
Giulio Zeppieri: da sempre è il gemello mancino di Musetti, stessa età, stesso talento, stesso percorso giovanile; tre, quattro anni fa si narrava che fosse perfino più forte di Lorenzo, poi si è smarrito nel bosco dei Challenger. Verso la fine dell’anno scorso, imboccato il sentiero per uscirne, un paio di infortuni l’hanno ricacciato nella selva oscura. Fino a Roma il 2022 era stato povero di successi, malgrado gli scalpi di Travaglia e Draper un paio di quarti di finale nel circuito minore e nulla più. Poi la sorte per una volta ha voluto essere indulgente: il risentimento alla coscia sinistra patito a Madrid ha costretto Musetti, proprio lui, a saltare gli Internazionali, liberando una wild card per Nardi. In una virtuosa reazione a catena la wild card ottenuta da Luca per partecipare alle quali del Foro è passata a Giulio, sconfitto nelle pre-quali da Gianmarco Ferrari. Zeppieri deve avere interpretato la successione di eventi come un chiaro segno del fato, tanto da sfoderare finalmente il suo miglior tennis e far fuori due top60 – Molcan e Cressy – nei turni di ammissione al main draw. Guadagnato con pieno merito il primo tabellone principale di un Master 1000, il ragazzo di Latina ha pensato di impensierire pure Karen Khachanov, forse non più quello che nel 2018 batteva Djokovic in finale a Bercy, però pur sempre il n. 24 del ranking mondiale: 3-6 4-6, partita persa ma due set giocati alla pari, anche grazie al supporto di un Centrale rovente. Ora che a vent’anni e cinque mesi si è ritrovato, per Zeppieri è tempo di mantenere le antiche promesse, che sia beneaugurante la scelta di Giuseppe Fischetti quale nuovo coach come lo è stata quella di Sani per Nardi.

Matteo Arnaldi: negli anni Sessanta c’erano i cantautori della scuola genovese – Tenco, Lauzi, Bindi, De André. Nel nuovo millennio c’è la scuola ligure del tennis: esponente più illustre naturalmente Fabio Fognini da Arma di Taggia, cui da qualche anno si è affiancato Gianluca Mager da Sanremo e da qualche mese Matteo Arnaldi, sanremese anch’egli. Forzando un po’ la mano, e indispettendo i lettori toscani, nella lista possiamo inserire pure Lorenzo Musetti da Carrara, a un passo dalla Liguria di levante. Stakanovista dei Challenger, ben tredici dall’inizio dell’anno, Arnaldi si è costruito una discreta classifica – a 21 anni è comunque n. 280 – pur senza particolari acuti. Col senno di poi, considerata la crescita di Nardi, il suo miglior exploit è forse proprio la vittoria sul pesarese alle pre-quali romane, con tanto di consolazione al più giovane avversario alla stretta di mano finale. Matteo è un Djokovic in miniatura, magro, scattante, elastico, ottimo rovescio bimane. Come Nole, fa di resistenza e contrattacco i cardini del proprio gioco, ma ancora latitano – e ci mancherebbe altro – la duttilità tattica, la varietà tecnica e la mentalità granitica del fuoriclasse serbo. E un servizio che determini il punto. Lacune che hanno pesato non poco nel match contro Marin Cilic al Foro: tralasciando il naufragio del primo set, in cui ha scontato la doppia botta emotiva del Centrale e della presenza al di là della rete di un campione Slam, nel secondo è emerso in tutta la sua crudeltà il gap di forza e incisività rispetto al croato. Arnaldi ha limitato i danni con un netto 1-6 4-6, buona prestazione certo, ma la strada verso il definitivo salto di qualità è lunga, di incoraggiante c’è che il ragazzo ha l’ambizione e i margini per riuscirci.

Francesco Passaro: l’analisi del ventunenne perugino n. 369 ATP è controversa. Da un lato è stato l’unico a strappare il servizio all’avversario nei cinque match giocati agli Internazionali dai giovani moschetti italici; avversario che rispondeva al nome di Christian Garin, 36 del ranking e ottimo terraiolo cileno – non a caso spintosi fino ai quarti con Zverev. Dall’altro è apparso il meno maturo dei ragazzi visti a Roma: un gioco un po’ troppo a fare buchi per terra, non che Francesco difetti di colpi, anzi, il dritto frulla alla grande; è che li controlla poco e, come spiegava una vecchia pubblicità di pneumatici con testimonial Ronaldo – il brasiliano, non il portoghese – la potenza è nulla senza controllo. I sei giochi di fila presi da Garin dopo essersi trovato 2-0 sopra nel secondo set confermano amaramente – e numericamente – la pericolosità di tanta aggressività mal gestita. Oltre all’esplosività del braccio, dalla sua Passaro ha il fisico, massiccio, già strutturato. E la carica positiva: nonostante il 3-6 2-6, al termine del match si è avuta la percezione di un ragazzo soddisfatto del percorso romano, e ciò non può che agevolarne l’arrampicata verso l’empireo del tennis.