Finalmente Fritz (Cocchi). Nole, la battaglia più inaspettata (Giammò). Vince il tennis della pace. Djokovic d'acciaio: "I limiti esistono solo nella testa". "Pronti per la Davis" (Guerrini). Tre ore di lotta e fatica: Nole l'irriducibile."Non so fare calcoli, voglio vincere sempre" (Semeraro)

Rassegna stampa

Finalmente Fritz (Cocchi). Nole, la battaglia più inaspettata (Giammò). Vince il tennis della pace. Djokovic d’acciaio: “I limiti esistono solo nella testa”. “Pronti per la Davis” (Guerrini). Tre ore di lotta e fatica: Nole l’irriducibile.”Non so fare calcoli, voglio vincere sempre” (Semeraro)

La rassegna stampa del 19 novembre

Pubblicato

il

Finalmente Fritz (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

A Torino si è infilato all’ultimo tra i contendenti. Taylor Fritz sarebbe stato prima riserva se l’infortunio di Carlos Alcaraz non avesse lasciato un posto libero. Un imbucato di lusso, Taylor, che si è permesso addirittura di accomodarsi in semifinale alle Atp Finals, dove affronterà Novak Djokovic, imbattuto leader del Gruppo Rosso. Un risultato meritato, a coronamento di una stagione che l’ha visto finalmente passare da eterna promessa (era stato semifinalista al Bonfiglio nel 2015 e il New York Times parlò di lui come del futuro del tennis Usa) a protagonista del circuito. […] Taylor, è stato un 2022 da incorniciare. A marzo la vittoria di Indian Wells contro Nadal, adesso la semifinale a Torino dove si batterà con Novak Djokovic. «Una stagione faticosa ma piena di soddisfazione. Non vedo l’ora di giocare con Nole, è un esame di maturità per me. Affrontare in una semifinale importante come questa il giocatore forse più grande di tutti i tempi è un’opportunità da sfruttare al massimo». Anche perché lei quest’anno, quando è arrivato in semifinale, poi ha sempre sollevato il trofeo. «Sii, ma tra arrivare alla semifinale e vincere il torneo c’è sempre l’avversario di mezzo. E qui a Torino ci sono solo i migliori al mondo». Tra cul Taylor Fritz: cosa è cambiato quest’anno rispetto al passato? «Principalmente la continuità. In passato soffrivo di alti e bassi, magari andavo avanti fino a un certo punto del torneo e poi mi fermavo in semifinale. Quest’anno sono pronto, più maturo e fiducioso nei miei mezzi. E infatti sono arrivati tre titoli. Il successo contro Nadal a Indian Wells è stato la chiave, mi ha dato la spinta per il resto della stagione anche se per una parte dell’anno sono stato infortunato a un piede». ? Lei è figlio d’arte, sua mamma Kathy May è stata numero 10 al mondo. Quali sono gli insegnamenti più importanti che ha ricevuto da lei? «La sua esperienza da giocatrice è stata molto importante. Mi ha dato sempre consigli giusti su come gestirmi, su quali tornei giocare, fin da quando ero ragazzino. Mi ha indicato la strada dentro e fuori dal campo». Lei è diventato padre giovanissimo, pensa di tramandare la tradizione di casa anche a suo flglio? «Se lui decidesse di giocare a tennis, di sicuro non lo ostacolerei, ma dovrà essere una sua scelta, nessuna imposizione. E poi non farei mai il suo coach perché sarei troppo esigente. Sono piuttosto esigente già con me stesso, da allenatore sarei insopportabile». Qui a Torino è arrivato con Ia sua fidanzata Morgan Riddle. Da influencer sta cercando di far conoscere il dietro le quinte del mondo del tennis. «Penso che stia facendo un ottimo lavoro. Il tennis è uno sport globale, ma negli Stati Uniti ultimamente non è più così popolare quindi io cerco di fare del mio meglio sul campo mentre lei cerca di raccontare questo mondo. È molto importante che questo sport cresca ancora e diventi sempre più popolare nel nostro Paese». Lei è anche tra protagonisti della serie Netflix dedicata al tennis. È stato facile abituarsi a essere seguiti sempre dalle telecamere? «Un’altra bella iniziativa per il tennis. No, non è stato. difficile, mi hanno detto di fare come se loro non ci fossero. Mi sono abituato abbastanza in fretta». ? Dopo le Finals non sarà ancora il momento di godersi le vacanze: la aspetta la Coppa Davis e la squadra avversaria nel quarti sarà proprio l’Italia. «Non siamo la squadra favorita quindi arriveremo a Malaga senza pressione. Se vinceremo saremo molto felici, ma se perderemo non sarà un dramma. L’Italia è una squadra sempre temibile, anche se non arriva al completo. Cercheremo di mettere in campo un bello spettacolo».

Nole, la battaglia più insapettata (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

L’epica se ne frega delle premesse e della posta in palio. Quando sente profumo di rivalità, si accomoda a debita distanza dai duellanti e come un duro ceppo nel focolare resta lì impassibile in attesa della scintilla che la faccia divampare. […] DANIIL. Già eliminato dal torneo con due sconfitte, e opposto a chi la sua qualificazione in semifinale l’aveva invece ottenuta con due giorni d’anticipo, prepararsi per il suo ultimo match della stagione per Daniil Medvedev «non è stato facile, non avevo molta voglia. Ma una volta in campo ho visto che lui stava dando il 100% e così mi sono detto: “Va bene, vuoi giocare? E allora divertiamoci!”». Eccome se lo hanno fatto. Riuscendo a trasformare una partita inutile ai fini del torneo – solo Novak avrebbe avuto da rimetterci in caso di sconfitta, vedendo sfumare il bonus di 2,5 milionidi euro qualora riuscisse ad aggiudicarsi da imbattuto il trofeo – nel match più intenso della settimana. Non è mancato nulla: colpi e affondi, crisi e screzi, pubblico coinvolto e pubblico messo a tacere, team seduti in punta di sedia e coach stravolti con l’incredulità negli occhi. Tre ore di contesa, in cui a spuntarla alla fine stato ancora lui, Nole: asciugamano in testa e mani tremanti, sull’orlo della sconfitta e infine petto in fuori ad accompagnare ruggendo l’ultimo vincente: «Nessun infortunio, nessun malessere, solo la fatica per un match che era diventata una lotta feroce che mi stava prosciugando dal punto di vista fisico per via della lunghezza e dell’intensità degli scambi», ha dichiarato il serbo a fine match. OCCASIONE. E pensare che Medvedev era riuscito a portarsi alla battuta per chiuderla, occasione sfuggitagli per la seconda volta consecutive nel torneo: «Come ho fatto a perdere due partite consecutive dopo essere andato alla battuta per chiuderle? Semplice, ho combinato un disastro». La rivalità tra i due era andata assopendosi dopo lo shock di fine 2021, quando il russo a New York spezzò i sogni di Grand Slam di Novak. Cicatrice incancellabile, Novak quel giorno capì di aver trovato una nuova nemesi mentre a Medvedev apparve chiaro come l’ascesa per la vetta, neutralizzatone il possessore, fosse ormai solo una questione di tempo. ll 2022 li ha visti accomunati da un rocambolesco destino, entrambi esclusi per vicende diverse (ostracismo vaccinale e bando inglese e ITF ai tennisti russi) da diversi tornei, e quando opposti -in Kazakhstan -costretti a chiudere anzitempo per via di un presunto infortunio occorso a Medvedev che lasciò Djoko assai perplesso. «Quando ci ritroviamo di fronte vogliamo sempre vincere. Lui voleva chiudere la stagione con una vittoria e io non volevo che mi battesse», ha chiosato il serbo. Era solo una questione di tempo. L’epica lo sa bene

Vince il tennis della pace (Piero Guerrini, Tuttosport)

 Chi sostiene che lo sport sia separato dalla politica e soprattutto debba restarlo, ebbene finge oppure è inconsapevole. Lo dimostrano le Nitto Atp Finals 2022 in tempo di guerra russa all’Ucraina. Finali cominciate con Andrey Rublev che scrive «Peace, peace, peace, all we need» e al sesto giorno passa attraverso una manifestazione importante, una presa di posizione potentissima. L’occasione è il tributo ai giocatori importanti che si sono ritirati in questo anno. […]. Mancano Roger Federer, per troppi impegni. E manca purtroppo Andreas Seppi, l’ex n. 1 italiano. Ma ci sono gli altri: Tommy Robredo, Jo Wilfried Tsanga, Gilles Simon, Bruno Soares, Horia Tecau, Sergiy Stakhovsky, Robert Lindstedt, DavidMarrero, Frederik NieIsen, Ken Skupski, Philipp Kohlschreiber. L’attenzione dovrebbe essere principalmente rivolta verso gli ex top ten Tsonga e Simon, energia potente uno e sagacia tecnica l’altra. Oppure verso Robredo, solidissimo spagnolo. Invece si resta senza parole all’uscita dell’ucraino. Già proprio Sergyi Stakhovsky, emerso all’improvvisa notorietà planetaria anche extra tennis nel 2013 per aver eliminato Federer a Wimbledon, nel giardino di casa Roger, 6-7, 7-6, 7-5, 7-6, scendendo 96 volte a rete, tirando 72 vincenti contro 56 del migliore di sempre. Lui, all’epoca 116 al mondo, al secondo turno del torneo più prestigioso. Stakhovskyi a 36 anni è tomato all’onore della cronaca per la sua scelta di imbracciare le armi e combattere per la sua Ucraina.[…]Stavolta a Torino l’ex n. 31 del mondo entra con la divisa militare Ucraina. E la scena della bandiera esposta (in video), Sergyi in piedi a fianco di Andrea Gaudenzi, commuove. E non capita spesso che un’organizzazione sportiva si schieri così apertamente. Si ricorda certo la Nba con Black Lives Matter nell’estate 2020. Il calcio resta dalla parte di chi pensa che lo sport non sia politica. Lo sostiene anche il Cio, ma nell’intento di separare le divisioni. L’Olimpiade è comunque politica e fa politica, quando unico evento planetario riunisce tutti i partecipanti in un villaggio. Altri tentennano, il tennis Atp invece non solo permette a Stakhovskyi di scendere al centro del campo in un evento planetario a dimostrare per il suo Paese. A urlare con il suo silenzio la richiesta di pace nel mondo. Ma si schiera con il presidente ritratto a fianco. E Stakhovskyi sostiene: «Tutto questo è molto speciale naturalmente, con questi ragazzi abbiamo speso moltissimo tempo insieme nel Tour, giocando l’uno contro l’altro e competendo, passando anche molte ore nel Consiglio dell’ATP con Gilles Simon. Ma date le circostanze mi sento un po’ fuori luogo oggi». Ha altro a cui pensare Stakhovskyi È lui che rubala scena anche allo spareggio del Gruppo Rosso, è l’Atp con le Finals che dimostra quanto possa fare lo sport. LA CARICA DI ANDREI Segue un’altrapartita tostissima. Perché aveva ragione chi sosteneva che sarebbero state Finals molto incerte, tra Andrei Rublev e Stefanos Tsitsipas. E Andrej che già si era schierato per la pace, riesce a sovvertire il pronostico di molti. Soffre un set contro le variazioni, serve and volley compreso del greco. Poi però risale disale, sbaglia meno, tira forte, così forte che prende le righe e le pulisce, anzi le smeriglia perché questa non è terra. I numeri non narrano di una superiorità apparsa evidente. Soprattutto nei momenti chiave. La percentuale di prime palle è simile, come il numero di ace e i doppi falli. Ma sono i punti a fare la differenza, cioè l’incisività. Liquida la vicenda anche piuttosto in fretta, mentre l’angolo di Tsitsipas con il solito papà Apostolos non fa altro che muoversi e consigliare e dannarsi, la mamma compresa alle spalle. È forse questo, che Tsitsipas debba rompere il cordone ombelicale per emergere davvero. Se davvero è in tempo. Oltre al numero 1, in questo torneo svanisce anche la possibilità di una semifinale serale contro Casper Ruud. Toccherà a Rublev, che dice di lavorare tanto sulla propria tenuta mentale. E stavolta lo dimostra. Ma quando gioca di slancio e potenza è sempre così. Quando invece uno – non Tsitsipas nella fattispece – insinua il dubbio, tutto diventa più difficile. Stefanos alla fine è avvilito: »Io ho servito bene, è lui che ha migliorato la risposta. Ho cercato allora di mescolare le carte, cambiare traiettorie. Tutto inutile. Quest’anno volevo finire tra i primi 3, non so se ci sono riuscito. Ora devo migliorare in vista del 2023, lavorerò sulla risposta». L’anno di Rublev invece non è finito. E Fernando Vicente ha avuto ragione nel convincerlo a lavorare con uno psicologo. 

Djokovic d’acciaio: “I limiti esistono solo nella testa” (Piero Guerrini, Tuttosport)

La vittoria è uno stato mentale. E chi siamo noi per ribattere a Novak Djokovic. Del resto Novak è in missione per conto di se stesso. Fatica e guai fisici passano in secondo piano rispetto alla sua risolutezza nel portare a termine i programmi. Avrebbe potuto rilassarsi, a un certo punto quando Daniil Medvedev aveva appena vinto il secondo set al tie break e Nole era seduto, le mani tremanti, l’asciugamano sul volto. […] E così è. L’aveva detto dopo la seconda vittoria: «Io voglio vincerle tutte». E al termine di una faticaccia di 3 ore e 11 minuti, ribadisce il concetto «Io non faccio calcoli, non mi piace farne. Al punto in cui siamo le motivazioni sono forti anche se uno è già qualificato e l’altro è già eliminato». E non pensiate sia questione di denaro: è vero che tra il trionfare imbattuto e un vincitore con percorso macchiato da un rovescio ballano 2 milioni e mezzo di dollari. Ma per uno che ha un patrimonio di un miliardo di euro (e non ha finito), è una cifra che va poco oltre l’argent de poche. È la voglia infinita di primeggiare che prevale. Forse all’opposto del neo papà Daniil: sconfitto tre volte su tre, al tie break del terzo set. E certamente negli ultimi due casi – con Tsitsipas e ieri – dopo essere andato a servire per il match. Sembra mancare qualcosa a Medvedev che aveva spezzato nel 2021 il sogno del Grande Slam di Djokovic, il serbo aveva già replicato due volte, in finale a Parigi Bercy 2021 e ad Astana2022 in semifinale. Forse Novak vuole batterlo sempre per vendicarsi. Fatto sta che da fine secondo set in avanti, il volto dell’ex n. 1- ma ancora numero uno nella propria testa e nella percezione collettiva – ha mostrato espressioni preoccupanti. […] Ma non ha mollato di un solo centimetro. E così Medvedev lascia Torino senza alcuna buona notizia: «Non vedo alcun aspetto positivo in questa sconfitta». E bisogna capirlo dopo il 6-3 6-7 7-6 subito. Dopo sei tie-break disputati con un bilancio conclusivo di 3-3, ma i tre persi sono sempre stati gli ultimi. Deve essere scattato qualcosa nella sconfitta in finale all’Australian Open di gennaio. Ha vinto a Los Cabos e poi nell’autunno a Vienna. Però ha perso finali più importanti, ha smarrito la fiducia. Il suo gioco è certo dispendioso, ma non sembra una questione fisica. C’è altro, come l’opposto delle motivazioni di Djokovic. Eppure Novak non vuole rivelare nulla dei problemi patiti «È stata solo la fatica, ero esausto per una estenuante battaglia. Nessun malore, nessun infortunio, nessuna parte del corpo particolarmente dolorosa. Avevo anche cominciato l’incontro con una buona freschezza. Poi però ti trovi contro uno dei migliori giocatori del mondo, con cui c’è una grande rivalità. Vogliamo vincere a prescindere. Dunque non pensavo proprio al giorno dopo» Djokovic è il miglior difensore del mondo, per quanto il servirlo cosi preciso lo renda pure attaccante. Ma lo è anche nella vita. Non dice nulla delle sue condizioni: «Perché non è il posto giusto in cui aprirmi e perché non voglio che i miei avversari sappiano cosa mia sia successo e cosa mi passasse per la testa». Ma gli integratori bevuti lo hanno rilanciato, rigenerato, messo nelle condizioni di colpire l’avversario. E la mente del fuoriclasse è decisiva: «Io penso che non esistano i limiti. Il limite nella propria testa È tutto in relazione a come si vedono le cose in quel momento. Una questione di prospettiva. La più grande sfida, la partita più difficile è con il proprio io, con se stessi. Il tennis è uno sport così dinamico, le cose accadono così velocemente, bisogna evitare gli sbalzi emotivi, altrimenti peggio andrà». La vittoria è uno stato mentale. Taylor Fritz che ha riportato gli States in semifinale 5 anni dopo Sock, è avvisata E tanto per gradire, il serbo rassicura tutti, chissà se per finzione o cosa: «Non sono ovviamente freschissimo, ma una vittoria simile dà una spinta in più. E fisicamente non sono preoccupato. Le preoccupazioni ti tolgono energie. Lavorerò con il fisioterapista, con il mio team per riprendermi». Avrà tempo fino a oggi alle 14, quasi 19 ore di riposo in meno di Fritz.

“Pronti per la Davis” (Piero Guerrini, Tuttosport)

[…] L’ltalia di Filippo Volandri vola oggi a Malaga. Ma Berrettini vuole provare ancora due giorni, prima di decidere. Difficile, ci prova. Volandri, dopo Il forfait di Sinner, parliamo delle condizioni di Berrettini. «Matteo è migliorato, continua a lavorare. Bisognerà valutare la sua condizione giorno per giorno. Lo aspetteremo eventualmente fino all’ultimo. E lui ci sta mettendo tutta la sua disponibilità. Ma comunque saremo pronti, abbiamo tanta qualità. Lorenzo Musetti è cresciuto tantissimo quest’anno e in Davis riesce a dare qualcosa in più. È più consapevole come uomo e giocatore. Sonego si sta allenando molto bene, Fognini e Bolelli sono garanzie. Il 24 contro gli Usa saremo pronti». Un paio di giorni e sapremo. Intanto Nitto Atp Finals senza italiani la sua impressione? «A me sembra che sia migliorato tutto, il Fan Village, la sistemazione, il palasport, l’accoglienza della città. E il risultato di pubblico è notevole. Quest’anno i nostri ragazzi sono stati sfortunati. Il prossimo anno avremo comunque tre frecce». Il punto è che l’Italia non ha soltanto i cinque nei primi 60, ma altri 14 dal 100° al 200° posto e di questi tra i 19 e i 21 anni. Come spiega questa produzione di giocatori. Certo l’organizzazione di tanti tornei. .Un sistema che funziona a 360 gradi. I tornei challenger e futures c’erano anche quando io stavo finendo, ma la Federazione ha deciso di investire sul settore tecnico, di sostenere gli allenatori, ora sempre più preparati. Ma stiamo investendo sui settori, ora anche fisioterapia e mentale. Adesso si parla tanto del caso ginnastica ritmica noi investiamo da anni su benessere della persona siamo stati probabilmente i primi a lavorarci. Insomma, lo definirei potenziamento della struttura». Passaro, Nardi, Arnaldi, Bellucci, Cobolli, Zeppieri, Darderi, Maestrelli in ordine di classifica attuale. Qualcuno l’ha sorpresa più di altri. Tutti hanno compiuti passi da gigante, cominciando l’anno intorno al 500« posto. Io credo che comunque, avere davanti agli occhi Berrettini, Sinner e Musetti, tre esempi importanti, sia uno stimolo. Poi sono tutti ragazzi che lavorano tanto, tra loro sono affiatati. C’è collaborazione tra coach. Noi li seguiamo. E’ il sistema» Pensa dunque non si tratti soltanto di un ciclo, ma che ci sia una scuola e una storia italiana al tennis? Si, credo proprio si sia creato un sistema funzionante. Noi lavoriamo già sul futuro, con i più piccoli. Insisteremo. Poi ovviamente i fenomeni non si possono costruire». Problemi fisici, Sinner ha detto che la sfortuna non esiste, può essere sfortuna solo ma caviglia distorta «Nel suo perfezionismo ha comunque ragione, qualcosa bisogna fare». In Ceppa Davis siete però colpiti sempre dalla sfortuna. «Ma siamo davvero forti. Semplicemente ho avuto una sola volta la squadra completa. E siamo aIl’inizio di un percorso, considerando le poche occasioni per giocare. Si tratta di pazientare» Il doppio è garantito da Fognini-Bolelli tornati in forma. Ma per il futuro bisogna costruirlo. «Si, ma è condizione comune, forse soltanto Gran Bretagna e Usa sono coperti. Abbiamo giocatori con buone caratteristiche». La nuova United Cup le piace? «Bisognava trovare un equilibrio, una quadratura con la Coppa Davis per cominciare la stagione in Australia. Mi sembra interessante». Gli Stati Uniti da trovare nei quarti, non il massimo. Sono forti «Sono molto forti Taylor Fritz si vede a Torino, Tiafoe ha compiuto grandi progressi. Credo porteranno anche Ram. E Sock potrebbe essere singolarista, non solo doppista. Forse per il quarto di finale era l’avversario peggiore da pescare. Ma dobbiamo essere concentrati su noi stessi». Lei a che punto si sente del percorso? «Come direttore tecnico siamo nel momento in cui la costruzione e in evidenza, abbiamo trovato un equilibrio, un sistema di lavoro Ci stiamo ancora potenziando, con gli ingressi di Aldi e Naso. Dobbiamo crescere. Come capitano ripeto, l’obiettivo è vincere ma il percorso è appena iniziato». Chiudiamo con il 2023 del tennis. Sarà l’anno del definitivo sorpasso dei nati dopo il Duemila. «Djokovic resta. Però la generazione, quella di Tsitsipas, Zverev dei russi, che rischia di rimanere schiacciata dai ragazzini terribili come Alcaraz, Rune, lo stesso Sinner»

Tre ore di lotta e fatica: Nole l’irriducibile. “Non so fare calcoli, voglio vincere sempre” (Stefano Semeraro, La Stampa)

 Iniziamo dal dettaglio, per correttezza e perché si tratta di milioni (di dollari) : chi vince le Atp Finals da imbattuto se ne intasca 4,7, mentre perdendo una partita l’onorario scende a 2,2. Ci sono 2,5 milioni e mezzo di dollari di differenza, ma uno dei pochi al mondo per cui la questione economica, anche se non trascurabile, non è decisiva, si chiama Novak Djokovic. L’ex numero 1 del mondo, che in carriera solo di montepremi di milioni ne ha messi da parte 160, ieri è sceso in campo contro Daniil Medvedev (già eliminato) sapendo di essere comunque qualificato come numero 1 del suo gruppo per la semifinale contro Taylor Fritz. Avrebbe potuto giocarsela con distacco, risparmiarsi per le semifinali di oggi, anche considerando l’anagrafe – 35 anni – ma il Djoker è fatto della materia di cui sono fatti i fuoriclasse. Quindi l’ «inutile» terzo match se l’è giocato alla morte, restando in campo per tre ore e otto minuti, il record di questa edizione, e ha finito per vincerlo: 6-3 6-7 7-6, recuperando un break sul 5-4 del terzo, quando Medvedev – tre partite perse al tie-break in queste Finals – ha avuto la chance di servire per il match. Alla faccia della classe e della tigna dell’avversario, e di una crisi di fatica che lo ha piegato in due e durante un cambio di campo gli ha causato persino un inedito, inquietante tremore alle mani. «Non sto male, è solo la fatica per questa battaglia», ha spiegato. «Sono entrato in campo fresco ma sentivo la tensione di affrontare uno dei più forti tennisti del mondo, un grande rivale come è stato Medvedev per me negli ultimi anni. Match del genere li vuoi vincere a prescindere dalla mia qualificazione e dalla sua eliminazione, quelle non contano». Una grinta sovrana, la voglia feroce di dimostrare di essere ancora il migliore, specie contro un avversario che ha quasi dieci anni meno di lui. E che ha commesso l’indelicatezza di batterlo in una finale Slam, quella degli Us Open dell’anno scorso. «Penso che il match di oggi sia stata una dimostrazione di questa mentalità, che abbiamo entrambi. Lui voleva finire la stagione con una vittoria, io non volevo perdere. Non so fare calcoli, non l’ho mai fatto, la mia mentalità è di vincere qualsiasi match che gioco. E a questo punto della mia carriera, partite come queste sono occasioni d’oro di spuntarla contro uno dei più forti del mondo». […] Djokovic non ha voluto spiegare il motivo di quel tremore, impressionante, che lo ha percorso. Un segnale di allarme del corpo, la spia di riserve della mente che all’improvviso si accende? «Non voglio scendere in dettagli, non credo sia giusto rivelare quello che ho passato ai miei avversari, ma si è trattato di diverse cose insieme. Di sicuro sono orgoglioso di esserne uscito». Resta la domanda che non ha prezzo: qual è il limite, dove ci può spingere? «Non penso ci sia un limite. E solo nella tua testa. È una questione di sensazioni e di prospettive, di come vedi le cose in quel momento particolare. La battaglia più dura è sempre quella che combatti all’interno dite stesso. Il tennis è dinamico, devi reagire in fretta, non hai un compagno a cui affidarti o 5 minuti per pensare, perché in 5 minuti puoi aver già perso. Ma se riesci a metterti nel giusto stato mentale, puoi estrarre il meglio in ogni momento, in ogni punto, in ogni match», Così parlò Djokovic, il maestro della mente

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement