Rio con Schwartzman.

Che macchina ti comprerai adesso?

Non lo so ancora, non ne ho idea. Ho visto macchine che un giorno mi piacerebbe poter acquistare, ma ora non è il momento.

In Australia si è parlato molto del tuo cambiamento fisico, delle tue braccia, dei tuoi muscoli. Noti anche tu questo cambiamento?

“Mi sento molto meglio fisicamente: più forte, più preparato, più tutto. La preparazione fisica è importante per sapere di essere preparato a sopportare partite impegnative, ci abbiamo lavorato molto con tutto il team”.

Fai parte di quelli che si guardano allo specchio ed esclamano: “quanto sono forte!”?

“A volte sì! La cosa tipica che faccio quando vado dal fisioterapista e mi vedo allo specchio è meravigliarmi per il mio cambiamento”.

Cosa hai smesso di mangiare per essere così definito?

“Non ho smesso di mangiare nulla perché non sono mai stato un ragazzo che mangiava male. Quello che ho migliorato è stata l’integrazione, diventando più consapevole di quanto fosse importante mangiare bene. È stata una delle chiavi del mio cambiamento fisico”.

Ti piace di più giocare con una maglietta con o senza maniche?

“Senza maniche mi sento molto a mio agio. Tra l’altro, i due tornei ATP che ho vinto li ho giocati entrambi senza maniche, ma comunque non mi danno fastidio le maniche”.

Rafael Nadal è stato il leader di una generazione di atleti spagnoli che includeva anche Pau Gasol e Fernando Alonso, ti consideri il leader di una nuova generazione?

“Speriamo! Fortunatamente, in Spagna abbiamo grandi atleti, alcuni leggendari e altri che sono a un livello spettacolare in tutti gli sport. Per me sarebbe bello far parte di questa nuova generazione di atleti spagnoli”.

Ti consideri un candidato per vincere un titolo del Grande Slam in questa stagione?

“Quest’anno penso ancora di non essere uno dei favoriti per vincere uno Slam. Posso vincerlo, non dico di no, perché nel tennis può succedere di tutto, ma non parteciperò a quei tornei essendo uno dei favoriti o uno dei candidati per vincerlo”.

Hai sempre confessato di sognare in grande. Sogni spesso di essere il numero uno del mondo e vincere grandi titoli?

“Sì, penso sempre a come sarebbe essere il numero uno, a come sarebbe vincere l’ultimo punto del mio primo Grande Slam. Penso sempre a come festeggerei il mio primo Major o come celebrerei la vittoria della partita che mi permetterebbe di essere il numero uno al mondo”.

Hai fatto innamorare il pubblico dello US Open, a Ney York, e ci sei riuscito di nuovo a Rio. Perché pensi di connetterti così bene con il pubblico?

“Per il modo in cui gioco e per la fiducia che ho in campo. Sono molto dinamico, salgo a rete, faccio le palle corte, colpisco la palla molto forte. Forse aiuta anche il modo in cui mi incoraggio, in questo senso sono un po’ euforico. Posso fare qualsiasi cosa, anticipare un rimbalzo, qualche ottimo tiro al volo sinistro, cose diverse che attira l’attenzione delle persone”.

Quando è stata l’ultima volta che hai chiesto di farti fotografare con uno sportivo che ammiri?

“È successo a Madrid, quando ho chiesto una foto a Luis Suárez e Benzema”.

Da madridista, ti piacerebbe vedere Mbappé ai blancos la prossima stagione?

Certo, speriamo. Ogni tifoso di calcio vorrebbe Mbappé nella sua squadra”.

Sembra che il tuo gioco si adatti di più alle superfici rapide, però i tuoi risultati migliori sono arrivati sulla terra escludendo i quarti allo US Open. Come mai?

“Sono un giocatore che si adatta bene a tutte le superfici, mi piacciono sia la terra che il cemento. Penso che, in futuro, giocherò un po’ meglio sul veloce per il semplice fatto che la maggior parte dei tornei si disputano su questa superficie”.

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