Djokovic in stato di grazia (Bertolucci, Semeraro, Giammò). C'è un nuovo Ruud con propositi da n.1 (Azzolini)

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Djokovic in stato di grazia (Bertolucci, Semeraro, Giammò). C’è un nuovo Ruud con propositi da n.1 (Azzolini)

La rassegna stampa di giovedì 17 novembre

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Djokovic è in stato di grazia. E dopo le Finals…c’è lo Slam (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Quando a fine allenamento un giocatore come Novak Djokovic si confronta con il suo team dicendo «mi sento bene, la palla mi scorre, ho ottime sensazioni e leggo bene le traiettorie» significa che l’atleta è al suo massimo e che non si può chiedere di più: in campo si vede, si percepisce, si ammira che fisicamente la condizione sfiora la perfezione. Nei pochi, rari momenti in cui il serbo ha bisogno di chiedere qualcosa in più al proprio tennis […] ecco che questo avviene per magia, per miracolo. Allora vuol dire che c’è tutto. Come se non bastasse, la notizia della revoca del bando di tre anni per la richiesta di un nuovo visto e la conseguente ammissione alla prossima edizione degli Australian Open, quindi la possibilità di giocare la prima prova dello Slam del 2023 – torneo che in carriera ha già vinto 9 volte – significa un’ulteriore immissione di fiducia […] La presenza a Torino di tutta la famiglia, l’allenamento in campo con il figlio, i sorrisi, i baci e la disponibilità verso il pubblico e i tifosi sono tutti piccoli segnali che aiutano […] Nonostante la posizione nel ranking lo vedesse all’ottavo posto, Novak a inizio Atp Finals, manifestazione che ha già conquistato 5 volte – l’ultima nel 2015 -. partiva come favorito. E dopo averlo ammirato nelle prime due uscite vittoriose con Tsitsipas e Rublev, gustato, quasi toccato con mano negli allenamenti di questi giorni, devo dire che raramente ho visto un giocatore così sereno e convinto dei propri mezzi. Certo, ogni partita fa storia a sé e il cammino in queste Finals è ancora lungo. Per completare il gruppo rosso gli manca la sfida contro il russo Medvedev, poi semifinale ed eventuale finale. Quindi non è detto che domenica sera sia il serbo ad alzare il trofeo, ma sarei meravigliato se questo non accadesse, se Djokovic non riuscisse a vincere per la sesta volta in carriera le Atp Finals.

 Djokovic «Più forte grazie ai figli» (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Grazie alla vittoria in due set contro Andrey Rublev, Novak Djokovic è il secondo giocatore ad essersi qualificato per le semifinali delle ATP Finals. Non è stata però la prestazione offerta in campo dal serbo – impeccabile e feroce – a tener banco nella conferenza stampa di fine match quanto la notizia, giunta martedì dall’Australia, che vedrà l’ex n.1 del mondo al via dei prossimi Australian Open. Via lo stigma di un bando che per tre anni lo avrebbe tenuto lontano dai confini del Paese, mutato il quadro pandemico, […] Nole dal 16 gennaio potrà così andare a caccia del suo decimo titolo a Melbourne Park: «Sono stato molto felice di ricevere questa notizia. E’ stato un sollievo, conoscendo tutto quel che hanno dovuto passare le persone a me più care durante quest’anno […]», le sue prime parole. «Gli Australian Open sono il torneo in cui ho ottenuto i maggiori successi, lì ho costruito alcuni dei miei ricordi più belli. Voglio tornarci e spero davvero di poter vivere una grande estate australiana. Ovvio che aver fatto chiarezza ora, sapere quel che dovrò fare durante la “off season” per cominciare l’anno dall’Australia, è qualcosa che ha tolto molta pressione dalle mie spalle e da quelle del mio team». Nessun condizionamento nel gioco, ma tempo, quello sì, Nole ne ha avuto per riflettere, metabolizzare […] Con quasi 30 partite giocate in meno dei suoi avversari, non era scontato che Djokovic riuscisse a qualificarsi alle ATP Finals senza beneficare dello status di campione di uno dei quattro Slam stagionali. Così come non era affatto scontato quanto da lui fatto negli ultimi mesi, in cui è riuscito a trovare la quadra tra freschezza, desuetudine e la coscienza di non poter fallire con quel po’ di agonismo lasciatogli in eredità dalle uscite precedenti. La ricetta l’ha rivelata ieri lo stesso Nole, sempre più circondato da giovani sfidanti cui non è ancora disposto a lasciare il passo: «Ho sempre qualcosa da dimostrare, a me stesso in primis e poi agli altri. Quando si è in campo tutti gli occhi sono puntati su di te […]Voglio continuare, la fine della mia carriera non la vedo vicina. Mi sento bene sia mentalmente che fisicamente». Intanto, quando non è sul campo, si gode Torino assieme alla famiglia. «E’ una sensazione splendida avere con me i miei due bambini (Stefan e Tara) e mia moglie, vederli seguire le mie partite. Credo che questa sia la prima volta. Mio figlio gioca a tennis, ha 8 anni, capisce quel che succede e chi é chi. Adora andarsene in giro a chiedere autografi, a giocare, a dare una mano a Goran […] E questo si che ha influenzato molto il mio gioco in questa settimana. Adoro trascorrere del tempo in campo con loro. Mi regalano armonia, e gioia, specie nei giorni di partita quando emozioni e pressione si fanno sentire di più. Averli intorno aiuta a bilanciare tutte queste sensazioni e fin qui la cosa sta funzionando alla grande. Loro sono felici, io sono felice e va tutto bene».

Tutti ai piedi di Djokovic, il papà re. «Giocare davanti ai figli è fantastico» (Stefano Semeraro, La Stampa)

Djokovic, un fuoriclasse a conduzione famigliare. Almeno in questa seconda versione torinese e specialmente nel match di ieri, vinto contro Andrey Rublev. «È stata una sensazione bellissima avere entrambi i miei figli e mia moglie qui, dal primo all’ultimo punto. E’ la prima volta che succede». Il clan Djokovic comprende coach Goran Ivanisevic, il fisioterapista Ulises Badio e un reparto tutto italiano: il preparatore fisico Marco Panichi, la responsabile media Elena Cappellaro e il manager Dodo Artaldi. Ma a rubare occhi e telecamere ieri sono stati soprattutto Stefan e Tara, i due eredi […] «Non succede spesso – racconta il Djoker, che ha sempre preso il lavoro di genitore molto seriamente – ma mi sta facendo molto bene questa settimana avere i miei figli vicini. […] mi dà un grande equilibrio». Lo confermano i risultati. Rublev è stato congedato in due set, 6-4 6-1, e Novak è già certo di essere in semifinale. In Italia poi si sente a casa […] Ma da splendido 35 enne rispedire a casa, possibilmente in fretta e senza appello, le nuove generazioni che vorrebbero prendere il potere nel tennis lo motiva ancora di più. «Andrey è calato dopo il primo set, e sono riuscito a spaccarlo, dopo tutto è andato a meraviglia. Volevo vincere questo match. Anzi, voglio vincere tutti i match che gioco qui». Per dimostrare che il n.1 di Carlos Alcaraz, premiato ieri sera sul centrale, è dovuto anche alle sue assenze forzate – Australian Open e Us Open – nel corso di un 2022 veramente duro nonostante il settimo centro a Wimbledon. «Non voglio scendere nel merito di quanti tornei ho giocato. La verità è che Carlos è il numero 1. Ha vinto tante partite, è un volto nuovo per il tennis e un gran bravo ragazzo, non ci sono che cose belle da dire su di lui». Ieri, fra l’altro, è arrivata la notizia che dopo l’angosciante esperienza dello scorso gennaio a Melbourne – quando fu detenuto per sette giorni, processato un paio di volte e poi rispedito a casa in quanto non vaccinato – fra due mesi potrà tornare in Australia e finalmente rigiocare lo Slam che ha vinto nove volte. «Ho tanti bei ricordi dell’Australia, non vedo l’ora di tornare laggiù e godermi alla grande l’estate. E’ stata una annata molto strana, e non giocare tanti tornei mi ha consentito di allenarmi di più e perfezionare il mio gioco. Ma ho imparato molto anche su me stesso […] Ho sempre voglia di fare nuove esperienze, non importa quali, e cerco sempre di essere ottimista nella mia vita». Oltre che affamato di vittoria, già vede oltre alla partita di domani con Medvedev e guarda alla possibile semifinale con Auger Aliassime. «È un bravo ragazzo e uno dei migliori giocatori al mondo, e io sento di avere sempre qualcosa dimostrare, a me stesso e agli altri. La pressione è il privilegio di chi ha avuto tanti successi. Non ho l’impressione che la mia carriera sia alla fine, sono a posto mentalmente e fisicamente. E mi sento molto carico». Attenti, a papà Djokovic.

C’è un nuovo Ruud con propositi da n.1 (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La più bionda di tutte, “i capelli di un colore oro pallido tipico delle bellezze scandinave e gli occhi azzurri come le acque di un fiordo norvegese” (la citazione ha la firma autorevolissima sulle tonalità gialle di Agatha Christie), è italiana. Non del tutto, ma in buona parte… Si chiama Maria Galligani, e sta al centro del box e del tifo per Casper Ruud. Il box più biondo delle Finals. E anche il più guardato. […] Casper ambirebbe al master torinese, anche se ora si preferisce chiamarlo Finals. Intanto si è portato avanti con il lavoro, è già in semifinale, e attendeva Rafa Nadal per i conteggi finali. Oppure sarà il diciannovenne Holger Rune se Nadal come da voci ricorrente, deciderà di partire. ll box in biondo piace molto ai torinesi. Ricambiati […] Anche a Casper piace, e al termine delle sue partite ringrazia la città nelle interviste sul campo. «Grazie Torino. Ci ha accolto benissimo, è città di grande eleganza». Lui ricambia nell’unico modo che conosce, giocando con ardore e indiscutibile progettualità i match di questa fase eliminatoria. È alla seconda partecipazione nel Master e ha già allisciato, un anno fa, la speranza di potersi battere per il titolo […] si arenò in semifinale davanti a un Medvedev che apparve molto più avanti di lui. Ma quest’anno c’è un nuovo Ruud al Master. Al punto da promuovere domande di non facile inquadramento. Tipo, sarà numero uno o resterà il numero due ad honorem per tutta la carriera? Insomma, Guga Kuerten o David Ferrer? ll tennis a tutto tondo del brasiliano, che ha comandato la classifica e vinto tre volte il Roland Garros, o il tennis di grande affidabilità dello spagnolo, che nei momenti più alti della sua partecipazione ai tornei del Grand Slam ha fatto da tennista di accompagnamento dei più forti? Casper ha un vantaggio su Ferrer… Sa che cosa significa essere il numero uno. Nella sua Norvegia lo è da anni. Primo in tutto, con una racchetta in mano. ll primo a superare quota 35 in classifica (che fu quella di Christian, suo padre), il primo a entrare nella Top Ten, addirittura a salire fino al numero due. ll primo a giocare una finale del Grande Slam. È successo quest’anno a Parigi, contro Nadal, e il risultato è stato simile alle lezioni che Rafa era solito impartire all’amico “Ferru”. Ma è andata meglio agli US Open, contro Alcaraz. È finito battuto, però in quattro set. Grazie ai due set centrali giocati alla pari dello spagnolo, in un match che avrebbe designato nuovo numero uno chi dei due avesse vinto. Ne è sortita una stagione da tre vittorie (Gstaad su Berrettini, poi Ginevra e Buenos Aires), ma di grandi piazzamenti nei tornei che contano davvero. Con i due Slam, infatti, c’è stata anche la finale a Miami, persa pure quella contro Alcaraz. Ora questo Master promettente […] Sono le premesse per una stagione ancora da protagonista, un 2023 nel quale raccogliere tutto quanto imparato ed elaborato finora. L’età è quella giusta. Ruud è un ragazzo del 1998, il prossimo anno ne avrà 25, l’età che segna il pieno della maturità per qualsiasi sportivo. Non è un predestinato, non si è fatto conoscere giovanissimo, grazie alla velocità di palla o alla fisicità del suo tennis che si traduce – come nel caso di Alcaraz – in un tennis di cazzotti. Ma sa fare realmente tutto, sul campo, e non gli manca quella manualità che può permettersi di ingabbiare il gioco degli avversari. «Una famiglia di brave persone, che ci sanno fare», il giudizio di Nadal […] Rafa, rischia di chiudere queste Finals con tre sconfitte, o con un ritiro anticipato. Ieri si è ancora allenato, a sorpresa e faticando, al Circolo della Stampa Sporting. Tra gli otto del Masters, due si allenano nella sua accademia, Auger-Aliassime e e Ruud. Gli sono capitati tutti nel girone eliminatorio. Lo avrebbero potuto intitolare direttamente a lui.

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