Effetto Netflix: la serie sul tennis sarà un blockbuster?

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Effetto Netflix: la serie sul tennis sarà un blockbuster?

In vista della prossima uscita della docuserie Netflix “Break Point”, un’analisi del genere e dei possibili contenuti. Replicherà il successo del corrispettivo in Formula 1?

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Stefanos Tsitsipas – ATP Montreal 2022 (foto via Twitter @OBNmontreal)
 

Approfittando degli ultimi scampoli di 2022, riprendiamo le considerazioni del Vice direttore Vanni Gibertini per altri due articoli che si focalizzano sulle prospettive future del tennis inteso non come sport (o come esperienza irrinunciabile per gli affezionati più hardcore) ma come opzione di intrattenimento; in questa seconda prospettiva il tennis si trova a dover sgomitare non solo fra altri eventi sportivi dal vivo, ma anche con altre proposte di svago, da Netflix, ai vidogiochi, passando per gli e-sports. Per dare un’idea basti pensare che in Italia secondo l’ultimo rapporto e-sports Nielsen 2021, sono oltre 1,5 milioni gli utenti che seguono questi eventi virtuali con cadenza almeno settimanale.

In questo primo articolo andremo ad indagare un po’ le prospettive di quella che nella mente degli alti papaveri ATP potrebbe essere l’arma della riscossa, ovvero la serie Netflix “Break point” di imminente uscita (la prima stagione sarà disponibile il 13 gennaio, come aperitivo pensato per fare da traino all’Australian Open).

Innanzitutto definiamo di cosa stiamo parlando. Break Point è la serie Netflix girata nel 2021 con il pieno sostegno di ATP e dei tornei dello Slam, che ha consentito alla troupe televisiva di girare backstage con livelli di intimità difficilmente visti in passato e che nelle intenzioni dei produttori dovrebbe garantire un livello di storytelling (parola di moda e abusata…basterebbe dire ‘un racconto’) mai visto prima.

Chi sono quindi i produttori? La produzione è stata affidata alla società di produzione londinese Box To Box, specializzata in docuserie a sfondo sportivo. L’obiettivo della società è quella di produrre dei contenuti ad alto contenuto narrativo, abbinato a montaggi spettacolari e dietro le quinte pervasivi. A giudicare dai risultati a dalla qualità di chi dirige il successo non sembra essere in discussione; i produttori esecutivi sono vincitori di Academy Award e Emmy, gente insomma che è del mestiere. E le produzioni fin ora realizzate sono da considerarsi dei successi: dalle vicende dei surfisti di elite in Make Or Break, al rinascimento della Boxe degli anni ’70 con The Kings, fino ovviamente al loro successo più celebrato, Drive to Survive, incentrato sul mondo della F1.

Proprio il successo in termini di interesse scatenato da Drive to Survive ha convinto il chairman ATP Gaudenzi a chiedere i servigi di questi professionisti (non a caso infatti anche nel teaser di Break Point si richiama come selling point la magica frase “dai produttori di…”). Ma allora cosa dobbiamo aspettarci? E dovendo azzardare un pronostico, sarà un successo? Ragioniamo allora per analogia con Drive to survive e vediamo cosa salta fuori.

A livello di contenuti abbiamo che nelle prime 3 stagioni (che raccontano le annate 2018/19/20) la serie sulla Formula 1 abbina giovani ragazzi in giro per il mondo, su macchine da sogno, cercando di annodare i fili di una competizione spietata, condita da intrighi. Nelle intenzioni dei produttori una sorta di Games of Thrones su 4 ruote, nella quale si cerca di dare respiro alla narrazione coinvolgendo le squadre a 360 gradi e dando un po’ di dramma al tutto.

A livello narrativo però la vera svolta (almeno a giudizio di chi scrive, spazio ai commenti di chi legge ovviamente) arriva con la 4° serie, che racconta la stagione 2021, probabilmente (opinione discutibilissima anche questa) la più palpitante degli ultimi 30 anni, dai tempi della rivalità Senna-Prost. Chi si interessa di F1 sa benissimo che la lotta è stata degna di un kolossal holliwoodiano, e che rendere appetibile quella narrazione era un gioco di ragazzi. Ma va detto che il taglio scelto dai produttori è interessante, in quanto la rivalità si sviluppava su un doppio binario: non solo le personalità delle superstar, ovvero i due piloti Verstappen ed Hamilton, ma anche – e soprattutto – lo scontro fra i due team principal di Mercedes e Red Bull che assurgono a protagonisti assoluti.

Riassumendo: se nelle prime 3 stagioni si è cercato di rimanere un po’ sulla superficie e di raccontare a volo d’uccello l’intera stagione, dando una carrellata un po’ su tutti i protagonisti del cyrcus, nella quarta la direzione di marcia è cambiata: dopo svariati anni di dominio Mercedes, si è finalmente potuto cambiare l’angolo di visuale:

  • Personalizzazione: si è privilegiata la profondità sull’ampiezza; i componenti dei team Mercedes e Red Bull sono diventati gli indiscussi protagonisti e sono stati ritratti in tutte le loro sfaccettature, mentre gli altri team rimangono un po’ a fare da appendice.
  • Una guerra fra team non fra piloti: qua sono chiamati a raccolta tutti, dall’ingegnere capo all’ultimo dei meccanici in una lotta in cui i piloti sono solo quelli più visibili che stanno sulla punta della piramide.
  • Equilibrio: anche qua, come si faceva a vendere la lotta per il titolo quando Mercedes voleva e gli altri arrancavano? Ma nel 2021, con un riequilibrio dei rapporti di forza si è potuto vedere come il margine fra vittoria e sconfitta fosse tremendamente sottile: un elemento di dramma estremamente potente che finalmente poteva essere sfruttato.
  • Rivalità: l’approfondimento del lato umano (ad esempio sia Horner che Wolf sono ritratti in alcuni momenti fuori pista con le loro famiglie: evidente il motivo di mostrare un lato umano dei personaggi e del loro approccio, diverso ma in ugual modo totalizzante). Non è semplicemente una sfida sportiva e che vinca il migliore. È metaforicamente una sfida all’ultimo sangue per prevalere, e l’aspetto della rivalità e della incompatibilità è senza dubbio enfatizzato.
  • Effetto superstar: alla fine quello che sembra emergere è che lo scenario peggiore – da un punto di vista narrativo – sia un impero assoluto e incontrastato di un solo soggetto. Un scenario intermedio è quello di un equilibrio distribuito in cui ci si scanna in una zuffa di gruppo senza quartiere. Ma il best case scenario è innegabile: due campioni che svettano sulla concorrenza e che reggono la scena in un crescendo di emozioni rossiniano.

Che cosa possiamo aspettarci allora da “Break Point”, che ricordiamo è girata nel 2021?

Tirando a indovinare e considerato che il center piece sono gli Slam possiamo immaginare che:

  • Una componente patinata probabilmente potrebbe esserci: in fin dei conti anche il tennis è un circo che muove le tende continuamente durante l’anno e vede i propri protagonisti sfidarsi in tutte le principali città dei 5 continenti.
  • Un aspetto di personalizzazione e di approfondimento psicologico dei vari atleti è sicuramente prevedibile; il fatto di poter godere di un accesso dietro le quinte che i comuni giornalisti possono soltanto sognare potrà consentire di mostrare i fili delle insicurezze, delle speranze, dei successi e delle delusioni di questi ragazzi.
  • Rivalità principale: purtroppo Rafa e Nole hanno avuto modo di mettere in scena uno scontro fra titani solo a Parigi, ma la loro rivalità nel 2021 è stata più che altro a distanza. Il tema della rivalità Hamilton-Verstappen difficilmente è replicabile;
  • Altri temi narrativi: non ci sorprenderemmo se invece fossero coltivati, anche a fine di preparare il terreno per le prossime stagioni, altre linee di faglia; ad esempio la più ovvia potrebbe essere quella fra Sinner e Alcaraz.
  • Spettacolarizzazione: Nella serie sulla F1 lo stesso Verstappen si è lamentato del fatto che si sia cercato di pompare la drammatizzazione della trama, e la rivalità fra lui e Hamilton è stata sicuramente anche un fatto personale. Ma in un mondo come quello del tennis in cui a parte casi rari, i modi e i rapporti sono sempre – o appaiono – cordiali? Certo non si può chiedere a Ruud o a Auger Aliassime di mettere un po’ di pepe e di cattiveria, loro che fuori dal campo sono due ragazzi che farebbero la felicità di ogni mamma… Forse potremmo vedere un ruolo ben presente di qualche villain (cattivo)? Magari l’esuberante (per dire il meno) Kyrgios o lo sfrontato Rune?
  • Ruolo dei team: in Drive to Survive gli attori di “contorno” e in particolare i team principal si sono dimostrate delle miniere d’oro in termini di potenzialità narrative. Forse gli allenatori potranno rivestire questo ruolo? Certo che ad esempio un Santopadre con il coltello fra i denti verso i colleghi non ce lo vediamo proprio…e per fortuna!

Staremo a vedere… In ogni caso il nostro pronostico sarà quello di una prima stagione che andrà a scavare nella mente dei singoli giocatori mostrando dei lati meno conosciuti (come si auspica uno dei protagonisti, Tsitsipas). E difficilmente ci sarà un monopolio fra due figure principali, ma piuttosto una sinfonia di voci diverse.

Infine a proposito di pronostici vediamo quale potrebbe essere l’esito di “Break Point” in termini di audience. Netflix dall’estate 2021 ha messo a disposizione i dati di ascolto dei contenuti disponibili sulla piattaforma, indicando anche quali sono quelli più visti settimana per settimana, distinti per paese di fruizione. Incrociando i dati dal sito Netflix con quelli della Global Sport Survey 2022 di Nielsen abbiamo elaborato questo prospetto di sintesi:

Nella prima colonna sono riportate le settimane in top ten della stagione 4 di race to survive distinte per i principali paesi europei. Nella seconda colonna e nella terza colonna sono riportati i dati Nielsen nei quali viene dato conto dell’appeal dei principali sport, distinti per paese. Stando così le cose, data la maggior base di appassionati del tennis rispetto alla Formula 1, un risultato minimo per “Break Point” sarebbe quello di vedere come minimo pareggiate le performance di “Drive to survive”. Vi faremo sapere come va, tanto i dati sono pubblici.

Nella seconda parte di questo approfondimento vi parleremo invece di dinamiche di marketing e degli sviluppi futuri, paventati da un opinion leader come Stacey Allister, Chief Executive Professional Tennis presso USTA, l’equivalente della FIT(P) di oltre oceano per intenderci.

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