Una Davis in salita (Cocchi). Dubbi e timori di Djokovic: «Mi mancano le energie» (Bertellino). Scandalo Wimbledon. Fuori i russi, sì ai no vax (Martucci). Roger, l'autunno per rinascere (Giammò). Swiatek, la regina che imitava Nadal (Grilli)

Rassegna stampa

Una Davis in salita (Cocchi). Dubbi e timori di Djokovic: «Mi mancano le energie» (Bertellino). Scandalo Wimbledon. Fuori i russi, sì ai no vax (Martucci). Roger, l’autunno per rinascere (Giammò). Swiatek, la regina che imitava Nadal (Grilli)

La rassegna stampa di mercoledì 27 aprile 2022

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Una Davis in salita (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Potrebbe succedere di peggio. Potrebbe piovere. E meno male che la Coppa Davis si gioca al coperto, perché il sorteggio non è stato proprio un sollucchero per l’Italia. Nella fase a gironi che gli azzurri giocheranno a Bologna dal 14 al 18 settembre, subito dopo lo Us Open di New York, gli azzurri di Volandri hanno pescato Croazia, Argentina e Svezia. Nazioni che hanno grande tradizione e passione per l’Insalatiera d’argento sebbene non stiano attraversando un momento di gloria. Molto dipenderà dalle condizioni in cui si presenterà la squadra italiana, sulla carta fortissima. Tra carta e realtà, però, si infila sempre qualche incognita. Il nostro numero 1 Matteo Berrettini nel 2021 non è mai riuscito a giocare in azzurro, fermato dagli infortuni. In più, l’assenza di un doppio collaudato e competitivo ha penalizzato l’Italia nel nuovo format con due singolari e un doppio, in cui la prova a coppie è diventata decisiva. Il capitano Filippo Volandri guarda in faccia la realtà: «E’ un girone tosto, difficile, ma molto stimolante – ha detto -. Ritrovare la Croazia, contro la quale abbiamo perso lo scorso anno a Torino, sarà un motivo in più per cercare la rivincita. In vista di settembre abbiamo tutto il tempo per poterci attrezzare e soprattutto faremo tesoro dell’esperienza del 2021. Sono sicuro che la squadra si farà trovare pronta a dare il massimo per centrare la qualificazioni ai quarti e volare a Malaga per la fase finale». I croati, finalisti lo scorso anno e sconfitti dalla Russia (assente quest’anno per l’esclusione dovuta alla guerra), potranno contare sull’esperienza di Marín Cilic e il rientro di un finalmente sano Borna Coric, ma soprattutto hanno un’arma letale nel doppio numero 1 del mondo, composta da Nikola Mektic e Mate Pavic: «Quest’anno abbiamo a disposizione anche la coppia Bolelli-Fognini, un doppio importante, tomato insieme anche sul circuito – prosegue il Capitano -. Comunque speriamo di avere finalmente tutti a disposizione…». E poi c’è l’Argentina, che proprio contro la Croazia vinse una Davis nel 2016 e che adesso vede in Diego Schwartzman il suo numero 1, unico giocatore albiceleste ad appartenere alla top 20. Nel preliminare, il capitano Guillermo Coria ha fatto debuttare il 21enne Sebastian Baez, protagonista anche alle Next Gen Finals di Milano. Sebbene Federico Delbonis sia come classifica il numero due degli argentini, il mancino non sembra far parte dei piani di Coria, mentre il doppio dovrebbe restare quello composto da Zeballos e Gonzalez, con tre vittorie in coppia. La Svezia non sarà certo quella dei sette titoli conquistati tra il 1975 e il 1998, e sulla carta pare la meno pericolosa. Il capitano è Robin Soderling e i due singolaristi sono i fratelli Mikael ed Elias Ymer, entrambi top 200. Quanto al doppio è tutto da inventare. […]

Dubbi e timori di Djokovic: «Mi mancano le energie» (Roberto Bertellino, Tuttosport)

L’urna di Malaga, che ha sancito la divisione delle squadre partecipanti alla Davis Cup 2022, non é staia particolarmente favorevole agli azzurri. L’Italia infatti è stata inserita nel girone A, con Croazia, Argentina e Svezia. Le sfide dello stesso girone andranno in scena a Bologna, presso I’Unipol Arena, dal 14 a1 18 settembre. L’obiettivo è ovviamente salire nella fase ad eliminazione diretta, dai quarti di finale, che avrà quale sede proprio la città di Malaga. Designata anche la quarta delle città ospitanti la fase iniziale che sarà Valencia. Le altre sono appunto Bologna, Glasgow e Amburgo. Per la squadra capitanata da Filippo Volandri avversarie di gran lignaggio e lunga storia alle spalle. Proprio la Croazia lo scorso anno a Torino ha interrotto la nostra corsa in Davis Cup 2021 nei quarti. Temibile anche l’Argentina di Diego Schwartzman, da non sottovalutare la Svezia dei fratelli Ymer. Esclusa dalla competizione, per la guerra con l’Ucraina, la Russia campione in carica. Ieri intanto Novak Djokovic ha allarmato i propri tifosi, dopo la sconfitta nella finale del torneo di casa, a opera di Andrey Rublev. Il n. 1 del mondo ha parlato di brutte sensazioni a causa di un problema fisico che ha colpito nell’ultimo periodo il suo corpo, per il quale è dovuto ricorrere a cure mediche: «Nel set finale a Belgrado mi è mancata completamente l’energia, non ho avuto la forza di lottare, e in quelle condizioni era impossibile opporsi a un giocatore tra i più forti del mondo. Mi era già capitato a Montecarlo». Sensazioni che Nole ha definito “preoccupanti”.

Scandalo Wimbledon. Fuori i russi, sì ai no vax (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Federer ha annunciato il ritorno dal 24 ottobre al torneo di Basilea e i suoi adepti tremano già temendo che si ritirerà lì, Nadal è guarito dalla frattura da stress alle costole e s’è iscritto al Masters 1000 da domenica a Madrid, Djokovic ha avuto via libera da Wimbledon e potrà difendere il titolo anche senza essere vaccinato contro il Covid, malgrado lui stesso azzardi di aver contratto un fantomatico virus che l’avrebbe debilitato domenica nella finale di Belgrado. Soprattutto, fa scalpore l’All England Club che, dopo aver deciso unilateralmente di cancellare l’edizione del 2020 grazie a un’assicurazione da 235 milioni di dollari – l’unico Slam saltato quell’anno per la pandemia -, dopo aver escluso arbitrariamente russi e bielorussi dall’edizione 2022 per l’invasione dell’Ucraina, ora, demolendo le decisioni del primo Major stagionale, gli Australian Open, e dei due primi Masters 1000 Usa, Indian Wells e Miami, apre le braccia al numero 1 del mondo malgrado la sua dichiarata scelta No-Vax. «Il requisito stabilito dal governo per entrare nel Regno Unito non include la vaccinazione obbligatoria», ha dichiarato ufficialmente l’amministratore delegato dell’All England Lawn Tennis Club, Sally Bolton in una conferenza stampa. «Pertanto, sebbene sia ovviamente consigliata, non è una condizione obbligatoria per l’ingresso». Il chairman del club, Ian Hewitt, aveva invece spiegato il no agli atleti di Russia e Bielorussia, scavalcando la proposta di Andrey Rublev: «Anche se dovessimo accettare l’iscrizione di quei giocatori con dichiarazioni scritte, rischieremmo che il loro successo o la loro partecipazione a Wimbledon venissero utilizzati a beneficio della macchina di propaganda del regime russo, cosa che non potremmo accettare. Abbiamo inoltre il dovere di garantire che nessuna azione intrapresa metta a rischio la sicurezza dei giocatori o delle loro famiglie». […] «Nonostante non abbia completato la preparazione e sia in una situazione difficile, ho molta voglia di giocare e giocare in casa poiché le occasioni sono poche. Voglio cercare di farlo nel miglior modo possibile. Ci vediamo a Madrid». Con questo messaggio sui propri canali social, Rafa ha comunicato al tennis che, anche se non è ancora al meglio, dopo l’infortunio di Indian Wells del 30 marzo e la conseguente rinuncia di Miami, Montecarlo e Barcellona, vuole tornare in campo per i mega tornei sulla prediletta terra rossa di Madrid e Roma (dal 9 maggio) sulla strada di un nuovo tentativo al Roland Garros, che ha già vinto 13 volte.

Roger, l’autunno per rinascere (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Due sole sono le cose che contano in ogni liturgia che vuol dirsi tale: il tempo e la cornice. Il primo, Roger Federer aveva iniziato a riempirlo della sua assenza da quel 7 luglio dell’anno scorso, quando perse in tre set da Hubert Hurkacz ai quarti di Wimbledon, incassando un 6-0 finale. Un oltraggio per chi su quei prati era abituato a muoversi come nel giardino di casa. Un martirio per chi fino ad allora se n’era riempiti gli occhi. Chiuse dietro di sé le porte dell’All England Club, non pago di tanta agonia, Federer fece calare anche un sipario di incertezza su quelli che sarebbero stati i suoi programmi futuri. Annunciò, lo svizzero, di dover tornare sotto ai ferri. Era l’unica soluzione, disse, per poter provare a tomare in campo e darsi qualche possibilità di ripresa. Nove mesi dopo, è stato ancora lui ieri ad annunciare il suo ritorno in campo in un torneo ufficiale (quale non è la Laver Cup di settembre, che potrebbe vederlo in doppio con Nadal) il prossimo ottobre (dal 22 al 30) allo Swiss Indoor di Basilea, sua città natale. La cornice dove tutto iniziò e da dove sentiva che era giusto rimettersi in cammino. Come, per quanto, a che prezzo e con che risultati, è presto per dire. I mesi trascorsi lontano dal circuito sono stati incerti. Aggiornamenti sulle sue condizioni non sono mancati: via le stampelle, le prime passeggiate, i primi palleggi contro un muro, i carichi sempre più pesanti, gli scambi sempre più forti, fino all’annuncio di ieri. Un annuncio che in un attimo ha inghiottito tutte le tappe precederti concentrando sul suo ritorno in campo le attenzioni di tutti gli appassionati. Che, come spesso accade quando atleti di prim’ordine restano fermi ai box per così tanto tempo, si ritrovano ora a dover scegliere con quale spirito accogliere la notizia: se con il beneficio del dubbio, o con la cieca fiducia che si riversa in ogni atto di fede. Per Dalibor Sirola, preparatore atletico de team Piatti, Roger Federer «appartiene alla categoria dei Michael Jordan, quella dei fuoriclasse, gente che conosce il gioco e per cui tutto è possibile. E’ normale che a quarant’anni i tempi di recupero siano più lunghi rispetto a quelli di un venticinquenne, non si possono bruciare le tappe e correre rischi inutili». Tuttavia, per atleti come lui, il preparatore atletico ritiene che ti possano essere «possibilità di un ritorno in campo a un livello accettabile di agonismo e competitività». […]

Swiatek, la regina che imitava Nadal (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

E’ come se volesse cancellare al più presto il fantasma della Barty facendo vedere di meritare in pieno il numero 1 del ranking. Iga Swiatek ha ereditato un mese fa il trono del tennis, dopo l’inaspettato ritiro annunciato il 23 marzo dalla campionessa australiana – che aveva dominato gli ultimi tre anni – e si è dimostrata in poco tempo una regina assolutamente credibile. Non avrà la mano fatata di Ashleigh, ma Iga è giovane – compirà 21 anni 31 maggio – piace al pubblico giovanile, gioca bene e. soprattutto vince sempre. Domenica scorsa, sulla terra battuta indoor a Stoccarda, l’atleta di Varsavia ha ottenuto il suo quarto titolo consecutivo del 2022, allungando la sua striscia positiva a 23 partite di fila negli ultimi 61 giorni. In precedenza aveva conquistato Doha e centrato il Sunshine Double, la doppietta Indian Wells-Miami, trovando tempo anche per vincere un paio di singolari (con un solo gioco perso in totale!) della Billie Jean Kmg Cup contro la Romania. E così in classifica ha portato a oltre duemila punti il vantaggio sulla seconda, un’altra stella emergente come la spagnola Badosa, classe 1997. «Queste ultime settimane mi hanno insegnato molto sul mio tennis – ha dichiarato nei giorni scorsi – ho capito di non dovermi sentire per forza al 100% per avete la possibilità di battere le giocatrici più forti. A Stoccarda non mi sentivo al massimo, eppure sono riuscita a vincere». In Germania non erano con lei il coach, e l’ormai famosa Daria Abramowicz, mental coach che ha svolto un ruolo fondamentale nel suo percorso di crescita. «Mi ha fatto capire che era l’ansia di raggiungere il risultato che mi faceva giocare male. E comunque Daria a Stoccarda non c’era ma l’ho sentita spesso. E poi non devo preoccupami se parte del mio team non è con me, in campo vado sempre da sola». Un bel sorriso timido, usa il Lego e il Sudoku per migliorare la concentrazione, ama la pizza e quando vuole premiarsi lo fa con un bel tiramisù. Ha un gatto che si chiama Grappa. Ha preso la patente sei mesi fa, chissà come se la caverà alla guida della fiammante Porsche Taycan che ha ricevuto in dono per la vittoria a Stoccarda. E poi ha un debole per Nadal. «Da piccola guardavo solo lui e non seguivo il circuito femminile. Provavo a giocare con il suo top spin, qualcosa mi è rimasto. Ammiro la sua forza meritale, e un anno fa ho quasi pianto vedendolo perdere a Parigi da Djokovic». L’esplosione è arrivata con il trionfo inaspettato – da numero 54 del ranking – nell’edizione autunnale del Roland Garras 2020 e improvvisamente la ragazza che, ricorda lei stessa, nella sua Polonia riconoscevano “solo perché porta sempre il cappellino” è diventata la “Mozart del tennis”, come la definì Wojtek Fibak, totem del tennis polacco. Ha chiuso il 2021 al nono posto, con due tornei vinti mentre quest’anno, prima della sua serie vincente, era stata semifinalista agli Open d’Australia.

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