Djokovic 6 come Federer. Sesto trionfo alle Final: "Dedicato alla mia famiglia" (Crivelli). Djokovic, il marziano rinato in Italia (Giammò). Sventato il golpe di Ruud Djokovic si riprende il trono (Piccardi). "Lo show del grande tennis costa ma queste partite restano uniche". È tornato chi restò fuori nel 2021 (Sartori)

Rassegna stampa

Djokovic 6 come Federer. Sesto trionfo alle Final: “Dedicato alla mia famiglia” (Crivelli). Djokovic, il marziano rinato in Italia (Giammò). Sventato il golpe di Ruud Djokovic si riprende il trono (Piccardi). “Lo show del grande tennis costa ma queste partite restano uniche”. È tornato chi restò fuori nel 2021 (Sartori)

La sesta vittoria di Novak Djokovic alle ATP Finals nella rassegna stampa italiana del 21 novembre 2022

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Djokovic 6 come Federer. Sesto trionfo alle Final: “Dedicato alla mia famiglia” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport).

Nole, Sei Magnifico. La leggenda di un guerriero che non ha mai smesso di lottare, sempre fedele alle sue idee e alle sue convinzioni più profonde anche quando potevano metterne addirittura a rischio la carriera, aggiunge Torino ai luoghi del cuore, dove il mito si consolida con un altro record che riaprirà una volta di più l’eterno dilemma sul più forte di tutti i tempi: sei vittorie alle Atp Finals, come Federer. Sei volte Maestro. Ma questa ha probabilmente il sapore più dolce, perché conclude un percorso che si era avviato a gennaio con uno dei casi più incredibili e nebulosi che avessero mai riguardato un atleta di quel valore, la detenzione in Australia per la revoca del visto d’ingresso dopo le polemiche sul viaggio da non vaccinato. Una vicenda che probabilmente avrebbe mandato fuori giri, psicologicamente, qualunque essere umano che non possegga la straordinaria tempra mentale del Djoker, forgiata fin da bambino dagli allenamenti sotto le bombe della guerra in Jugoslavia È ripartito, più forte di prima, fino all’apoteosi di Wimbledon. E dopo il divieto alla trasferta americana, Us Open compresi, sempre per il rifiuto a vaccinarsi, è scattato di nuovo con la ferocia agonistica di chi è stato capace di andare oltre una stagione complicatissima, perché non esiste nulla di più mortificante, per un campione di quella stoffa, delle ore passate ad allenarsi senza avere un obiettivo immediato.

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Il Djokovic che ha fatto il Djokovic nella partita che contava di più, come solo i fuoriclasse, diventando nel contempo il più vecchio re del Masters a 35 anni e 6 mesi, con 1500 punti in più e 4 milioni e mezzo di euro, abbraccia l’amico Zlatan Ibrahimovic e manda baci e abbracci ai figli Stefan e Tara e alla moglie Jelena e: «Questo successo è da dividere esattamente a metà con loro, che sono stati la mia spalla su cui piangere nei momenti più duri e le orecchie che mi hanno ascoltato quando avevo bisogno di sfogarmi. Sono un giovane papà, e mi fa tanto piacere vedere così tanti bambini in tribuna: spero di avervi ispirato, prendete in mano una racchetta e divertitevi con il tennis». Senza limiti Novak, insomma, è di nuovo un campione in missione, soprattutto adesso che po- tra tomare a giocare tutti i tornei che vorrà, a cominciare dall’Australia: la corsa al record di Slam con Nadal. che al momento premia di uno lo spagnolo (22 a 21), tornerà ad infrarnmarsi, e il Djoker è più integro fisicamente. Due fenomeni di concentrazione, volontà, spirito agonistico che rigetta totalmente l’idea di sconfitta, due titani che dovrebbero proseguire per l’eternità. Del resto, l’orizzonte di Dpkovic scruta solo l’infinito: «Non penso che esista un limite. Il limite è nella tua testa È solo una cosa di prospettiva e di approccio, di percezione di come vedi le cose in quello specifico momento. La più grande battaglia è quella che combatti con te stesso. Se riesci a trovare uno stato di bilanciamento ottimale tra la tua mente e il tuo corpo, puoi tirare fuori il meglio da te stesso in ogni momento, su ogni punto e in ogni partita. Ma questo sono solo parole. Questa è la teoria. Poi devi scendere in campo e lì ci sono un’enormità di fattori che possono influenzare. Soprattutto i nervi. A volte ti vengono in aiuto, altre tirano fuori il peggio di te. Non c’è una ricetta segreta o una singola strada verso il successo. La cosa più importante è tenere la testa libera, occhi e orecchie ben aperti, e cercare di imparare da ogni esperienza che hai fatto sperando che questa ti possa servire la prossima volta per evitare le oscillazioni Le oscillazioni sono la cosa più pericolosa nel tennis perché è uno sport individuale. Più sei in altalena, peggio è. Devi evitare gli alti e bassi il più possibile, mantenere quella curva il più piatta possibile. Forse stiamo entrando nella filosofia, ma trovare un bilanciamento è la cosa più importante. Quando parlo di lavoro, non parlo solo di lavoro fisico ma anche di tutte queste cose».

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Djokovic, il marziano rinato in Italia (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Più grande la sfida, più grande la risposta. In campo o fuori, ormai fa lo stesso. E se c’erano dubbi, la vittoria ottenuta ieri sera da Novak Djokovic contro Casper Ruud nella finale delle ATP Finals è stata la conferma definitiva.

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Dodici anni e diverse ore in meno trascorse in campo durante il torneo, non sono bastati a Casper Ruud per ribaltare un pronostico che vedeva nel serbo il grande favorito di questa finale, a dispetto dei record. Il premio, in cago di fine digiuno, sarebbe stato una sesta affermazione con cui affiancare Roger Federe quale giocatore più vincente di sempre nella storia del torneo. «Sono trascorsi sette anni dal mio ultimo titolo alle Finals, è un bel po’, e questo rende questa vittoria ancora più dolce». Questione di gusti, certo.

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«Chiudere con una vittoria è davvero importante, è un sollievo e una soddisfazione, e ora non vedo davvero l’ora di staccare un paio di settimane perché sono stato sotto pressione tutto l’anno e sono felicissimo di essere riuscito a chiuderlo così», ha dichiarato soddisfatto il n.5 del mondo. Affilato, capace come nessuno di leggere l’incontro e capire quale sia il momento giusto per aggredirlo. Il tutto senza offrire al rivale nessun calo di concentrazione, nessuna sbavatura nel gioco, nessuna propensione all’errore nei momenti cruciali della contesa. «Sono le Finals — ha sottolineato Nole a caldo – e ogni match si decide per pochi dettagli. Casper aveva giocato davvero bene durante tutto il torneo e con me ha servito alla grande. Sono riuscito verso la fine del primo set a farlo correre e a rispondere bene e questo ha fatto la differenza». Una differenza piccola, in principio, ma duplice nelle conseguenze. Perché è su quella che poi il serbo ha continuato a costruire il suo vantaggio, fiaccando nella testa ancor prima che nelle gambe i vani tentativi di rimonta del norvegese. Si gioca sulle statistiche e sulle percentuali, si scrutano gli avversari in cerca di un dettaglio che ne tradisa fatica e sofferenza, badando prima a sé stessi nell’intima convinzione che l’errore verrà prima o poi a far visita anche al nostro avversario. Contro Djokovic l’impressione è invece quella di ritrovarsi di fronte a un muro: impassibile, infallibile, contro cui ormai si gioca e a cui si guarda in attesa di una seconda chance o un perdono che non verranno concessi. 

Sventato il golpe di Ruud Djokovic si riprende il trono (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

La festa è qui, dentro lo stunz stunz da discoteca delle Atp Finals che incoronano re Djokovic VI (eguagliato il record di Federer), toccano quota 155.900 presenze, chiudono con un sorriso a pianoforte la seconda edizione (molto coccolati i clienti corporate, sulle code degli altri per bagni e panini si può ancora lavorare ma in generale il pubblico dal Pala Alpitour è venuto via contento) e già rilanciano per il futuro.

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Djokovic chirurgico con Ruud capace di quattro enormi finali stagionali (Miami, Parigi, New York, Torino: tutte perse), intanto, è il vincitore che il Master aspettava per ripristinare l’ordine costituito dopo anni di largo ai giovani (Dimitrov, Zverev bis, Tsitsipas, Medvedev), il serbo supera il malessere che l’ha accompagnato tutta la settimana e inchioda il rivale all’evidenza: sarà anche il migliore dei normali, Casper il norvegese, figlio d’arte (papà Christian fu top 40), però non basta per arginare le geometrie del Djoker rianimato dal visto per l’Australia. Dura un set, Ruud, mentre si aprono crepe profonde nel suo gioco di resistenza da fondocampo (2 palle break al primo game, una all’ottavo) e la pressione del satanasso di Belgrado lo spinge verso le tribune: sul 6-5, il martellamento sul rovescio del norvegese dà suoi frutti, la palla break è un set point che Novak (tifato sugli spalti dall’amico Ibrahimovic), avendo il serbatoio dell’energia quasi in rosso, non spreca (7-5). Sulla sedia c’è madame Aurelie Tourte, una primizia anche questa: la prima donna ad arbitrare una finale Master. A bordo campo l’assegno destinato al vincitore imbattuto, 4.740.300 dollari, la fortuna di cui Djokovic, sempre generoso tra fondazione e donazioni, farà buon uso. Non è un campione ritrovato, il Djoker, che giocando a spizzichi e bocconi per questioni di vaccinazione (mai fatta) quest’anno ha vinto poco ma benissimo (Roma, Wimbledon, Tel Aviv, Astana, le Finals). È, piuttosto, un fuoriclasse rilanciato da un torneo che ama in un Paese che adora, nell’albo d’oro del Master torna un Immortale che ha ancora molto da dare, fiero di alzare la coppa davanti ai suoi figli, autorevole sigillo di una stagione che ha provato a disarcionare la vecchia guardia, riuscendoci a metà.

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“Lo show del grande tennis costa ma queste partite restano uniche”. È tornato chi restò fuori nel 2021 (Gianluca Sartori, Corriere Torino)

Le Atp Finals torinesi? Un’esperienza costosa ma di qualità. È il parere che va per la maggiore tra il pubblico del PalAlpitour. Chiacchierando con le persone arrivate per il grande tennis, emergono più soddisfazione e meno mugugni rispetto al 2021, segnale del fatto che la macchina organizzativa ha lavorato nella direzione giusta. Subito dopo la prima semifinale, quella vinta da Novak Djokovic contro Taylor Fritz, intercettiamo un gruppo di ragazzini festeggiare Ia vittoria del campione di Wimbledon con alcuni tifosi serbi. Sono i giovani tennisti del Master Club Nord Tennis, il circolo torinese di corso Appio Claudio. «La Federazione Italiana Tennis sta facendo un ottimo lavoro nel coinvolgere i circoli — spiega Simone Petroni, maestro di tennis del circolo —. Oggi abbiamo portato una sessantina di nostri tesserati dai 5 ai 18 anni di età. L’organizzazione? Grandi passi avanti rispetto all’anno scorso: era la prima edizione ed era condizionata dal Covid». Avrebbe qualche motivo in più per essere risentito chi nel 2021 è rimasto fuori, a causa della riduzione della capienza al 60% del PalaAlpltour. Invece i modenesi Giorgio e Barbara hanno dato fiducia alle Finals torinesi.

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Fuori dal PalAlpitour incrociamo Sladjana, mamma che spinge la carrozzina del figlio disabile Stefan. I due sono serbi ma vivono da tempo a Palazzolo sull’Oglio (Brescia). «Accompagno Stefan ovunque — dice Sladjana —. L’impianto è bellissimo e su misura anche per i disabili. Ma tra biglietti e costi vari, serve un budget importante. Fortuna che Djokovic ha trovato un biglietto a Stefan…». Chiediamo a Sladjana di più: «Abbiamo incrociato Novak tre quattro volte, la prima a Roma. Lo abbiamo cercato sotto l’hotel e si è ricordato. Oggi ci siamo grazie a lui!». Il cuore del grande campione. Sono tanti gli spettatori arrivati dall’estero e dal resto d’Italia. Una famiglia di Ragusa scende soddisfatta i gradini degli spalti del campo centrale. Il 18enne Giulio, a Torino insieme a mamma Rita, papà Marco e alla sorella Noemi, spiega: «Eravamo qui anche l’anno scorso, abbiamo trovato un’organizzazione più professionale e più attenta ai dettagli. Ma l’emozione è sempre quella della prima volta.

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Non manca chi gioca in casa. Il torinese Beppe, al PalAlpitour con un amico, sorride: «Da appassionato dl tennis sono venuto l’anno scorso e anche quest’anno. L’esperienza è migliorata anche per lo spostamento del Pan Village da piazza San Carlo a Piazza d’Armi. Giusta l’idea di concentrare tutto qui. Margini di miglioramento? Mi accontenterei che si continuasse così… Magari anche oltre il 2025».

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