L'erba di casa sua (Marianantoni). Berrettini ferma il tempo (Giammò). Il ritorno di Matteo finisce con un trofeo (Calabresi). L'erba voglio (Semeraro)

Rassegna stampa

L’erba di casa sua (Marianantoni). Berrettini ferma il tempo (Giammò). Il ritorno di Matteo finisce con un trofeo (Calabresi). L’erba voglio (Semeraro)

La vittoria di Matteo Berrettini a Stoccarda

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L’erba di casa sua (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

La gioia di Matteo Berrettini è incontenibile. L’azzurro torna in campo, dopo quasi tre mesi di stop per l’operazione alla mano destra, e vince alla grande il torneo di Stoccarda demolendo in finale il valoroso Andy Murray, finito dolorante dopo 2 ore e 40 minuti di lotta, ma vivo e vigile per due set interi fino al doppio infortunio. «E’ incredibile, vincere il torneo è l’ultima cosa che avrei immaginato venendo qui. Tornare in queste condizioni dopo la prima operazione della mia vita è qualcosa di assurdo». 

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Una prova di forza che conferma le eccellenti qualità di erbivoro di Matteo Berrettini, senza ombra di dubbio il miglior giocatore italiano di sempre su erba. Il test Murray non va sottovalutato e l’azzurro prende la partita con la dovuta attenzione. Lo scozzese inizia inchiodando Matteo sulla diagonale del rovescio, ma l’azzurro se ne libera usando la palla corta e spostandosi per colpire sciabolate di dritto. Le prime due palle break che Matteo si procura nel terzo game sono decisive e con un dritto vincente allunga il passo. Lo scozzese ha quattro occasioni per il contro break. Ma Berrettini è perfetto: due ace, una prima incontenibile e poi un vincente in uscita dal servizio. Lo sforzo di Murray è riassunto dallo 0-40 recuperato nel quinto game. Matteo però viaggia che è una meraviglia e chiude il set cedendo tre punti negli ultimi tre turni di servizio. Sul 4 pari del secondo set Murray mette fuori un rovescio a campo aperto. Berrettini arriva per due volte alla palla che lo manda a servire per il match, ma Murray si salva con il servizio e l’azzurro subisce un passaggio a vuoto Inaspettato che allunga la sfida. Break Matteo approfitta del “toilet break” per schiarirsi le idee, Murray può sfruttare la maggior esperienza, ma non ha più il fisico e la tempra del giorni migliori. Perde la battuta a zero, poi chiede il medical time out per un problema all’anca e infine si ferma per un problema agli addominali, sul 2-4, 30-15. Andy tiene la battuta per due gratuiti di Matteo, ma non ha più energie per contrastare l’azzurro che viaggia a una media di quasi due ace a game. Nel nono game si va ai vantaggi e al secondo match point Matteoèper la seconda volta campione a Stoccarda. 

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A sorridere a è stato anche Murray, nonostante la sconfitta: «Anche per meèstata una settimana incredibile, la mia prima volta a Stoccarda. Mi sono goduto il torneo e credo di aver fatto un buon lavoro. Ho fatto molti progressi nelle ultime settimane e spero di migliorare ancora». Infine Matteo: «Tornare a Wimbledon sarà molto emozionante per me. Quando difendi una finale pensi ai punti e al prestigio. il problema dei punti non si pone perché non ci saranno. Non devo difendere nulla, cercherò di concentrarmi partita su partita per vincerne una in più dell’anno scorso. Ma prima ho il Queen’s. Voglio arrivare fino in fondo in questi due tornei. Wimbledon è importante, però senza i punti la differenza si percepisce». 

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Berrettini ferma il tempo (Roland Giammò, Corriere dello Sport)

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Quello di Berrettini a Stoccarda è stato tutto fuorché un exploit. L’equazione era di quelle incerte: all’incognita del rientro, l’azzurro ha risposto con il suo senso per il verde, una predisposizione che in carriera gli ha fumato 25 vittorie e 6 sole sconfitte e che a Stoccarda è sembrato come uno di quei vestiti che si torna ad indossare con facilità nonostante siano rimasti chiusi nell’armadio per un bel po’

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Dopo il braccio di ferro in semifinale contro Otte, la finale contro Andy Murray era la prova decisiva. Il britannico aveva impostato la sua primavera per ben figurare in queste settimane estive, aveva richiamato nel suo staff Ivan Lendl e si era anche riscaldato in un Challenger prima di imbarcarsi alla volta della Germania. Gli otto titoli da lui conquistati in carriera sul verde erano li a sottolinearne la dimestichezza con la superficie, e i trascorsi da Big 4 nonché da n.1 del mondo risuonavano come un monito di cui tener conto. Berrettini, arrivato in finale con un record di 8-0 nel Boss Open, è però riuscito a tenere il campo non pagando alcun dazio in avvio al più esperto avversario: centrato il break, il romano è riuscito ad annullare ben quattro palle peril controbreak, affidandosi ancora al suo servizio e al dritto (apparso ieri più preciso ed efficace) e insistendo sul back di io- vescio negli scambi a cui più volte si è aperto il parziale. Messi in sicurezza i suoi giochi con la battuta, la profondità e le variazioni erano le armi con cui il romano ha provato ripetutamente a forzare l’errore. 

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Campione per tempra quanto nei numeri, il britannico non si è arreso nonostante il break di svantaggio e un servizio di facciata, e bravo è stato Berrettini a tenere alta la concentrazione impedendogli di rientrare in gioco e chiudendo il match dopo più di due ore e mezza. Nella sobrietà del saluto finale, oltre al rammarico di sir Andy per un’occasione che andava inseguendo da più di due anni, era evidente anche la muta gioia dell’azzurro per il suo sesto titolo, il primo di un italiano nel 2022. Una vittoria alla quale solo lui credeva

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Adesso c’è tutto uno swing sull’erba da giocare, e fatta eccezione per Wimbledon dove Berrettini perderà i punti conquistati con la finale giocata l’anno scorso, altri tornei da vivere come territori di caccia. 

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Il ritorno di Matteo finisce con un trofeo (Marco Calabresi, Corriere della Sera)

L’esempio, Matteo, ce l’ha davanti. Andy Murray, l’uomo che non si è arreso al destino fino a farsi montare una protesi all’anca. II guaio alla mano destra che ha costretto Berrettini a finire per la prima volta sotto i ferri in vita sua è stato molto più lieve, ma la sostanza è la stessa. Cadere, lottare, saper aspettare, tornare, vincere. 

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Ogni volta che c’è stato un ostacolo, l’ha superato, anche se con la vittoria al primo colpo si è andati oltre. «Per un momento ho pensato che non sarei stato in grado di giocare questo torneo, ora sono qui con il trofeo in mano. Non sembra reale». Erba di casa sua: quello di ieri è stato il sesto titolo Atp della carriera (gli ha portato 250 punti in classifica e un assegno da 105.290 euro, che male non fa), il terzo sul verde perché oltre ai due di Stoccarda va aggiunto anche quello dello scorso anno al Queen’s, in un percorso a tappe che lo porterà da oggi a essere in tabellone a Londra, la patria dei Championships che per il 2022 non assegneranno punti Atp vista la decisione di lasciare fuori da Church Road i russi e i bielorussi.

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La settimana di Stoccarda, chiusa con il successo contro sir Andy che ha giocato menomato per quasi tutto il terzo set (chissà in quanti, al posto suo, si sarebbero ritirati) è stato un crash test durissimo per Berrettini: delle quattro partite giocate e vinte, tre sono andate al terzo set e una, la semifinale di sabato con Otte, è durata due tiebreak. I momenti di difficoltà ci sono stati anche ieri, con un game a fine secondo set in cui Matteo ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare, ma il campione volta pagina e si prende il break a zero nel primo game del terzo, prima che Murray chiedesse il medical timeout per la solita anca e giocasse quasi per onor di firma. Era un momento importante della vita di Matteo: in tribuna, sopra il suo team capitanato da Vincenzo Santopadre che custodisce questo diamante sempre meno grezzo, anche papà Luca e mamma Claudia, che ha ripreso la premiazione con il suo smartphone quasi a volersi tenere gelosamente le immagini in memoria. Matteo, con il trofeo del Boss Open in mano (ha vinto il torneo sponsorizzato dal marchio che lo ha scelto da inizio stagione, bingo), li ha ringraziati, ma l’ultima parola l’ha dedicata al suo avversario. «Sto ancora imparando dal tuo spirito, Andy. Ti ho sempre guardato in tv ed è incredibile pensare di poter giocare con te».

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L’erba voglio (Stefano Semeraro, La Stampa)

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Arrivato in Germania con in tasca i dubbi classici del convalescente («A che punto sarò? La mano mi farà male?») ha iniziato sfrizionando contro Albot e Sonego; poi ha ingranato la quarta in semifinale contro Otte e in finale ha Matteo è ripartito a razzo, come una fuoriserie. Lui tira fuori il meglio proprio nei momenti difficili messo la sesta – intesa come vittoria in un torneo Atp in carriera – passando sopra alle ambizioni di un altro redivivo dei court, l’ex numero 1 del mondo e bi-campeon di Wimbledon Andy Murray. Tre set (6-4 5-7 6-3) che avrebbero potuto essere due, se Matteo non si fosse distratto nell’ultimo game di servizio del secondo, inveleniti nel finale dall’infortunio di Murray all’anca (due medical time out, dopo il primo e durante il settimo game), comunque chiusi con i nervi saldi dal nostro nonostante anche l’interruzione per un malanno in tribuna. Era il torneo del suo sponsor, e Berrettini se l’è preso da vero boss dell’erba, ricongiungendosi magicamente dopo mesi di infortuni timori e amarezze al se stesso che lo scorso anno trionfò al Queen’s e arrivò a due set dalla coppa di Wimbledon contro Djokovic. Perché l’erba nel tennis è una religione, e Matteo vuole esserne di nuovo il profeta. 

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A Stoccarda aveva già vinto nel 2019, questo è il suo terzo centro sul verde, a quota sei tornei in Italia davanti a lui ci sono solo Panatta (10) e Fognini (9). «Che cosa ci ha detto questa settima? – riassume Santopadre -. Che Matteo è uno che tira fuori il meglio proprio nei momenti difficili, uno tosto, che non è contento finché non supera gli ostacoli, come sanno fare i campioni veri. Questo torneo è stato il suo ritratto. Una vittoria più sognata che sperata, la cartolina di un poster molto più grande. E dentro ci sono tante cose: sacrifici, sofferenze, tanto lavoro e tanto cuore». Oggi è giornata di trasferimento, domani si ricomincia al Queen’s. Ci sono da difendere il titolo 2021 e 500 punti, sullo sfondo già si intravedono i Championships. «La vittoria dà fiducia, a Wimbledon non ci saranno i punti, e questo dispiace, Matteo però è abituato a rispettare le regole». 

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