Swiatek di nuovo regina, la Jabeur si inchina in due set (Crivelli). Il nuovo numero 1 (Bertolucci). Ruud-Alcaraz, all-in a New York. Chi vince la finale prende tutto (Giammò). Il trono di racchette (Azzolini). La rivoluzione americana. Alcaraz contro Ruud, chi vince si prende tutto (Piccardi)

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Swiatek di nuovo regina, la Jabeur si inchina in due set (Crivelli). Il nuovo numero 1 (Bertolucci). Ruud-Alcaraz, all-in a New York. Chi vince la finale prende tutto (Giammò). Il trono di racchette (Azzolini). La rivoluzione americana. Alcaraz contro Ruud, chi vince si prende tutto (Piccardi)

La rassegna stampa del 11 settembre 2022

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Swiatek di nuovo regina, la Jabeur si inchina in due set (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Iga torna regina. La lezione della più forte, della numero uno. Dopo il lungo filotto primaverile (cinque tornei vinti da Doha a Roma), il trionfo al Roland Garros e la piccola crisetta di risultati tra Wimbledon e New York, la Swiatek si annette gli Us Open, terzo Slam in carriera (c’è un altro Parigi, nel 2020) ritrovando il suo gioco feroce e asfissiante proprio quando contava di più, nella partita che valeva il titolo. Povera Jabeur, sconfitta all’ultimo atto come a Wimbledon e per lunghi tratti incapace, sotto la pressione incalzante della polacca, di esprimere le sue soluzioni eleganti e i suoi cambi di ritmo che la rendono una protagonista atipica nel tennis ormai monotematico. i Forza mentale. Iga ha attaccato fin dalla prima palla, si è sempre mossa in avanzamento, togliendo ossigeno alla tunisina – la prima donna africana e di radici arabe a giocare la finale degli Us Open – e anche a costo di concedere qualche gratuito di troppo ha continuato a spingere per un set e mezzo, gestendo poi con grande freddezza la risalita della Jabeur, che dopo aver rischiato di finire sotto 4-0 nel secondo set, ha avuto due palle per il 5-4 e servizio approfittando del calo di Iga, diventata improvvisamente troppo attendista. Ons si è ritrovata sopra 5-4 anche nel tie break, ma lì la Swiatek ha giocato un dritto sulla riga carico di qualità e coraggio.[…] «Fino a qualche settimana fa quando andavo sotto nel punteggio mi deprimevo, adesso ho imparato a vincere le partite “sporche”. È stata una stagione fantastica, spero di poter ispirare altre ragazze del mio paese». C’è una statistica impressionante della polacca, che tiene allenata la mente con il sudoku, i puzzle e i Lego e ha passato le vacanze estive sul Lago di Garda: nelle dieci finali che ha vinto (su 11 giocate), non ha mai concesso nemmeno un set. Una cavalcata degna di una sovrana.

Il nuovo numero 1 (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Non era mai accaduto, nella storia degli Slam, che arrivassero in finale due giocatori con la possibilità per entrambi di diventare numeri uno del mondo. Forse è presto per parlare di rivoluzione definitiva e dare per spacciate le ambizioni di Nadal e Djokovic, ma certamente siamo dl fronte a un evento a suo modo epocale, purtroppo favorito anche dall’assurda decisione dell’Atp dl non assegnare punti a Wimbledon. La sfida di stasera a New York metterà di fronte l’esplosività, la varietà e la sfrontatezza giovanile di Carlos Alcaraz ai tennis lineare ma efficacissimo di Casper Ruud. Il norvegese, ingiustamente ritenuto a inizio carriera solo uno specialista della terra rossa è un fenomenale esecutore del suo canovaccio tattico e persegue con tenacia i suoi schemi di gioco limitando al minimo gli errori e irretendo gli avversari con una ragnatela difficile da scalfire. Il ragazzino spagnolo, però, possiede più soluzioni, compresi la smorzata e il gioco di volo, tira più forte e può estrarre punti anche dalle situazioni più complicate. Se limiterà gli errori, vedo favorito Alcaraz con la sua maggior compattezza e completezza. Il servizio Un buon fondamentale per entrambi, che lo eseguono con discrete variazioni sul tema e tirando forte. Tuttavia non è un’arma che spacca e garantisce punti facili e immediati, quanto piuttosto il colpo con cui Indirizzare l’inizio dello scambio per poi prendere il controllo con le soluzioni a rimbalzo. […] Il dritto Il colpo migliore per entrambi. Quello dello spagnolo è esplosivo e può far male da tutte le posizioni, e viaggia a velocità siderali spesso impossibili da fronteggiare per chi deve opporsi. Proprio perché Alcaraz cerca subito lo sfondamento quando intravede uno spiraglio, aspettiamoci magari qualche errore con questo fondamentale nel tentativo di chiudere subito lo scambio o di assicurarsi una posizione di vantaggio incolmabile, però alla fine della partita la plusvalenza tra vincenti e gratuiti porta sempre un segno ampiamente positivo per Carlitos. Il dritto di Ruud è più lavorato, ma è pesante e profondo e galleggia con perizia sempre vicino alle righe. ll norvegese ama spesso girare intorno alla palla per eseguire il colpo dal centro verso l’angolo sinistro dell’avversario e aprirsi definitivamente il campo, ma contro un giocatore aggressivo come Alcaraz questa soluzione potrebbe trovare molte difficoltà di applicazione. Il rovescio Alcaraz lo padroneggia naturalmente sia nell’esecuzione classica sia in quella in back, mentre quello di Ruud è frutto di un grande lavoro in allenamento che tuttavia ha prodotto un colpo solido che riesce a far male anche con le improvvisi cambi di direzione lungolinea . La condizione atletica Siamo di fronte a due tra 1 migliori atleti del circuito, con gambe di gomma, grande elasticità e capacità di coprire tutto il campo con notevole rapidità. Unica incognita le tre maratone (con Cilic, Sinner e Tiafoe) che ha dovuto sorbirsi Alcaraz per raggiungere la finale e che potrebbero aver sottratto energie preziose anche al diciannovenne con i muscoli. d’acciaio come lo spagnolo. La personalità Prima vittoria Slam e numero uno del mondo in palio nella stessa partita: da far gelare il sangue nelle vene. L’aspetto psicologico, fin dall’ approccio al match, sarà uno dei fattori della sfida e da questo punto di vista, nonostante la maggior esperienza di Ruud, che una finale Siam l’ha già giocata a Parigi in giugno, la personalità di Alcaraz mi sembra più tagliata per un appuntamento del genere, in forza di una sicurezza disarmante nelle proprie possibilità e della spavalderia della giovane età. Nella semifinale con Khachanov, il norvegese ha perso I riferimenti tecnici all’inizio, sopraffatto dalla tensione, e poi quando ha pensato di aver già vinto, nel terzo set. Se gli succederà pure con Alcaraz non avrà scampo.

Ruud-Alcaraz, all-in a New York. Chi vince la finale prende tutto (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

Il futuro è arrivato. Non è più una promessa. E’ già qui. Ha la faccia di due ragazzi di 19 e 23 anni. Spagnolo il primo, norvegese il secondo. Stasera si affrontano in finale agli US Open. Chi vince si prende tutto: primo Grand Slam in carriera e prima posizione nel ranking mondiale. Carlos Alcaraz e Casper Ruud. A dividerli latitudini, climi, culture. Ad accomunarli il dna intriso di tennis fin dalla nascita.[…] PAPA E NONNI .Papà Ruud, Christian, il. circuito ATP l’ha frequentato e a metà anni Novanta è riuscito ad issarsi fino al n.39 del ranking. Mai nessun norvegese si era spinto così in alto. Poi è arrivato Casper, suo figlio, a soffiargli il record e ad aggiungere alla collezione tante altre prime volte: primo norvegese in Top 20, poi in Top 10, il primo a vincere un titolo ATP (Open Argentina, 2020) nonché il primo a giocarsi una semifinale e una finale Slam (Parigi, 2022). E ora ecco la sua seconda occasione a New York, e con lei la possibilità di diventare il primo n.1 al mondo nato tra i fiordi. Ad allenarlo in tutti questi anni è stato proprio suo padre, per Casper elemento essenziale del mio team», rivalità sana e nessuna pressione, «so che nello sport non è facile mantenere un legame cosa forte, ma tra noi funziona a meraviglia». Carlos Alcaraz senior papà di Carlitos, professionista non lo è mai stato. Chiusa la carriera, è diventato responsabile dell’Accademia del club de Campo di El Palma; a Murcia, di cui suo padre – Carlos anch’egli – era socio fin dagli albori. Ed è su quei campi che, vedendo discutere in continuazione Sergi Bruguera (attuale capitano della Spagna in Coppa Davis) e il padre-allenatore, prese la decisione di non diventare mai coach di suo figlio. E’ al nonno che si deve la prima lezione appresa da Carlitos, nessun colpo ma tre “C” da portare in campo con sé – cervello, cuore, c… arattere. Le altre si devono a Juan Carlos Ferrero, ex n.1 di Spagna e suo coach dall’età di 15 anni. Se Ruud è cresciuto con costanza inesorabile, Alcaraz è esploso con precocità disarmante.[…] Il tennis dello scandinavo scorre come un fiume tranquillo, limpido. I suoi colpi cadono dove devono cadere, le traiettorie seguono logiche precise, tuttoo è al suo posto e tutto è in armonia, mari monti neve laghi, come in uno di quei paesaggi che solo la Norvegia sa regalare. Numero 188 del mondo nel settembre del 2020, stasera Carlos Alcaraz ha la possibilità di portare a termine la sua scalata al vertice. Una scossa il suo avvento sul circuito. Tellurico il suo gioco. Posizioni sbriciolate, voglia di farsi largo e nessuna intenzione di chiedere il permesso. Cinque titoli in carriera a fronte di sette finali giocate (le uniche due sconfitte sono arrivate contro gli italiani: Musetti ad Amburgo e Sinner a Umago), Il più giovane giocatore ad aver battuto nello stesso torneo Rafa Nadal e Novak Djokovic (Madrid, 2022). Iconoclasta e sfrontato. Dinamico e imprevedibile. Se provi a sostenerne il ritmo, finisci con l’andar fuori giri. […] FUTURO. «Sarà il match più importante delle nostre carriere – ha detto Casper Ruud in sala stampa dopo aver battuto Khachanov in semifinale – il tennis è un gioco tanto psicologico quanto fisico». «E’ fantastico poter avere l’occasione di lottare per qualcosa di così importante – ha sottolineato Carlos Alcaraz al termine della semifinale vinta con Frances Tiafoe – Sarä la mia prima volta, darò tutto ma dovrò gestire la tensione di trovarmi a giocare una finale Slam». Per quanto incerto sia l’esito della sfida, da lunedi la certezza sarà quella di trovare un nuovo numero 1 del mondo. Il futuro è già qui, e promette di non annoiarci. 

Il trono di racchette (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Scorrendo a ritroso la lista dei primi della casse, i quattro nomi che s’incontrano sono quelli di David Medvedev, Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer. Un russo esperto di scacchi, un serbo positronico, forse il tennista più vicino ai robot immaginati da Isaac Asimov, uno spagnolo Eroe del Lavoro, che avrebbe fatto a pezzi anche il mito socialista diAleksej Grigorevic Stachanov, e un principe svizzero. Alla vigilia della finale tra i due nuovi possibili numero uno del tennis (il ventottesimo), Carlos Alcaraz da El Palmar e Casper Ruud da Oslo, sembra opportuno quantomeno fissare i termini della disputa. […] Come si vede, al soglio tennistico è possibile giungervi nei più svariati modi, e grazie alle più differenti dotazioni in uso dai protagonisti. Il che equivale a dire che non esiste una figura ideale del numero uno. Il podio è libero e tutti possono giungervi, avendo i punti necessari per farlo. Diversi, e più complessi, sono i problemi che seguono la nomination. Essere un numero uno, di fatto, obbliga l’eletto a governare, a vincere ancora, a crescere nel carisma, a volare così in alto rispetto agli inseguitori da risultare inarrivabile. Non tutti vi riescono. Ciononostante confrontarsi con tali aspetti sarà necessario, e stressante il suo. Lo è stato per Daniil Medvedev, libero di azzannare Djokovic nella finale dei precedenti US Open, fino a sbriciolarne il sogno di conquistare il Grand Slam, poi in affannno per tutta questa stagione – condizionata anche da un intervento a un’ernia – che l’ha vista divenire numero uno il 28 febbraio causa mancata partecipazione di Nole agli Open d’Australia, e tornarvi il 13 giugno grazie alla cancellazione voluta dall’ATP dei punteggi di Wimbledon (16 settimane, in tutto). Ma nell’arco dell’anno capace di affermarsi In un solo torneo, a Los Cabos, mentre ha fallito negli Slam, finalista battuto da Nadal a Melboume, poi sconfitto negli ottavi sia al Roland Garros (Cilic) sia allo US Open (Kyrgios). La novità viene dal fatto che per la prima volta da che il tennis è Open, due giovani finalisti dello Slam si affrontano anche per il numero uno, senza esserlo mai stati prima. Non è mai successo. Nel 1988, sempre agli US Open, accadde qualcosa di simile. In finale giunsero Ivan Lendl e Mats Wilander, e allora come oggi c’era in palio la vetta del tennis. Dei due, però, solo Wilander era alla prima possibilità di salire così in alto, mentre Lendl era da tempo un navigato padrone del tennis. Vinse lo svedese, settimo numero uno della lista, che guidò il tennis per venti settimane, senza lasciare tracce particolari del suo passaggio. Il 1989 fu un anno del tutto negativo per Mats, che a fine stagione si ritrovò fuori dalla top ten. . […] «Voglio il titolo», dice lo spagnolo monocigliato, «il mio primo Slam. Il resto conta meno, anche se so che insieme a una vittoria arriverà il primo posto in classifica. Il mio sogno è vincere i titoli più importanti, e a rendere accettabili tutti i sacrifici, gli allenamenti, le ore trascorse sul campo, è stata l’ idea di poter mettere il mio nome al fianco di quelli che prima di me ce l’hanno fatta». «Tutto comincia sempre da un sogno», la replica del norvegese, «da piccolo vedevo Rafa e Roger in tivvù e pensavo che sarebbe stato bello, un giorno, essere al loro posto. Ho sempre pensato agli Slam come al mio obiettivo, e penso sia giusto cosi. Anche in questa occasione infondo, tutto prenderà forma da chi vincerà il titolo, compreso il possibile numero uno». Alcaraz parte daun 2-0 rifilato a Ruud con le vittorie diMarbella nel 2021(terra) e di Miami quest’anno (cemento). Quattro set giocati e quattro set vinti. ll problema potrebbe venire dai molti chilometri percorsi in questo US Open. Dagli ottavi, Carlitos ha vinto tre estenuanti maratone al quinto set, rimanendo in campo tre ore e 54 con Cilic, 5 ore e 15 con Sinner e 4 ore e 19 con Tiafoe, l’altro ieri notte. Oltre 13 ore di tennis all’arma bianca. «Frances gioca sorridendo, si diverte coni colpi che tira, capisco perché piaccia alla gente. Giocarci è stato un insegnamento, perché si vede che ama moltissimo quello che fa». Ruud si è dovuto impegnare assai meno: 4 set con Moutet negli ottavi, 3 con Berrettini nei quarti, altri 4 con Khachanov in semifinale, senza mai dare però l’impressione di poter andare in difficoltà. «Non so se conteranno qualcosa le 2 sconfitte subite da Alcaraz», tira le somme Casper «forse no, ogni partita scrive una storia diversa. Il mio obiettivo, quest’anno era di giungere almeno una volta ai quarti dello Slam. Sono stato in finale a Parigi, e ora lo sono in questi US Open. Potrei dire di es sere in pace con me stesso, ma forse non mi dispiacerebbe cancellare quelle sconfitte contro Carlos. Sarebbe una bella rivincita».

La rivoluzione americana, Alcaraz contro Ruud, chi vince si prende tutto (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

Alla straordinaria velocità di 20 ore e 19 minuti trascorsi in campo, 19 anni, tre mesi e cinque giorni d’età, Carlos Alcaraz sbuca nella finale dell’Open Usa più rivoluzionaria della storia (Eurosport, ore 22) con la legittima ambizione di prendersi tutto: coppa, primo titolo Slam e vetta della classifica mondiale. Contro il norvegese Ruud, oggi in finale, pesano i precedenti (2-0 per lo spagnolo, auguri Casperino) ma soprattutto l’inerzia di un torneo che, respinto Djokovic (no vaccino, no party) e rispedito al mittente l’anziano Nadal (sconfitto da Tiafoe), si è accoccolato ai piedi della novità, Alcaraz, facendo le fusa. A differenza di Thiem, re nell’anno pandemico 2020, e Medvedev, il russo che l’anno scorso impedì al Djoker il Grande Slam a un passo dalla meta, comunque finisca la vicenda di stasera è evidente che il giovane Zorro che ha marchiato a fuoco questa edizione è qui per restare. Se i cinque set con Cilic (3.54′) erano sembrati il prepensionamento pieno di orgoglio di un vecchio leone, la maratona con Jannik Sinner nei quarti (5.15′) aveva dato una dimensione dell’intensità del tennis di Alcaraz quando è sotto pressione e il corpo a corpo con l’enfant du pays Tiafoe in semifinale, assistito in tribuna da mamma, fidanzata e Michelle Obama, ne ha certificato l’infrangibilità. Prezioso per il ricambio del tennis come i ghirigori del barocco andaluso della cattedrale di Murcia, la città da cui proviene, Alcaraz a nemmeno vent’anni è già il ragazzo prodigio in grado (con la collaborazione di Sinner) di renderci impermeabili alla nostalgia dei Big 3 e di rottamare quegli alfieri della Next Generation (Zverev, Tsitsipas, Shapovalov), una buona trovata di marketing dell’Atp, che avrebbero dovuto fare il golpe e invece si sono, fin qui, limitati a conquistare qualche Master 1000. […] «Sono sempre quel bambino che dieci anni fa sognava questo momento» ha detto a New York, mangiato con gli occhi dal suo mentore Jean Carlos Ferrero, campione di Parigi 2003, il grande ex che ha seguito all’accademia di Villena per calcarne le orme e, ormai è evidente, spingersi oltre. Fu proprio Ferrero, nel settembre 2003, a scavalcare Agassi come numero 1 del mondo. Oggi può riuscirci Alcaraz ai danni di Medvedev, corsi e ricorsi storici («Con il mio coach abbiamo parlato molto di quell’episodio: lui ha già vissuto le cose che sto attraversando io, ecco perché sa prepararmi bene per le sfide»), se riuscirà a penetrare il muro di Ruud, alla seconda finale Slam della stagione, un altro che, vincendo, diventerebbe padrone di un tennis che rischia il trend delle donne: un campione diverso ogni Slam, Carlito permettendo. Non è il più giovane finalista di un Major, lo spagnolo: difficile superare la precocità di Michael Chang (17 anni,109 giorni) al Roland Garros ’89 o Boris Becker (17 anni, 227 giorni) a Wimbledon ’85. Ma diventerebbe il re del tennis più giovane della storia dalla creazione del ranking Atp (23 agosto 1973) a oggi. Tira un vento di cambiamento, qui a New York. Non è una brezza effimera contro l’umidità, ha tutta l’intenzione di diventare l’uragano Carlos. Spettinati e incantati dallo spettacolo, molto meglio che a Broadway.

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