Djokovic sbarca in Australia (Giammò). Bertolucci: «Berrettini e Sinner di nuovo nella top 10» (Azzolini). Il soldato Stakhovsky va contro il tennis (Strocchi)

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Djokovic sbarca in Australia (Giammò). Bertolucci: «Berrettini e Sinner di nuovo nella top 10» (Azzolini). Il soldato Stakhovsky va contro il tennis (Strocchi)

La rassegna stampa di giovedì 29 dicembre

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Djokovic sbarca in Australia senza far rumore (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Sacca in spalla e sorriso smagliante in procinto di imbarcarsi, Novak Djokovic un anno fa annunciò così via social media il suo imminente arrivo in Australia. La convivenza con il Covid era appena iniziata, il futuro un dubbio ancora da sciogliere, l’Australia il luogo meno indicato dove esibire le sue convinzioni NoVax […] Dopo dieci giorni di detenzione in un albergo per immigrati irregolari, un processo e un appello, fu l’allora ministro dell’Immigrazione Hawke a porre la parola “fine” al corto circuito giudiziario, stracciando il visto del serbo e bandendolo per tre anni dal Paese. Dodici mesi hanno regalato al mondo maggiori conoscenze, sciolto l’Australia dall’obbligo vaccinale consegnandola a un nuovo governo – e a un nuovo ministro, Andrew Giles – e indotto Djokovic a maggior prudenza in materia di comunicazione. Anticipato un mese fa nel corso delle ATP Finals e preceduto da dichiarazioni all’insegna della cautela («Spero di ricevere un’accoglienza decente»), lo sbarco DownUnder dell’attuale n5 del mondo si è svolto all’insegna della massima discrezione: nessun post, tweet […] «Gli diamo il benvenuto – esulta Craig Tiley, direttore degli AO – sarà lui l’uomo da battere». «La sua presenza qui in Australia fa bene al tennis e ai tifosi, è giusto che i migliori ci siano sempre», rilancia da Sydney Rafa Nadal, alla vigilia dell’esordio nella United Cup. Nole intanto tace. Classe e fiducia nei propri mezzi gli hanno consentito di chiudere una stagione che, seppur defalcata da molti tornei, gli ha portato in dote un Grand Slam e il Masters di fine anno. La fiducia nel tempo ha fatto il resto. Che il momento sia arrivato proprio in coincidenza del torneo dove lui insegue la decima affermazione con cui appaiare Nadal a quota 22 Slam, di fronte a un pubblico a forti tinte serbe mai così sbilanciato dalla sua parte, dà a questo suo nuovo sbarco australiano un sapore di rivincita, che il campo potrebbe sublimare in riscatto. Ma anche questo, Nole, per ora preferisce non dirlo.

Intervista a Paolo Bertolucci: «Berrettini e Sinner di nuovo nella top 10». «Matteo e Jannik dominanti» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Paolo Bertolucci è uomo di molte sorprese. Non meno di Adriano, il “fratello diverso” […] Paolo sa scrivere, e anche bene. Uno scenarista nato. Mentre Adriano sa fare i titoli, e da dove abbia preso davvero non saprei dire. Così messi, i due ricompongono a modo loro (quasi in termini redazionali, direi) la coppia che hanno portato per decenni sui campi del tennis. Paolo costruisce, Adriano definisce. Ma se si parla di futuro del nostro sport, è Paolo ad assemblare le arti divinatorie utili a tracciare i segni che preconizzano gli eventi che verranno. «Paolo, stando così le cose, la domanda dovrebbe risultare semplice. Come sarà il 2023 del tennis?» «Sono otto anni ormai che si parla di ricambio generazionale, e certo questo sta prendendo forma, lentamente ma in termini sempre più consistenti. Altrimentì non avrebbe senso alcuno avere già oggi, e da alcuni mesi, un numero uno neppure ventenne come Carlos Alcaraz. Eppure, se nella domanda c’è spazio per una ulteriore considerazione, permettimi di aggiungere che, a oggi, l’unico tennista sul quale mi sentirei pronto a fare una scommessa, neanche troppo piccola, è sempre lui, Novak Djokovic. A margine di questi pensieri, la constatazione che se Nole avesse disposto di una stagione “normale” – e lo metto tra virgolette perché la normalità sfugge talvolta ai complessi equilibri tennistici – sarebbe stato ancora in cima alla classifica. Con il successo alle Finals chiude l’anno con 4280 punti, duemila in meno di Alcaraz. Aggiungete la vittoria a Wimbledon, che vale in termini di ranking esattamente duemila punti, e credo di aver chiarito quali siano le “prove” a supporto del mio pensiero». «Stai dicendo che il duello centrale del 2023 sarà ancora una volta quello tra Djokovic e Nadal» «Potrebbe essere così, ma con un distinguo rispetto alla stagione appena finita, e anche a quelle passate. Quest’anno Rafa ha conquistato due tornei Slam, a Parigi rischiando con Sasha Zverev e a Melbourne approfittando del fatto che Nole fosse stato rispedito a casa dalle autorità. […] Nadal gioca per il gusto di giocare, di sentire l’adrenalina che gli scorre dentro, è lui stesso a dirlo. Ma io penso che un ultimo obiettivo ce l’abbia, il quindicesimo Roland Garros…» «Un record praticamente imbattibile» «Esatto. Un record che potrebbe restare solo suo, almeno finché il tennis degli Slam avrà queste regole. Rafa sa per certo una cosa, a questo punto della sua carriera: finché gli resterà la voglia di correre e di lottare, in ogni torneo lui si presenterà al via nella cerchia dei favoriti. Mentre a Parigi, terra rossa, tre su cinque, sono gli altri a doversi presentare al suo cospetto, […] E batterlo, vedrete, sarà ancora un problema. Anche per Djokovic» «Veniamo agli inseguitori. C’è qualcuno che ti ha deluso più degli altri?» «Uno sì, Stefanos Tsitsipas. Ha avuto i suoi problemi nel corso del 2021, si è operato al gomito e tutti ci aspettavamo che questa stagione si rivelasse per lui tra le più difficili E invece, a gennaio è stato in grado di salire subito alle semifinali australiane giocando un ottimo tennis. Ma il seguito? A parte la vittoria a Montecarlo, certo preziosa, sono mancati risultati di rilievo. In un anno in cui non c’erano Djokovic, Thiem e via via sono venuti a mancare anche Zverev e Nadal, bé, sinceramente mi sarei aspettato che Stefanos si sedesse sul podio più alto. E invece questo non è avvenuto. Problemi tecnici da risolvere ce ne sono, il rovescio non riesce a essere cattivo e ficcante come il dritto. Ma la mia impressione è che il greco sconti anche qualche serio problema di personalità» «Medvedev numero uno per 16 settimane. lo vedi ancora come primo della classe?» «Direi di no. Forse potrà tomare numero uno, saltuariamente […] I suoi capolavori restano la finale degliUS Open 2021, e i primi due set della finale australiana contro Nadal. Ma quando Rafa gli ha mostrato di essere pronto a stare sul campo per ore, addirittura fino al giorno dopo, Daniil sì è dissolto» «Così, abbiamo un n. 1 quasi ventenne, che viene da una grande stagione ma anche da numerose ed evitabili sconfitte» «Me lo chiedono in molti, che razza di numero uno sia lo spagnolo. Ma come, mi dicono, è forte e si vede, poi perde da tutti gli italiani, quattro volte su sei confronti. Anche contro Zeppieri ha rischiato, a Umago. La risposta è sotto gli occhi di tutti, però. É un n.1 di 20 anni, con tutti i dubbi di un ragazzo che non ha ancora completato il proprio percorso, tecnico e personale. Un ragazzo con la testa che in certi momenti si prende le sue pause. Tutto giustificato, badate bene. Non mi sembra giusto neanche cavillare sul fatto che sia giunto in cima troppo presto. L’ha fatto sulla base di vittorie importanti, agli US Open, nei mille di Madrid e Miami, sorprendendo per l’intensità del suo tennis. Il seguito è nelle sue mani e nelle intenzioni del suo team […]» «Certo lo fanno giocare un po’ troppo. O no? É al via in quasi tutti i tornei» «Tutti giocano troppo. Lui, ma anche Tsitsipas, lo stesso Musetti. C’è questa idea di battere il ferro finché è caldo, ed è anche comprensibile per qualche aspetto. Il giovane tennista vuole giocare, competere, misurarsi con un mondo che sente a portata di mano […] Vuole saperlo subito, quanto vale. E non dimentichiamo l’aspetto economico.. Invece, i campioni si fanno un po’ alla volta, con scelte anche sofferte. Se c’è da fermarsi per rimettersi in sesto, o ritrovare la forma, occorre farlo. Questo non è un tennis che consente di vincere a chi non è al massimo. Cosa cambia vincere un ATP 250 se l’obiettivo è fare bere nei tornei più importanti?» «Sbaglio o in quello che dici c’è una critica anche a Berrettini, e a Sinner?» «Non voglio essere critico. Sto parlando di errori che tutti, da giovani, hanno commesso. E anche da meno giovani… Prendete lo stesso Djokovic, che viene a Torino e stravince le Finals che gli sfuggivano ormai dal 2015. Lo fa al termine di una stagione in cui è stato obbligato a giocare meno. L’Australia, poi il visto negato dagli Stati Uniti… Tutto ciò, al di là dei motivi che l’ hanno determinato, gli ha permesso di giungere a fine stagione per una volta riposato. Fosse state in queste condizioni anche nel 2021, agli US Open, non credo che Medvedev gli avrebbe dato la lezione che tutti abbiamo visto. Per questo sostengo che la riscoperta di una seria programmazione può essere un sicuro riparo ai ripetuti guasti fisici e insieme un modo irrinunciabile per costruire una stagione su misura. A Berrettini dico solo una cosa. Vinti i tornei di Stoccarda e Queen’s , di fronte all’opportunità che si presentava di fare bene anche a Wimbledon, lui si sarebbe dovuto chiudere in una teca e stare lontano da tutti […]» «Al di là di tutto, non è stato un anno fortunato per Matteo e Jannik…» «Questo è agli atti. Ovvio che la sfiga ci ha messo lo zampino. Ed è stato un peccato, perché la dassifica ne ha risentito. Ma sono convinto che le risorse ci siano e che Matteo e Jannik possano riprendere presto il loro posto. Anzi, di più… Perché Berrettini e Sinner, aspettando Musetti […] hanno caratteristiche tali da potersi imporre come tennisti dominanti sulle superfici su cui si esprimono al meglio, vale a dire il cemento per Jannik e l’erba per Matteo. Berrettini addirittura potrebbe avere un futuro da autentico numero uno sull’erba. Servirà molto lavoro, grande abnegazione. Del resto, ha un motore fenomenale, ma su uno chassis che non sempre riesce a contenere tutta quella potenza» […]

Il soldato Stakhovsky va contro il tennis (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Il 6 gennaio Sergiy Stakhovsky festeggiava il 36° compleanno a Melbourne, poco prima di giocare l’Australian Open, l’ultimo torneo professionistico della sua carriera. Un mese e mezzo dopo si arruolava nell’esercito ucraino per difendere la sua patria invasa dalle truppe russe. […] Si trova a Bakhmut, nell’est del Paese, dove «i corpi in decomposizione che ingombrano le strade, tra facciate distrutte, detriti sparsi, trincee appena scavate e ostacoli anticarro, vestono una cittadina di 70000 abitanti un tempo famosa per i suoi spumanti», come dichiarato all’Équipe raccontando questi mesi di resistenza armata. «Vedere i corpi non ha più importanza per noi. Forza dell’abitudine. Sfortunatamente, gli esseri umani possono adattarsi a qualsiasi cosa […]», spiega Stakhovsky che sta per tornare in prima linea, lì dove «la Russia invia migliaia di soldati e combattenti del gruppo Wagner, criminali minacciati di esecuzione in caso diserzione e ai quali viene promessa l’amnistia se sopravvivono sei mesi in Ucraina». Stakhovsky per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale si era presentato in divisa alle Atp Finals torinese per la celebrazione degli atleti appena ritiratisi. Indossa i panni del soldato anche Alexander Dolgopolov, che poco più di due mesi fa durante la liberazione del villaggio Yatskivka (Donbass) ha visto la morte in faccia, quando un razzo ha colpito il carro armato in cui si trovava. «Posso dire di essere stato fortunato – ammette l’ex n. 13 Atp, operatore di droni in un’unità dell’intelligence militare ucraina- C’è la distruzione, le vite perdute, il futuro rovinato […]. Se ti preoccupi troppo a lungo, finirai in un manicomio». Mentre la stagione tennistica riparte in Australia i due ucraini continuano a puntare il dito contro il loro sport: «Molte organizzazioni scelgono i dollari restando in disparte, fingendo che i russi non abbiano niente a che fare con Putin e nemmeno sanzionando chi sostiene la guerra – dice Dolgopolov- La storia giudicherà le loro azioni».

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