Australian Open: chi è il favorito ora fra Tsitsipas, Medvedev e un Djokovic un po’ zoppo? Quando i Fab Four non lasciavano strada agli altri

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Australian Open: chi è il favorito ora fra Tsitsipas, Medvedev e un Djokovic un po’ zoppo? Quando i Fab Four non lasciavano strada agli altri

Dopo il k.o. di Nadal, Ruud e Fritz anche Aliassime e Sinner hanno diritto di sognare il primo grande exploit. Azzurri: con Camila Giorgi e Jannik solo rimasti solo due su 12. Fenomenale Andy Murray

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Limitandosi a scorrere l’ordine delle teste di serie superstiti all’Australian Open adesso, sconfitti il n.1 Nadal e il n. Ruud, il favorito n.1 del primo Slam dell’anno, sarebbe Stefanos Tsitsipas…Ciò se non ci fossero Novak Djokovic e Daniil Medvedev che a me danno più affidamento di un Rublev che oltre i quarti di uno Slam non è mai andato e di un Aliassime che, lamentandosi vivacemente per le palle che sono troppo sgonfie e non prendono il lift (fattore che potrebbe spiegare in parte i k.o. di Rafa, Ruud, Fritz e anche Berrettini secondo Mats Wilander), forse non è ancora…cavallo da Gran Premio. Rune ha classe e talento, ma mi sembra ancora troppo giovane …vero però che a Bercy quando si trovò di fronte Djokovic in finale dimostrò di non avere alcun timore reverenziale.

 Ma siccome Djokovic ha un sicuro problemino ad una gamba e stavolta a differenza di altre lo confessa apertamente (“Ho motivo per essere preoccupato questa volta…”) e siccome Medvedev è reduce da un 2022 molto scadente, beh, le chances che il greco riesca a vincere il suo primo Slam ci sono tutte…

Intanto però dovrà battere l’olandese Griekspoor che nel 2023 è ancora imbattuto (avendo vinto il torneo di Pune). Lo è anche Tsitsi che ha vinto tutti i suoi match in United Cup.

Dopo di che, facendo i debiti scongiuri a poche ora di distanza dal duello di terzo turno fra Sinner (16 Atp) e l’ungherese Fucsovics (n.78), non considero battuto in partenza il miglior Jannik contro Stefanos sebbene ci abbia perso 4 volte su 5.

Quello che qui in Australia un anno fa fu schiacciato dal greco (6-3,6-4,6-2) non fu davvero il miglior Sinner. Jannik se ne tornò a casa furibondo per la lezione subita e sorprese il mondo intero decidendo di divorziare da Riccardo Piatti che lo aveva tirato su dacchè aveva 13 anni.

Se abbia fatto bene o male a prendere quella decisione, nessuno può dirlo. E pochi sanno tutti i veri motivi. Perché furono più d’uno. Quello che si può dire senza tema di smentite è che per staccarsi dal suo “secondo padre” Jannik, secondo taluni irriconoscente, secondo altri giustificato dal desiderio di…imparare a volare da solo senza troppi condizionamenti anche riguardo alla vita privata, ha mostrato nell’occasione certamente una notevole personalità.

Io credo che, in assoluto, il ragazzo della Val Pusteria, sia migliorato. Il suo tennis mi sembra più completo, nel servizio soprattutto e a rete, e un tantino più vario. Con questo, sia chiaro, non voglio dire che non avrebbe potuto acquisirlo anche restando nel team Piatti.

Simone  Vagnozzi è una persona seria e un bravo allenatore, a me piace, anche se come uomo mi piacerebbe che fosse più autonomo e meno condizionato dal management. Non dovrebbe accettare, quasi fosse un ragazzino alle prime armi (come era Volpini), di poter parlare con i giornalisti soltanto se gli danno il permesso.

E di certo, poi, nel team Piatti un coach dell’esperienza e della personalità – ecco! – di Darren Cahill non c’era. Con tutto il rispetto, l’australiano ha un background non paragonabile con Volpini, l’assistent coach di Piatti che spesso si trovava a “gestire” Sinner.

La partita giocata, e persa con il matchpoint con Alcaraz nei quarti dell’US Open, è in assoluto quella che a Sinner ho visto giocare meglio.

 Sulla diagonale dei rovesci Jannik è più forte di Tsitsipas, ma ora è davvero troppo presto per parlare di quella sfida. C’è tempo, spero, per farlo. Prima va sbrigata la pratica Fucsovics e sarebbe terribilmente superficiale cominciare a pensare a Tsitsipas prima di di aver eliminato l’ungherese. Un giornalista può fare certe considerazioni, guardando avanti – e sapendo che fino a domani non si potrà accennare a un ancora eventuale Sinner-Tsitsipas – ma un tennista fa bene, benissimo anzi, a concentrarsi a un match alla volta.

Certo è che, uscite di scena tre delle prime 8 teste di serie (anche Fritz n.8 con  le prime due Nadal e Ruud), il torneo sembra essersi aperto a vari scenari e questa è una grande, grandissima differenza con quanto era solito accadere per oltre 15 anni di Slam, quando i Fab Four monopolizzavano almeno tre dei quattro posti in semifinale e per tutti gli outisider il corridoio giusto, più praticabile, era un solo e a volte neppure quello.

Per questo motivo, certo dovuto al ricambio generazionale, credo che nel suo letto Matteo Berrettini si girerà e rigirerà mille volte.

Sette teste di serie saltate nel suo quarto di finale (lui incluso) con il solo Bautista Agut, testa di serie n.24 (grazie al forfait di Cilic; è n.25 per l’ATP), ancora in gara e quasi per miracolo perché aveva perso i primi due set con il qualificato americano Holt (n.215), dicono che un Matteo superstite al terzo turno – maledetto rovescio in rete su quel maledetto matchpoint! – avrebbe dovuto affrontare per primo lo spagnolo n.25, e poi eventualmente un americano, Paul n.35 o il giustiziere di Ruud Brooksby n.39 per approdare ai quarti contro chi emergerà dal quartetto australoamericano Popyrin (113) vs Shelton (89) e Wolf (67) vs il lucky loser Mmoh (107) che era stato lì lì per dirigersi all’aeroporto quando aveva letto il messaggio di presentarsi in campo appena finito un match femminile già in corso.

Sono ben 8 gli americani giunti al terzo turno (14 con le ragazze) ed è un risultato che il tennis USA non coglieva in Australia da 27 anni! (1996), quando l’età media dei suoi tennisti era più alta di quasi 2 anni. E’ anche la prima volta in 29 anni di Slam che due ragazzi americani hanno sconfitto le prime due teste di serie come hanno fatto Mackenzie McDonald e Jenson Brooksby. In Australia, poi, non era mai successo.

Insomma per Matteo era stato molto più difficile il percorso compiuto lo scorso anno per raggiungere la semifinale. Vabbè, la pianto qui, perché se Matteo non avesse di meglio che leggermi, beh, potrebbe mettersi a piangere. Salvo sorridere, forse, sulla jella che il serial Breakpoint di NetFlix sembra aver portato a tutti i suoi protagonisti: lui, Tomljanovic, Kyrgios, Badosa, Jabeur (dominata nel primo e nel terzo set dalla risorta Vondrousova, finalista al Roland Garros 2019 e poi perseguitata dagli infortuni)…beh, il solo Aliassime si è per ora salvato. Per miracolo.

Fra le teste coronate sconfitte nella quarta giornata dell’Australian Open ci sono anche Carreno Busta (k.o con il francese Bonzi, questa sì che è una vera sorpresa…e Bautista Agut è rimasto il solo spagnolo in gara! Otto americani e uno spagnolo…Chi l’avrebbe mai detto?)  e Sasha Zverev. Il tedesco non sa che in Italia si ritiene che la sgradevole “cacchetta” di un piccione che ti casca sulla testa porti bene. Non sapendolo Sasha ha finito per perdere proprio dal carneade lucky loser (lui sì doppiamente lucky) Mmoh. Decisamente Zverev ha un conto aperto con la buona sorte.

Come ho avuto modo di dire nel video che faccio ogni giorno subito dopo pranzo (tre, quattro ore prima dell’editoriale) le teste di serie saltate nel singolare maschile sono già 13 dopo due soli turni.

Ed è curioso che siano 13 anche nel singolare femminile dove, anche lì, è uscita di scena la testa di serie n.2 Ons Jabeur (come Ruud).

Di 12 italiani sono bastati 2 turni per vederne sparire 10. Uno degli Slam più deludenti di tutti questi ultimi anni. Meno male che ci sono ancora “in vita” Camila Giorgi e Jannik Sinner. Ma sembra d’essere tornati indietro di anni…

Camila Giorgi ha battuto 64 63 la Schmiedlova mentre la Stefanini ha perso 63 61 con la russa Gracheva. La Giorgi al prossimo turno avrà la svizzera campionessa olimpica di Tokyo Bencic, n.10 WTA, che battè in finale la Vondrousuva. Camila ci ha vinto due volte e perso tre (una nelle qualificazioni di Madrid 2014), e qualcuno ricorderà forse la finale vinta a s’Hertogenbosch da Camila nel 2015

Chiudo plaudendo a un intramontabile campione, a Andy Murray. Un fenomeno. Oltre 5 ore di maratona, 5 oe e 45! fino alle 4 del mattino australiane. Credo che avrà fatto tifo per lui anche Matteo Berrettini. 

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