Coppa Davis, Olanda-GB 2-1: padroni di casa eliminati al doppio decisivo, gli olandesi volano ai quarti

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Coppa Davis, Olanda-GB 2-1: padroni di casa eliminati al doppio decisivo, gli olandesi volano ai quarti

Dopo il KO con gli Usa è ancora il doppio a tradire gli uomini di Smith. Murray e Salisbury sconfitti da Koolhof/Middelkoop 6-3 al terzo. Non basta la vittoria di Evans, delude Norrie contro il coriaceo Van De Zandschulp. Per il team orange sabato con gli Stati Uniti, la sfida per il primato nel girone

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Matwe Middelkoop e Wesley Koolhof – Davis Cup 2022 Glasgow (Photo by Pedro Salado / Quality Sport Images / Kosmos Tennis)
 

Gruppo D (Glasgow)

Olanda b. Gran Bretagna 2-1

E’ ancora il doppio a rivelarsi l’anello debole della squadra britannica di Coppa Davis, dopo che già nella scorsa edizione della competizione non era riuscita a confermare la semifinale ottenuta nel 2019 perdendo proprio al doppio decisivo contro la Germania, si è ripetuta quest’anno nonostante potesse sfruttare il fattore campo a sua disposizione. Prima il KO con gli Stati Uniti, poi la definitiva resa sotto i colpi dei Paesi Bassi. In entrambi i casi, l’incontro si è deciso al terzo rubber e con la sconfitta patita nel parziale finale. Un problema, quello del doppio, paradossale per la Gran Bretagna se si considera che può contare su due dei primi quattro giocatori di specialità, i quali fra l’altro si sono scontrati, con compagni diversi al seguito, nella recente finale dello US Open; tuttavia Skupski non è mai stato preso in considerazione preferendogli sempre Murray. Ma oggi l’altra grande nota negativa è stata rappresenta dal n. 1 Norrie, autore di una prestazione al di sotto delle sue possibilità. Ciò nonostante grandissimi meriti alla compagine orange, che ha dimostrato tutto il suo valore e che certamente a Malaga sarà una mina vagante ed un avversario che tutte vorranno evitare: due singolaristi solidi, ed un doppio più che collaudato. Però la copertina di oggi se la prende indiscutibilmente Matwe Middelkoop, che a 39 suonati – anche l’Olanda non scherza per quanto riguarda la disciplina del doppio, visto che ha lasciato a casa un altro veterano come il 41enne e n. 5 di specialità Jean Julier Rojer, campione in tre prove dello Slam tra cui il Roland Garros di quest’anno in coppia con Arevalo – ha fatto vedere cosa vuol dire essere un doppista con la D maiuscola. Adesso l’Olanda nella sfida di domani contenderà agli USA il primato, mentre per Sir Andy e compagni la magra consolazione di battagliare domenica per il 3° posto del raggruppamento.

 

Quinta giornata di gare all’Emirates Arena di Glasgow, con in campo i padroni di casi chiamati al riscatto dopo la sconfitta subita al debutto per mano degli Stati Uniti d’America. Il team guidato da Leon Smith non può più sbagliare poiché a causa del successo maturato ieri in Scozia, che ha visto la seconda affermazione in fila della squadra capitanataper l’occasione – da Bob Bryan ai danni del Kazakistan, qualora incassasse un ulteriore KO avrebbe matematicamente perso qualsiasi possibilità di qualificarsi per la Fase Finale della Coppa Davis 2022, di scena a fine novembre in quel di Malaga. Dunque uno scenario di questo tipo garantirebbe al Team USA e ai Paesi Bassi – avversari odierni di Murray e soci, dopo il successo sui kazaki – di potersi giocare nello scontro diretto di domani il primo posto del girone, affrontando la sfida con la consapevolezza e la tranquillità di sapere che anche un eventuale sconfitta non metterebbe a rischio l’accesso ai quarti della competizione. Questo perché un trionfo della nazionale orange porterebbe gli uomini di Paul Haarhuis a due ties vinti, così come gli Stati Uniti, mentre lascerebbe sul fondo del raggruppamento ancora a 0 incontri vinti sia il Kazakistan che i britannici.

Perciò il peso sulle spalle con il quale i membri del Team di Sua Maestà, hanno approcciato alla sfida contro l’Olanda è stato certamente non indifferente. Mettiamoci pure che l’avvicinamento non è stato dei migliori – dopo le lamentele per nulla velate di Sir Andy, che si è scagliato contro l’organizzazione -, e ci si rende conto come il compito per la squadra di casa non era per nulla semplice. Inoltre a rappresentare un altro fattore di pressione, l’ovvia spinta del pubblico nel cercare di sostenere al massimo i loro beniamini affinché potessero omaggiare degnamente la scomparsa di Queen Elizabeth II, attraverso il pass per l’Andalusia.

D. Evans b. T. Griekspoor 6-4 6-4

A varcare per primi l’ingresso dell’imponente impianto scozzese – teatro nel recente passato di diversi memorabili scontri di Davis, specie in quel magico 2015 – sono come da regolamento del nuovo format, i rispettivi numeri due delle formazioni impegnate: Daniel Evans e Tallon Griekspoor. Era il primo confronto diretto in assoluto tra i due giocatori, i quali venivano da uno scorcio di stagione sul cemento americano diametralmente opposto. Il 32enne di Birmingham, oltre al 3°T ottenuto allo US Open – eliminato da Cilic -, aveva brillato particolarmente tra Washington e Montreal conquistando prima i quarti e poi soprattutto la semifinale in Canada, nel torneo ‘1000’ delle sorprese si arrese soltanto al futuro vincitore Carreno Busta. Ciò nonostante difendendo i colori del proprio Paese ha racimolato una sconfitta all’esordio contro Paul, pur disputando un ottimo match perso solo al terzo set. Mentre al contrario il suo avversario odierno aveva ottenuto una vittoria, seppur molto sofferta, ai danni del veterano Kukushkin. Dunque arrivavano al duello odierno con sensazioni completamente differenti, ma come si sa in Coppa Davis l’esperienza conta e non poco.

Ebbene se si va a spulciare il kilometraggio di Dan e Tallon in questo evento, si può osservare un netto divario di abitudine nel giocarlo: Evans, anche per via dei suoi sette anni in più, ha esordito nel lontano 2009 ricevendo in totale 16 convocazioni e prendendo parte a 21 incontri, con un bilancio di 10 vinti e 19 persi – match disputati tutti in singolare -; il 25enne di Haarlem invece ha debuttato nel 2019 ed è stato chiamato dalla propria nazionale nove volte, scendendo in campo in 7 ties con un bottino di 3 partite vinte e altrettante perse. Quindi nonostante il peso di un intero Regno sul groppone, Evans ha mantenuto fede al suo ruolo di favorito proprio in virtù dell’esperienza accumulata, in questi anni, da Davisman. Un doppio 6-4 in 1h42’ portato a casa dall’istrionico Daniel attraverso una sviluppata capacità di gestire, e di trascinare verso poli favorevoli, i diversi momenti che un incontro di questo tipo propone. Il n. 25 ATP ha saputo disinnescare, con i suoi malefici tagli e il suo inconfondibile stile d’antan, la maggiore potenza dell’olandese. Quest’ultimo, tennista dotato di grande solidità da fondo e di un servizio di primo ordine oggi è stato tramortito non potendo fare pieno affidamento alla propria cilindrata superiore.

Saper leggere le varie fasi di un match, non è qualità comune poiché presuppone di riconoscere – ed in particolar modo di accettare – quand’è il momento di premere sull’acceleratore attaccando con coraggio e quando invece – contrariamente – bisogna mettersi lì, soffrire ed essere in grado di mostrare quell’umiltà necessaria e propedeutica a far passare la marea riemergendo indenni. Ed è proprio seguendo questo monito interiore che il n. 2 di Gran Bretagna riesce prima a sventare l’insidia dei vantaggi sul 4-4, per poi trovare alla seconda chance utile – aveva avuto una palla break nel game d’apertura – la zampata decisiva nel successivo gioco, con il break prontamente confermato che ha posto fine al parziale. Nel secondo set, tuttavia, il primo ad offrire opportunità di break, sullo 0-1, è stato il nativo di Birmingham; il quale però ancora una volta si è dimostrato più cinico cancellando l’occasione al n. 48 del mondo e ottenendo lo strappo finale nel settimo game. Chiusa, dopo un po’ di suspense conclusiva, la partita al terzo match point: Evans ha potuto liberare tutta la sua gioia, ripagando la scelta del capitano di averlo riconfermato nonostante la sconfitta patita con gli USA.

B. Van De Zandschulp b. C. Norrie 6-4 6-2

La palla adesso passava di testimone, al n. 1 del Team di casa Cameron Norrie. Il mancino giramondo da Johannesburg ha sulla propria racchetta la possibilità di chiudere il tie e regalare il punto che terrebbe vive le speranze british di qualificazione. L’altro protagonista del secondo rubber è il n. 35 del ranking Botic Van De Zandschulp, capofila del movimento tennistico d’Olanda. Un solo precedente, ma assolutamente degno di nota sia per la superficie sulla quale si è materializzato che soprattutto perché disputatosi pochissime settimane fa: poco più di un mese fa sul cemento nordamericano di Montreal ad imporsi nei sedicesimi di finale in maniera nettissima, lasciando per strada tre miseri game, fu il campione d’Indian Wells 2021. Un’affermazione che diede il là ad un grande percorso da parte di Cam, che si spinse addirittura sino alla semifinale battendo il – futuro – n. 1 mondiale Alcaraz e dovendo inchinarsi solamente dinanzi ad uno scatenato Coric. Il n. 8 delle classifiche raggiunse così l’ennesimo eccezionale traguardo, di un’estate magnifica per lui: considerando la finale conquistata a Los Cabos e, sopra ogni cosa, lo storico penultimo atto di Wimbledon. Tutto perciò lasciava presagire, visto anche le 25 posizioni di distanza in classifica, un risultato favorevole per il tennista di origini sudafricane. Ma mai dare per scontato un match in Davis, specialmente quando la vittima sacrificale è l’emblema del giocatore tignoso e ostico per eccellenza: BVDZ ha difatti ammutolito il pubblico di casa, liquidando Norrie in neanche un’ora e mezza di partita con lo score di 6-4 6-2.

Il 26enne di Wageningen usufruendo alla perfezione del suo tennis a tutto campo, che lo vede ben esibirsi sia quando deve comandare da fondocampo spingendo a velocità sostenute negli scambi prolungati sia invece in quei frangenti in cui gli è richiesto di prendere la rete anche con puntuali discese in controtempo o ancora di variare con la smorzata, ha rotto gli indugi brekkando nel terzo game. L’allungo si è rivelato decisivo, con il tennista orange che ha persino sfiorato il doppio vantaggio sul 3-1: l’unico momento di reale sofferenza è giunto nel decimo game, dove Cameron trascinato dall’intramontabile tifo dei suoi connazionali ha frantumato la bellezza di tre set point. Bravo e freddo comunque Botic, che non si è fatto distrarre più di tanto sigillando la frazione al quarto tentativo. Sostanzialmente lo scontro è terminato qui, il secondo set si è infatti rivelato totalmente a senso unico: servizio strappato dall’olandese nel primo e nel settimo gioco, per regolare definitivamente i conti. Il mancino di casa deve così abbandonare inopinatamente il campo, deluso per l’opaca prestazione offerta, nella quale praticamente mai è stato in grado di far valere le sue armi: il rovescio filante, il dritto arrotato e le infide traiettorie alla battuta.

W. Koolhof/M. Middelkoop b. A. Murray/J. Salisbury 7-6(0) (6)6-7 6-3

A Glasgow, allora, bisogna ancora soffrire fino allo sfinimento, sudare le proverbiali sette camicie per gli appassionati accorsi all’Emirates Arena. La loro speranza è che in questo caso il doppio sia portatore di felicità e gioia, e non di un’amarezza acuita dalle tante ore passate a sostenere – inutilmente – i loro rappresentati. Per i capitani, nessuna variazione, coppie confermate; fra l’altro le stesse ammirate nelle loro prime uscite. In campo tre specialisti della disciplina, e poi lui: l’incommensurabile “uomo dall’anca d’acciaio”, non sazio di correre e spendere energie per la Gran Bretagna, con la grandezza dei campioni di accettare anche un ridimensionamento del suo ruolo all’interno delle dinamiche e delle gerarchie di squadra – da prima punta indiscussa, a doppista titolare -. Andy Murray e Joe Salisbury contro Wesley Koolhof e Matwe Middelkoop: i britannici sono al loro quarto match assieme, prima della dolorosa sconfitta patita con Ram/Sock martedì, avevano giocato in coppia solamente in occasione dei Giochi Olimpici di Tokyo dove ben figurarono superando due accoppiate molto forti come i francesi Herbert/Mahut e i tedeschi Krawietz/Puetz prima di soccombere per mano della successiva medaglia d’argento Cilic/Dodig. Wesley e Matwe hanno invece giocato uno affianco all’altro ininterrottamente per due stagioni, tra il 2016 e il 2017, con in seguito una reunion isolata tre anni fa per il ‘500’ di Halle dove però hanno perso subito da Kubot e Melo.

Dunque da un lato una coppia con certamente più affinità ma che oramai è piuttosto datata, dall’altra un duo con meccanismi meno oleati tuttavia messi in piedi appena l’estate passata per l’Olimpiade giapponese. Inoltre un ulteriore ed interessante chiave di lettura è data dal fatto che Salisbury e Koolhof si sono recentemente affrontati in finale allo US Open: a spuntarla è stato il giocatore inglese, che con l’americano Ram ha superato l’olandese e Neal Skuspki – anche lui a disposizione di Smith, n. 3 di specialità, ma gli è sempre stato preferito Murray -. Il doppio di casa ha grandissima voglia di rivalsa, dopo aver sprecato il vantaggio di un set e un break contro Team USA, e difatti parte fortissimo. Break immediato e 3-1 a favore della coppia britannica, con un Murray incandescente e straripante che a suon di difese miracolose, lob in precario equilibrio, riflessi pazzeschi al volo e risposte d’antologia; traina con sé il proprio compagno ed il pubblico. Il match sembrava ben indirizzato, addirittura il duo casalingo si costruisce una palla per il doppio break – non concretizzata – ma all’improvviso qualcosa inizia a scricchiolare. I rapporti di forza dell’incontro sono chiarissimi, due specialisti di altissimo livello – Salisbury n. 1 di doppio, Koolhof n. 4 di specialità – un campionissimo che si adatta alla grande al doppio, anche se non è più al massimo delle sue potenzialità, ed infine un veterano della disciplina ormai in là negli anni – 39 anni per Middelkoop ma comunque n. 24 della classifica -. Ci si aspetta quindi che a decidere la contesa siano le performance di Murray e Middelkoop, tuttavia un poco prevedibile calo vertiginoso di Salisbury permette il contro-break nell’ottavo game. A quel punto si arriva al tie-break, e qui sale in cattedra proprio Matwe: l’eroe che non ti aspetti gioca un gioco decisivo allucinante, volée in tuffo straordinarie e recuperi rialzandosi da terra spettacolari. I Paesi Bassi dominano per 7 punti a 0, dopo 54 minuti lo psicodramma britannico inizia ad aleggiare.

Le due coppie cancellano tre palle break nel corso della seconda frazione, una gli olandesi nel sesto game e due – che poi si riveleranno pesantissime – Murray/Salisbury in quello immediatamente successivo. Dopodiché i servizi diventano impenetrabili, almeno fino al deciding game, dove si assiste ad un qualcosa di surreale: 6 mini-break, tre per parte, in 13 punti. Sul 6-5 match point per Koolhof/Middelkoop, ma il fondamentale d’inizio gioco britannico risponde presente. Frantumato il punto che avrebbe sancito la loro eliminazione, i due sudditi di Sua Maestà con tutta l’adrenalina che hanno in corpo sparigliano le carte centrando il settimo mini-break – del tie-break – e per 8 a 6 dopo 1h10’ di durata del parziale, rimandando ogni discorso al set finale. La frazione finale è magnifica, il livello della partita cresce esponenzialmente – anche il precedenza però il match è stato di alto profilo -: si possono sgranare gli occhi davanti a scambi durissimi, emozionanti e sempre sul filo del rasoio con tutti e quattro i giocatori a sfidarsi a rete. Ogni punto è una storia a sé, e inevitabilmente porta in dote un carico emotivo importante visto che ogni quindici può essere quello determinante a fini del tie. Due game maratona nel terzo set, con entrambe le coppie che superano un paio di break point a testa. L’equilibrio viene spezzato, senza più possibilità di essere ricucito, sul 4-3: a breakkare sono gli olandesi, che in seguito suggellano una grandissima performance per nulla scontato reagire al match ball sfumato andando a vincere 50 minuti dopo la prima chance avuta per 6-3 dopo quasi tre ore di gioco. Paesi Bassi ai quarti, Gran Bretagna eliminata.

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David Haggerty (ITF): “La nuova formula della Coppa Davis funziona”

Nonostante la fine del contratto con Kosmos per la gestione della Coppa Davis, il presidente dell’ITF David Haggerty ribadisce che la nuova formula per la competizione a squadre è la scelta vincente

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David Haggerty - Finali Coppa Davis 2019 (photo by Diego Souto / Kosmos Tennis)

Presente a Nizza per la presentazione della Hopman Cup che si svolgerà a luglio nella settimana che segue Wimbledon, il presidente dell’International Tennis Federation (ITF) David Haggerty ha ribadito che la tanto criticata nuova formula della Coppa Davis “ha funzionato”.

A gennaio, l’ITF si è trovata costretta a riprendere il controllo dell’organizzazione dell’evento, ponendo fine alla collaborazione con Kosmos, il gruppo di investimento presieduto dal calciatore spagnolo Gerard Piqué, iniziato nel 2018 e che doveva durare ben 25 anni. Sulle ragioni della fine della partnership, ne abbiamo parlato in questo articolo.

Con l’arrivo di Kosmos nel 2018, la formula della competizione a squadre più antica della storia dello sport era stata modificata con il consenso dell’ITF. Le tradizionali partite in casa o in trasferta sono state abbandonate a favore di fasi giocate in un unico luogo. Questo nuovo sistema ha faticato a convincere giocatori e tifosi e continua a far discutere.

 

La fine della collaborazione aveva fatto sperare le tante voci contrarie su un possibile “ritorno al passato” o, quantomeno a una ridefinizione dell’attuale formula. Haggerty però sembra convinto: “Abbiamo un modello che funziona”, anche se “continuiamo a lavorare per migliorare il format”.

Ricordiamo che, dopo un primo turno eliminatorio che si è giocato all’inizio di questo febbraio, 12 nazioni si sono qualificate (Cile, Corea del Sud, Croazia, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Serbia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera) per una fase a gironi che si giocherà dal 12 al 17 settembre in quattro città diverse (delle quali ancora non si conosce il nome, però ci rivediamo a Bologna), a cui parteciperanno anche Italia, Spagna, Australia e Canada, ammesse senza passare dalle qualificazioni. Gran finale con la fase a eliminazione diretta a Malaga dal 21 al 26 novembre.

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Coppa Davis, sorteggiati i tie dei World Group. Ma cosa succederà nel 2024?

Ecco tutti gli accoppiamenti delle sfide di settembre dei due gruppi mondiali. Le vincitrici del World Group I giocheranno le qualificazioni per le Finals 2024

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Coppa Davis a Montreal (foto Ubitennis)

Mattinata dedicata ai sorteggi quella di giovedì negli uffici dell’ITF a Londra. 48 sono stati i nomi delle nazioni estratti dall’urna per 24 sfide settembrine con il tradizionale formato casa-trasferta con cinque incontri individuali (rubber) al meglio dei meno tradizionali tre set. Il tutto su due giorni, anche se in realtà sono complessivamente tre perché la squadra di casa può scegliere se giocare venerdì e sabato oppure sabato e domenica. Il weekend sarà naturalmente quello del 15-17 settembre, dunque la settimana successiva allo US Open.

Ai tie validi per il World Group I prenderanno parte le 12 nazioni uscite sconfitte dalle qualificazioni disputate lo scorso fine settimana e le 12 vincitrici dei playoff del Gruppo I, con il sorteggio che ha tenuto conto del ranking ITF. Le vincenti di settembre, leggiamo nel comunicato della Federazione Internazionale, saranno ammesse ai Qualifiers del febbraio 2024, validi per guadagnarsi la possibilità di disputare le Finals. Eravamo però rimasti, dopo la rottura fra Kosmos e ITF, che il format non sarebbe cambiato… per quest’anno. Ci stanno dicendo che questa formula verrà confermata?

Perché, tralasciando (si fa per dire) il fallimento della collaborazione con il gruppo di Piqué e i cambi in corsa delle ultime edizioni, la parte del comunicato in cui quelli dell’ITF si dicevano “concentrati sulla crescita futura della più ampia competizione sportiva annuale a squadre” faceva presagire un nuovo cambiamento. Lo scopriremo, abbiamo quasi un’intera stagione davanti prima che sia battuta la prima palla del prossimo tie. Vediamoli, allora, questi abbinamenti, tenendo presente che la nazione con la (c) ha la scelta del campo (l’asterisco significa che tale prerogativa è stata sorteggiata) e i numeri indicano la testa di serie.

 

World Group I

Bosnia ed Erzegovina (c)* vs Germania (1)
Bulgaria (c)* vs Kazakistan (2)
Belgio (3) (c)* vs Uzbekistan
Argentina (4) (c)* vs Lituania
Ucraina (c)* vs Colombia (5)
Ungheria (6) (c)* vs Turchia
Israele (c) vs Giappone (7)
Austria (8) (c) vs Portogallo
Grecia (c)* vs Slovacchia (9)
Perù (c)* vs Norvegia ((10)
Romania (11) (c)* vs Taiwan
Danimarca (c)* vs Brasile (12)

Dodici sono i tie anche per il World Group II. Nell’urna, le perdenti dei playoff di cui sopra e le vincitrici dei playoff del Gruppo II. Le vincitrici delle sfide elencate qui sotto e le perdenti di quelle sopra giocheranno i playoff 2024 del Gruppo I.

World Group II

Monaco (c)* vs Ecuador (1)
India (2) (c)* vs Marocco
Nuova Zelanda (3) (c) vs Thailandia
Messico (4) (c)* vs Cina
Pakistan (5) (c)* vs Indonesia
Uruguay (6) (c)* vs Egitto
Libano (7) (c)* vs Giamaica
Slovenia (8) (c)* vs Lussemburgo
Georgia (c)* vs Tunisia (9)
El Salvador (10) (c)* vs Irlanda
Hong Kong (11) (c)* vs Lettonia
Polonia (12) (c)* vs Barbados

L’ultima informazione è che Pakistan e Uruguay sono pari nel ranking, per cui le rispettive teste di serie son state assegnate tirando una moneta – o con il sistema che sono soliti usare negli uffici dell’ITF.

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Giudicelli, vicepresidente ITF: “Mahut è un ignorante, ormai può andare in pensione”

L’ex Presidente della Federtennis francese replica duramente a Nicolas Mahut, che di recente aveva criticato il format che la Coppa Davis ha assunto dal 2019

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Nicolas Mahut - Queen's 2019 (foto Alberto Pezzali/Ubitennis)

L’ultimo weekend di tennis andato in archivio ha regalato agli appassionati tante belle storie, a cominciare dall’inaspettato trionfo a Lione di Alycia Parks, che non nasconde le sue ambizioni e aspira alla top10 entro fine anno. Nell’altro torneo in programma a livello WTA Zhu Lin ha vinto in Thailandia il primo titolo in carriera, lei che è reduce dalla sorprendente campagna australiana. Anche la 29enne cinese sta contribuendo e non poco alla lenta ma costante rinascita del tennis cinese, con tante ragazze pronte a lasciare il segno.

Il circuito ATP si è invece fermato per una settimana, lasciando spazio alle qualificazioni di Coppa Davis (qui le 16 squadre qualificate per la fase a gironi di metà settembre), che hanno visto tanti pronostici rispettati ma anche qualcuno ribaltato. Un esempio sono le inattese vittorie di Finlandia, che per la prima volta nella sua storia parteciperà alle Finals, così come quella della Svizzera, capace di ribaltare la Germania di uno spento Zverev.

Tra le 16 qualificate a settembre ci sarà anche l’eclettica Francia, che ha faticato molto più del previsto contro l’Ungheria, prevalendo 3-2 al match decisivo. Contando che Fucsovics, numero uno ungherese, ha perso (da favorito) entrambi i suoi match di singolare, lo smacco per i transalpini era davvero dietro l’angolo. Una delle due partite perse è stato il doppio, dove i francesi sulla carta partivano decisamente più avanti rispetto a Marozsan/Valkusz, capaci però di imporsi in due set su Rinderknech/Mahut.

 

Proprio quest’ultimo è stato preso di mira da Bernard Giudicelli, attuale vicepresidente della ITF ed ex presidente della Federtennis francese, che lo ha invitato ad andare in pensione. Tra i due non è mai corso buon sangue, come dimostra un’intervista, questa volta da parte del tennista transalpino, in cui non vedeva di buon occhio l’elezione di Giudicelli alla presidenza della Federazione del suo paese.

Il motivo del nuovo battibecco tra i due risiede questa volta proprio nella Coppa Davis. Mahut non ha mai nascosto le sue perplessità riguardo al nuovo format (quello in vigore dal 2019), mentre la FFT – nella figura di Giudicelli – si è sempre detta favorevole al cambiamento. “Abbiamo buttato via quattro anni. Bernard sa che cosa penso delle sue decisioni da vicepresidente dell’ITF e presidente della FFT: ha grandi responsabilità per questo fiasco, ma vedo che non si mette in discussione – aveva dichiarato a L’Équipe il 41enne di Angers.

La risposta di Giudicelli non è tardata ad arrivare e, intercettato da Tennis Actu, l’ex presidente della FFT non le ha mandare a dire: Nicolas Mahut è un ignorante. Non sarà un giocatore di 41 anni a spiegare oggi ad un giocatore di 20 o 22 anni come dovranno funzionare le cose. Ormai va bene per la pensione.

L’intervento di Guidicelli si poi concentrato anche sul weekend di Davis appena trascorso, visto in modo più che positivo: “Ero in Finlandia e lì c’era un’atmosfera eccezionale. Nonostante sia un piccolo paese, con poco più di cinque milioni di abitanti, c’erano circa 5000 persone al giorno a seguire l’evento, cioè quasi 10.000 spettatori nei due giorni di competizione. È stato un evento vero e proprio, organizzato alla perfezione dalla Federazione finlandese”.

La Finlandia sarà tra le 16 nazioni che, a settembre, si giocheranno l’accesso alle Davis Cup Finals di Malaga, anche se ancora non sono note le città che a settembre ospiteranno le fasi a gironi. Oltre a Bologna, infatti, al momento sono da stabilire le altre tre sedi, come confermato dal vicepresidente dell’ITF: Non sappiamo ancora quali città ospiteranno i gironi a settembre.

Dalla nuova formula, secondo Giudicelli, non si può più scappare, con buona pace di chi la pensa diversamente: “Ormai non si può più tornare indietro. Mahut ha detto che abbiamo perso quattro anni? Lui è uno che parla senza sapere. Non abbiamo perso proprio niente, anzi, abbiamo salvato la Coppa Davis. Il format antico, quello in vigore fino al 2018, non funzionava più perché, semplicemente, non attirava più i migliori giocatori”.

Ancora Giudicelli: “Gli sponsor principali avevano detto che non avrebbero rinnovato i contratti. Non abbiamo sprecato quattro anni, abbiamo trovato un nuovo sistema che garantisce un pubblico eccezionale anche per le qualificazioni: basta guardare a quello che è successo in Grecia. Grecia e Ecuador non sono nazioni con una grande storia tennistica, eppure hanno generato grande entusiasmo perché c’erano giocatori forti. Mahut è un ignorante, può andare in pensione e magari diventare un giornalista. Avrebbe così l’opportunità di fare diverse critiche, cosa che tra l’altro gli riesce piuttosto bene”.

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