Coppa Davis
Coppa Davis: è divorzio tra ITF e Kosmos. Il matrimonio “non s’aveva da fare”?
Un breve comunicato segna la fine di un accordo che doveva durare 25 anni. Scenari futuri e lezioni da imparare dall’esperienza appena conclusa

La notizia è arrivata inattesa, a pochi giorni dall’inizio del primo Slam della stagione. La collaborazione tra la Federazione Internazionale (ITF) e Kosmos, l’entità commerciale fondata dal calciatore Gerard Piqué che nel 2018 aveva promesso 3 miliardi di dollari in 25 anni per la gestione della Coppa Davis, è sul punto di terminare.
“La ITF conferma che la partnership con Kosmos Tennis per la Coppa Davis si chiuderà”, ha annunciato la ITF stessa attraverso i propri canali social.
“La ITF si è assicurata che siano disponibili sufficienti riserve economiche e, in qualità di custode della competizione, gestirà i Qualifiers e le Finals come da programma, con la Final 8 che si terrà a Malaga il prossimo novembre”.
“Nel 2018 la ITF negoziò un accordo molto forte per il tennis. Questa partnership ha aumentato la partecipazione, il prize money e l’interesse nella Coppa Davis e ha generato risorse economiche per finanziare lo sviluppo globale del nostro sport”.
“Oltre a produrre un’altra edizione spettacolare della Coppa del Mondo del Tennis maschile, il nostro focus è sulla crescita della più grande competizione sportiva a squadre nello sport”.
Questo il comunicato stampa, che oltre a fornire una serie di sinonimi per la Coppa Davis non lascia trasparire molto altro.
Non ci sono indicazioni su quale sia il motivo di questo “divorzio”, se si tratti di una risoluzione consensuale oppure se una delle due parti abbia staccato la spina usufruendo di una delle clausole del contratto. Ormai da tempo nell’ambiente circolavano voci che alludevano a pagamenti molto meno sostanziosi di quelli promessi da parte di Kosmos, i cui sponsor si erano rivelati molto meno soddisfatti della competizione di quanto si fosse sperato all’inizio di questa avventura.
Il “business plan” e la realtà
I continui aggiustamenti alla formula, per quanto inevitabili per una competizione che era stata così profondamente rinnovata, hanno rivelato che il business plan originale basato sulla “Coppa del Mondo del Tennis” aveva diverse crepe, che con il tempo si sono soltanto allargate.
Ed è proprio questo uno dei problemi di base: la versione della Coppa Davis disputata in questo 2022 e che si appresta a iniziare tra poco più di un mese per il 2023 contiene diversi elementi che divergono in maniera sostanziale dalla visione di Kosmos che era stata sposata (con tanto di principesca dote) nel 2018.
L’idea base di raggruppare tutte le squadre migliori del globo in un solo luogo per una manifestazione “stile Mondiali di Calcio”, con tutte le squadre finaliste che si affrontavano prima in gironi all’italiana e poi in una fase a eliminazione diretta davanti agli occhi dei tifosi accorsi da ogni Paese, si era subito dimostrata difficilmente realizzabile. Il tennis non è il calcio, e la pretesa di tenere la manifestazione con cadenza annuale (sembra per far funzionare il modello economico tra biglietti, diritti TV e sponsor) lasciava diversi punti interrogativi su come sarebbe stato possibile trovare un numero sufficiente di tifosi ogni anno disposti a sobbarcarsi onerose trasferte per seguire la nazionale di tennis.
E questo difetto di fondo ne generava altri a cascata: il botteghino delle finali diventava totalmente dipendente dalla presenza della squadra di casa, riducendo gli incontri senza la nazione ospite a match semiclandestini disputati davanti a uno sparuto pubblico disperso in un gigante palasport. Per ovviare a questo inconveniente, nel 2021 si sono ideati i raggruppamenti locali, questo dopo la pausa del 2020 dovuta, almeno sulla carta, al COVID, scusa provvidenziale che Kosmos ha preso come una palla al balzo annullando la manifestazione con molti mesi d’anticipo, troppi per essere legati solo alla situazione sanitaria.
La formula del 2021 con gironi e finale in settimane consecutive si era dimostrata complicata logisticamente, suggerendo lo spostamento dei gironi a settembre, creando (o meglio, ripristinando) così una terza settimana che avrebbe impegnato i giocatori in un evento avulso dalle logiche del circuito. E così anche un altro pilastro del business plan originale, quello del ridotto impegno (e dei ricchi premi) che avrebbe convinto tutti i migliori a partecipare.
A nemmeno cinque anni dalla firma dell’accordo, la “Coppa Davis by Kosmos” si era gioco forza trasformata in una creatura che non aveva molto a che fare con quella disegnata sulla carta e sulla quale avevano fatto i loro calcoli economici. Era solo logico che ci dovesse essere un “riallineamento” con le relative conseguenze. E queste conseguenze sono oggi uscite allo scoperto.
Cosa c’è nel futuro della Davis?
Naturalmente coloro che si erano sempre proclamati disgustati dalla rivoluzione della formula e si erano autoeletti paladini della tradizione non hanno perso tempo per celebrare la notizia come una “vittoria della tradizione” o una “cacciata dei mercanti dal tempio”. Magari non capendo che in questo mondo iperprofessionistico i mercanti sono il tempio.
Chi crede che ora si tornerà al vecchio formato della Davis si sbaglia di grosso – quella pagina di storia, per quanto gloriosa, è chiusa e non tornerà più. Perché bisogna andare avanti, non indietro.
La presenza dell’ATP nel Board della Davis, ufficializzata solo poche settimane fa, è sicuramente una buona notizia: ora ITF e ATP potranno ridisegnare la competizione di comune accordo, traendo i giusti insegnamenti dall’esperienza Kosmos e magari inglobando in maniera più naturale la Coppa Davis nel calendario che è comunque in fase di ridefinizione, con i Masters 1000 che hanno aumentando la loro durata, con gli altri che lo faranno dal 2025 e con il piano strategico del Presidente Gaudenzi per l’aumento dei montepremi ai tornei più piccoli che sta entrando a regime.
E per quanto possa essere comprensibile l’impulso a definire un fallimento totale questa parentesi vissuta sotto il management di Kosmos, non credo ci possa essere nulla di più sbagliato. Kosmos è arrivata in una situazione che si era incancrenita in uno status quo senza speranza che nessuno aveva il coraggio di toccare per paura della reazione dei radicalisti depositari della tradizione. Seguendo lo slogan di Facebook, ovvero “move fast and break things” (muoversi velocemente e rompere le cose), Kosmos ha “rotto velocemente” lo stagno putrefatto di una formula che era certamente affascinante, ma che era diventata il manifesto stesso dell’anacronismo e si era dimostrata sempre più lontana dalle esigenze del tennis moderno.
Ora che, anche grazie all’azione perturbatrice di Kosmos, è saltato il tabù del cambiamento, si può affrontare con mente molto più aperta il progetto di ridisegnare la Davis senza aver paura di toccare uno status quo che è già stato sconquassato dagli esperimenti degli ultimi anni. Ma qualunque soluzione verrà trovata, dovrà resistere al fascino perverso della “restaurazione” e conciliare gli obiettivi cardine della Davis:
- Sostenibilità economica – la Coppa Davis è il motore finanziario dell’ITF, che svolge il suo ruolo istituzionale sostenendo economicamente lo sviluppo del tennis da parte delle tante federazioni che non possono contare sui milioni dei tornei organizzati in casa o del supporto di tanti membri benestanti. Tutto parte da qui: se non funziona dal punto di vista economico, non funziona.
- Posizionamento nel calendario per favorire la partecipazione dei top players – e qui la presenza dell’ATP potrebbe essere una manna dal cielo, anche se siamo sicuri che l’ATP proverà a far pagare molto caro questo ruolo di manna. Perché queste associazioni saranno anche senza scopo di lucro, ma nessuna di loro fa beneficienza.
- Giusto equilibrio tra incontri casa/trasferta ed eventi in sede unica – probabilmente è la parte più complicata, che richiederà diversi tentativi e aggiustamenti lungo la strada, ma se ci sono i primi due elementi, alla fine si riuscirà a trovare anche la quadratura di questo cerchio.
Coppa Davis
David Haggerty (ITF): “La nuova formula della Coppa Davis funziona”
Nonostante la fine del contratto con Kosmos per la gestione della Coppa Davis, il presidente dell’ITF David Haggerty ribadisce che la nuova formula per la competizione a squadre è la scelta vincente

Presente a Nizza per la presentazione della Hopman Cup che si svolgerà a luglio nella settimana che segue Wimbledon, il presidente dell’International Tennis Federation (ITF) David Haggerty ha ribadito che la tanto criticata nuova formula della Coppa Davis “ha funzionato”.
A gennaio, l’ITF si è trovata costretta a riprendere il controllo dell’organizzazione dell’evento, ponendo fine alla collaborazione con Kosmos, il gruppo di investimento presieduto dal calciatore spagnolo Gerard Piqué, iniziato nel 2018 e che doveva durare ben 25 anni. Sulle ragioni della fine della partnership, ne abbiamo parlato in questo articolo.
Con l’arrivo di Kosmos nel 2018, la formula della competizione a squadre più antica della storia dello sport era stata modificata con il consenso dell’ITF. Le tradizionali partite in casa o in trasferta sono state abbandonate a favore di fasi giocate in un unico luogo. Questo nuovo sistema ha faticato a convincere giocatori e tifosi e continua a far discutere.
La fine della collaborazione aveva fatto sperare le tante voci contrarie su un possibile “ritorno al passato” o, quantomeno a una ridefinizione dell’attuale formula. Haggerty però sembra convinto: “Abbiamo un modello che funziona”, anche se “continuiamo a lavorare per migliorare il format”.
Ricordiamo che, dopo un primo turno eliminatorio che si è giocato all’inizio di questo febbraio, 12 nazioni si sono qualificate (Cile, Corea del Sud, Croazia, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Serbia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera) per una fase a gironi che si giocherà dal 12 al 17 settembre in quattro città diverse (delle quali ancora non si conosce il nome, però ci rivediamo a Bologna), a cui parteciperanno anche Italia, Spagna, Australia e Canada, ammesse senza passare dalle qualificazioni. Gran finale con la fase a eliminazione diretta a Malaga dal 21 al 26 novembre.
Coppa Davis
Coppa Davis, sorteggiati i tie dei World Group. Ma cosa succederà nel 2024?
Ecco tutti gli accoppiamenti delle sfide di settembre dei due gruppi mondiali. Le vincitrici del World Group I giocheranno le qualificazioni per le Finals 2024

Mattinata dedicata ai sorteggi quella di giovedì negli uffici dell’ITF a Londra. 48 sono stati i nomi delle nazioni estratti dall’urna per 24 sfide settembrine con il tradizionale formato casa-trasferta con cinque incontri individuali (rubber) al meglio dei meno tradizionali tre set. Il tutto su due giorni, anche se in realtà sono complessivamente tre perché la squadra di casa può scegliere se giocare venerdì e sabato oppure sabato e domenica. Il weekend sarà naturalmente quello del 15-17 settembre, dunque la settimana successiva allo US Open.
Ai tie validi per il World Group I prenderanno parte le 12 nazioni uscite sconfitte dalle qualificazioni disputate lo scorso fine settimana e le 12 vincitrici dei playoff del Gruppo I, con il sorteggio che ha tenuto conto del ranking ITF. Le vincenti di settembre, leggiamo nel comunicato della Federazione Internazionale, saranno ammesse ai Qualifiers del febbraio 2024, validi per guadagnarsi la possibilità di disputare le Finals. Eravamo però rimasti, dopo la rottura fra Kosmos e ITF, che il format non sarebbe cambiato… per quest’anno. Ci stanno dicendo che questa formula verrà confermata?
Perché, tralasciando (si fa per dire) il fallimento della collaborazione con il gruppo di Piqué e i cambi in corsa delle ultime edizioni, la parte del comunicato in cui quelli dell’ITF si dicevano “concentrati sulla crescita futura della più ampia competizione sportiva annuale a squadre” faceva presagire un nuovo cambiamento. Lo scopriremo, abbiamo quasi un’intera stagione davanti prima che sia battuta la prima palla del prossimo tie. Vediamoli, allora, questi abbinamenti, tenendo presente che la nazione con la (c) ha la scelta del campo (l’asterisco significa che tale prerogativa è stata sorteggiata) e i numeri indicano la testa di serie.
World Group I
Bosnia ed Erzegovina (c)* vs Germania (1)
Bulgaria (c)* vs Kazakistan (2)
Belgio (3) (c)* vs Uzbekistan
Argentina (4) (c)* vs Lituania
Ucraina (c)* vs Colombia (5)
Ungheria (6) (c)* vs Turchia
Israele (c) vs Giappone (7)
Austria (8) (c) vs Portogallo
Grecia (c)* vs Slovacchia (9)
Perù (c)* vs Norvegia ((10)
Romania (11) (c)* vs Taiwan
Danimarca (c)* vs Brasile (12)
Dodici sono i tie anche per il World Group II. Nell’urna, le perdenti dei playoff di cui sopra e le vincitrici dei playoff del Gruppo II. Le vincitrici delle sfide elencate qui sotto e le perdenti di quelle sopra giocheranno i playoff 2024 del Gruppo I.
World Group II
Monaco (c)* vs Ecuador (1)
India (2) (c)* vs Marocco
Nuova Zelanda (3) (c) vs Thailandia
Messico (4) (c)* vs Cina
Pakistan (5) (c)* vs Indonesia
Uruguay (6) (c)* vs Egitto
Libano (7) (c)* vs Giamaica
Slovenia (8) (c)* vs Lussemburgo
Georgia (c)* vs Tunisia (9)
El Salvador (10) (c)* vs Irlanda
Hong Kong (11) (c)* vs Lettonia
Polonia (12) (c)* vs Barbados
L’ultima informazione è che Pakistan e Uruguay sono pari nel ranking, per cui le rispettive teste di serie son state assegnate tirando una moneta – o con il sistema che sono soliti usare negli uffici dell’ITF.
Coppa Davis
Giudicelli, vicepresidente ITF: “Mahut è un ignorante, ormai può andare in pensione”
L’ex Presidente della Federtennis francese replica duramente a Nicolas Mahut, che di recente aveva criticato il format che la Coppa Davis ha assunto dal 2019

L’ultimo weekend di tennis andato in archivio ha regalato agli appassionati tante belle storie, a cominciare dall’inaspettato trionfo a Lione di Alycia Parks, che non nasconde le sue ambizioni e aspira alla top10 entro fine anno. Nell’altro torneo in programma a livello WTA Zhu Lin ha vinto in Thailandia il primo titolo in carriera, lei che è reduce dalla sorprendente campagna australiana. Anche la 29enne cinese sta contribuendo e non poco alla lenta ma costante rinascita del tennis cinese, con tante ragazze pronte a lasciare il segno.
Il circuito ATP si è invece fermato per una settimana, lasciando spazio alle qualificazioni di Coppa Davis (qui le 16 squadre qualificate per la fase a gironi di metà settembre), che hanno visto tanti pronostici rispettati ma anche qualcuno ribaltato. Un esempio sono le inattese vittorie di Finlandia, che per la prima volta nella sua storia parteciperà alle Finals, così come quella della Svizzera, capace di ribaltare la Germania di uno spento Zverev.
Tra le 16 qualificate a settembre ci sarà anche l’eclettica Francia, che ha faticato molto più del previsto contro l’Ungheria, prevalendo 3-2 al match decisivo. Contando che Fucsovics, numero uno ungherese, ha perso (da favorito) entrambi i suoi match di singolare, lo smacco per i transalpini era davvero dietro l’angolo. Una delle due partite perse è stato il doppio, dove i francesi sulla carta partivano decisamente più avanti rispetto a Marozsan/Valkusz, capaci però di imporsi in due set su Rinderknech/Mahut.
Proprio quest’ultimo è stato preso di mira da Bernard Giudicelli, attuale vicepresidente della ITF ed ex presidente della Federtennis francese, che lo ha invitato ad andare in pensione. Tra i due non è mai corso buon sangue, come dimostra un’intervista, questa volta da parte del tennista transalpino, in cui non vedeva di buon occhio l’elezione di Giudicelli alla presidenza della Federazione del suo paese.
Il motivo del nuovo battibecco tra i due risiede questa volta proprio nella Coppa Davis. Mahut non ha mai nascosto le sue perplessità riguardo al nuovo format (quello in vigore dal 2019), mentre la FFT – nella figura di Giudicelli – si è sempre detta favorevole al cambiamento. “Abbiamo buttato via quattro anni. Bernard sa che cosa penso delle sue decisioni da vicepresidente dell’ITF e presidente della FFT: ha grandi responsabilità per questo fiasco, ma vedo che non si mette in discussione“ – aveva dichiarato a L’Équipe il 41enne di Angers.
La risposta di Giudicelli non è tardata ad arrivare e, intercettato da Tennis Actu, l’ex presidente della FFT non le ha mandare a dire: “Nicolas Mahut è un ignorante. Non sarà un giocatore di 41 anni a spiegare oggi ad un giocatore di 20 o 22 anni come dovranno funzionare le cose. Ormai va bene per la pensione“.
L’intervento di Guidicelli si poi concentrato anche sul weekend di Davis appena trascorso, visto in modo più che positivo: “Ero in Finlandia e lì c’era un’atmosfera eccezionale. Nonostante sia un piccolo paese, con poco più di cinque milioni di abitanti, c’erano circa 5000 persone al giorno a seguire l’evento, cioè quasi 10.000 spettatori nei due giorni di competizione. È stato un evento vero e proprio, organizzato alla perfezione dalla Federazione finlandese”.
La Finlandia sarà tra le 16 nazioni che, a settembre, si giocheranno l’accesso alle Davis Cup Finals di Malaga, anche se ancora non sono note le città che a settembre ospiteranno le fasi a gironi. Oltre a Bologna, infatti, al momento sono da stabilire le altre tre sedi, come confermato dal vicepresidente dell’ITF: “Non sappiamo ancora quali città ospiteranno i gironi a settembre“.
Dalla nuova formula, secondo Giudicelli, non si può più scappare, con buona pace di chi la pensa diversamente: “Ormai non si può più tornare indietro. Mahut ha detto che abbiamo perso quattro anni? Lui è uno che parla senza sapere. Non abbiamo perso proprio niente, anzi, abbiamo salvato la Coppa Davis. Il format antico, quello in vigore fino al 2018, non funzionava più perché, semplicemente, non attirava più i migliori giocatori”.
Ancora Giudicelli: “Gli sponsor principali avevano detto che non avrebbero rinnovato i contratti. Non abbiamo sprecato quattro anni, abbiamo trovato un nuovo sistema che garantisce un pubblico eccezionale anche per le qualificazioni: basta guardare a quello che è successo in Grecia. Grecia e Ecuador non sono nazioni con una grande storia tennistica, eppure hanno generato grande entusiasmo perché c’erano giocatori forti. Mahut è un ignorante, può andare in pensione e magari diventare un giornalista. Avrebbe così l’opportunità di fare diverse critiche, cosa che tra l’altro gli riesce piuttosto bene”.