ATP Roma, Djokovic dopo la vittoria: "L'età è solo un numero, non mi ritiro finchè gioca Nadal" [VIDEO]

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ATP Roma, Djokovic dopo la vittoria: “L’età è solo un numero, non mi ritiro finchè gioca Nadal” [VIDEO]

Le parole del numero uno del mondo dopo la vittoria al Foro Italico: “Mi sento perfettamente a livello fisico e mentale. Vado a Parigi con grande fiducia, sono uno dei favoriti”

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Novak Djokovic - Roma 2022 (foto Roberto dell'Olivo)
Novak Djokovic - Roma 2022 (foto Roberto dell'Olivo)
 

Una lunga conferenza stampa, in diverse lingue, ha visto protagonista Novak Djokovic dopo la sua vittoria del titolo a Roma. Ecco tutte le dichiarazioni del campione serbo in conferenza stampa a seguito della finale vinta contro Stefanos Tsitsipas. C’è anche un simpatico siparietto col direttore di Ubitennis, Ubaldo Scanagatta.

D: Ripensando al percorso fatto dall’Australia a oggi, quanto è stato duro?

Djokovic: “E’ un sollievo avere vinto questo torneo, dopo tutto quello che è successo ad inizio anno. Ne avevo bisogno, specialmente prima di uno Slam. Al Roland Garros voglio arrivarci con fiducia, è uno dei tornei in cui voglio essere al meglio per avere una chance di vincere. Storicamente, Roma è sempre stato un torneo dove ho trovato un buon ritmo anche grazie alla passione dei tifosi, che mi danno sempre una grande carica. Non potevo chiedere di meglio questa settimana. Non ho perso un set in tutto il torneo, oggi ho giocato un primo set perfetto. Ho sempre avuto fiducia nel percorso fatto sin da quando ho iniziato ad allenarmi sulla terra”.

D: Come puoi quantificare il miglioramento che hai fatto da Madrid a oggi?

Djokovic: “Penso di aver giocato molto bene anche a Madrid. Con Alcaraz è stata una partita combattuta, è stato bravo lui, però a far la differenza penso sia stato un punto… Ero comunque soddisfatto del mio livello di gioco e venendo a Roma sapevo che avrei solo dovuto continuare su quella strada e il titolo sarebbe stato possibile. Poi quando sono arrivato qui mi sono sentito bene fin dal primo allenamento, colpendo la palla in modo molto pulito. Non potevo chiedere un percorso migliore in avvicinamento al Roland Garros. La finale a Belgrado, migliorando la mia condizione fisica di partita in partita. La semifinale a Madrid, torneo in cui ho giocato meglio ma non sono stato incisivo nei momenti topici. E poi la vittoria a Roma, dove il cerchio si è chiuso e ho trovato il click giusto. Vado a Parigi con fiducia nelle mie possibilità”.

D: Quante possibilità hai di vincere al Roland Garros?

Djokovic: “Per il mio ranking e il mio stato di forma, penso di essere uno dei favoriti. Ma ovviamente non penso molto a questi discorsi, penso a me stesso e basta. Vado lì con ambizioni altissime e con fiducia. Ovviamente vedremo anche che tabellone avrò, è qualcosa che non posso controllare ma che può influenzare il mio percorso a Parigi. Si gioca al meglio dei cinque set, si gioca ogni due giorni. Le cose sono diverse. E vanno approcciate in modo diverso”.

D: Dopo la finale in Serbia hai detto che eri preoccupato per il tuo stato di forma. Ora quanto sei cresciuto da questo punto di vista? Sei pronto per giocare al meglio dei cinque set?

Djokovic: “Fisicamente mi sento bene sin da Madrid. I problemi che ho avuto a Montecarlo e in Serbia sono alle spalle grazie a una settimana di lavoro duro che ho fatto prima di giocare Madrid. Sapevo che il problema non riguardava la preparazione fisica ma la salute, a causa del problema che ho avuto prima di Montecarlo, e ho avuto ragione. Non ho avuto alcun problema di ritardo di preparazione, il problema era quella malattia. Ora sto bene”.

D: Pensi che ciò che è successo a Melbourne ti abbia reso più forte?

Djokovic: “Cerco sempre di usare le avversità per diventare più forte e per avere più motivazioni verso la prossima sfida. Mentalmente nei momenti difficili cerco sempre di voltare pagina e pensare alla prossima sfida. Quindi anche riguardo a quella vicenda la devo interpretare come un’esperienza che mi ha reso più forte. E’ stato qualcosa che non avevo mai vissuto prima, un tipo di pressione completamente diversa da quella che si vive relativamente al tennis giocato. Ma ora è tutto alle spalle. Ora sono fresco e sto bene mentalmente e fisicamente”.

D: Si dice che l’unica cosa che sia più difficile dal punto di vista mentale dell’essere un tennista è l’essere il padre di un tennista. Tu come la pensi?

Djokovic: “Per adesso il viaggio è iniziato bene. Mio figlio oggi ha vinto un torneo. Ho appena ricevuto questa notizia. E’ un torneo piccolo e oggi le vittorie non contano, conta che giochi e si diverta. Negli ultimi giorni abbiamo fatto qualche chiacchierata su quello che va fatto prima delle partite. L’ho un po’ introdotto a questo mondo. Ovviamente devi parlare nel loro linguaggio cercando di trasmettere dei messaggi che possano aiutarlo, ma comunque è stato interessante vedere come reagiva. Non l’ho mai costretto a giocare a tennis, non c’è mai stato un giorno in cui gli ho detto che doveva fare questo. Scendere in campo è stato un suo desiderio. Sicuramente, se decide di intraprendere questo viaggio, dovrò farlo con lui. Sarei eccitato se lui giocasse a tennis. Ma ha solo sette anni, è ancora un bambino e non deve ricevere alcuna pressione. Anche se so che questo succederà specie nel mio paese. Fino ad ora sta andando tutto bene, è davvero innamorato del tennis. Glielo leggi negli occhi. Ho il privilegio di avere dei figli fantastici e mi piace trarre da loro energia per alimentare il bambino che è dentro di me, una cosa che spesso mi dimentico di fare. Tutto è troppo serio, questa è la mia professione, il mio lavoro, devo fare questo e devo fare quello. Ma forse ci prendiamo troppo seriamente, delle volte”.

D: Ansa: Da grande tifoso rossonero quale sei, quali sono le tue speranze per la corsa scudetto?

Djokovic: “So che stiamo vincendo, andiamo! Sì, sono tifoso del Milan. Tifo i rossoneri e la Stella Rossa di Belgrado da sempre, sono diventato del Milan perché lo era mio padre dai tempi in cui al Milan giocavano Savicevic e Boban. Anche il manager, Edoardo, è pazzo del Milan. Speriamo bene. Sono tifoso del calcio in generale. Ibra? Sono suo amico, un giocatore straordinario e un’ispirazione per la longevità. A quasi quarant’anni sta ancora giocando dopo tutte queste operazioni che ha avuto. Parliamo la stessa lingua, la sua famiglia viene dalla nostra regione. Auguro a lui e a tutti tifosi del Milan lo scudetto”.

D (Corriere dello Sport): Hai giocato qui per la prima volta nel 2006 perdendo nelle qualificazioni con Fognini. Quanto sei cambiato da allora?

Djokovic: “Nemmeno me lo ricordavo, ora me la hai fatto tornare in mente, quella partita contro Fogna sul campo 2. Io e lui abbiamo la stessa età e abbiamo giocato tante volte insieme. Mi sono sempre sentito vicino agli italiani, anche quando non parlavo questa lingua. Penso che la nostra mentalità sia simile a quella degli italiani per mentalità, temperamento e amore della vita. Nel mio team ci sono sempre stati degli italiani, oggi ho preparatore fisico e manager. L’Italia è un po’ la mia seconda casa. Sono orgoglioso per tutto ciò che sono riuscito a fare nella mia carriera. Ma non mi sento vicino alla fine. Mi sento di avere un corpo ancora giovane e l’età è solo un numero.

D (Gazzetta dello Sport): Mille vittorie riempiono la bocca e il cuore. Ce n’è una che porti particolarmente nel cuore?

Djokovic: “Fin da quando ero bambino sognavo di vincere Wimbledon e diventare numero uno. Nel 2011 ci sono riuscito nell’arco di due giorni. Dopo quello ho sempre avuto sensazioni forti giocando per il mio paese. Quando abbiamo vinto la Coppa Davis è stata una delle più belle vittorie della mia carriera. Se devo scegliere alcune partite storiche sono la finale contro Nadal all’Australian Open 2012 e quella contro Federer a Wimbledon 2019. Sono vittorie molto particolari, una per la lunghezza della partita e l’altra per il fatto di avere salvato match point, che mi sono rimaste nel cuore”.

D (Agenzia Italia): L’ATP ha deciso di far giocare i tennisti russi senza bandiera; e Wimbledon li ha persino esclusi. Che pensi?

Djokovic: “Sono tempi molto difficili. Una scelta in merito perfetta non c’è; in tutti i casi c’è qualcuno che soffrirà. Io vengo da un paese in cui per quattro anni, dal 1992 al 1996, tutti gli atleti in tutti gli sport non potevano fare competizioni fuori dalla Serbia. Quindi conosco bene questa sensazione. Secondo me, i tennisti russi che conosco, da Medvedev in giù, non hanno alcuna responsabilità. Quello che sta succedendo è comunque molto brutto; ho vissuto due guerre e so che non c’è nessuno che le vince. Gli atleti sono lì per fare sport. Togliere loro un diritto perché appartengono a un certo paese è una brutta scelta. Non sono d’accordo. Boicottare Wimbledon? No. E’ una cosa molto aggressiva da dire. Non si può parlare di questo, anche nei media. Secondo me ci sono soluzioni migliori e possiamo arrivare a queste. Solo che dobbiamo avere un po’ di comunicazione con Wimbledon. Io non sono nell’ATP Council, o almeno non lo sono più, e non sono io che devo tenere i rapporti, ma ho sentito da chi di dovere che non c’è la sensazione che Wimbledon voglia comunicare su questo. Io penso che i giocatori debbano essere sempre uniti e la PTPA è nata per questa ragione. Secondo me ci sono state molte situazioni negli ultimi vent’anni nel tennis professionistico in cui i giocatori avrebbero dovuto essere insieme e dare un segnale univoco ma non lo hanno fatto. Ci sono molti interessi individuali, particolarmente per coloro che sono al top, che hanno di più da perdere. Per questa ragione due anni fa abbiamo creato la PTPA. Non c’è una organizzazione che possa rappresentare al 100% gli interessi dei giocatori e questo è necessario; siamo il terzo-quarto sport più globale. E’ importante per i giocatori avere la consapevolezza del potere che loro hanno. Molti di loro sono neutrali e scelgono di non dire niente; io rispetto questa scelta ma secondo me ci sono situazioni dove bisogna fare un passo avanti e dire che dobbiamo stare insieme”.

D: Ubaldo Scanagatta, Ubitennis: Novak, complimenti per l’ennesima volta. Dodici finali qui, sei vittorie, puoi dire “Not too bad”…

Djokovic: “Sei molto popolare, tu e anche Ubitennis, tutti mi dicono Not Too Bad… Avresti bisogno di un PR!”

D: Ubaldo Scanagatta: Prendo Dodo se è libero… Hai detto che ti senti giovane, ma sei il più vecchio vincitore dell’Era Open in questo torneo. Per dieci giorni batti Nadal in vecchiaia. Che effetto ti fa? Fino a quando vuoi giocare a tennis? E tuo figlio, che oggi ha vinto il suo primo torneo? Tu avevi vinto un torneo a sette anni?

Djokovic: “Io la mia prima l’ho giocata a otto anni e mezzo. Lui mi ha battuto. Le nuove generazioni sono più avanti, è sempre così… Come dicevo prima, non mi sento vecchio. Ovviamente ho giocato molti anni su questo livello e queste vittorie quando arrivano hanno ancora più significato. Ma devo capire come gestire il calendario e vedere dove voglio giocare il miglior tennis. Ovviamente le cose sono diverse rispetto a dieci anni fa. Non gioco tanti tornei quanti ne giocavo prima. E’ anche una mia scelta perché ho due bambini e altre cose nella vita a cui voglio dare energia e attenzione. Però la motivazione più grande ora sono gli Slam, la Davis, i tornei Masters 1000 che mi piacciono come quello a Roma”.

Scanagatta: Vuoi vincere uno Slam più di Nadal?

Djokovic: “C’è sempre competizione tra noi, sì. Nadal è il più grande avversario che ho avuto nella mia carriera; finchè gioca lui, gioco io! Sono cresciuto come giocatore perché ho giocato tanto contro di lui a questo livello, mi ha sempre dato una spinta in più. Mi auguro che giocheremo ancora tante volte”.

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