evidenza
“Chi l’ha visto?” La carriera interrotta di Kyle Edmund
Dopo una crescita lenta e costante il giovane britannico si era issato fino alla quattordicesima posizione del ranking. Da quel momento però è iniziato il calvario al ginocchio sinistro e, a quasi due anni dall’ultimo match, si avvicina lo spettro del ritiro

Primi ottavi in uno slam
Il 2016 si rivela essere la prima stagione in cui Edmund gioca con continuità in tutti i palcoscenici più importanti. Nei primi sei mesi dell’anno i maggiori successi continuano ad arrivare nel circuito Challenger dove si aggiudica due titoli (Dallas e Roma) mentre a livello ATP si fa sentire ancora l’inesperienza, soprattutto negli slam. Nell’estate americana però la stella di Edmund comincia a brillare. Al primo turno dello US Open lascia solamente sette game alla testa di serie numero tredici Richard Gasquet e, al terzo turno, si toglie lo sfizio di sconfiggere l’idolo di casa Isner. Il match viene giocato sotto le luci artificiali del Louis Armstrong Stadium in una sessione serale ribollente, Jack Sock è l’unico americano qualificatosi per gli ottavi di finale ma il pubblico ripone più speranze nell’esperienza di Isner che, a 31 anni, è ancora nel pieno della carriera e sul suolo americano ha vinto otto dei suoi dieci titoli. Edmund annulla sei delle sette palle break concesse e riesce a sua volta a strappare ben tre volte nel corso del match il servizio a Isner dimostrando grande freddezza nei momenti importanti. Si guadagna la sfida contro Djokovic sul centrale agli ottavi ma l’unica nota interessante di quella partita sarà un medical time out richiesto dal serbo per farsi curare quel gomito che sta cominciando a creargli problemi. “Kyle non ha giocato al meglio oggi” dirà Djokovic dopo il match “ il suo dritto a tratti è impressionante e lo gioca bene da ogni zona del campo”. Infatti I margini di miglioramento per Edmund passano dal migliorare il servizio e il rovescio bimane. L’ottimo momento continua per il britannico che a Pechino si spinge fino ai quarti di finale dove perde solamente da Murray in piena corsa per la prima posizione del ranking. Ad Anversa raggiunge la sua prima semifinale Atp e grazie a questi ottimi risultati chiude l’anno al numero quarantacinque del ranking diventando il più giovane giocatore sotto i 21 anni a chiudere nei top 45 assieme a Zverev e Kyrgios.

Alle porte dell’Olimpo
Il 2017 si rivela essere una stagione di transizione per Edmund. Raggiunge tre semifinali a livello ATP (Atlanta, Winston Salem e Vienna) ma negli appuntamenti più importanti non riesce a fare il salto di qualità. Con l’infortunio all’anca di Murray che sta mettendo a repentaglio la sua carriera e l’arrivo di nuovi giovani rampanti la pressione aumenta per Edmund. All’Australian Open del 2018 però Edmund riesce a spingersi fino alla semifinale ottenendo quello che ancora oggi è il risultato più prestigioso della carriera. Con Djokovic, Nadal e Murray afflitti da problemi fisici lo slam australiano si rivela molto imprevedibile ma Edmund è comunque bravo a sfruttare un tabellone rimasto orfano di tutte le teste di serie più importanti. Al primo turno sconfigge Anderson in cinque set che solamente qualche mese prima aveva raggiunto la finale allo US Open e al terzo turno riesce a vincere nuovamente al set decisivo contro Basilashvili. Un miglioramento impressionante dal punto di vista fisico per Edmund che aveva perso tre dei quattro match arrivati al quinto set in carriera. Ad aspettarlo ai quarti di finale c’è la testa di serie numero tre Dimitrov. Il bulgaro è lontano parente del giocatore ammirato l’anno precedente e si dice che stia convivendo con problemi alla spalla. Edmund vince piuttosto nettamente in quattro parziali e diventa solamente il sesto tennista britannico a raggiungere la semifinale in un torneo dello slam. Per raggiungere l’ultimo atto Edmund deve confrontarsi contro Cilic che nei quarti ha approfittato del ritiro di Nadal. Le maratone dei giorni precedenti si fanno sentire per il giovane britannico che viene sconfitto in tre rapidi set. L’aspetto più complicato per Edmund a questo punto diventa dimostrare che Melbourne non è stato un fuoco di paglia. Edmund fa fatica a trovare la giusta continuità durante l’anno alternando ottime prestazioni a inspiegabili sconfitte. Sulla terra battuta raggiunge la finale a Marrakech e i quarti a Madrid dove sconfigge tra gli altri Djokovic. Non brilla particolarmente sull’erba e delude allo US Open dove viene sconfitto nettamente da Lorenzi al primo turno. Torna a giocare a un buon livello alla fine dell’anno dove non solo raggiunge i quarti a Shanghai ma vince il primo torneo ATP della carriera sul cemento indoor di Anversa in una finale al cardiopalmo contro Monfils. Edmund chiude così la miglior stagione della sua carriera al quattordicesimo posto del ranking ATP.

Lo spettro del ritiro
Proprio quando Edmund sembra pronto a puntare la top 10 cominciano i primi problemi al ginocchio sinistro. Il 2019 si rivela un anno negativo, non riesce ad andare oltre al secondo turno in nessuno dei quattro slam e raggiunge una sola semifinale ATP. I problemi fisici condizionano il suo rendimento e di conseguenza il ranking dove conclude l’anno al numero 69. A fine stagione decide di affidarsi a Franco Davin, allenatore tra gli altri di Gaudio, Del Potro e Fognini. Dopo un inizio di stagione negativo il britannico si aggiudica il secondo titolo della sua carriera sul cemento indoor di New York battendo Seppi in finale. Decide di non operarsi al ginocchio durante la pausa per la pandemia ma quando il circuito riprende Edmund si deve fermare in autunno quando viene sconfitto da Jung durante le qualificazioni del torneo di Vienna. A quasi due anni di distanza quella rimane la sua ultima partita nel circuito. È andato sotto i ferri nell’aprile del 2021 e da quel momento il mondo del tennis si è dimenticato di lui. Tra l’indifferenza generale proprio qualche settimana fa ha avuto una seconda operazione in Svizzera. I tempi di recupero sono stimati per l’inizio della stagione sul cemento negli Stati Uniti ma sarebbe una sorpresa vederlo allo US Open. Dopo un 2018 in cui era riuscito a bussare alle porte della top 10 sarebbe stato interessante vederlo all’opera senza problemi fisici. Il suo gioco presentava dei limiti evidenti soprattutto dalla parte del rovescio e anche il dritto sulla lunga distanza era meno incisivo. Nelle ultime stagioni abbiamo visto come i giovani (Zverev, Tsitsipas, Sinner) abbiano difficoltà a imporsi al meglio dei cinque set proprio perché manca nel loro repertorio un colpo killer sul quale possono fare affidamento anche dopo quattro ore di battaglia. Edmund aveva raggiunto le semifinali in Australia in un momento particolare e probabilmente, anche senza infortuni, avrebbe fatto fatica a tornare tra i primi quattro in uno Slam. Guardando la top 10 attuale Edmund ricorda nello stile di gioco Auger Aliassime. Entrambi hanno nel dritto il colpo migliore con Edmund che si fa preferire leggermente per la capacità di dare spin alla palla mentre il canadese è più efficace al servizio. Mentre Felix però sta preparando il Roland Garros Edmund deve passare nuovamente attraverso una dura riabilitazione con un ritorno in campo che, a oggi, sembra un miraggio.
ATP
ATP Miami: inarrestabile Sinner, un’altra semifinale Masters 1000
Jannik Sinner annulla Emil Ruusuvuori lasciandogli appena quattro giochi e prenota la possibile rivincita con Alcaraz, Fritz permettendo

(da Miami il nostro inviato)
[10] J. Sinner b. E. Ruusuvuori 6-3 6-1

Non conosce ostacoli la marcia di Jannik Sinner al Miami Open presented by Itaú. In un’altra straordinaria dimostrazione di superiorità ha regolato in poco più di un’ora il finlandese Emil Ruusuvuori, contro cui solo 12 mesi fa su questi campi aveva dovuto salvare un match point al primo turno.
Un dominio quasi schiacciante negli scambi da fondocampo che ha costretto Ruusuvuori a giocare fuori ritmo e a spingersi in zone del campo a lui non troppo congeniali, finendo per fargli commettere ben 29 errori gratuiti.
PRIMO SET – Che potesse essere una gara contro il tempo (meteorologico e cronometrico) si era capito dalle previsioni che non lasciavano troppo scampo a questa ipotesi di pomeriggio di tennis all’Hard Rock Stadium. Già alle 15, ora d’inizio della partita, il cielo era piuttosto coperto e la situazione è andata via via peggiorando con il passare dei minuti e dei game.
Inizio secondo copione con palleggi sostenuti da fondocampo, Ruusuvuori rimontava da 0-30 con buona autorità al terzo game, Sinner si salvava con un servizio vincente dalla prima palla break, ma poco dopo il colpo di accelerazione di Sinner da fondo era efficace per passare a condurre 3-2.
Questo sorpasso al quinto game pareva sufficiente a Sinner per tenere la testa con un “tempo sul giro” sufficientemente competitivo da essere inattaccabile per Ruusuvuori, sempre sotto pressione sulla seconda e mai davvero in gara sul servizio dell’altoatesino.
Mentre Sinner serviva per il 5-3 il campo centrale sembrava trasformato in una discoteca, con i “LED wall” (i tabelloni a bordo campo fatti di LED luminosi) decisamente troppo potenti per le condizioni che si erano fatte davvero scure per metà pomeriggio: ci si fosse trovati a Indian Wells, dove i riflettori venivano accesi già alle 16.30 anche in giornate di pieno sole, probabilmente si sarebbe giocato sotto le luci artificiali, ma qui si proseguiva in un’atmosfera cupa, resa tale anche dal tetto dell’Hard Rock Stadium che toglieva la poca luce disponibile.
Dopo 36 minuti una risposta di rovescio incrociata di Sinner chiudeva il primo parziale con il secondo break, un primo parziale nel quale ognuno dei due giocatori aveva messo a segno più errori che colpi vincenti (7-11 Ruusuvuori, 8-12 Sinner), ma nel quale Sinner era sempre apparso in controllo delle operazioni.
SECONDO SET – Come accade alla plancia delle vetture quando si accendono i fari, anche il LED wall dello Stadium Court veniva adattato alle condizioni di luminosità di questo buio pomeriggio e tornava a inserirsi delicatamente nel contorno del campo invece di infuocarlo. Ciò che invece era infuocato era il buon Sinner dalla maglia bordeaux, che in abbrivio di parziale siglava un 9-2 (13-2 considerando anche gli ultimi punti del primo set) che lo mandava avanti di un break, dopo un paio di minuti durante i quali sia i giocatori sia l’arbitro avevano passato più tempo a scrutare le nubi che a guardare il campo.
Dopo 47 minuti di gioco effettivo la pioggia arrivava davvero, e alle 15.58 locali i giocatori guadagnavano lo spogliatoio per cominciare la loro attesa. Il tempo (meteorologico) aveva vinto la prima corsa contro il tempo (cronometrico).
Ci volevano due ore e 10 minuti prima che si tornasse a riprendere, dopo che il deejay dell’Hard Rock Stadium aveva dato sfoggio di una playlist che copriva quasi sette decenni. Per Sinner era come se nulla fosse successo: teneva con enorme disinvoltura i suoi turni di battuta, costringeva Ruusuvuori ad annullare una palla dello 0-4 e due game più tardi, dopo che il finlandese aveva mancato abbastanza grossolanamente almeno due chance del 2-4, andava a servire per il match sul 5-1.
L’impressione netta era che Ruusuvuori si sentisse costretto a giocare con margini molto risicati per la necessità di mettere in difficoltà Sinner nel palleggio, e per questo finisse per sbagliare più del suo solito.
Con un ace finale Sinner chiudeva la partita in un’ora e 14 minuti raggiungendo la seconda semifinale consecutiva in un torneo Masters 1000, la terza in totale.
Questa vittoria di Sinner consolida la sua possibile presenza tra i Top 10 a partire da lunedì prossimo: solo una vittoria del torneo da parte di Khachanov in finale su Taylor Fritz potrebbe impedirgli di rientrare nei primi 10 della classifica. In semifinale Jannik ritroverà uno dei due giocatori incontrati nello scorso torneo di Indian Wells, ovvero Taylor Fritz, da lui battuto nei quarti, o Carlos Alcaraz con il quale invece ha perso in semifinale. Sono 1-1 i precedenti con Fritz, mentre con Alcaraz conduce il testa a testa con Sinner per 3-2 (che diventa 4-2 se si considerano anche le partite disputate a livello Challenger.
evidenza
WTA Miami: Cirstea doma una nervosa Sabalenka
Sorana Cirstea serve e risponde benissimo e Aryna Sabalenka si arrende in due set

S. Cirstea b. [2] A. Sabalenka 6-4 6-4

Si ferma nei quarti di finale del Miami Open presented by Itaú la corsa della favorita del tabellone Aryna Sabalenka. La terza sconfitta del suo comunque splendido fin qui 2023 porta la firma della rumena Sorana Cirstea. Non inganni la sua posizione nel ranking; la sedia 74, che verrà presto abbandonata per uno scranno parecchio più comodo (almeno a ridosso delle top 40) non riflette senza dubbio la sua continuità al servizio ma anche alla risposta, che ha da subito tolto sicurezza alla bielorussa. E soprattutto non riflette la solidità mentale che l’ha aiutata a rialzarsi in un paio di occasioni in cui la rivale è sembrata sul punto di far valere il suo medagliere. Brava Sorana, capace di arrivare ai quarti anche a Indian Wells, fermata solo da Swiatek. La numero due del mondo cede riportandoci a tratti alla memoria la sua “versione” precedente, nervosa e fragile nei momenti clou.
PRIMO SET: CIRSTEA PERFETTA CON LA PRIMA PALLA – La rumena parte senza pressioni particolari ed è brava ad approfittare di una partenza difficile al servizio della numero due del mondo: si aggiudica i primi tre punti e alla terza palla-break scippa la battuta alla rivale. La rumena al servizio riesce, con un buon aiuto dalla sua prima palla, a spostare la bielorussa e a conquistare i suoi game piuttosto alla svelta. Sabalenka dal canto suo da lì in poi fa valere anch’essa piuttosto facilmente i diritti del proprio servizio, e lentamente mette a posto i colpi, a costo di alcune risposte oltre la riga di fondo.
Così procedendo il match, si ha l’impressione che Aryna possa da un momento all’altro piazzare l’assalto al contro-break, e sul 4-2 la chance arriva. Cirstea gioca solo una prima su cinque, aprendo il game con un doppio fallo; Sabalenka alza la velocità della sua palla, insiste sulla risposta commettendo solo un errore, sullo 0-30 per poi impattare sul 4-4.
Chi si aspetta di vedere la campionessa di Melbourne saltare sulla testa della numero 74 del mondo rimane però stupito. Sul 4-4 e 15-15 Sabalenka serve un doppio errore. Annulla poi una palla-break con un dritto a uscire strepitoso, ma altrettanto bella se non di più è la risposta vincente in lungolinea di Cirstea, che la riporta a un punto dal break. A quel punto la bielorussa serve un altro double fault, secondo nel game e terzo nel set. È nervosa, mentre la rumena è determinatissima e chiude il set per 6-4 con un ace. Per lei solo cinque errori nel set e un sontuoso 90% di conversione con la prima palla, che è mancata solo nell’unico break subito. Il tutto in 37 minuti.
SECONDO SET: IL CORAGGIO DI SORANA – L’inizio del secondo parziale è, purtroppo per Aryna, in perfetta continuità con l’epilogo del primo. Subito break per la trentaduenne di Bucarest, che ritorna a dare fastidio con la risposta, in special modo di dritto. Sabalenka non trova tranquillità e continuità. Sullo 0-2 in proprio sfavore torna a vincere un game dopo una serie vincente di quattro della rivale e si rivolge platealmente al suo corner.
E chissà che con questo sfogo non si sia spostato qualcosa negli equilibri interni della tigre di Minsk: nel game successivo risponde come ancora non gli era riuscito e dopo essere salita 15-30 strappa di forza il secondo e il terzo punto vinti sulla prima dell’avversaria in tutto il match fin lì.
Il match sembra a questo punto “girare” e Sabalenka sale 0-30 sulla battuta di Cirstea, che però dimostra di non voler abbandonare il sogno della sua seconda semifinale in un WTA 1000 dopo Toronto 2013. Forse non più impeccabile con la prima, gioca un doppio fallo e concede la palla del break, che cancella con un ace. In totale gli ace nel game saranno tre, compreso quello con cui firma il 3-3 e lancia un segnale di coraggio inequivocabile alla illustre rivale.
E infatti Aryna paga il contraccolpo e sul 3-3 cede il servizio. Da quel momento in poi Sorana non avrà più tentennamenti e dimostrerà una solidità nervosa strepitosa. Arriva a trovarsi 15-40 mentre serve per il match e impegna Sabalenka in due scambi durissimi, che terminano con altrettanti errori della bielorussa, di rovescio e di dritto. Sulla parità ecco il settimo ace, che viene seguito da un’altra ottima prima, che non ottiene risposta. È il set per Cirstea, il decimo consecutivo nel torneo. E vale la semifinale, contro Kvitova oppure Alexandrova.
Coppa Davis
Davis Cup Finals 2023, il girone dell’Italia: a Bologna sfide con Canada, Svezia e Cile
Il capitano Volandri accoglie così il sorteggio: “Voglia di rivincita contro il Canada. Occhio anche al Cile”

I campioni in carica del Canada, poi la Svezia e il Cile. Sono queste le avversarie che l’urna di Malaga ha messo sul cammino dell’Italia nella Davis Cup 2023. Gli azzurri, che dopo la semifinale del 2022 persa proprio contro il Canada sono direttamente qualificati alla fase a girone che si giocherà all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna) dal 12 al 17 settembre, sono stati inseriti nel Girone A. Ecco tutti i raggruppamenti:
GIRONE A (Bologna)
Canada – Italia – Svezia – Cile
GIRONE B (Manchester)
Australia – Gran Bretagna – Francia – Svizzera
GIRONE C (Valencia)
Spagna – Serbia – Repubblica Ceca – Corea del Sud
GIRONE D (Croazia, sede da definire)
Croazia – Olanda – Stati Uniti – Finlandia

IL FORMAT – Ogni squadra giocherà un incontro da tre match (due singolari e un doppio) contro le altre tre del suo raggruppamento. Al termine delle sfide di metà settembre le prime due squadre di ogni girone si qualificheranno per la fase ad eliminazione diretta: quarti, semifinale e finale si giocheranno a Malaga dal 21 al 26 novembre. Il relativo tabellone viene compilato abbinando per sorteggio nei quarti di finale la vincitrice di ciascun girone con una seconda classificata degli altri gironi.
LE REAZIONI – Filippo Volandri, il capitano dell’Italia, ha dichiarato: “I quattro gironi di Coppa Davis sono a mio avviso tutti molto equilibrati ma noi dobbiamo ovviamente pensare al nostro. E così come era successo a settembre 2022 a Bologna quando abbiamo affrontato la Croazia che ci aveva eliminato l’anno prima, quest’anno ci tocca il Canada, che ci ha eliminato al doppio di spareggio l’anno scorso: e per noi è un motivo di rivincita importante. Il nostro è un girone difficile, come gli altri: abbiamo la Svezia che abbiamo battuto a Bologna al doppio decisivo e poi c’è una squadra che affrontiamo per la prima volta, il Cile, che è dotata di giocatori importanti come Garin e Jarry. Sono tutte squadre toste, da affrontare una alla volta, un giorno dopo l’altro. Poi assolutamente dobbiamo pensare a noi e a dare il 100%”.