Le fatiche del tifoso tennista: è troppo difficile essere un appassionato di tennis?

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Le fatiche del tifoso tennista: è troppo difficile essere un appassionato di tennis?

Il tennis è uno degli sport che richiede più tempo ed energie agli appassionati che vogliono seguirlo e capirlo. La sfida dei fusi orari dall’Australian Open a Flushing Meadows e il calo d’interesse provocato dai ritiri di Federer e Serena Williams. Il difficile compito di mantenere la sua struttura tradizionale e al contempo renderlo appetibile a un pubblico sempre più ampio.

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Tennis multitasking (foto Ubitennis)
 

Quando un anno volge al termine è sempre il momento di guardarsi dentro e vedere dove si è arrivati e dove si sta andando, cercando di capire quali sono i nodi da sciogliere per poter sperare in un futuro migliore. Proprio poche ore fa Netflix, il colosso delle piattaforme streaming, ha annunciato l’imminente uscita tra poco meno di un mese di “Break Point” la docuserie girata nel corso della stagione 2022 su immagine e somiglianza di “Drive to Survive”, l’analoga docuserie basata sulla Formula 1 che ha fatto prendere il volo all’interesse per questo sport soprattutto in Nord America.

Il tennis si è messo davanti alle telecamere di Netflix per gli ultimi 11 mesi per creare un prodotto che possa attirare nuove fasce di appassionati e/o praticanti a questo sport, cercando di parlare il linguaggio universale dell’intrattenimento.

È un tentativo, fortemente voluto dal Presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi e dai suoi colleghi ai vertici del tennis, per far sì che il tennis possa competere con il crescente numero di alternative di svago che hanno a disposizione i consumatori del ventunesimo secolo, e soprattutto per iniziare a tirare una prima picconata al problema più importante che il tennis si trova ad affrontare per il suo futuro a medio termine.

E no, non si tratta del 3 su 5 o della durata eccessiva delle partite, e nemmeno quello delle eccessive pause tra un punto e l’altro o dei medical time-out. E non è nemmeno il ritiro delle star che hanno dominato gli ultimi decenni, anche se certamente gli addii di Roger e Serena non aiuteranno. Il vero problema del tennis è che è uno sport tremendamente difficile da seguire, che pretende dai suoi appassionati sforzi che paiono sempre meno giustificabili nella realtà contemporanea.

Chi gioca con chi e quando?

Il tennis è uno sport nel quale generalmente non si sa chi gioca contro chi fino al giorno prima; non si sa più o meno quando si gioca una partita fino alla sera precedente (quando viene pubblicato il famigerato Order of Play); e non si sa effettivamente quando questa partita comincia fino a che… non comincia. E questo senza arrivare alla questione di quando si sa chi vince…

Alla redazione di Ubitennis arrivano regolarmente domande del tipo: “Quando gioca Berrettini al torneo di Roma?” Eh già, la gente vorrebbe prendere i biglietti, programmare la propria giornata, sapere se deve prendersi il pomeriggio libero o magari cercare una baby sitter per i figli la sera. Solo che la risposta tende ad essere sfuggente come una farfalla in un campo primaverile.

Ci è stato chiesto non più tardi di qualche giorno fa: “vorrei comprare i biglietti per i quarti di finale maschili degli Internazionali, mi potete dire che giorno si giocheranno?” Con l’allungamento del torneo a due settimane, la programmazione, anche di massima, al momento è un grosso punto interrogativo.

Per questo motivo negli ultimi tempi si è assistito alla proliferazione di manifestazioni più o meno ufficiali dalle formule non necessariamente ortodosse che deviano dai dettami classici della tradizione tennistica, e che vengono guardate dai tifosi più fondamentalisti che bazzicano su questo sito come la madre di Rose (Kate Winslet) nel film Titanic guardava il fascinoso squattrinato Jack Dawson (Leonardo DiCaprio): come un insetto pericoloso che doveva essere schiacciato velocemente.

“In un torneo tradizionale, se un fan compra un biglietto non può sapere chi vedrà e quando”

Roger Federer

I “veri custodi” del tifo

E questi radicalisti del tifo tennistico rappresentano un altro problema, seppur di minore entità, per uno sport che ancora fatica a scrollarsi di dosso l’etichetta di passatempo snob per ricchi. Secondo questi depositari della memoria storica della passione tennistica, i “galloni da tifoso” vanno guadagnati sul campo, ovvero con le nottate gelide di gennaio passate davanti alla TV a seguire l’Australian Open oppure con le notti in bianco tirate fino all’alba per qualche sessione notturna di Flushing Meadows. Solo chi si sveglia alle 3 del mattino per guardare i primi turni del torneo di Pune o si arrabatta con streaming pirata uzbeki per le qualificazioni del WTA di Hua Hin gode del privilegio di potersi definire “tifoso di tennis”… cosa volete che ne sappia chi guarda le Finals sulla Rai con il commento di Panatta e non sa nemmeno i nomi di tutti gli ATP 500!

La comunità dei tennisofili non è per nulla accogliente ed è autoreferenziale come poche. Forse per timore di perdere l’expertise costruito con il sudore della fronte fin dagli anni di Capodistria e Telepiù, i suoi membri sono reazionari fino all’estremo, e accettano solo con grande riluttanza qualunque deviazione dalla Tradizione.

Tutto ciò non aiuta l’avvicinamento di nuovi “adepti” alla comunità degli appassionati di tennis, anche perché la struttura stessa dello sport di fatto rende la passione per il tennis un vero e proprio lavoro. Per due mesi l’anno, durante i quattro Slam, bisogna sospendere tutti gli altri elementi della vita quotidiana e sintonizzarsi su un fuso orario diverso per passare giornate quasi da reclusi davanti allo schermo, sperando in qualche modo di non essere licenziati dal lavoro, di non bucare troppi compiti in classe o esami a scuola e di evitare di essere piantati in tronco dalla propria metà. E anche quando non ci sono gli Slam, la stagione dura 11 mesi l’anno: non ci si ferma mai: i Masters 1000, le Finals, la Davis, il torneo di casa… È una maratona fatta di tanti sprint.

Continua a pagina 2: i tanti abbonamenti, i programmi forzatamente flessibili e gli intrattenimenti alternativi sempre più numerosi

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